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giovedì 3 agosto 2017

Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio: Sempre in progress


Nonostante la calura, procedono i lavori di riorganizzazione e arredamento della Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio in via Martin Luther King 6 a Palermo presso il Teatro Mediterraneo Occupato. La mascotte (quella pelosa) si chiama Brock. GRAZIE a Marco Castagna per aver realizzato il logo della biblioteca. Vi ricordiamo che l'accesso alla biblioteca sarà di nuovo possibile dal prossimo autunno, che è un'iniziativa del tutto gratuita e che si basa sulle donazioni. Potete donare libri (narrativa, teatro, poesia, saggistica) e fumetti (purché leggibili a sé stanti o archi narrativi completi). Potete donare libri e fumetti che già possedete, potete scegliere di acquistare appositamente un titolo che manca in scaffale per donarlo. Potete anche donare un euro (simbolicamente) al fondo cassa della biblioteca sul nostro conto Paypal (http://paypal.me/altroquandopalermo). Il ricavato sarà destinato all'acquisto di nuovi libri e fumetti e alla manuntenzione della Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio.








mercoledì 19 luglio 2017

Supportare la Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio


Habemus Paypal.
Chiariamo subito. La biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio conta soprattutto sulle donazioni di libri e fumetti. Di cui volete liberarvi (purché siano in buona condizioni) o che scegliete (se potete, se volete) di acquistare appositamente per contribuire alla crescita di una biblioteca di quartiere gratuita, nata come servizio alla città di Palermo.
Titoli mancanti che stiamo cercando e che sarebbero particolarmente benvenuti? Tra la narrativa: "Il profumo" di Patrick Suskind. "Il paradiso degli orchi" di Daniel Pennac (perché da qualche parte si deve cominciare, ma anche i suoi romanzi per ragazzi). Per i fumetti, segnalo: "Dropsie Avenue" e "Vita su un altro pianeta" di Will Eisner, "Il ritorno del Cavaliere Oscuro" di Frank Miller. "In una lontana città" di Jiro Taniguchi e "Gli ultimi giorni di Pompeo" di Andrea Pazienza.
Ma adesso è possibile anche contribuire con 1 euro versato sul conto paypal destinato al fondo cassa della biblioteca: http://paypal.me/altroquandopalermo
Per fondo cassa, qui si intende anche l'acquisto di nuovi titoli mancanti in scaffale. Intanto, i lavoro di ristrutturazione continuano, e in autunno arriveranno gli orari di apertura. Ricordiamo che il servizio è gratuito.
Per informazioni potete sempre contattare Altroquando in privato alla mail altroquandopalermo[at]gmail.com.

venerdì 14 luglio 2017

Cittacotte: PER TERRA E PER MARE...



PERTERRAEPERMARE.

Letteralmente.

A stendere le braccia tra la terra e il mare è stata la Santuzza, ieri, inaugurando la nuova vetrina creata per questo 2017 da mastro Vincenzo Vizzari nella sua bottega “Cittacotte” in via Vittorio Emanuele 120 a Palermo. E potremmo dire: ce n'era bisogno. Oggi più che mai.

Santa Rosalia, patrona del capoluogo siciliano celebrata nella ricorrenza estiva del Festino e condotta in effige, come nella leggenda che la vede protagonista, per le strade della città, su un carro che di anno in anno ha perso ogni fascino in un progressivo decadere del gusto.
Eppure, ogni anno, basta l'estro di Vizzari a confezionare riletture della Santuzza in chiavi non scontate. A volte provocatorie, ma sempre animate da un messaggio che arriva forte e chiaro. Sociale più che mistico. Poetico più che agiografico. Talmente personale e intelligente da diventare iconico a sua volta, producendo un ramo del Festino vissuto sottotraccia da molti palermitani come un appuntamento imperdibile. Perché non c'è solo perizia artigianale nelle opere di Vizzari. Ma una forza interiore dirompente. E chi se non la Santuzza, celebrata in questi giorni estivi da una città intenta a gozzovigliare, sarebbe potuta essere portavoce di un grido a favore dell'accoglienza?


