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venerdì 11 ottobre 2019
Coming Out Day 2019
Oggi è il coming out day. Personalmente, non ho avuto questo problema né in famiglia né sul lavoro. Semmai l'ho avuto con me stesso, con cui ho giocato a nascondino per lunghi anni prima di comprendermi e accettarmi. E scoprire che era tutto molto più facile di quanto pensassi. Lo celebro con questa (per me fantastica) foto di un attore e personaggio che amo molto (sì, anche in quel senso). Sembra che David Harbour sia del tutto consapevole di essere diventato un'icona sexy per gli orsi gay, e che abbia preso a giocare in rete ammiccando anche a questi ammiratori. A giudicare dalla terza stagione di "Stranger Things", direi che ne sono consapevoli anche sceneggiatori e registi (a buon intenditore...). Un augurio di vita migliore a chi continua a porsi problemi. Che magari a volte esistono, ma che hanno bisogno di essere affrontati per poter scomparire.
martedì 31 luglio 2018
Capitani Meravigliosi - 5
E alla fine arriva... Carol. Il Capitan
Marvel femminile attualmente detentore del titolo e destinata a
essere protagonista del film in live action omonimo, cosa che lascia
supporre una sua rinnovata iconicità e il perdurare del suo ruolo
nel cosmo Marvel fumettistico. Abbiamo detto “alla fine”, ma non
per ultima. Carol Danvers, al contrario, arrivò proprio in
principio, nelle primissime storie del Capitano Marvelliano. Carol
era un ufficiale dell'aeronautica americana e responsabile della
sicurezza di un'importante base militare. Il suo ruolo la portò
precocemente a incrociare la strada con Mar-Vell (che all'epoca era
venuto sulla terra come spia) e a essere salvata da questi,
innamorandosene senza speranza (l'amore della vita di Mar-Vell era la
dottoressa Kree Una, al centro di un classico triangolo
fanta-soap-operistico). Carol rimase comunque a lungo un comprimario
importante del Capitano per buona parte della sua carriera, finché
non fu coinvolta in una battaglia che la vide investire da un'onda
energetica, e quindi sparire temporaneamente di scena. Qualche tempo
dopo, si scoprì che l'esplosione del dispositivo alieno aveva
alterato la sua struttura fondendola con quella di Mar-Vell,
trasformandola di fatto in un ibrido terrestre-Kree e dotandola degli
stessi poteri del Capitano. La Marvel (la casa editrice) stava
pianificando una versione femminile di Mar-Vell (come già nel mondo
Fawcett esisteva Mary Marvel, controparte di Marvel-Shazam) e la
scelta cadde su Carol che diventò così Miss Marvel.
Era l'inizio di una gavetta
supereroistica che sarebbe durata circa 35 anni, e avrebbe fatto
passare Carol attraverso una lunga serie di trasfigurazioni.
All'inizio delle sue avventure, il rapporto tra Carol e la sua nuova
natura Kree aveva dello schizofrenico. Le due identità condividevano
il corpo, ma agivano ognuna per proprio conto (come il personaggio DC
della Spina). Presto le due nature di Carol si fusero e Miss Marvel
iniziò una lunga militanza tra gli Avengers. Il personaggio, però,
era irrequieto. Lo erano gli sceneggiatori, e i lettori anche. Una
serie di intrighi incrinò il rapporto di Carol con i compagni di
squadra, ma soprattutto, per intervento dello scrittore Chris
Claremont, la scena le fu rubata (letteralmente) da un nuovo
personaggio che i lettori avrebbero amato molto di più. Rogue,
futura punta di diamante degli X-Men, ma inizialmente membro della
Confraternita di Mystica, aggredì Carol e ne assorbì integralmente
i poteri e la mente. Il risultato fu per Carol il coma, per Rogue
l'acquisizione di tutti i poteri dell'altra e la presenza della sua
identità dentro di sé, pronta a emergere senza preavviso,
realizzando la convivenza in un solo corpo tra una ragazzina
arrabbiata e un'esperta donna con addestramento militare (tornava il
tema della schizofrenia).
Mentre Rogue intraprendeva il suo
cammino di redenzione tra le fila degli X-Men, Carol fu in qualche
modo curata dal telepate Charles Xavier, che tentò di ripristinarne
i ricordi e la personalità. Il risultato fu una donna nuova che
conservava i ricordi di Carol, ma non poteva condividerne del tutto
le emozioni («Forse un giorno, Rogue proverà per voi quello che
dovrei provare io» ...esattamente). Ad ogni modo, la appena
risvegliata Carol Danvers condivise con gli X-Men l'avventura nello
spazio contro la genia di alieni noti come la Covata. E siccome piove
sempre sul bagnato, fu sottoposta a degli esperimenti che si
innestarono sulle tracce rimaste della precedente influenza Kree.
Carol attinge ai poteri di un'entità cosmica definita Buco Bianco e
diventa Binary, un essere spaziale che andrà a cercare una nuova
ragione di esistenza tra le stelle.
Ma come cantano gli After Hours: non
c'è niente che sia per sempre (e soprattutto la Marvel è incostante
da paura). Nel tempo, il potere di Binary si affievolirà lasciando
riemergere le originali caratteristiche di Miss Marvel. Insomma, lo
status quo di Carol Danvers viene praticamente ripristinato. Oddio,
almeno in parte, visto che tutti glie eroi Marvel sono nati per
soffrire.
