"Il Carro e la Maschera" è stata una brillante compagnia teatrale bolognese fondata da Luigi Monfredini che, sotto questo nome, allestiva magnifici spettacoli per ragazzi. Ebbi il piacere di conoscerli e conversare a lungo con Luigi ed Elisabetta Muner quando portarono a Palermo "Il compleanno dell'infanta" dal racconto di Oscar Wilde, al Teatro Europa, dove in quel periodo lavoravo. Uno spettacolo coloratissimo basato sull'animazione di marionette e pupazzi di vario genere, musiche originali e una ciurma di attori-animatori davvero in gamba. Le locandine non erano da meno. E mi mangio le mani ricordando che ne conservai una, tenendola appesa per molto tempo nella mia stanza, ma che negli anni è andata, aimé, perduta. Il tocco finale di questo ricordo è che le locandine di molti spettacoli prodotti da "Il Carro e la Maschera" erano firmate da Andrea Pazienza. Quando ripenso ai miei trascorsi, al teatro e ai fumetti che hanno sempre caratterizzato la mia vita, scorgo un fatale filo rouge.
lunedì 30 novembre 2020
Mi ricordo carri, maschere... e pazienza!
"Il Carro e la Maschera" è stata una brillante compagnia teatrale bolognese fondata da Luigi Monfredini che, sotto questo nome, allestiva magnifici spettacoli per ragazzi. Ebbi il piacere di conoscerli e conversare a lungo con Luigi ed Elisabetta Muner quando portarono a Palermo "Il compleanno dell'infanta" dal racconto di Oscar Wilde, al Teatro Europa, dove in quel periodo lavoravo. Uno spettacolo coloratissimo basato sull'animazione di marionette e pupazzi di vario genere, musiche originali e una ciurma di attori-animatori davvero in gamba. Le locandine non erano da meno. E mi mangio le mani ricordando che ne conservai una, tenendola appesa per molto tempo nella mia stanza, ma che negli anni è andata, aimé, perduta. Il tocco finale di questo ricordo è che le locandine di molti spettacoli prodotti da "Il Carro e la Maschera" erano firmate da Andrea Pazienza. Quando ripenso ai miei trascorsi, al teatro e ai fumetti che hanno sempre caratterizzato la mia vita, scorgo un fatale filo rouge.
mercoledì 11 novembre 2020
Dalla parte di Sadakiyo...
sabato 24 ottobre 2020
Super... Trump... Moore...
A mio parere non c'è né contraddizione né conferma. La cultura popolare è per sua natura espressione di visioni del mondo variegate, ma anche mutevoli. Spesso semplificate, è vero. Ma questo non deve portarci a sottovalutarle. Del resto, sulla prima copertina che lo vedeva protagonista, nel 1941, Capitan America tirava un pugno in faccia ad Adolf Hitler. Si trattava di propaganda, l'espressione mediatica di una paese che aveva appena deciso di entrare nel conflitto mondiale. E che in seguito avrebbe acquisito il discutibile titolo di "gendarme dell'umanità".
L'Uomo Ragno, un tempo, prima che il giovanilismo del nuovo millennio lo fagocitasse, era metafora di diversità, solitudine e desiderio di redenzione. I mutanti, gli X-Men, nel tempo sono stati consacrati come emblema delle minoranze bistrattate. Eppure parliamo sempre di prodotti commerciali. Prigionieri di una narrazione eterna, compulsiva, che li sfrutta fino ad annichilirne il senso. E per loro natura, pertanto, terribilmente ambigui. Alan Moore, probabilmente, esprime un assoluto riconducibile alle sue abituali posizioni estreme. Questo, però, non significa che la questione sia da liquidare con un'alzata di spalle davanti all'uscita di un eccentrico. Qualcosa di vero, in fondo, c'è. Le storie, i simboli, compresi fumetti e film commerciali, sono totem in cui un popolo si rispecchia. E come in ogni specchio l'immagine appare rovesciata. Quello che dovremmo, potremmo fare, è prendere atto di quanto questo argomento sia sfuggente e ambiguo. Quanto possa cambiare anche a seconda del contesto, storico e culturale, con il quale ci rapportiamo. Non si tratta, dunque, di dare ragione o meno a Moore. Ma semplicemente di non smettere di pensare. E interrogarci su quello che leggiamo, vediamo, fruiamo. Soprattutto se sentiamo di apprezzarlo. Chiediamoci sempre perché. E non pretendiamo di avere una salomonica risposta definitiva. Dubito che esista. Su certi argomenti, le risposte definitive (o presunte tali) sono nemiche del pensiero critico.
venerdì 9 ottobre 2020
Altroquando: Archivio e Biblioteca... si lavora!
