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giovedì 29 giugno 2017

Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio: Nuovi arrivi


Un sentito ringraziamento a Niccolò Pugliese, che ha donato dei titoli preziosi che vanno ad aumentare il patrimonio librario e fumettistico della Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio a Palermo. L'Eternauta, capolavoro di Hector German Oesterheld e Francisco Solano Lopez (un classico della fantascienza politica che tutti dovrebbero leggere). Lo spettacolare Pinocchio di Winshluss e un'edizione in lingua originale di Laika di Nick Abadzis. Grazie da parte di Altroquando e il Teatro Mediterraneo Occupato (via Martin Luther King 6), che ospita la struttura. La Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio è in fase di riorganizzazione e in autunno sarà pronta a ricevere - gratuitamente - i suoi lettori.
Una biblioteca autogestita, pensata come servizio alla città di Palermo, cui tutti possono contribuire. Donando libri e fumetti (che possiedono o decidono di acquistare in modo mirato) o (non appena ci saremo adeguatamente organizzati) con piccole donazioni volte sempre all'acquisto di nuovi titoli e alla manutenzione della biblioteca. Perché la cultura e la bellezza sono ricchezze da condividere. In memoria di Salvatore, sempre. Perché ci sarà sempre un Altroquando.

domenica 25 giugno 2017

Quando la Pantera Nera affrontò il Klan: una lotta per tutti


Nel 1973, sulla testata "Jungle Action" lo sceneggiatore Don McGregor e i disegnatori Rich Buckler e Billy Graham, realizzarono un gioiello a fumetti destinato a distinguersi nella produzione Marvel nei decenni successivi, quasi mai raggiunto per intensità ed equilibrio tra testi e illustrazioni. Un pugno allo stomaco, in cui Pantera Nera, il primo supereroe africano in assoluto, si muoveva nella cosiddetta civiltà statunitense scontradosi contro l'ottusa violenza del Ku Klux Klan. Una rappresentazione avventurosa di un conflitto politico reale, quello tra l'organizzazione razzista americana e il partito per i diritti dei neri, gemmato dal movimento di Martin Luther King, ma caratterizzato da posizioni meno concilianti, da cui l'eroe Marvel prendeva direttamente il nome. Indimenticabile la scena in cui T'Challa, in casa dei genitori di Monica, vede attraverso il vetro chiuso di una finestra la bottiglia incendiaria volare nell'aria per colpire l'abitazione. Si tuffa in avanti infrangendo il vetro prima che la bottiglia tocchi la finestra, la afferra al volo e la scaglia lontano, nella direzione da cui è venuta. Una sequenza che oggi definiremmo cinematografica, che sulla tavola a fumetti aveva una potenza visiva incredibile. Quella storia aveva una densità politica non scontata. Gli avversari dell'eroe non erano geniali, né particolarmente potenti. Ma abbastanza numerosi, abbastanza pieni di odio da poterlo mettere ugualmente in seria difficoltà. Altra famosa scena, è la fuga di T'Challa legato alla classica croce ardente del Klan. In quel ciclo di storie, assistevamo alla rappresentazione epica e fantasiosa di una reale lotta politica e culturale. 

Da cosa nasceva il Klan, i suoi fanatismi, i suoi delitti? Da dove se non dalla paura di essere soppiantati, contaminati culturalmente, dal timore di perdere privilegi, anche da poco, a favore del popolo nero? Da dove nasceva lo slogan storico «Ammazza il negro prima che sposi tua figlia!»? 
Paura. Paura intrecciata a ignoranza, annegate in un oceano di superficialità. L'essere umano vive secondo cultura e non secondo natura (altrimenti non si sposerebbe, non sarebbe tendenzialmente monogamo, non avrebbe leggi e si guadagnerebbe il cibo e lo spazio vitale a suon di mazzate... e in effetti i trogloditi non sono del tutto estinti). La cultura genera consuetudini, norme, ma anche nazionalismi e pregiudizi. Paure che nel corso della storia allargano o spostano il loro perno di attenzione, soprattutto in momenti di crisi generale. Per questo, nel mese del Pride, voglio ricordare quando la Pantera Nera affrontò non la sua nemesi Klaw, o il Dottor Destino o un altro nemico in costume. Ma un avversario storico, reale, un avversario della sua gente, che li temeva e odiava in modo del tutto insensato. A chi in questi giorni, come tutti gli anni, va cianciando di etero Pride, o sussurra sui social che verrà il giorno che a essere discriminati saranno gli eterosessuali, e che dovrebbero essere loro a manifestare e a riaffermare la loro identità "a rischio", dedico questa tavola e il ricordo di una lotta memorabile, nella storia prima che nei fumetti. La lotta per il diritto a esistere. La lotta contro una paura che non ha ragion d'essere. Contro l'affermazione ossessiva della non appartenenza a una categoria che chiede solo un riconoscimento di diritti pari a qualunque cittadino pagante le tasse. La dedico a tutti i fratelli e sorelle LGBT, immigrati, diseredati e oggetto di discriminazione. E per ricordare che il fumetto, anche quello fracassone e bambinesco di supereroi, è riuscito a volte a essere profondamente serio. Un'altra celebre scena della saga, in una doppia splash page mostrava Pantera che agguantava due fuggitivi (un bianco e un nero) sollevandoli letteralmente da terra in un chiaro riferimenti allegorico alla bilancia della giustizia. 