Tornata a militare con gli Avengers, Carol (spinta dagli editor) decide che il nome Miss Marvel è stucchevole, soprattutto se attribuito a una virago forzuta e volante. Ed ecco cambiare il nome di battaglia in Warbird. Ma non tutto oro è quel quel riluce. I trascorsi di Carol (le esperienze nello spazio come Binary, le continue cicliche trasformazioni, i fallimenti editoriali, vorrei vedere voi...) le inducono una forma di depressione che la spingono sulla strada dell'alcolismo. Cosa che la farà nuovamente allontanare dagli Avengers. Seguono una serie di rimpasti, narrativi ed editoriali, con ritorni e ulteriori uscite dalla squadra ammiraglia di casa Marvel. Alla fine (per ora), dopo altre cento battaglia anche interiori, Carol decide di prendere il nome di Capitan Marvel in memoria dell'eroe Kree che tanta influenza ha avuto sulla sua vita, e indossa un'uniforme che ne recupera lo stemma (ma con un design più contemporaneo). Attualmente è anche a capo di una squadra di Avengers ed è ritenuta una delle personalità più influenti del cosmo Marvel. La sua lunga esperienza, militare e di super-eroina, le conferiscono autorità, e pare che per lungo tempo rimarrà l'unico Capitano Meraviglioso della Casa delle Idee.
L'accento, oggi, è posto sul concetto di eredità, il cammino di
Mar-Vell da spia a difensore della terra, i suoi legami con l'impero
Kree, si specchiano nelle vicissitudini, nelle crisi e nelle
rinascite di Carol, che per prima lo ha conosciuto. La meraviglia,
attualmente, è la pertinacia di un personaggio che ha cambiato pelle
molte volte, tuttora resiste e che oggi si prepara a conquistare il
cinema.
Per concludere, come cantava Domenico
Modugno: «Meraviglioso!»
lunedì 30 luglio 2018
Capitani Meravigliosi - 4
Dopo la morte del primo Capitan Marvel
propriamente marvelliano (in senso editoriale), le cose si fanno
confuse (e a tratti anche ridicola). Infatti, il nome di battaglia di
quello che nelle intenzioni dell'azienda avrebbe dovuto essere l'eroe
portabandiera inizia a rimbalzare tra più personaggi, nessuno dei
quali eguaglia il carisma del capostipite. Prima erede del titolo di
Capitan Marvel è la poliziotta afroamericana Monica Rambeau,
personaggio che non aveva nessun legame con Mar-Vell se non la scelta
del titolo. L'eroina militò tra gli Avengers e arrivò a diventarne
anche il leader per qualche tempo, quando si vide “plagiato” il
nome d'arte da Genis-Vell, il figlio del Capitan Marvel originale.
Questi (inizialmente chiamato Legacy) era stato concepito in provetta
partendo dalle cellule del soldato Kree, e ne condivideva l'aspetto e
i poteri. A differenza del padre biologico, però, il terzo Capitan
Marvel è parecchio instabile. E col tempo finisce col rivelarsi una
minaccia per l'universo, morendo e resuscitando ben due volte tra
perdite di controllo e temporanei ravvedimenti. La cosa buffa è che,
dopo la sua prima resurrezione, il personaggio decise di cambiare
nome in Photon. Stesso nome adottato dalla Rambeau dopo che le era
stato soffiato l'appellativo di Capitan Marvel (povera stella!). Ad
ogni modo, Genis-Vell a un certo punto si decise a morire per davvero
e uscì di scena come si conveniva a un fallimentare succedaneo.
Ad assumere il manto di Capitan Marvel
è allora Phyla-Vell. Una... ipotetica sorella di Genis-Vell. In
realtà inesistente fino a qualche tempo prima, ma generata dai
giochetti del fratello con l'universo che avevano finito con alterare
la realtà (Aaaaarg! Che bordello!). Phyla-Vell è dunque la prima
versione femminile di questo Capitan Marvel, del quale ereditava
tutte le caratteristiche e il ruolo di paladino cosmico. Ma come
Marvel ha vita breve, evolve assumendo il nome di secondo Quasar
(Capitan Marvel non è l'unico a ispirare successori) e viene infine
uccisa da Thanos durante una delle sue tante performance in cui fa
terra bruciata in giro per l'universo.
La storia del quinto Capitan Marvel è,
se possibile, ancora più incasinata. Creato dallo scrittore Grant
Morrison con il nome di Marvel Boy, Noh-Varr era un alieno Kree, ma
giunto sulla nostra terra da una dimensione alternativa e quindi
digiuno di tutte le relazioni inerenti alla realtà condivisa fino a
quel momento. Appena giunto sul pianeta è coinvolto in vari intrighi
di potere e il suo carattere bellicoso lo porta inizialmente a
sviluppare un discreto risentimento nei confronti dei terrestri (un
po' come il Sub-Mariner dei primi tempi). Il personaggio è preso in
mezzo a vari crossover marvelliani, quali Secret Invasion
(l'invasione segreta degli alieni mutaforma Skrull) e Dark Reign,
durante il quale entra a far parte dei Dark Avengers di Norman Osborn
in cui ogni membro era una versione distorta e perversa dei veri
eroi. Osborn affida così a lui il ruolo di Capitan Marvel
(aridaje!). Ma nonostante la testa calda, Noh-Varr è
fondamentalmente una brava persona, e compresi i malvagi piani di
Osborn diserta per diventare un vero eroe. Non sarà tuttavia
l'ultimo, né il definitivo Capitan Marvel a portare questo nome.
Nel frattempo, ha luogo l'evento
editoriale “Marvel contro DC”, in cui gli eroi di entrambe le
ditte concorrenti si incontrano e si scontrano... finendo a un certo
punto per amalgamarsi temporaneamente. In quell'esperimento
goliardico che è definito “Universo Amalgam”, tra le file della
JLX (la fusione di Justice League e X-Men) incontriamo... Capitan
Marvel. Sintesi tra il primo Marvel-Shazam e il soldato Kree
marvelliano.
