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domenica 22 febbraio 2015

Addio a Luca Ronconi, mad doctor del teatro italiano

 

Tra i tanti coccodrilli di quest'anno, e i tanti omaggi che proliferano sui social network, non mi aspettavo di dovermi occupare proprio di Luca Ronconi. Mi spiego. Stavolta non parliamo di una star di Hollywood o di un cantante molto popolare. Parliamo di un anziano regista di teatro, tra l'altro assente da un po' (preseumibilmente a causa dei suoi problemi di salute). Quindi un personaggio semisconosciuto alla generazione del web 2.0, e che dubito vedremo imperversare nei stati di Facebook molto a lungo. Non mi aspettavo di dover scrivere queste righe, proprio dopo averlo ricordato, recentissimamente, ieri, mentre se ne andava, riflettendo sul suo modo di fare teatro e su determinate scelte, che oggi possono apparire forse scontate. Non ci avrei creduto, ricordando che, almeno in parte, per un certo periodo della mia vita, lo avevo detestato.

Diciamolo. La televisione non è stato di sicuro il suo palcoscenico preferito, ma dal pubblico della mia generazione è ricordato prima di ogni altra cosa per il suo bizzarro (e faraonico) adattamento teatrale dell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Spettacolo risultato da un adattamento del poeta Edoardo Sanguineti, che modificò i versi di Ariosto in modo che gli attori potessero recitarli in prima persona, e della mente teatrale “tecnologica” di Ronconi, avezzo già da allora a usare macchinari, carrucole e pannelli mobili per realizzare quelli che oggi chiameremmo “effetti speciali”. Non si può nascondere. L'Orlando Furioso portato in televisione (cinque puntate) era qualcosa di insostenibile. Inutile. Pomposo. Pretenzioso. Pare che il risultato fosse diverso in teatro (Ronconi realizzò lo spettacolo nel 1969 e lo portò in tourné molto a lungo, ma l'adattamento televisivo arrivò nel 1975), dove la manifestazione acquistava il valore aggiunto dell'happening, con il pubblico coinvolto nell'azione, a spingere macchinari, ad azionare strumenti che avrebbero fatto volare l'ippogrifo e così via. Un'alchimia da scienziato pazzo dell'arte scenica, con effetti magari non del tutto riusciti, ma che difficilmente si potevano ignorare per complessità e potenza.


Un esperimento (discutibile quanto si vuole) che rivisto oggi (in età adulta) non mancava di fascino, e che Ronconi in seguito ritentò, portando in scena un altro lavoro letterario (stavolta un romanzo moderno) e cioè Quer pasticciaccio brutto di via Merulana di Carlo Emilio Gadda.
Luca Ronconi, insomma, era un regista discusso e discutibile, ma cui sicuramente non difettava una personalità che si farà ricordare. Capace di osare, di giocare, di inventare... e di far recitare i versi di Ariosto a un'attrice del calibro di Edmonda Aldini.
Non è poco. Anzi, è una grande impronta.



lunedì 12 gennaio 2009

Noccioline (insanguinate)