Bravi, McGregor, Buckler e Graham. Viva la Pantera Nera e tutti coloro che resistono.



sabato 10 giugno 2017

Biblioteca: in progress


Alla fine, la mia scelta per la foto di Salvatore Rizzuto Adelfio da appendere nella biblioteca autogestita che porta il suo nome, è caduta su questa immagine. Ovviamente ne ho molte altre, forse meno buie, ma secondo me troppo personali, troppo familiari. E non volevo rischiare un effetto da "foto del caro estinto appesa sopra la cassa della bottega". Doveva essere una foto che documentava e rimandava alla memoria del lavoro svolto da Salvatore come uomo di cultura e attivo nel sociale. Così, quest'immagine che lo ritrae seduto nel suo negozio (la non più esistente libreria Altroquando) entrerà a far parte di un percorso di memoria da condividere con l'intera città di Palermo. Attualmente, libri e fumetti stanno crescendo grazie alle donazioni. Presto il lavoro di archiviazione e ristrutturazione sarà completato, e con l'autunno renderemo pubblici gli orari di apertura della biblioteca "Salvatore Rizzuto Adelfio". Sto anche pensando a un sistema di finanziamento a distanza, sempre contribuendo con libri, fumetti e piccole somme che costituiranno il fondo cassa della biblioteca, destinati alla sua manuntenzione e all'acquisto di nuovi titoli. Restate sintonizzati. Perché ci sarà sempre un Altroquando. E siete tutti invitati a tenerlo in vita. Perché Salvatore è vivo.

mercoledì 5 aprile 2017

Kom-Zilla: Intervista a Salvatore Rizzuto Adelfio



Due memorie storiche a confronto dal sottosuolo palermitano. Il Laboratorio Zeta, centro sociale occupato la cui avventura ha lasciato un'eco importante in città, e la libreria Altroquando, fumetteria, libreria alternativa, centro culturale, oggi divenuta l'associazione culturale no profit che portiamo avanti. Occasione di questo viaggio in un passato neppure tanto distante è il ritrovamento di questa intervista a Salvatore Rizzuto Adelfio, indimenticato fondatore di Altroquando a Palermo. Intervista realizzata da Kom-Zilla, videomagazine che era stato organo informativo indipendente gestito dal Laboratorio Zeta. Il risultato è più di un amarcord... di un'emozione proustiana. E' una testimonianza di resistenza culturale su quelle nicchie refrattarie all'omologazione di cui oggi avremmo ancora tanto bisogno. Ma la cosa più emozionante nel recupero dell'intervista di Kom-Zilla a Salvatore Rizzuto Adelfio è che ha attirato l'attenzione di un pubblico anche non palermitano, che ha apprezzato storia e parole, al punto che sono già stati prodotti dei sottotitoli per non udenti. E' probabile che presto arriveranno anche in inglese. Segno che la voce di Altroquando, a Palermo, nel ricordo del suo fondatore, echeggia ancora forte e chiaro. Anzi, ha superato i confini regionali e quei paletti tipici di una città che Salvatore stesso, nell'intervista, definisce "una cattiva madre". Insomma, ci siamo ancora. Ci sarà sempre un Altroquando, e ci facciamo sentire come possiamo. Come grida Papillon nel finale: «Sono ancora vivo, maledetti bastardi! Sono ancora vivo!»

martedì 21 marzo 2017

C'era una volta a Palermo... il Laboratorio Zeta


16 anni fa, 21 Marzo a Palermo, il Laboratorio Zeta veniva occupato, dando inizio a un cammino politico e culturale che, con tutte le sue fisiologiche imperfezioni, è contato molto e tuttora ha un valore storico importante per chi ha vissuto quegli anni. Appena sette anni fa, lo Zetalab (altro nome con cui l'esperienza sarebbe diventata nota in città) veniva fatto sgombrare con la forza, ma di lì a poco era nuovamente occupato e in attività. Non prima di una consistente manifestazione di solidarietà. Per le vicende successive che portarono alla conclusione del percorso, rimando alla dettagliata intervista a Salvatore Cavaleri a cura del Centro Zabut. Condivido con piacere questo video dove rivedo tante facce... com'erano. Era lo stesso anno del primo Pride a Palermo, l'anno in cui Altroquando (quello vero!), quando ancora era una fumetteria, rischiò la chiusura e in tanti si adoperarono per salvare l'attività. Sette anni non sono pochi. Ma non rimpiango nessuna scelta. Fare rete cittadina, allora, era forse più facile. In un periodo in cui i social erano nati da poco, ma in cui la volontà (non sempre praticabile) di inclusione vinceva su tutto. Sono ricordi come questo che, oggi, con tutte le amarezze del presente, le delusioni, i fallimenti, mi ricordano il retaggio che mi tiene in piedi. Perché la funzione delle utopie non è essere raggiunte, ma essere eternamente inseguite, corteggiate, amate.
«Non smettere mai di cercarmi...»
I REC U [film di Federico Sfascia]

sabato 25 febbraio 2017

Telepatia contemporanea, buonismo e rom...