In qualche modo, il cerchio si stava
chiudendo...
sabato 28 luglio 2018
Capitani Meravigliosi - 3
Nel 1967, la Marvel Comics si era ormai
aggiudicata il diritto di usare quello che era diventato il proprio
nome editoriale (la casa, nel tempo, si era chiamata prima Timely e
poi Atlas) preceduto dall'appellativo di capitano. Era giunto dunque
il momento di lanciare un personaggio che portasse il nome di
famiglia e rimpiazzasse nella memoria dei lettori più maturi i vari
“Marvel” delle defunte edizioni Fawcett (il primo Capitan
Marvel-Shazam, aveva infatti uno stuolo di comprimari, tutti radunati
sotto il nome di Marvel Family). Ecco nascere dunque il marvelliano
(tautologico) Capitan Marvel, su testi di Stan Lee e disegni di Gene
Colan. Stavolta si trattava di un alieno Kree, razza extraterrestre
che si era già affacciata molte volta nella continuity condivisa dei
supereroi del rampante colosso editoriale. Il suo vero nome era
Mar-Vell, nome alieno che per un capriccio del caso faceva assonanza
con la parola inglese “Marvel”, mentre la qualifica di capitano
era il suo effettivo grado militare nella flotta Kree. Mar-vell,
inizialmente, era una spia inviata dal suo governo per tenere
d'occhio gli infidi terrestri e per eseguire ai danni del pianeta dei
veri e propri sabotaggi. La natura nobile di Mar-Vell, però, insieme
all'avversione per gli intrighi politici e personali dei suoi
superiori, lo portò a tradire la propria razza e a usare le sue
capacità per difendere i terrestri, diventando un rinnegato
interplanetario. Qui la storia di Superman è sostanzialmente
specchiata e riscritta. In origine abbiamo un bambino alieno
superstite di un pianeta distrutto che allevato sulla Terra ne
diviene il protettore essenzialmente per influenze culturali.
Mar-Vell arriva sulla terra da adulto, indottrinato dal proprio
sistema imperialista, e inizialmente non ha il ruolo di paladino, ma
di agente infiltrato. In teoria, quindi, è una minaccia. Ma è la
vicinanza con i terrestri, la fondamentale rettitudine e il senso
critico nei confronti dell'autorità, che lo portano a cambiare
bandiera e a rivestire il ruolo di campione terrestre.
La prima versione di Capitan Marvel
vestiva un'uniforme verde e bianca, modello standard della flotta
Kree, completo di elmetto che faceva da maschera. Poteva volare e
nelle prime storie usava una pistola che sparava raggi energetici,
presto sostituita da un dispositivo da polso con la stessa funzione
(non sia mai che un supereroe impugni dichiaratamente un'arma, anche
se il surrogato produce i medesimi effetti).
Dopo un primo ciclo di storie, il
personaggio subì una trasfigurazione di look e status quo, a opera
dello sceneggiatore Roy Thomas. Le entità cosmiche Suprema
Intelligenza, e in seguito Eon, interferiscono con il suo
abbigliamento e le sue attitudini. E' così che arriviamo al costume
rosso-bluastro-giallo con il marchio stellare sul petto (prima era un
pianeta Saturno stilizzato) che oggi conosciamo. La Marvel qui gioca
sporco, e ricicla in modo malizioso una caratteristica fondamentale
del primo Capitan Marvel-Shazam. La trasformazione fisica e il legame
con un ragazzo normale. Mar-Vell, rimasto intrappolato nella Zona
Negativa (celebre dimensione fittizia descritta per la prima volta
nelle storie dei Fantastici Quattro) si collega al giovane Rick Jones
(avventuroso adolescente che in passato era già stato comprimario di
Hulk e Capitan America) mediante l'uso di due fantascientifici
braccialetti. Facendo sbattere tra loro questi orpelli, il giovane
Rick scambiava gli atomi del suo corpo con quelli dell'esiliato
Mar-Vell, finendo diritto nella Zona Negativa al posto dell'eroe che
si materializzava al suo posto. Una contorta variante di metamorfosi
che echeggiava l'effetto della parola magica “Shazam” e la
trasformazione di Billy Batson nell'omone mitologico. Uno sberleffo
marvelliano a una pagina di storia del fumetto che fu, in verità già
praticato sulle pagine di Thor, inizialmente legato al mortale Donald
Blake che cambiava nel dio del tuono (con la trasformazione
sottolineata da fulmine e boato) ogni volta che percuoteva il terreno
con il suo bastone.
Il nuovo Capitan Marvel ebbe vita
abbastanza lunga, venendo anche investito del vago e difficilmente
comprensibile potere definito “coscienza cosmica”, e promosso a
sorta di messia spaziale. Fu proprio Capitan Marvel a contrastare i
primi piani malefici del titano pazzo Thanos (che aveva esordito in
una storia di Iron Man) e a guidare l'alleanza di tutti i supereroi
contro i progetti nichilisti del temibile villain. Dopo lunga e
onorata carriera, Mar-Vell lasciò questa valle di lacrime non sul
campo di battaglia, ma vittima del cancro, in una memorabile storia
scritta da Jim Starlin.