Ha debuttato lo scorso 6 Gennaio, al Teatro Bellini di Palermo, “Noccioline”, interessante pièce del drammaturgo e attore Fausto Paravidino. Un testo politico, ispirato – come già il precedente “Genova 01” – ai fatti che hanno funestato il G8 del 2001. Uno spettacolo articolato in 23 scene dal contenuto fortemente simbolico, per molti versi debitore alla struttura didascalica del teatro di Bertolt Brecht. Una raffinatezza teatrale che – forse – potrebbe incontrare qualche difficoltà a far breccia nel cuore del pubblico palermitano, avvezzo a decenni di cabaret, leziosità campaniliste e sperimentazione d’accatto. In “Noccioline” c’è qualcosa, sia pur non del tutto compiuto, che riesce a far vibrare le corde più nobili della sensibilità drammatica. Il ritmo, un dialogo efficace, caratterizzazioni riuscite e un contenuto intenso che nel finale lascia un senso di amarezza, suscitando più domande che risposte.
Le “Noccioline” del titolo (in Germania lo spettacolo è stato intitolato “Peanuts”) sono un gruppo di ragazzi che rimandano dichiaratamente ai piccoli personaggi delle strisce disegnate da Charles Schultz. E proprio come Charlie Brown, Linus, Lucy e compagni, ciascuna di queste noccioline identifica un diverso sentimento o un sogno umano. Sono, insomma, delle maschere, le cui dispute adombrano i più delicati fenomeni sociali. Facciamo così la conoscenza di Buddy, novello Charlie Brown, chiamato a custodire la grande casa di amici facoltosi, che vede invadere il proprio spazio da una truppa di conoscenti sfaccendati. Un titolo sullo schermo alle spalle degli interpreti anticipa di volta in volta l’argomento della scena che seguirà, quasi ci si trovasse di fronte a strisce a fumetti, concise e fulminanti. Una lite di gruppo su quale bibita acquistare, diventa quindi la caricatura graffiante del processo di globalizzazione. Le riserve nei confronti di un ospite straniero una riflessione sulla condizione degli immigrati. Le escandescenze di una ragazza confusa e frustrata sintetizzano in modo spietato la crisi degli ideali presso le nuove generazioni. Ma quel che sembrava un gioco divertente, è destinato a cagliare nella seconda parte dello spettacolo, quando lo spettatore è avvisato che sono trascorsi dieci anni, e il teatro dei conflitti tra i novelli Peanuts non è più la casa borghese distrutta dalle intemperanze giovanili, ma una caserma di polizia che rimanda esplicitamente a quella oggi tristemente nota di Bolzaneto. Dopo dieci anni, alcune scelte sono state fatte, e quelle stesse “Noccioline” che una volta guardavano i Puffi in TV, bisticciando per futili motivi, oggi militano su fronti opposti. Divisi tra vittime inermi, accusate di azioni sovversive, e ottusi carnefici incapaci di seguire una logica diversa da quella derivante da una bestiale posizione di supremazia. Il cambiamento di registro è leggero e allo stesso tempo crudele. Ai lazzi di un decennio prima si sostituiscono il sangue e la prevaricazione fine a se stessa. I giochi surreali con cui i personaggi interagivano nella prima parte si evolvono nelle violenze fisiche e psicologiche somministrate da un potere inesorabile quanto inconcludente. E il risultato, per quanto volutamente grottesco, è un pugno nello stomaco.
"Noccioline", forse, soffre di qualche incertezza in prossimità del finale, per alcuni versi ambiguo. Ma è interessante notare quanto Paravidino sia riuscito a far rivivere il migliore linguaggio del teatro dell’assurdo moderno, con echi di atmosfere alla Harold Pinter (i salti temporali, l’uso della mimica), ma anche con la freschezza allegorica dell’immenso (e purtroppo dimenticato in Italia) Ezio D’Errico.
I cosiddetti “Intermezzi” da incubo ambientati nella caserma, sono uno dei momenti più alti dello spettacolo. Brevi e concitate pantomime che seguono la dinamica di un film muto, con tanto di dialoghi (taglienti come rasoi) proiettati sul fondale alla maniera delle didascalie che davano voce al cinema che fu. Sarà Buddy, trasformatosi da custode di una casa borghese a imbelle agente di polizia, il personaggio chiave per arrivare alla conclusione di una parabola senza vincitori né vinti. Dove le scelte che formano l’individuo, più che ideali precisi sembrano concernere la parte da cui stare. Un potere, sempre e comunque dispotico e liberticida, o una deriva a volte disimpegnata, o se non altro caotica e contraddittoria, ma in ogni caso preferibile a uno status che prevede come unica strada quella della sopraffazione.

Il cast funziona senza particolari sbavature. La recitazione agile e la discreta presenza scenica di tutti gli interpreti conduce senza impedimenti fino alla fine. Una menzione particolare va alle interpreti femminili, qui visibilmente più vivaci e duttili dei loro, pur apprezzabili, colleghi.
Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Bellini di Palermo fino al 18 Gennaio 2009. La scelta giusta per passare una serata in modo diverso, disertando un cinema ormai alla frutta, e per riscoprire il piacere di una forma di teatro che ormai (almeno dalle nostre parti) si vede di rado.

“Noccioline” di Fausto Paravidino. Regia di Valerio Binasco. Interpreti: Elena Arvigo, Alessia Bellotto, Vittoria Chiacchella, Luigi Di Pietro, Denis Fasolo, Iris Fusetti, Aram Kian, Lucia Mascino, Mauro Parrinello, Fulvio Pepe, Michele Sinisi.



TEATRO BELLINI
piazza Bellini
tel. 0917434312
botteghino@teatrobiondo.it
20 euro intero, 15 euro ridotto