Diario del Capitano, data bestiale 25.02.2017


Il video delle due donne rom rinchiuse nel gabbiotto dei rifiuti da tre impiegati della Lidl dovrebbe commentarsi da sé.

Dovrebbe.

Sarà compito della legge perseguire chi ha commesso reato, come sarà compito dell'azienda per cui costoro lavorano decidere quale sia la posizione più opportuna da mantenere (notare, ho scritto “mantenere” e non prendere). Le minacce di boicottaggio nei confronti della ditta qualora i tre protagonisti dell'orrenda bravata fossero licenziati, infatti, non sono tardate. E' chiaro ormai a tutti. Per un numero vastissimo di italiani, i tre hanno agito bene. Sono innocenti, anzi da premiare. Qualcuno dia un oscar a questi signori per aver deliziato l'immensa platea italiana generando un consenso di pubblico che nemmeno il “Salò” di Pier Paolo Pasolini.

Ritorno con il pensiero a quando mi interrogavo (cosa che faccio tuttora) sulla mia personale scintilla di intolleranza, qualcosa che rimane acceso dentro di me, facendomi porre continue domande, e che ho sviscerato in capitoli passati del mio diario on line.

Torno anche a una metafora cui penso spesso. E cioè che i social network hanno praticamente reso realtà uno dei superpoteri più affascinanti e scomodi dell'immaginario collettivo: la telepatia, la capacità di leggere i pensieri altrui. Parliamo della telepatia ad ampio spettro, quella incontrollabile, che ti fa percepire senza filtri tutta la sgradevolezza del mondo intorno a te. Perché se i social generano dipendenza, l'orrido ti induce a contemplarlo. L'uomo è una bestia, reagisce a stimoli preordinati come un cane di Pavlov. E lì partono altre domande.

Domande inutili, eh! Come: comprendo il successo dei social, ma i commenti dei lettori su ogni sito di giornalismo elettronico quale funzione dovrebbero avere? Fornire il polso dell'opinione pubblica? Non credo, si dibatte già abbastanza sull'affidabilità delle metodologie statistiche. Facilitare l'interazione con la testata? Difficile. Sono sempre esistite le lettere al direttore, le possibilità di comunicare privatamente non mancherebbero. Creare un'area di discussione? Come no! Sentivamo la mancanza di trasmissioni come “Aboccaperta”, dove a fare spettacolo era una rissa che non poteva fisiologicamente arrivare a nessuna conclusione costruttiva.
Perciò? Che cosa sono quei commenti sotto ogni articolo pubblicato on line, che utilità hanno? Cori da stadio? Il rumore del pubblico intorno a un'arena in cui i gladiatori si sventrano? L'automatica necessità di aggiornarsi, pettinando il trend tecnologico delle masse che ormai prevede di dare diritto di parola a chiunque e su qualunque tema, anche se stiamo parlando di fissione nucleare?

Sarebbe questa la democrazia diretta?

E l'abuso della parola “buonismo”? Ne vogliamo parlare?

“Buonismo”. Se cerchiamo la definizione di questa odiosa parola (e sì, perché è un insulto, e non si discute), troviamo: Ostentazione di buoni sentimenti, di tolleranza e benevolenza verso gli avversarî, o nei riguardi di un avversario, spec. da parte di un uomo politico; è termine di recente introduzione ma di larga diffusione nel linguaggio giornalistico, per lo più con riferimento a determinati personaggi della vita politica. (Treccani)

Quindi nella parola "buonismo" è contenuta in sostanza un'accusa di ipocrisia. Del resto, la condotta pubblica di un politico è un percorso che può essere monitorato.

In realtà, oggi, il popolo della rete, sputa (letteralmente) questo termine addosso a chiunque trovi incivile e sbagliato un determinato comportamento. Ogni volta che (ri)leggo questa parola, non posso fare a meno di chiedermi: quale sarebbe il suo contrario? Cattivismo? Pragmatismo? Giustizia? Eroismo? Franchezza?

Ho abbastanza anni sul groppone per sapere che molti adolescenti attraversano una fase psicologica che io chiamo “caterpillar”. Avviene in genere tra i diciassette e i vent'anni (in qualche caso si trascina con esiti perniciosi, e può diventare cronica) e consiste nella convinzione di essere nobili d'animo per il semplice fatto di dire sempre a tutti, senza sovrastrutture, quel che si pensa. La propria verità (che è sempre percepita come assoluta), confondendo il concetto di franchezza con quello di maleducazione (non sempre dire tutto quello che si pensa senza alcun ausilio diplomatico è cosa buona e giusta).
Sono piccoli, ma crescono. E la fase passa...

O non passa più... nell'era dei social? Un congruo numero di like è sufficiente a far sentire nel giusto chiunque. Qualunque stronzata diventa Vangelo con un bel po' di pollici in su. I petti si gonfiano e le idee (confuse) si radicano sempre di più.