Ma la Marvel non era pronta a
rinunciare al proprio Capitano di rappresentanza. Si apriva un nuovo
capitolo fumettistico, fatto di emulazione e di eredità. Senza
dimenticare che, sin dalle primissime avventure di Mar-Vell, avevamo incontrato una certa Carol Danvers. Personaggio che
avrebbe fatto mooolta strada...
venerdì 27 luglio 2018
Capitani Meravigliosi - 2
CAPITANI MERAVIGLIOSI – 2
Nel 1953, la sentenza in appello che
riconosce alla DC Comics l'accusa di plagio di Superman intentata
contro il personaggio Capitan Marvel (che per inciso aveva preso a
vendere più albi del prototipo), condannò la casa editrice Fawcett
a pagare alla concorrenza un risarcimento altissimo e a ritirare dal
commercio le riviste che vedevano come protagonista l'eroe oggetto
del contendere. Si concludeva così (temporaneamente) la vicenda
editoriale del primo Capitan Marvel-Shazam, che solo molto tempo dopo
sarebbe stato recuperato dalla stessa DC Comics e integrato nel
proprio cosmo narrativo con un differente titolo di testata. Negli
anni che seguirono la sentenza, però, si creò un vuoto riguardo al
copyright. In sostanza il nome “Capitan Marvel” diventò di
pubblico dominio, e ci sarebbe voluto ancora qualche tempo prima che
la Marvel Comics piantasse la propria bandiera sul brand garantendosi
i diritti su tutti i capitani meravigliosi che sarebbero venuti da lì
a quel momento.
E' in questo intervallo giuridico che,
nel 1966, appare nei fumetti americani... Capitan Marvel di Carl
Burgos. Lo stesso Burgos che nel 1939 aveva creato la prima, storica
Torcia Umana per la Timely Comics, etichetta che successivamente si
sarebbe evoluta prima nella Atlas, e poi nella Marvel che conosciamo.
Il suo Capitan Marvel, nato sotto il marchio editoriale Myron Fass
Enterprise, non aveva niente a che vedere con il suo predecessore
magico. Piuttosto, suggeriva che Burgos doveva avere una vera
passione per gli androidi romantici. Infatti, come già la prima
Torcia (umanoide più che umana) era un robot con poteri di fiamma,
anche questo secondo Capitan Marvel era un automa senziente venuto da
un altro pianeta. Un essere robotico dotata di emozioni umane che
aveva la capacità di scomporre il suo corpo mandando le singole
unità (mani, piedi, braccia, testa) a svolgere azioni indipendenti.
A innescare la separazione degli arti era la parola (magica? In
codice?) “Split!” (ma tu guarda!). E “Xam!” per poi
reintegrarsi. La missione di questo Capitano robotico era, al pari di
Superman, quella di mantenere l'armonia sulla terra. Si nascondeva
dietro l'identità segreta di un archeologo, il professor Roger
Winkle, e la sua vita di facciata era quella di un normale essere
umano, con pulsioni e sentimenti del tutto normali. Nelle sue storie
compariva un comprimario che in qualche modo rappresentava una
citazione di Billy Batson, alter ego del primo capitano della
Fawcett, chiamato però “Baxton”. La vita editoriale del secondo
Capitan Marvel fu molto breve. Solo quattro albi nel 1966. Ma la
dinastia dei Capitani Meravigliosi era lungi dal concludersi. La
Marvel sarebbe presto arrivata a dire la sua. E avrebbe declinato la
ricetta fino allo sfinimento. Non senza ammiccare al prototipo che
era arrivato per primo...
giovedì 26 luglio 2018
Capitani Meravigliosi - 1
Di personaggi chiamati "Capitan Marvel" ce ne sono stati più di uno. La loro storia è complessa e si dipana nel corso di decenni. Quello che oggi conosciamo come SHAZAM nasceva negli anni 40 sotto il marchio Fawcett Comics (due anni dopo l'esordio editoriale di Superman) e inizialmente si chiamava Capitan Thunder. Nome che fu presto accantonato perché echeggiava le generalità di un altro personaggio edito da un'etichetta concorrente. L'eroe diventò così Capitan Marvel (Shazam era solo la parola magica che pronunciava per trasformarsi, e il nome del mago che lo aveva investito dei suoi poteri). Capitan Marvel nasceva dichiaratamente come emulo dell'Uomo d'Acciaio di casa DC, cui si contrapponeva per la sua natura magica invece che fantascientifica (Superman è un alieno, Capitan Marvel è un adolescente terrestre scelto come campione da forze esoteriche). Sorprendentemente, negli anni quaranta, le vendite di Capitan Marvel superarono quelle di Superman (fu anche il primo supereroe a diventare protagonista di un serial in live action). La DC Comics fece causa per plagio alla Fawcett Comics e la disputa legale sarebbe durata molti anni. Una prima sentenza vide prevalere la Fawcett, ma la DC ricorse in appello, e per la Fawcett, indebolita anche dalla crisi che negli anni 50 fece crollare le vendite dei fumetti di supereroi, le cose si misero male. Capitan Marvel chiuse così i battenti, generando un vuoto legale di cui sarebbe giovata la Marvel Comics, registrando il nome dell'eroe e garantendosene il futuro utilizzo. Quando, anni dopo, il personaggio fu acquisito dalla DC ed entrò a far parte del suo parco testate, il nome Capitan Marvel non poteva più essere usato. Ed ecco nascere "Il potere di Shazam", titolo di testata per l'eroe che nelle storie continuava a chiamarsi Marvel, ma sempre più di rado.
Ma di Capitan Marvel, non solo targati Marvel Comics, ce ne sarebbero stati altri...
martedì 6 marzo 2018
Born Naked di Guido Fiato
BORN NAKED è un progetto grafico realizzato dal disegnatore Guido Fiato. Consiste in una collezione di nudi integrali cui i modelli si prestano spontaneamente, e il messaggio da far passare è la serena convivenza con il proprio corpo, come che sia. L'artista è bravissimo, e mi ha migliorato sotto molti punti di vista. Visitate la sua pagina, seguitelo, supportatelo.
"Born Naked" is a collection of naked illustrations.
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Born Naked #43
"Born Naked" è una raccolta di ritratti completamenti nudi.