Ogni disvelamento di una nuova composizione esposta presso Cittacotte ha sempre luogo con piccoli, agili accorgimenti teatrali. E ad accompagnare l'alzata della tela, stavolta, è stato il rumore ipnotico e minaccioso del mare, accompagnato dal campionamento di suoni provenienti realmente da barconi di migranti. Voci disperate. Rumoreggiare di una massa di esseri umani in agoscia, invocazioni, sono l'atroce e vera colonna sonora di quelle mani che chiedono grazia, emergendo sia dall'acqua che sta per inghiottire i corpi sia dal barcone, che non mostra direttamente i profughi, ma anche qui solo le loro mani protese verso l'alto, prigionieri sottocoperta di qualcosa che suggerisce la bolgia di un inferno dantesco. Le figure intere non sono meno potenti. Una tragedia in tre atti riassunta in un'unica composizione plastica. Sulla sinistra, un uomo piange con il volto nascosto tra le mani. I piedi ancora sulla terra, un istante prima di imbarcarsi verso una flebile speranza di sopravvivenza. L'unica figura umana visibile per intero sul barcone sventola un fazzoletto, aggrappata a un brandello di imbarcazione che ricorda la sagoma di una zattera che lo regge a malapena. Poi ci sono i profughi in mare, che affondano a poca distanza dalla riva, sforzandosi di tenere un bambino fuori dall'acqua. Almeno affinché respiri per qualche istante ancora. A terra, un pugno di uomini seminudi si sforzano di tirare in secco l'imbarcazione con delle corde. Non ci sono tratti marcatamente distintivi tra migranti e soccorritori. Nessuna etnia definita, come a sottolineare l'insensatezza di etichette davanti alla tragedia umana.


E su tutto, Santa Rosalia. Una Rosalia che forse si lancia nel vuoto dal suo antico rifugio su monte Pellegrino. Forse volerà, sorretta dai gabbiani che la attorniano. Forse precipiterà, decretando la caduta di Palermo e la morte della sua anima morale, giù in mare, in compagnie di quelle vittime che non è riuscita a salvare. Ma il gesto della mano e l'espressione angosciata dicono tutto. Un'esortazione ancestrale a restare umani. L'urlo di un'empatia che si rifiuta di lasciarsi soffocare da ignoranza e fascismi. Una Palermo che sprofonderebbe nel Mediterraneo piuttosto che continuare a esistere senza la pietà umana.

PERTERRAEPERMARE è il titolo di questa composizione di Vincenzo Vizzari per il Festino 2017. Forse la più esplicitamente politica. Per coloro che per “politica” intendono la vita della gente, da qualunque parte essa provenga, e la mettono al primo posto. L'iscrizione nel cielo che fa da sfondo alla scultura leggiamo le parole: “L'umanità è la migliore delle religioni”. Frase pronunciata nella realtà da un migrante giunto in un centro accoglienza siciliano, e che Vizzari ha deciso di far sua, scolpendola e accostandola coraggiosamente alla figura della santa patrona di Palermo.
Contro i facili populismi e gli slogan ignoranti, contro gli “aiutiamoli a casa loro” (si sarebbe potuta dire la stessa cosa degli ebrei che tentavano di fuggire dalla Germania nazista, ma la giornata della memoria è diventata solo un'altra data sul calendario).


Nello stesso tempo, quella di quest'anno è comunque una Rosalia anche metafisica. Forse più degli altri anni, in quanto riconducibile al senso di carità sommerso da ciarpame ormai riconducibile più alla superstizione che al senso religioso. Una Santuzza che ha compreso il senso di appartenenza all'umanità, e che ricusa il suo ruolo di vessillo in una città che chiude le sue mura ai bisognosi. Una Rosalia che lancia un appello accorato. Un grido umano e artistico che vibra nella vetrina di Cittacotte, e che meriterebbe (come ogni anno) molta visibilità in più.