Buonisti. Questo è chi pensa che quell'azione fosse violenta, espressione di una pulsione sadica prima ancora che razzista, e in ogni caso un reato. Anche un poliziotto che spara a un ladro disarmato e con le spalle al muro commette un crimine. Non importa se il ladro ha le tasche piene, il poliziotto andrà punito secondo la legge.

Anche questo paradigma appena riassunto potrebbe scatenare tifoserie contrarie. Mi chiedo quale delle due fazioni farebbe più incetta di “buonista” scatarrati lì, tanto per gradire.

Poi incontri, tra i commenti, il razzista che ha per avatar l'icona di Che Guevara. E lì inizia (si fa per dire) il vero divertimento. Il cortocircuito massimo. Qualcuno gli fa notare che dovrebbe cambiare avatar. Un altro fa notare che il Che era un assassino, che fucilava gli omosessuali, eccetera, eccetera.

Ha senso (cioè, ne vale la pena?) discutere sul concetto di icone? Sul fatto che la mitizzazione di personaggi storici è comunque da prendere con le molle, e che dietro ai movimenti politici e alle scelte giuste e sbagliate ci sono comunque esseri umani, fatti di carne, sangue e merda. Che i simboli possono fare il loro tempo. Ma anche sganciarsi dalla complessità, a volte contraddittoria, di chi li ha ispirati per diventare altro. Che ormai sono poco più di uno pretesto per accapigliarsi ulteriormente?

E la parola “comunista”? Usata come aggravante di “buonista”, cui ormai raramente si vede rispondere di rimando: “fascista”?

Difficile trovare un senso in tutto questo caos. E' una conseguenza di questa moderna telepatia collettiva. Tutti conosciamo i pensieri di tutti. Quelli più superficiali, certo, ma proprio per questo più dannosi. E siamo tutti sulla stessa barca, tutti parte dello stesso telefono senza fili. Possiamo spendere una parola gentile, ispirare simpatia. Un attimo dopo tirare fuori una porcata immonda, o una ciclopica stupidaggine e far fuggire chi aveva pensato di avvicinarsi.

La telepatia, questa telepatia contemporanea, non è un progresso. Non è un dialogo. E' solo un rumore di fondo in cui nessuno pensa davvero. E' solo rumore, rumore e ancora rumore.

Urla. Come quelle delle vittime di una totale assenza di empatia.

Forse è questo il contrario di buonismo.

Un ripasso. Il termine "buonismo" è un neologismo introdotto nell'ambito del giornalismo con riferimento al mondo politico, e ha avuto una stagione di particolare popolarità negli anni 90, di pari passo con il cammino mediatico di Walter Veltroni. Per "buonismo" si intende(va) una forma di ipocrisia. Cioè "fare i buoni senza esserlo", addomesticando modi e termini, ma mantenendo scelte difformi. Oggi, il famigerato "buonismo" è usato per ribattere a chiunque faccia notare che un comportamento è violento, incivile, sbagliato, magari anche illegale. Roberto Saviano e tanti con lui, in questi giorni si sono chiesti "se questo è buonismo, come si chiama il suo contrario"? Aggiungerei: se dico che un determinato atto è incivile, dandomi del buonista... mi stai dando praticamente dell'ipocrita? Perché questo sarebbe il significato di "buonista", un "finto-buono". Stai dicendo che in realtà io la penso come te, che fingo soltanto di essere diverso? Se è così, ignoro su cosa si basi questa certezza. Dobbiamo ancora trovare una risposta (e una parola) da contrapporre al "buonismo" usato in accezioni come questa. 

Come classificare chi buonista non è? Figaggine della malvagità? Fierezza della volgarità e del proprio essere bulli (o plaudenti nei confronti dei bulli)? Forse la parola giusta suona desueta a qualcuno, ma io a questo punto la riadotterei. Li chiamerei "fascisti", anche se pensano di non esserlo. Come quando fascista era sinonimo di arrogante, picchiatore, prevaricatore. Se preferiscono un vocabolo diverso... ci sono tante parolacce tra cui scegliere. Non credo che la parola si possa cercare altrove.

domenica 5 febbraio 2017

Teknophage [di Neil Gaiman, Rick Veitch, Bryan Talbot]


Una perla nascosta, sepolta dal boom commerciale del fumetto nell'America degli anni 90 e dal suo successivo ridimensionamento. Una piccola casa editrice ha un'idea, e una trinità di artisti a livelli eccelsi: Neil Gaiman, Rick Veitch e Bryan Talbot, porta in scena una parabola fantascientifica dall'aspro sapore satirico. Divertente e disturbante nello stesso tempo, Teknophage è una metafora d'eccezione che non tramonterà mai. La dimostrazione di quanto il fumetto possa essere veicolo di argomenti forti, e di simboli scomodi. Un tesoro cui dare la caccia e da recuperare al più presto.