Trovate le versioni censurate sul mio Facebook, Instagram e Tumblr.
Per vedere le versioni integrali potete supportare il mio lavoro su www.patreon.com/gufiart
Se siete interessati ad entrare a far parte di questo progetto, ed a ricevere il vostro ritratto gratuitamente, contattatemi in privato.
Non siate timidi! 😉
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lunedì 5 marzo 2018
lunedì 18 dicembre 2017
Era la Notte prima di... KRAMPUS!
Natale: ricorrenza, tradizione… festività? Come che sia, qualcuno ama rispettare certi appuntamenti. Il Natale è la festa della nostra infanzia, ma può anche essere il pretesto per osservare con occhio più smaliziato i rottami di un giocattolo che nel tempo si è guastato (ma con il quale si può sempre giocare e trasformare in altro). Riparliamo del Klaus di Grant Morrison (pensavate che fosse finito là dove l’avevamo lasciato? Naaaaa!) e dell’indipendente Tim Baron con il suo “T’Was the Night Before KRAMPUS”. Un alternativo, psichedelico, tenebroso, cinico, goliardico, piacevole Natale a tutti quelli che apprezzano almeno un pezzetto di questo menu festivo.
domenica 26 novembre 2017
Marvel's The Punisher: Impressioni finali
Terminata la visione di questa prima, e
per ora unica stagione, la serie Netflix dedicata a The Punisher, si
colloca a mio giudizio su livelli molto alti, contendendo il primato
a Daredevil, non fosse per la sua natura derivativa e
cronologicamente subalterna.
Lo dico, lo accenavo già durante la
visione dei primi episodi, perché questa serie mi ha piacevolmente
spiazzato. Non sono particolarmente legato al personaggio
fumettistico del Punisher, che trovo troppo bidimensionale, e spesso
narrato in modo eccessivamente ottuso, cavalcando la
spettacolarizzazione di una violenza che sacrifica l'approfondimento
narrativo.
Be', tutto questo nella serie interpretata da Jon Bernthal non c'è. Questo Punisher arriva quasi a scrollarsi di dosso l'etichetta di antieroe facendo prevalere la seconda metà di questa doppia qualifica. La violenza è dosata (e badiamo bene, non manca affatto) a favore di un racconto teso, e della caratterizzazione di un protagonista non banale, dove i salti temporali danno a tutto (specialmente nello splatteroso finale) un crescendo da tragedia elisabettiana. L'ossessione onirica del Punisher, la sua fondamentale rettitudine, non erano mai state raccontate così bene. Non in versione live action, almeno. Finora.
Be', tutto questo nella serie interpretata da Jon Bernthal non c'è. Questo Punisher arriva quasi a scrollarsi di dosso l'etichetta di antieroe facendo prevalere la seconda metà di questa doppia qualifica. La violenza è dosata (e badiamo bene, non manca affatto) a favore di un racconto teso, e della caratterizzazione di un protagonista non banale, dove i salti temporali danno a tutto (specialmente nello splatteroso finale) un crescendo da tragedia elisabettiana. L'ossessione onirica del Punisher, la sua fondamentale rettitudine, non erano mai state raccontate così bene. Non in versione live action, almeno. Finora.
Non solo. Per una volta il villain,
riconoscibile immediatamente solo da chi conosce bene la fonte
fumettistica (e questo, stavolta, non è un difetto) è una nemesi
sfaccettata, ben costruita, carismatica e buca lo schermo fino al
twist finale sul quale è meglio tacere. Fanservice per i lettori
affezionati, chiusura del cerchio per il pubblico più generalista.
Un finale in cui il Punitore è il Punitore, ma in modo sottile, non
banale.
La serie, inoltre, prende abbastanza le
distanze dalle precedenti serie targate Marvel Netflix. Niente
Rosario Dawson, nessun riferimento alla battaglia di New York. Solo
Frank Castle con la sua storia e un personaggio chiave che fa da
legame funzionale (ma non solo) alla sua precedente apparizione nella
seconda stagione dedicata a Daredevil.
Per tutte queste ragioni, mi aspetto
che a tanti questa serie non piaccia. Proprio perché riesce a
rimuovere la fondamentale banalità del personaggio cartaceo, a
umanizzarlo e a intrecciare gli aspetti più violenti con un
procedere del racconto secondo i criteri del thriller.
Per una volta, una trasposizione che
spiazza in modo positivo e arricchisce, a mio modesto avviso, una
fonte spesso stereotipata. Un tempo, in qualche redazionale, il
Punitore fu definito “ottuso”. Bene. Stavolta non lo è. Ma
proprio per niente. E' possibile empatizzare. E senza sentirsi in
colpa.
Non era facile, e per questo promuovo
Marvel's The Punisher a pieni voti.
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sabato 28 ottobre 2017
Jenifer [di Bruce Jones e Bernie Wrightson]
Halloween. Per tradizione ci si racconta storie del terrore. Per tradizione, un video (più o meno) a tema. Quest'anno vi racconto due storie, ma lo spazio maggiore se lo prende "Jenifer", fumetto che ci permette di ricordare il grande Bernie Wrightson, scomparso quest'anno. Un racconto di paura che nasconde tematiche ambigue che potrebbero essere interpretate in più modi. Con quel senso di inquietudine che soltanto i disegni di Wrightson riuscivano a trasmettere.
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venerdì 27 ottobre 2017
Batman: Ashes to Ashes
"Batman: Ashes to Ashes" è un corto fan movie francese realizzato nel 2009 da Samuel Bodin e Julien Mokrani. Il progetto consiste nel creare un'elseworld (cioè una versione alternativa al mondo ufficiale dell'Uomo Pipistrello e della sua mitologia) avvalendosi di un'estetica simile a quella usata per il film "Sin City" del 2005. Un gruppo di piccoli malviventi di origine italiana compiono un gesto che spezza l'ordine naturale degli eventi a Gotham City. Il risultato è un incubo di colori saturi che rasenta atmosfere da "torture porn", e l'ennesima visione malata del rapporto speculare tra Batman e Joker.