Problemi (economici), ostacoli (emergenza sanitaria, e piccoli acciacchi personali), ci hanno rallentato, ma non fermato.
Stiamo lavorando affinché presto si possa ripartire per il nostro bel viaggio. Quella nelle foto è solo una parte del patrimonio della Biblioteca. Dovremo trovare altri scaffali e razionalizzare lo spazio per tutto l'ulteriore materiale (che è tutt'altro che poco). Ma non ci fermiamo. Il progetto, anzi, si fa più complesso. L'intento è quello di dare vita a un "Archivio Altroquando". Una raccolta del materiale che testimonia la storia di Altroquando a Palermo, la fumetteria-libreria, ma anche spazio mostre e punto di riferimento per la controcultura e la realtà LGBTQ.
Quindi ritagli di giornale che documentano le iniziative prese dal fondatore Salvatore Rizzuto Adelfio in quei vent'anni e più di storia palermitana. Disegni e quadri donati, le cartoline e le tracce delle mostre, e ovviamente gli scritti e le foto di Salvatore. Tutto questo sommato alla biblioteca del fumetto che porta il suo nome. C'è ancora un bel po' di lavoro da fare, ma ne vale la pena. Grazie a tutti quelli che ci sostengono, donando volumi a fumetti o offrendoci caffè virtuali. Ma anche seguendo i nostri approfondimenti sul media fumetto sul canale Youtube che porta sempre il nome di Altroquando. A presto, per aprire le porte di un Altroquando rinnovato, fatto di storie, memorie, creazioni vecchie e nuove e una meravigliosa biblioteca del fumetto.
Per sostenerci:
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giovedì 1 ottobre 2020
Il naso dell'avanguardia (e l'uso della mascherina)
Quando ero ragazzo circolava una battuta riguardo il cosiddetto teatro d'avanguardia. In termini molto semplificati, una forma di spettacolo che si proponeva, nelle scelte e nella forma, come alternativa e di rottura rispetto alla tradizione classica, fatta invece di testi storici e approcci convenzionali alla recitazione. La battuta era superficiale e sarcastica, ma non del tutto infondata, e consisteva nel dire che per realizzare uno spettacolo di "avanguardia" si poteva portare in scena qualunque cosa, anche il dramma più canonico del mondo, da Shakespeare a Pirandello. L'importante era recitarlo stando "con la ciolla di fuori".
Il riferimento era ovviamente alle nudità frequenti e spesso anche gratuite di alcuni spettacoli definiti sperimentali. Al di là di facili moralismi, sembrava, infatti, che mostrare le parti intime fosse un ingrediente irrinunciabile a prescindere dal contesto. O almeno era così nelle rappresentazioni più frequenti e ingenue cui capitava di assistere. Il tempo avrebbe sdoganato il nudo anche nel teatro più classico e la battuta avrebbe perso di senso. Ma all'epoca circolava tantissimo, ed era diventata un tormentone ironico su ciò che pretendeva di essere (a torto o a ragione) una forma di arte avanguardista.
Oggi, forse, qualcuno potrebbe definire avanguardisti quanti indossano la mascherina sanitaria tenendo allegramente il naso fuori. Sono tanti. Troppi. E se rappresentano l'avanguardia di qualcosa, mi suscitano malessere. Ben più di semplici pudenda esposte all'aria del palcoscenico.
Un tempo, camminando per strada e guardando in faccia la gente che incontravi, potevi provare sensazioni istintive. Simpatia o antipatia. Emozioni superficiali e destinate a rimanere senza certezze, a meno che le circostanze non ti portassero a conoscere da vicino quegli sconosciuti fugando o convalidando i dubbi.
Oggi no. Quel naso fuori della mascherina ti obbliga a dare un'occhiata, per quanto veloce, dentro la testa del passante che ti sta sfiorando sul marciapiede, e lo spettacolo non è confortante.
La battuta che circola adesso, in tempo di pandemia, è un'altra. Quella sulle mutande, e sul fatto che gli attributi maschili vanno tenuti dentro e non fuori dell'indumento intimo. Ma è appunto una battuta e lascia il tempo che trova.