Viva Palermo e Santa Rosalia.


mercoledì 5 aprile 2017

Kom-Zilla: Intervista a Salvatore Rizzuto Adelfio



Due memorie storiche a confronto dal sottosuolo palermitano. Il Laboratorio Zeta, centro sociale occupato la cui avventura ha lasciato un'eco importante in città, e la libreria Altroquando, fumetteria, libreria alternativa, centro culturale, oggi divenuta l'associazione culturale no profit che portiamo avanti. Occasione di questo viaggio in un passato neppure tanto distante è il ritrovamento di questa intervista a Salvatore Rizzuto Adelfio, indimenticato fondatore di Altroquando a Palermo. Intervista realizzata da Kom-Zilla, videomagazine che era stato organo informativo indipendente gestito dal Laboratorio Zeta. Il risultato è più di un amarcord... di un'emozione proustiana. E' una testimonianza di resistenza culturale su quelle nicchie refrattarie all'omologazione di cui oggi avremmo ancora tanto bisogno. Ma la cosa più emozionante nel recupero dell'intervista di Kom-Zilla a Salvatore Rizzuto Adelfio è che ha attirato l'attenzione di un pubblico anche non palermitano, che ha apprezzato storia e parole, al punto che sono già stati prodotti dei sottotitoli per non udenti. E' probabile che presto arriveranno anche in inglese. Segno che la voce di Altroquando, a Palermo, nel ricordo del suo fondatore, echeggia ancora forte e chiaro. Anzi, ha superato i confini regionali e quei paletti tipici di una città che Salvatore stesso, nell'intervista, definisce "una cattiva madre". Insomma, ci siamo ancora. Ci sarà sempre un Altroquando, e ci facciamo sentire come possiamo. Come grida Papillon nel finale: «Sono ancora vivo, maledetti bastardi! Sono ancora vivo!»

martedì 21 marzo 2017

C'era una volta a Palermo... il Laboratorio Zeta


16 anni fa, 21 Marzo a Palermo, il Laboratorio Zeta veniva occupato, dando inizio a un cammino politico e culturale che, con tutte le sue fisiologiche imperfezioni, è contato molto e tuttora ha un valore storico importante per chi ha vissuto quegli anni. Appena sette anni fa, lo Zetalab (altro nome con cui l'esperienza sarebbe diventata nota in città) veniva fatto sgombrare con la forza, ma di lì a poco era nuovamente occupato e in attività. Non prima di una consistente manifestazione di solidarietà. Per le vicende successive che portarono alla conclusione del percorso, rimando alla dettagliata intervista a Salvatore Cavaleri a cura del Centro Zabut. Condivido con piacere questo video dove rivedo tante facce... com'erano. Era lo stesso anno del primo Pride a Palermo, l'anno in cui Altroquando (quello vero!), quando ancora era una fumetteria, rischiò la chiusura e in tanti si adoperarono per salvare l'attività. Sette anni non sono pochi. Ma non rimpiango nessuna scelta. Fare rete cittadina, allora, era forse più facile. In un periodo in cui i social erano nati da poco, ma in cui la volontà (non sempre praticabile) di inclusione vinceva su tutto. Sono ricordi come questo che, oggi, con tutte le amarezze del presente, le delusioni, i fallimenti, mi ricordano il retaggio che mi tiene in piedi. Perché la funzione delle utopie non è essere raggiunte, ma essere eternamente inseguite, corteggiate, amate.
«Non smettere mai di cercarmi...»
I REC U [film di Federico Sfascia]

venerdì 17 marzo 2017

Movida, ancora Movida, sempre Movida...