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venerdì 20 ottobre 2017
Che cos'è un Antieroe?
Anti...calcare. Anti... congelante. Anti... depressivo. Anti... eroico? Che significa? Eppure il nostro immaginario pullula letteralmente di antieroi. Mai è stato affollato quanto in questi ultimi tempi, anche in ambito fumettistico e supereroistico. Ma da dove vengono, di quanti tipi ne esistono? In che misura sono "eroi" e in che misura solo "anti"? La risposta è meno facile di quanto possa sembrare. E anche stavolta ha radici profonde quanto la storia dell'uomo e di tutti i suoi sogni (e incubi).
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mercoledì 4 ottobre 2017
domenica 1 ottobre 2017
venerdì 29 settembre 2017
A proposito di supereroi, di messia e di stregoni...
Warlock (all'epoca chiamato genericamente “Lui”) nasce sulle pagine dei Fantastici Quattro a opera di Stan Lee e Jack Kirby, ed è un essere creato artificialmente da un'enclave di scienziati che mirano a produrre una versione perfezionata della vita senziente. La situazione, però, sfugge loro di mano, e il risultato è per l'appunto... Lui. Definito misteriosamente per un po' “La creatura della chiusa 41”. Un giovanotto biondo dalla pelle dorata e dai poteri enormi quanto indecifrabili. Compare per la prima volta in forma prenatale, chiuso in un bozzolo che in seguito diventerà il suo caratteristico rifugio ogni qual volta ha bisogno di rigenerarsi. Poi in forma umanoide per poche vignette alla fine del racconto, quando neutralizza (in modo veterotestamentario e anche un po' sprezzante) gli scienziati che hanno avuto l'arroganza di crearlo per scopi non all'altezza del suo potenziale, e abbandona il pianeta giudicandolo troppo immaturo per ospitare un essere evoluto come... Lui.
Ma siccome nelle storie Marvel niente è
mai come sembra (gli scienziati dell'enclave, per esempio, non sono
davvero morti e continueranno a fare pasticci), Lui ricompare in un
episodio di Thor. La terra non era pronta a riceverlo, ma si sa che
cos'è che tira più di una fune di bastimento. E in questo caso si
identifica con la dea Sif, della quale Lui si invaghisce, rapendola
alla maniera di King Kong (anche lo scimmione gigante era venerato
come un dio) per farne la sua compagna (in modo innocente, ma anche
un po' troglodita). Thor, che in quel periodo era affetto da una
sindrome asgardiana che lo mandava in berserk oltre misura, gliele
suona di santa ragione (rivelando che gli immensi poteri della
creatura sono estremamente variabili, e si riducono o si espandono a
seconda delle esigenze della trama), inducendolo a rinchiudersi nel
suo bozzolo protettivo e a fuggire di nuovo nello spazio.
Qui inizia il casino mistico vero e proprio.
Qui inizia il casino mistico vero e proprio.
Pare, si dice, si mormora, che lo
sceneggiatore Roy Thomas fosse rimasto affascinato da “Jesus
Christ Superstar”, il musical di Andrew Lloyd Webber reso
celebre in tutto il mondo dal film di Norman Jewison del 1973.
L'opera rock di Webber era però popolarissima negli Stati Uniti già
nel 1972, e Thomas si mise in testa di portare sulle pagine dei
fumetti il supereroe messianico definitivo. La scelta cadde su Lui,
personaggio già esistente, ma ancora bisognoso di una vera
caratterizzazione (fino a quel momento era stato poco più di un
espediente narrativo per innescare le avventure di altri eroi) che fu
recuperato e trasformato in... Warlock.
Lo scenario scelto fu la Contro-Terra,
un mondo parallelo creato dall'Alto Evoluzionario (detto anche
“Grande Evoluzionista” viste le traduzioni ballerine
dell'Editoriale Corno). Personaggio già canonizzato nell'universo
Marvel, apparso su più testate (Thor, Hulk) e presentato come
genetista supremo, dedito alla sperimentazione e creazione di varie
forme di vita. La Contro-Terra era sostanzialmente un mondo parallelo
identico alla terra se non per alcune differenze storiche (pieno
quindi di doppelganger di personaggi iconici, ciascuno con una sua
variante). Qualcosa che oggi, per comodità espositiva, potremmo
paragonare all'universo gemello della serie televisiva “Fringe”.
Prima ancora, nell'episodio di Thor intitolato “I generatori di
vita”, avevamo incontrato un'altra creazione dell'Alto
Evoluzionario. Una genia di animali antropomorfi (esattamente come ne
“L'isola del dottor Moreau” di Wells, ma più evoluti) e
il loro crudele leader, un lupo (e sì!) chiamato genericamente Uomo
Bestia (Uomo Lupo era già preso).
La sintesi evangelica ideata da Roy
Thomas e realizzata graficamente dal grande Gil Kane fu praticamente
questa. L'Alto Evoluzionario ha creato sia gli animaluomini (New-Men)
che la Contro-Terra. L'intento dell'Alto Evoluzionario era
risparmiare al pianeta fotocopia le tribolazioni della terra
originale, ma tutto è mandato in vacca (praticamente per dispetto)
dall'Uomo Bestia e dalla sua stirpe di animali antromorfi, che subito
dopo si rifugiano sulla Contro-Terra per impadronirsene secondo i
canoni più consueti della narrazione supereroistica. Davanti a
questa deriva, il genetista vorrebbe disfare il proprio lavoro, ma
qui subentra Lui, che in seguito assumerà il nome di Adam Warlock.