Aquista “Teknophage” (in inglese) su Amazon: http://amzn.to/2k96jCR

sabato 21 gennaio 2017

Wolla Design a Palermo: nulla finisce, tutto si evolve



Wolla Design è un laboratorio di arredamento con sede a Palermo, animato da artigiani che fanno del riciclo di materiali e oggettistica una vera arte. Oggi, Altroquando li ringrazia nel vedere il risultato del loro lavoro.
Un tempo, giocattoli della collezione di 
Salvatore Rizzuto Adelfio. Oggi: luce, grazie all'impegno di abili mani. E' meraviglioso vedere come la nostra storia si trasformi e continui a confluire nelle storie e nelle creazioni di altri. Stupendo lavoro. Grazie per averlo condiviso.






giovedì 19 gennaio 2017

The Savage Sword of Jesus Christ [di Grant Morrison e Molen Bros]


«Non sono venuto a portare la pace... ma la spada!»

La frase del Vangelo diventa il simbolo di una nuova opera provocatoria dell'autore scozzese Grant Morrison, il cui primo capitolo è appena stato pubblicato sul numero 284 della rivista statunitense Heavy Metal. Un Gesù feroce e invincibile, che scende dalla croce per andare alla conquista di un mondo che reclama come suo regno. Questo secondo la fantasia malata di Adolf Hitler, in un'ipotetica applicazione di quello che fu il Cristianesimo Positivo, progetto nazista di epurazione della matrice ebraica dalla religione cristiana per forgiare un vessillo funzionale al Terzo Reich. L'irriverenza di Morrison si serve di quella folle reminiscenza storica per produrre una metafora sulla contraffazione strumentale delle culture e dei linguaggi. Un fumetto violento, ironico e grottesco che sicuramente farà discutere.

Cover of Conan Theme (Anvil of Crom by Basil Poledouris) di Camilo Melgaço Canale Youtube di Camilo Melgaço: https://www.youtube.com/channel/UCe91...

Aquista Heavy Metal 284 (formato Kindle in inglese) su Amazon: http://amzn.to/2jyaeJX

domenica 18 dicembre 2016

The Believer [di Budd Lewis e Richard Corben]

Un piccolo "dono" da un Altroquando, per un Natale alternativo (ma che sia sempre Natale). Le matite particolarissime di Richard Corben su testi di Budd Lewis. Ecco a voi una caramella underground direttamente dagli anni 70, pubblicato per la prima volta in America su "Creepy" #77 nel 1976, e giunta in Italia nel volume "Il mondo straordinario di Richard Corben", nella collana Gli Umanoidi.
"The Believer" (Il Credente). Quando il Natale è uno stato d'animo cui si può legittimamente aspirare, senza condizionamenti di sorta. Ma solo con il diritto a un attimo di gioia, vissuto secondo le esigenze di ognuno, e per una volta senza ipocrisie. Prima di "Lobo: Sangue a Natale", prima di "Last Christmas", prima (Sigh!) di "Santa the Barbarian" e anche di "Battle Pope"... è arrivato "The Believer". Perché l'importante è credere in qualcosa. E l'uomo può essere uomo solo se cammina diritto (questo, però, era Victor Jara). Salute e anarchia.












giovedì 1 dicembre 2016

Salviamo il canale di MrMassy81


Fair Use. Cosa significa?
Uso corretto, leale e legale di materiale coperto da copyright. In teoria (e in breve) questo. Ma le norme, tutte, sono soggette a interpretazione. E allora? Allora sono cazzi. Soprattutto se parliamo di Youtube, una piattaforma mutevole, sfuggente, dalla quale se venisse rimosso ogni contenuto che contiene un pezzettino della proprietà di terzi (vista l'immensa folla di recensori e varie declinazioni di cultura nerd per fare intrattenimento) si ridurrebbe a qualcosa di scheletrico. Un grande vuoto dove la particella di sodio di un famoso spot pubblicitario di qualche anno fa gridava nel silenzio «Yu-uhuuuuu! C'è nessuno?»
Immaginate davvero uno Youtube fatto di soli teatranti che usano la loro voce e il loro corpo davanti a un muro neutro? Se c'è il talento, niente di apocalittico. Magari. Ma diciamocelo: di una tale purga, la stessa piattaforma risentirebbe sensibilmente sul piano economico e sarebbe la prima a soffrirne le conseguenze. In realtà il fair use funziona in modo altalenante e non è uguale per tutti. Dipende quanto forte è il brand, in grado di colpire anche le cover amatoriali, per esempio. Esistono poi gli enigmi, i complottismi e le leggende metropolitane. Le fantomatiche segnalazioni, gli algoritmi ottusi e le loro iniziative al servizio delle leggi del caos... Insomma, non c'è dialogo. E questa è la cosa più grave.
Per questo, la rimozione di molti video e la minacciata chiusura del canale di MrMassy81 deve farci riflettere e non lasciare indifferenti. Un creativo utilizza materiale notissimo, contribuendo oltretutto alla sua ulteriore visibilità, e se ne serve per produrre performance originali. Quali ragioni e dinamiche ci siano dietro al soffocamento del suo canale, in questi giorni, è ancora avvolto dalle nebbie. Ma un buon motivo per firmare questa petizione, alla quale mancano poche centinaia di firme per essere completa, c'è. Ed è fare rumore. Dare eco. Iniziare a far circolare un'opinione. In modo che questo bussare insistente raggiunga infine le orecchie dei sommi sacerdoti chiusi nell'empireo del Tubo, e si possa aprire una conversazione illuminante. Non solo per gli esiti sul canale di MrMassy81. Ma per tutti coloro che fruiscono la piattaforma. Utenti o creativi. Troppa ambiguità, troppa vaghezza, troppi provvedimenti scriteriati. Solidarietà, dunque, a MrMassy81, e resistenza alle avversità. Sempre.