E' davvero così complicato spiegare (ma anche comprendere) che il naso fa parte dell'apparato respiratorio, e che tutto quello che esce o entra dalle narici espone se stessi e gli altri ai medesimi rischi di quanto entra o esce dalla bocca? Così difficile capire, spiegare, che tenere il naso fuori equivale a non indossare nessuna protezione? Che è come calzare un profilattico sullo scroto invece che sull'uccello, santiddio (e qui abbiamo prodotto un'altra, inutile battuta)!
Dovrebbe essere un ragionamento elementare per tutti. Ma evidentemente non lo è.
L'orrore massimo è dato dal vedere individui con mascherine aderentissime, strette sul viso così forte da lasciare intravedere la forma delle labbra e del mento. Come la calzamaglia di Diabolik, sissignori. Ma con il naso di fuori, mi raccomando. Perché qui non parliamo di mascherine lasche, che scivolano giù, ma di veri e propri bavagli. Legati con diligenza. Come se l'intento fosse zittire un ostaggio più che proteggere dalla trasmissione di un virus.
Il disagio. Come vedere scritto sulla fronte delle persone la frase "Sono un coglione!". Ma anche la consapevolezza che tutta l'informazione di questo mondo se ne va giù per lo scarico del cesso davanti a un uditorio sordo e cieco, ma purtroppo non muto. Lo strazio di vedere coppie che passeggiano conversando amabilmente, che fanno la spesa, che entrano e escono dai negozi. Uno con il naso dentro. L'altro con la ciolla di fuori, libera e fiera. E questo a prescindere dal sesso, perché se tieni il naso fuori della mascherina sei una faccia di minchia senza troppe discussioni.
Un fenomeno sociale che ti spinge anche a chiederti quale dialogo ci sia tra le persone che si spostano insieme. E' evidente che quel naso aperto, pronto a spruzzare goccioline e a inspirare senza nessuna difesa, non è oggetto di alcuna discussione, di nessuna attenzione, di nessun confronto. Nessuna domanda. Nessun dubbio.
Soltanto la ciolla di fuori. Oggi come allora. Anzi, peggio.
Gli avanguardisti sono tornati. E non devo neppure pagare un biglietto perché mi consentano l'accesso allo spettacolo delle loro teste vuote.
mercoledì 1 gennaio 2020
Sulle tracce di... Harvey
giovedì 17 ottobre 2019
E Titans continua...
venerdì 11 ottobre 2019
Coming Out Day 2019
sabato 5 ottobre 2019
Martin Scorsese contro i cinecomics
giovedì 3 ottobre 2019
La Biblioteca SRA si rinnova e si rilancia
La Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio si riorganizza e riparte con nuovi progetti inerenti sia il TMO - Teatro Mediterraneo Occupato che l'associazione Altroquando di Palermo. L'obiettivo è adesso quello di moltiplicare le iniziative e rendere il progetto biblioteca più variegato e interessante. A questo scopo, lo spazio presso il Teatro Mediterraneo Occupato andrà verso una fase di miglioramento strutturale, volto a ottimizzare i locali per ospitare sempre meglio libri e iniziative che possano integrarsi con le attività del teatro stesso. Contestualmente, il patrimonio fumettistico viene spostato presso la sede dell'associazione culturale Altroquando (in zona Notarbartolo), dove (dopo opportuni lavori di predisposizione) sarà di nuovo possibile visitare e fruire la Biblioteca del Fumetto.
L'iniziativa pertanto continua a crescere e la biblioteca, in un futuro prossimo, declinerà il suo nome al plurale “biblioteche”, con più specifiche culturali sempre intitolate alla memoria di Salvatore Rizzuto Adelfio, fondatore di Altroquando a Palermo e indimenticato operatore culturale.
Vi terremo puntualmente informati delle tempistiche. Grazie per la pazienza e per tutto il sostegno che state dimostrando, aiutando a crescere il nostro sogno di condivisione culturale.
sabato 28 settembre 2019
Un fumetto... un mese... un anno
Per il giorno del mio compleanno ho voluto fare un gioco.