Warlock (che nel frattempo ha rubato la divisa di Capitan
Marvel-Shazam, tagliando via maniche e gambali per stare più fresco)
ferma la mano del Creatore e si offre come protettore del pianeta
(comodamente separato dalla vera terra e quindi dalla continuity
ufficiale di casa Marvel), per salvare capra e cavoli dalle mire del
lupacchiotto. L'Alto Evoluzionario-Dio padre (putativo, in questo
caso, quanto San Giuseppe) accetta di partecipare a questa
performance in cosplay basata sul Vangelo, e invia Warlock sul
pianeta, donandogli il nome con cui sarà conosciuto e una delle
gemme dell'infinito (incastonata sulla fronte di Lui come su quelle
del dio Vishnu nell'iconografia induista) che in futuro si rivelerà
molto importante (soprattutto quando il personaggio sarà preso in
mano da Jim Starlin).
Inizia così l'avventura messianica di
Adam Warlock, con un ciclo di storie supereroistiche ambientate fuori
dal cosmo Marvel canonico, in lotta con la Bestia che si annida tra
gli uomini. Una lieta novella fatta di super-risse che poco hanno a
che vedere con gli insegnamenti etici cristiani, mostrando la corda
di un parallelismo religioso eccessivamente dichiarato. Ma la serie
intitolata “The Power of Warlock” ha vita breve e chiude
per la scarsità delle vendite.
La saga della Contro-Terra terminerà
sulle pagine dell'Incredibile Hulk (in trasferta per l'occasione sul
mondo parallelo), e lo farà nel modo più stucchevole possibile.
Sempre Roy Thomas, in questo caso in collaborazione con Gerry Conway,
conclude la saga metafisica di Adam Warlock con una narrazione ai
limiti del parodistico, ripercorrendo quasi pedissequamente le ultime
pagine dei Vangeli. In un certo senso, Hulk rivestirà un ruolo
simile a quello di Giuda, sia pure sotto il controllo del malvagio
diavolo-Uomo Bestia. Partecipiamo a una rappresentazione
supereroistica dell'ultima cena, ascoltiamo l'invito a ripetere il
rituale in memoria del supermessia, e assistiamo soprattutto alla
cattura e all'esecuzione di Warlock su un macchinario simile a una
croce egizia. Nemmeno l'urlo «Alto Evoluzionario, perché mi hai
abbandonato?!» ci viene risparmiato. E Warlock, come ogni Gesù
Cristo che si rispetti, muore, ma solo per tre giorni. Risorge
infatti dal suo bozzolo più potente che mai e dotato di una nuova
forma di consapevolezza astrale. Fa involvere l'Uomo Bestia
riportandolo alla sua natura lupesca, ne debella definitivamente la
minaccia e vola via nello spazio (come aveva già fatto anni prima
sulle pagine dei Fantastici Quattro) verso un nuovo, enigmatico
destino.
Qualche tempo dopo, Jim Starlin avrebbe
recuperato il personaggio di Warlock mettendo “tra parentesi” la
sua parabola messianica sulla Crontro-Terra, facendo evolvere le sue
avventure in una direzione cosmica e trasformandolo in un personaggio
schizofrenico, in lotta con la sua futura evoluzione malvagia: il
Magus, fondatore di un culto spaziale totalitario. Una metaformosi
concettuale che conserva le implicazioni mistiche, ma spostandole su
un piano più filosofico, e mettendo in scena un conflitto allegorico
sulla destinazione finale cui un grande potere può condurre. Il bene
e il male rappresentati come il conflitto interiore (e non solo) di
un unico personaggio, impegnato a salvare l'universo non da un demone
giunto dall'esterno, ma da se stesso.
La precedente visione messianica di Roy
Thomas aveva finito con l'impantanarsi in una serie di parallelismi
biblici fin troppo evidenti per essere realmente intriganti,
sconfinando alla fine nella citazione più banale. Paradossalmente,
toccando forse il punto più basso nell'interpretazione metafisica
dell'icona supereroistica. A quel punto Warlock doveva veramente
morire e risorgere a nuova vita. Editorialmente parlando. Il
personaggio ha conservato da allora il suo ruolo misticheggiante, ma
secondo una sensibilità più sfumata, potremmo dire più “new
age”, più fantasy e di conseguenza funzionale. Uno dei casi
supereroistici più bizzarri e mutevoli che l'evoluzione marvelliana
ci ha donato nel corso della sua lunga storia editoriale.
giovedì 28 settembre 2017
Il ritorno di Shaka Zulu (Grazie, Netflix)
Tra i valori aggiunti della piattaforma
on demand Netflix ce n'è uno che forse non sarà riconosciuto dal
vasto pubblico, ma che ha un suo peso, e di sicuro – oggi – ha
reso felice me.
Parlo del recupero di serie televisive d'epoca. Non preistoriche, ma che difficilmente oggi potremmo rivedere sui canali convenzionali. Titoli di nicchia, ma di grande impatto che meritano di essere recuperati, e dei quali fino a ieri non esistevano versioni sottotitolate.
Parlo del recupero di serie televisive d'epoca. Non preistoriche, ma che difficilmente oggi potremmo rivedere sui canali convenzionali. Titoli di nicchia, ma di grande impatto che meritano di essere recuperati, e dei quali fino a ieri non esistevano versioni sottotitolate.
Oggi, su Netflix, torna finalmente
“Shaka Zulu”, serie sudafricana prodotta nell'ormai lontano 1986,
trasmessa da Rai Due in seconda serata e (almeno così mi risulta)
successivamente replicata solo su reti locali.