Qui sotto, il link per firmare la petizione e maggiori informazioni sulla vicenda relativa a MrMassy81.

Giornata Internazionale contro l'Aids 2016


lunedì 28 novembre 2016

Il Cartoonicidio di Claudio (Claps) Iemmola


Cartoonicidio... Come Regicidio... Tirannicidio... Potremmo pensare a scenari più quotidiani e drammatici se il "cartoonicidio" messo in atto da Claudio Iemmola non avesse, oltre che un'ondata di simpatia complice, suscitato anche le ire di qualcuno che ha visto oltraggiare (se non sopprimere in modo spesso imbarazzante) i suoi personaggi preferiti. Per lo più si tratta di protagonisti dei cartoni anni 80. Quelli che hanno accompagnato la crescita di molti tra noi, e che ricordiamo con affetto. Quando non sono vissuti come un tabù che ci rende più piccoli di quanto ci illudiamo di essere. Insomma, un gioco, uno scherzo... che potrebbe portare a riflessioni fin troppo serie. 
«Miwa, lanciami in componenti!»
«Nei denti, però!»

martedì 22 novembre 2016

Figlio di un preservativo bucato [di Howard Cruse] feat. True Colors


Un video a cui tengo molto, in quanto rappresenta una collaborazione (sia pure a distanza) con un altro Youtuber (Riccardo del canale True Colors) e che si propone di affrontare da due diversi punti di vista il tema delle diversità e della solidarietà. Riccardo è una persona disabile che testimonia coraggiosamente in video la quotidianità della sua condizione e la resistenza alle problematiche che la vita di ogni giorno mette davanti alla gente come lui. I nostri due video sono incrociati, anzi: specchiati, a partire dalle rispettive intro, pensate appositamente per collegare due tasselli che fanno parte di un'unica iniziativa. Riccardo parla di un'opera letteraria che tratta il tema della disabilità e della comunicazione. Io invito a riscoprire un classico americano (forse non abbastanza noto in Italia) che racconta di come le battaglie per i diritti civili degli afroamericani negli anni 60 si intrecciavano con la vita della comunità LGBT (ancora prima dei moti di Stonewall e la nascita di un vero e proprio movimento politico), narrando tutto dal punto di vista di un giovane gay che non ha ancora trovato un suo equilibrio. Si tratta di “Figlio di un preservativo bucato” (Stuck Rubber Baby, in originale) di Howard Cruse. Un romanzo a fumetti che andrebbe letto da tutti, e che ha molto da dire sul concetto di libertà, di lotta per il diritto di esistere, e di quel filo rosso che lega la libertà e la diversità di tutti. Quelle diversità che sono una ricchezza, e sono il motore del progresso e del cammino verso una vera forma di civiltà.




sabato 12 novembre 2016

Il referendum costituzionale del 4 Dicembre spiegato a mia nonna 1 [di Carlo Procaccini]

Carlo Procaccini è una di quelle creature emerse dal caos del villaggio globale che Altroquando percepisce come familiari. Gestisce il blog SupeRagno e il canale Youtube che porta le sue generalità. Nerd, ma arricchito da spiccate capacità di analisi. Appassionato di fumetti, ma dotato di strumenti di lettura politici e sociologici che gli permettono di andare oltre la scontata vetrina e il gioco ormai frusto delle news e delle recensioni fatte con lo stampino. Le sue competenze in scienze politiche e la sua eloquenza da divulgatore ne fanno, a nostro parere, uno dei soggetti più indicati per spiegare le farragini dell'imminente referendum. Qui non si tratta di urlare "vota NO o vota SI". Stiamo parlando di comprendere davvero che cosa chi chiede di votare lo strumento referendario, che in questa occasione non prevede quorum, e quindi produrrà effetti a prescindere dall'affluenza alle urne. Altroquando dà con piacere la parola a Carlo, affinché possa analizzare e commentare i singoli punti con la sua consueta attenzione.

giovedì 3 novembre 2016

Cambiamenti: Altroquando resiste mentre una strada vola via


Ieri ho avuto una notizia dolceamara... 