Cercare quale fumetto era uscito lo stesso mese e anno della mia nascita, nel mio caso, quindi Settembre del 1963. Il risultato è stato il numero #4 di Spider-Man (per me l'Uomo Ragno per tutta la vita): "Nothing can stop... the Sandman". Anche se da noi in Italia sarebbe arrivato solo nel 1970, questo è il fumetto della mia nascita. Per festeggiare a modo mio, ho voluto rileggerlo. E' curioso notare che uno dei personaggi che più mi hanno influenzato uscisse nelle edicole proprio il mese in cui nascevo presentando uno dei suoi villain più iconici. L'Uomo Sabbia. L'episodio presenta un Uomo Ragno in cui sono presenti tutti i tratti fondamentali che hanno reso il protagonista un eroe fuori dagli schemi fino a quel momento canonici. Un ragazzino che commette errori (interviene per fermare dei ladri prima che commettano l'effrazione, e questi lo denunciano), che non sa che pesci pigliare davanti a un nemico potente (che lo apostrofa "E tu saresti un supereroe?"). E che alla fine vince non grazie ai suoi poteri speciali, ma all'ingegno. Insomma, una storia in cui ancora oggi posso ritrovare tutto l'Uomo Ragno che ho conosciuto e amato da giovanissimo. Come ci trovo l'amore per il fumetto che avrebbe influenzato tutta la mia vita anche da adulto, tracciando la rotto in più occasioni.
Grazie per tutti gli auguri che mi state inviando. Grazie a tutti quelli che hanno donato e che donano per sostenere la Biblioteca del Fumetto dedicata alla memoria di Salvatore. Grazie per essere presenti. Ci sarà sempre un Altroquando.
sabato 31 agosto 2019
A Field in England [di Ben Wheatley]
mercoledì 12 giugno 2019
Fushito: Il mio amore per procura
In Giappone, una giovanissima influencer chiamata Fushito è diventata popolarissima non con un canale di cucina, o parlando di musica. Non realizzando scenette comiche, e neppure commentando fatti del giorno o proponendo tutorial di trucco. La sua ascesa nell'olimpo delle celebrità del web è legata a filo doppio alla vicenda umana di un giovane di diciannove anni, Neruo, già assurto agli onori della cronaca dopo aver tentato il suicidio due volte senza successo. Neruo è perdutamente innamorato di una ragazza (il cui nome non è stato reso pubblico) di una famiglia in vista di Tokyo. Il problema è che la giovane (la chiameremo Rosalina, come il primo amore che causava lo struggimento di Romeo prima di incrociare la strada di Giulietta) di Neruo non vuole proprio saperne. Neruo l'avrebbe incontrata occasionalmente a un concerto e da allora non riesce più a non pensare a lei. Lettere, doni, richieste di appuntamento non hanno sortito nulla, e il giovane, palesemente fragile da tempo, ha intrapreso un lento cammino di autodistruzione, trascurandosi nel nutrirsi, lavarsi, e tentando di uccidersi per due volte consecutive. La prima con dei barbiturici, la seconda cercando di tagliarsi i polsi in diretta su Internet. Oggi, Neruo è irriconoscibile. Magro come un chiodo, coperto di sporcizia come il bambino Pig-Pen delle strisce dei Peanuts, non fa che piangere e pregare la famiglia di Rosalina che gli lascino incontrare l'amata.
Fushito è una studentessa di diciotto anni, amante dei manga e dei videogiochi, che fino a poco tempo prima viveva una beata invisibilità planetaria. La vicenda di Neruo l'ha però colpita molto, e per questo ha pensato bene di aprire un canale Youtube in cui ha preso a pubblicare accorati appelli, poesie, canzoni, tentativi di persuasione nei confronti di Rosalina (che finora si è categoricamente rifiutata di incontrarla) e della sua famiglia, affinché Neruo possa ricevere la chance d'amore cui tanto aspira. In poco tempo, Fushito ha scalato le vette di Youtube ed è approdata in televisione.
Oggi Fushito ha pubblicato un libro intitolato “Il mio amore per procura” e presenzia a raduni di giovanissimi fans in compagnia dello stesso Neruo, che le sta incollato come un vero e proprio simbionte, spesso nascondendo il viso ridotto a una maschera di sporcizia contro il vestito di lei. Fushito sorride al suo pubblico, lo accarezza e porta avanti con pertinacia il suo ruolo di ambasciatrice d'amore. I consigli e gli appelli di migliaia di fans per provare ad approcciare l'inarrivabile principessa sono accuratamente vagliati e quelli ritenuti più persuasivi sono letti pubblicamente. Né mancano i commenti riguardo il fatto che Fushito sia ritenuta più carina della stessa principessa senza nome. E va da sé che le orde di ragazzini sperino in un lieto fine magari alternativo a quello desiderato inizialmente da Neruo.
No, questa non è la realtà. Non è un manga. Non è un racconto. E non è neppure un episodio di “Black Mirror”.