La miniserie, che presenta un cast di tutto rispetto, integrando attori britannici allora in auge come Robert Powell, Edward Fox, Christopher Lee e Trevor Howard con esordienti neri di grande talento, narra la saga di re Shaka, noto anche come il Napoleone Nero. Condottiero che nella prima metà dell'ottocento unificò la popolazione Zulu rendendola un esercito dalla potenza temibile, riuscendo a tenere in scacco per decenni le forze colonizzatrici inglesi. Un racconto epico che attinge a una pagina di storia poco conosciuta, basandosi su un romanzo di Joshua Sinclair, ma senza dimenticare gli echi del poema che alla figura di Shaka dedicò il poeta surrealista (e presidente del Senegal) Leopold Sedar Senghor.
La miniserie, che presenta un cast di tutto rispetto, integrando attori britannici allora in auge come Robert Powell, Edward Fox, Christopher Lee e Trevor Howard con esordienti neri di grande talento, narra la saga di re Shaka, noto anche come il Napoleone Nero. Condottiero che nella prima metà dell'ottocento unificò la popolazione Zulu rendendola un esercito dalla potenza temibile, riuscendo a tenere in scacco per decenni le forze colonizzatrici inglesi. Un racconto epico che attinge a una pagina di storia poco conosciuta, basandosi su un romanzo di Joshua Sinclair, ma senza dimenticare gli echi del poema che alla figura di Shaka dedicò il poeta surrealista (e presidente del Senegal) Leopold Sedar Senghor.
La serie TV si apre con quello che oggi
definiremmo un flashforward, identificato sin da subito dalla
didascalia “Epilogo” e ambientato circa sessant'anni dopo la
conclusione dell'avventura militare di Shaka. Davanti alla regina
Vittoria, gli eredi dell'impero Zulu assistono al crepuscolo del loro
regno, ma per lo spettatore è solo l'inizio di una saga
appassionante.
Nel 1986 stavo svolgendo il servizio
sostitutivo alla leva (allora funzionava così, almeno se questa era
la tua scelta) ed ero impegnato a far da supporto al corpo forestale
per spegnere incendi sulle montagne calabresi (le circolari
ministeriali del tempo prevedevano l'allontanamento degli obiettori
dal comune di residenza tanto quanto i militari di naja).
Contemporaneamente, in televisione andava in onda “Shaka Zulu”.
Ebbi così occasione di vedere alcuni episodi a spizzico,
recuperandoli qualche tempo più tardi in replica su un'emittente
locale, trasmessi a orari impossibili.
Da allora, di Shaka avevo perso le tracce. Almeno della sua versione integrale e fruibile. L'avevo a lungo cercato in rete, trovando qualche frammento su Youtube, ma senza il supporto di alcun sottotitolo. Avevo accarezzato l'idea di crearli io stesso, ma la mancanza di fonti e di una base in lingua originale affidabile aveva finito con lo scoraggiarmi. Oggi “Shaka Zulu” torna grazie a Netflix anche in italiano. Non saprei dire con certezza se il doppiaggio sia lo stesso del 1986, ma sembrerebbe di sì. E' possibile che molti storcano il naso davanti a una produzione sudafricana degli anni 80, e sarebbe un vero peccato, data la qualità del prodotto e l'interesse della vicenda storica.
Ricordo e amo la narrazione del cammino
iniziale del giovane Shaka, la sua trasformazione da soggetto
diseredato a leader crudele e geniale stratega. Il rapporto con la
madre Nandi, vera protagonista femminile della vicenda. E la colonna
sonora di Margaret Singana, popolare folk singer sudafricana. La canzone che fa da intro a ogni episodio “We Are
Growing” (Noi cresciamo), così etnica e potente con le sue
sonorità tribali mi era rimasta impressa nella memoria. Ricordo la
scena dal sapore quasi fantasy in cui Shaka progetta e fa forgiare
quella che diventerà l'arma tradizionale degli Zulu, la lancia dalla
lunga lama appuntita e dal manico cortissimo. Il discorso al suo
esercito sulla vanità delle guerre tra le diverse tribù, quasi “un
balletto” più che un vero scontro militare, in cui le fazioni, ben
distanti tra loro, si scagliavano l'un l'altro lance lunghissime
senza ferirsi, e restando di conseguenza sempre in una situazione di
stallo.
«Noi,» dice Shaka «gettiamo via le nostre armi,
nella speranza che il nemico sia abbastanza gentile da
restituircele.»
La sua nuova arma diventa invece sinonimo di morte. Il destino per i prigionieri di guerra è l'impalamento, e la ferocia di Shaka è pari soltanto al suo carisma e alla sua genialità bellica. Sotto il suo comando gli Zulu diventarono un impero che l'Inghilterra imparò a temere, e la figura di Shaka un simbolo pericoloso anche dopo la sua scomparsa.
Una storia e una messa in scena anni 80 che a mio parere non è invecchiata di un giorno, e che consiglio di scoprire a chi non era nato o era troppo giovane per apprezzarla.
Oggi si può. E per questo sono grato all'esistenza di Netflix.
La sua nuova arma diventa invece sinonimo di morte. Il destino per i prigionieri di guerra è l'impalamento, e la ferocia di Shaka è pari soltanto al suo carisma e alla sua genialità bellica. Sotto il suo comando gli Zulu diventarono un impero che l'Inghilterra imparò a temere, e la figura di Shaka un simbolo pericoloso anche dopo la sua scomparsa.
Una storia e una messa in scena anni 80 che a mio parere non è invecchiata di un giorno, e che consiglio di scoprire a chi non era nato o era troppo giovane per apprezzarla.
Oggi si può. E per questo sono grato all'esistenza di Netflix.
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