E' come se la scena della demolizione del Nuovo Cinema Paradiso si fosse protratta per tre lunghissimi, dolorosi anni. Un istante sospeso, trascinato nel tempo come un fuoco che ti arde senza concederti il lusso di morire. Ora quell'interminabile tuffo al cuore può iniziare a concludere la sua corsa, mentre la lotta per la memoria di ciò che è stato e ciò che ancora potrà essere continuerà. 
Alastor, il punto vendita di una grossa catena di distribuzione che si era insediato con una nuova licenza nel vecchio locale in affitto dove un tempo c'era la libreria Altroquando per rilevarne la clientela, sta traslocando. Probabilmente con una sua insegna identificativa (sarebbe logico), e in una zona meno problematica dal punto di vista commerciale (nessuno lo sa meglio di me che l'ho vissuta). Quella bottega, dunque adesso sarà chiusa per un po', e se sarà affittata ad altri e riaperta è molto improbabile che presenti la stessa tipologia di attività. Si conclude dunque quella sensazione di identità strappata (fino a pochi giorni fa, clienti di Alastor, cercando la fumetteria, si sono rivolti a me sui social della nuova associazione culturale Altroquando). Data la superficialità di una città con la memoria debole, il rischio della sovrapposizione rimane, e pertanto la mia battaglia per l'identità culturale di Altroquando (che ricordiamo, non era soltanto una fumetteria) non si ferma qui. Oggi sicuramente c'è un cambiamento importante, il resto lo scopriremo. Ma vedere indossare da estranei l'abito di una persona cara, e il nome della mia famiglia attribuito a qualcosa di totalmente diverso, ha allungato l'elaborazione del lutto oltre i tempi massimi.



Palermo, non deludermi. Adesso non hai più scuse per voltare pagina, o per scambiare un centro commerciale per un centro culturale. Ci sarà sempre un Altroquando. Quello di Salvatore Rizzuto Adelfio, che ti parla di fumetti, sì... ma anche di tante altre cose, perché è fatto di sogni, di idee, di impegno, di passione e voglia di condividere. 




In questi ultimi, difficili anni, qualcuno ha definito la mia come "la resistenza di Altroquando a Palermo". Una definizione che mi onora e per la quale ringrazio. La memoria non è solo rammentarsi delle bevute insieme, di barzellette e pacche sulla spalla. Memoria è crescita e evoluzione dalla storia passata, tenendo salde le radici. Salvatore Rizzuto Adelfio, nei suoi ultimi mesi di vita, sperava fortemente in questa trasformazione, ed è per questo che Altroquando a Palermo non può che essere legato al suo nome. Anche noi contiamo presto di inaugurare una nuova sede per l'associazione culturale che porta il nome di questo pezzo di storia palermitana. Una sede che già ospita, restaurate, l'antica insegna e le storiche lunette dipinte da Marcello Buffa, nonché l'archivio di tutte le attività culturali svolte in circa vent'anni di esistenza. Proseguiamo, nel frattempo, a chiedere alle istituzioni di dare il nome di Salvatore al lungomare di Sant'Erasmo, fotografato, narrato con parole e immagini, da qualcuno che ha regalato un grande sogno alla città di Palermo, non solo qualche fumetto. Un dono prezioso per chi è in grado di riconoscerne il valore.



Ci vediamo presto in un Altroquando. Addio (perdonami, ma era ora) pezzo di vita in Via Vittorio Emanuele 143. Ti ricorderò come qualcosa che si è fatto amare e odiare nello stesso tempo, come tutte le storie d'amore. Ma come Papillon aggrappato alla sua zattera, resisto e grido a pieni polmoni: «Sono ancora vivo, maledetti bastardi! Sono ancora vivo!»
So per certo che Salvatore avrebbe adorato questa citazione.





---- oooO-  LE STRADE PER UN ALTROQUANDO  -Oooo ----

domenica 30 ottobre 2016

Palermo, ricorda: Altroquando non è Alastor


DA ALTROQUANDO, UNA LETTERA APERTA ALLA CITTA' DI PALERMO


Altroquando: un nome (ormai sovraesposto in Italia) che a Palermo è stato usato per la prima volta da Salvatore Rizzuto Adelfio, ed è legato a filo doppio alla memoria della sua persona e della sua attività storica. E' anche il nome (insieme alle sue generalità) dell'associazione culturale che da tre anni si propone, con umiltà e mezzi diversi, di proseguire il manifesto culturale da lui immaginato. E cioè una militanza sociale ibridata con forme espressive di norma associate al puro svago (come i fumetti, per cominciare). Su Facebook, da circa tre anni, esiste una pagina dedicata alla richiesta, a più voci, di intitolare il lungomare di Palermo alla memoria di Salvatore, che lo ha così a lungo raccontato in modo personale e inconfondibile. Mentre esortiamo l'amministrazione comunale a muoversi in tal senso (considerato che ha il potere giuridico di accorciare i tempi previsti dalla legge, e lo ha già usato per titolare vie ad altri palermitani illustri), non dimentichiamo che esistono altri aspetti legati alla memoria di Salvatore Rizzuto Adelfio. Aspetti che sono a rischio, in una città dalla memoria troppo corta.




Non ci giro intorno. Non ho nulla di personale contro i dipendenti dell'azienda Alastor che nel 2013, dopo la scomparsa di Salvatore, ha aperto un proprio punto vendita, con una nuova licenza di libreria, nei locali in affitto dove un tempo la nostra famiglia esercitava la sua attività. Ripeto, non ho nulla contro i dipendenti dell'azienda Alastor che dall'autunno del 2013 ha smerciato fumetti in corso Vittorio Emanuele 143 (locale che è rimasto a lungo privo di un'insegna che la identificasse come una ragione sociale differente). Trovo soltanto molto triste che quel luogo, dal quale l'insegna posta da Salvatore è stata rimossa e restaurata (Altroquando è un logo regolarmente registrato alla Camera di Commercio di Palermo e i diritti sono detenuti dall'associazione omonima) non sia stato chiamato da una parte della clientela con il suo effettivo nome, seguitando a definire "Altroquando" qualcosa che quel luogo non era più, così come non sarà mai Altroquando l'attività che a noi era subentrata nella vendita di fumetti a Palermo. 