A un certo punto succedeva qualcosa di poco chiaro e tutti si spostavano in massa verso l'uscita di questo edifico dove avveniva il raduno. Cercavo di seguire la folla (sì, c'erano un casino di ragazzini, ma anche adulti) e mi bloccavo davanti a un gradino che era in realtà un cornicione sul vuoto. Come avessero fatto gli altri a passare, rimane un mistero. Magari saltavano. Ma io dicevo a me stesso che col cazzo avrei rischiato l'osso del collo per correre dietro a loro. Anzi, mi venivano le vertigini e mormoravo un «Help...» Segno che forse non eravamo in Italia, dopotutto.
domenica 14 ottobre 2018
Titans: Un inizio sconcertante, ma...
Visto "Titans". Giusto l'episodio pilota del già controverso adattamento televisivo dei "Teen Titans" fruibile sul servizio streaming on demand DC Universe e presto anche su Netflix. "Controverso" già per primi trailer e rumors, "Titans" va a collocarsi in una dimensione DC Live Action quanto mai tumultuosa e divisa. Tra discutibili adattamenti cinematografici giunti troppo tardi a inseguire i fasti del rodato Marvel Cinematic Universe, e serie televisive (quelle targate CW) che raccolgono tanto consensi quanto critiche, contribuendo a confondere sempre più un immaginario distante dalla coerenza costruita dalla Marvel. Ancor di più confonderà e farà discutere questo "Titans", pare già confermato per una seconda stagione all'indomani della pubblicazione del pilota. Una cosa è sicura. Vedendolo, i puristi si incazzeranno come iene. La fanbase dei fumetti si straccerà le vesti, ululerà al sacrilegio, si rotolerà in preda alle convulsioni graffiandosi la faccia, urinerà e defecherà in pubblico salmodiando in aramaico, scalerà le pareti lisce e Cthulhu sa cos'altro. Inutile illudersi. Succederà, e Internet sanguinerà, assieme all'anima nerd delle schiere.
Nondimeno... al sottoscritto questo episodio iniziale... è piaciuto.
O forse sarebbe più corretto dire che non gli è dispiaciuto. Parliamo pur sempre di un episodio pilota, e sospendere il giudizio definitivo sarebbe cosa buona e giusta. Tanto più che la serie si presenta da subito con una trama decisamente orizzontale. Sono consapevole che la cosa mi porterà critiche e pernacchie. Mi rassegnerò. Non sono anticonformista per partito preso, ma sono possibilista quando si tratta di narrazioni. Vediamo di capire perché.
Partiamo dai tasti dolenti.
Si è detto, esaminando il trailer: "E' troppo dark. E il dark ha rotto il cazzo!"
Ok. Precisiamo che questo commento si basa sull'esito non proprio felice del Superman di Zack Snyder e (ancora peggio) sul Batman v. Superman dello stesso regista, che tanto hanno fatto soffrire gli appassionati. Due pellicole nelle quali, probabilmente per una malintesa digestione della trilogia di Christopher Nolan sul Cavaliere Oscuro, si è optato per un tono cupo delle atmosfere.
Bene. "Dark", in fondo, è soltanto una parola. Come lo è "Comedy". Presa da sola non è né buona né cattiva. Tutto sta a vedere la resa del prodotto cui si applica. Nel caso di "Titans", poi, il dark non c'è. Esatto. "Titans" non si può definire una serie supereroistica dai toni dark. "Titans" è nero. Anzi, nerissimo (anche questa è un'etichetta). Nero come la pece, che non lesina una discreta componente splatter nelle sue frequenti esplosioni di violenza. Il concetto di base che si coglie dalla visione è che il progetto stia tentando di giocare un'altra carta, parzialmente inedita rispetto all'ormai familiare "dark" che ha stufato tanti. "Titans" si propone di avere un approccio ai supereroi che mescola toni da horror soprannaturale a elementi crime. Un mondo in cui i superpoteri fanno paura, se non hanno un'origine diabolica, sono di provenienza aliena e del tutto amorale, e sono usati in modo spietato. Il bene e il male si confondono e l'idea stessa di eroe in costume si sfoca.
Detto questo, possiamo mettere una pietra tombale su una questione. Chi cerca in questa serie i Teen Titans dei fumetti... beh, se li può scordare.
Prendiamo Robin, il Dick Grayson oggetto di polemiche già dalla sua prima apparizione nei trailer, da quel famigerato «Vaffanculo, Batman!» che segnalava di per sé una distanza dalla fonte cartacea. Anche qui c'è da rassegnarsi. Il Dick Grayson che vedrete non è quello cui siete abituati dalle pagine dei fumetti. Forse è un Punisher con pose da ninja e gadget raffinati. Non si può negare che la violenza di questo Robin lasci scossi, e se il trailer vi ha dato fastidio, la scena di combattimento nella prima parte dell'episodio pilota si farà venire un attacco di itterizia. Il perché e il per come di questo suo comportamento è ancora tutto da scoprire (ci è stato suggerito da alcuni rumors). Diciamo che Dick è alla ricerca di una sua identità e di un affrancamento da chi lo ha addestrato in un certo modo. Vorrebbe non essere più Robin, lo vediamo esitare a infilarsi nel costume da vigilante. Eppure non riesce a evitarlo. Un po' come Rachel-Raven, che sente emergere la sua natura demoniaca e a tratti è costretta a scatenarla.
Quindi siamo distanti dalle controparti cartacee. E' un fatto. Piaccia o non piaccia. Personalmente, la cosa non mi ha turbato più di tanto. Arrivando addirittura a pensare di dare una chance a questa serie, e scoprire come evolverà.
Perché? Perché, a mio modesto avviso, la fedeltà alla fonte fumettistica non è una virtù inviolabile. Tutto è subordinato all'interesse della narrazione, alla capacità di intrattenimento del prodotto. E se questo riesce in qualche modo ad agganciare la mia attenzione, riesco a infischiarmene se un personaggio non è identico alla sua controparte di carta. "Titans" sembra proporre in modo dichiarato quello che nei fumetti è definito un "elseworld", una realtà alternativa, dove i personaggi hanno fatto percorsi differenti da quelli canonici. La accettiamo nei fumetti, perché non farlo nelle trasposizioni live action, sempre che la narrazione funzioni. Il tradimento del personaggio di Robin (cosa che la maggioranza non perdonerà, ne sono sicuro) è da rapportare a un quadro generale. Tutti i protagonisti sono versioni totalmente rivisitate degli eroi che conosciamo. I loro caratteri, il loro look, la loro storia personale. Starfire, criticata e sbeffeggiata sin dall'apparire delle prime foto, è forse la più spiazzante. Non per il fatto che sia nera (questa resistenza ha rotto le palle ed è diventata stucchevole quanto e più della tendenza del cambio di etnia in uso a Hollywood). Ma per il suo look appariscente, kitsh, da battona. Quel che spiazza è l'introduzione del personaggio, ancora misterioso, in cui - senza fare spoiler - il look da prostituta potrebbe rivelarsi tematico e addirittura contestuale al racconto. Tutto sta ad accettare la riscrittura dell'origine e della natura di questa creatura aliena (quale cazzo è il suo vero aspetto non si sa), e soprattutto a comprendere che non si è tentato minimamente di renderla visivamente simile al suo omologo a fumetti. La Starfire vera è dentro un involucro, una maschera, e la giustificazione (o meno) dipenderà dal prosieguo della storia.
Il clima da racconto horror è inoltre l'altro elemento che (a dispetto di molti) rende per me curiosa questa lettura. Era prevedibile che la storia diabolica di Raven facesse da filo conduttore. La scena iniziale (un mix tra cronaca di origini e citazioni da L'Esorcista) in qualche modo è un biglietto da visita che dice tutto. La cattiveria da vigilante di Dick, la visione lontana di un Batman violento, si incastrano abbastanza bene in un'atmosfera del terrore, dove più che il bene si dovrà scegliere il minore dei mali, e dove essere supereroi è qualcosa di fottutamente inquietante.
Insomma, "Titans" sembra partire come un esperimento. Un esperimento ancora lontano dall'essere concluso e riuscito. Diciamo che questo inizio ha centrato l'obiettivo di interessarmi, proprio per la sua capacità di disattendere le aspettative. Cosa che potrebbe anche essere un pregio, perché vedere riprodurre pari pari i propri eroi sullo schermo solletica un tipo di piacere nerd. Vederli diventare materia per costruire una forma diversa, con tutti i rischi del caso, titilla altre forme di perversione ludica. Se "Cloack and Dagger" falliva, trasmettendo soprattutto noia, questo "Titans" se non altro, spiazza e incuriosisce. Incuriosisce me, proprio perché trasgredisce.
Vedremo che cosa ci riserveranno i prossimi episodi. Adesso, attendiamo i flame e facciamo: OMMMMMMMM....