Sì, perché quell'attività ha un nome diverso: quello stampato sui sacchetti che dà in omaggio, quello con cui gli impiegati rispondono al telefono. Quello che è effettivamente il nome dell'azienda Alastor, cui sto regalando in questa sede una gratuita pubblicità. E' triste e ingeneroso che ancora oggi, qualcuno si riferisca a una realtà totalmente svincolata da un pezzo di storia cittadina con il nome che identifica il lavoro e la testimonianza politica e culturale di Salvatore Rizzuto Adelfio. E' triste che ancora oggi qualcuno, distrattamente, mi contatti sulla pagina dell'associazione rivolgendosi a me con il nome di chi lavora presso la rivendita Alastor.

E' vero. Altroquando di Salvatore Rizzuto Adelfio iniziò come fumetteria, e con questo cercava, nonostante le progressive difficoltà e i malfunzionamenti del settore, di pagare le bollette. Ma quel nome, con Salvatore al timone, rappresentò negli anni tante altre cose.




Diffusione di varie espressioni di cultura underground
Manifestazioni antiproibizioniste
Lotta, testimonianza e divulgazione per i diritti delle persone LGBT
Centro di ascolto per persone LGBT
Promozione della piccola editoria
Collaborazioni costanti con realtà politiche progressiste, tra le tante, le sinergie con quella che è stata l'esperienza storica cittadina dello Zetalab
Organizzazione di mostre di artisti emergenti o completamente sommersi
Autoproduzioni editoriali
Promozione di autori indipendenti che un giorno sarebbero diventati popolari
Proposta e vendita di etichette musicali indipendenti e schierate
Contributo alla nascita di più associazioni politiche e culturali cittadine
Appoggio a collettivi satirici e opposizione alla censura (si ricordi l'episodio del 2010, contestuale alla visita a Palermo di Benedetto XVI, che Salvatore riuscì a filmare e che certa stampa paragonò all'esperienza di Radio Alice)





La lista potrebbe continuare. Ma dovrebbe essere evidente che Altroquando di Salvatore Rizzuto Adelfio non era una libreria come tutte le altre, e questo forse minò le sue fondamenta dal punto di vista economico segnandone il destino nei lunghi termini, ma anche caratterizzandola in modo molto forte. Lasciare svanire il ricordo di questa esperienza renderebbe vana anche la richiesta di intitolare alla memoria di Salvatore il lungomare di Sant'Erasmo. No, Palermo deve ricordare. E continuare, per pigrizia o consuetudine, a chiamare “Altroquando”, ovunque si trovi, il punto vendita di una catena di distribuzione con un background totalmente diverso, non aiuta. E' (si tratta solo di una facile metafora) come cercare un disco di Tiziano Ferro chiamandolo con il nome di Francesco Guccini, con tutto il rispetto per Ferro e i suoi estimatori (ma parliamo di personaggi, percorsi e generi musicali del tutto differenti).




Questo equivoco, questa sovrapposizione di un'identità storica con una realtà puramente (e legittimamente) commerciale che per qualche anno ha abitato le vecchie mura, deve finire. Lo dobbiamo alla memoria di Salvatore Rizzuto Adelfio, o riuscire a intitolargli il lungomare di Palermo (se mai l'otterremo) servirà a poco. Per questo chiedo gentilmente a tutti coloro che hanno conosciuto e rispettato Salvatore, agli ex colleghi operatori di fumetteria, ai fumettisti con cui è stato amichevole e che ha spinto quando la loro strada era ancora in salita, a chi continua ad acquistare fumetti presso un rivenditore che non è Altroquando né ha interesse a rivendicarne la storia, a condividere queste informazioni di base. Dal 2013 Altroquando non è più in corso Vittorio Emanuele. Altroquando, se ci credete, si sforza di esistere in altra forma, o – se non volete crederci – ha concluso la sua esperienza di vita con la scomparsa di Salvatore Rizzuto Adelfio.



Per favore, chiamate ALASTOR il negozio che per tre anni ha venduto fumetti a Palermo in via Vittorio Emanuele 143. Loro stessi si presentano così, perché questo è il nome della loro azienda con sede centrale a Napoli. Se la memoria è importante, se dare un nome a una strada spetta alle istituzioni, possiamo comunque tributare onore al merito chiamando semplicemente cose e persone con i loro veri nomi. E risparmiare costanti, amari qui pro quo a chi si sforza di conservare e coltivare questa memoria.

Ditelo. Ricordatelo. Rettificatelo. Io non ho intenzione di fermarmi. A Palermo, Altroquando è solo quello di Salvatore. 

O nessuno.




Hastag: #alastornonaltroquando