Dopo aver vissuto per 15 anni in Vucciria, assistendo al sorgere, alla crescita, e al caglio della Movida palermitana, resto di sasso nel leggere i commenti agli articoli che periodicamente sono a questi dedicata. Non sempre si tratta del quartiere suddetto, ma l'argomento è il medesimo. Residenti ridotti a ostaggi di un baccanale che di anno in anno è andato sempre più fuori controllo. Perché in realtà parliamo di rave nel cuore della città e non della vera movida (che sarebbe itinerante) di origine spagnola. I problemi (seri) sono sempre quelli: il frastuono che toglie il sonno ai residenti, le risse, gli androni trasformati in latrine, il vandalismo (quante notti di assedio, ricordo) il sesso consumato a cielo aperto (personalmente, la cosa che mi darebbe meno fastidio, se non fosse che a innescarlo c'è molto altro), e illegalità crescente fino a sconfinare in scippi, rapine e pericolo per l'incolumità. In questi giorni emerge il problema dell'Olivella, in cui un comitato di residenti e commercianti si è visto costretto a ricorrere a un'azienda di vigilanza privata. Misura, tra l'altro, buona appena come deterrente, e del tutto inutile. Naturali (e anche corretti) gli attacchi al sindaco in carica (e in campagna elettorale), se non fosse che questo problema cittadino dura ormai da decenni, e sia stato tramandato da diverse amministrazioni comunali che oggi condividono la responsabilità della sua forma cronica.

Quello che mi gela, sono i commenti (immancabili). Commenti cui è impossibile rispondere. Commenti di individui con cui è impossibile il dialogo. Commenti che suonano "Non è affatto vero quel che dite, non è vero quel che è scritto...". Negazione pura e semplice, senza troppa fatica. Seguono inviti a godersi la città e ad apprezzarne la bellezza e l'allegria. Da un lato un serissimo problema di degrado, in cui è forte la cultura mafiosa dell'illegalità. Dall'altro l'accettazione passiva di un degrado che evidentemente è percepito come ricreativo.
Vedere questo mi confonde ancor di più dell'orrore urbano prodotto dall'assenza di regole. Mi fa capire che gli alieni esistono. Lo siamo l'uno per l'altro. E non dobbiamo neppure sforzarci di andare su un altro pianeta per fare incontri ravvicinati.

sabato 21 gennaio 2017

Wolla Design a Palermo: nulla finisce, tutto si evolve



Wolla Design è un laboratorio di arredamento con sede a Palermo, animato da artigiani che fanno del riciclo di materiali e oggettistica una vera arte. Oggi, Altroquando li ringrazia nel vedere il risultato del loro lavoro.
Un tempo, giocattoli della collezione di 
Salvatore Rizzuto Adelfio. Oggi: luce, grazie all'impegno di abili mani. E' meraviglioso vedere come la nostra storia si trasformi e continui a confluire nelle storie e nelle creazioni di altri. Stupendo lavoro. Grazie per averlo condiviso.






domenica 30 ottobre 2016

Palermo, ricorda: Altroquando non è Alastor


DA ALTROQUANDO, UNA LETTERA APERTA ALLA CITTA' DI PALERMO


Altroquando: un nome (ormai sovraesposto in Italia) che a Palermo è stato usato per la prima volta da Salvatore Rizzuto Adelfio, ed è legato a filo doppio alla memoria della sua persona e della sua attività storica. E' anche il nome (insieme alle sue generalità) dell'associazione culturale che da tre anni si propone, con umiltà e mezzi diversi, di proseguire il manifesto culturale da lui immaginato. E cioè una militanza sociale ibridata con forme espressive di norma associate al puro svago (come i fumetti, per cominciare). Su Facebook, da circa tre anni, esiste una pagina dedicata alla richiesta, a più voci, di intitolare il lungomare di Palermo alla memoria di Salvatore, che lo ha così a lungo raccontato in modo personale e inconfondibile. Mentre esortiamo l'amministrazione comunale a muoversi in tal senso (considerato che ha il potere giuridico di accorciare i tempi previsti dalla legge, e lo ha già usato per titolare vie ad altri palermitani illustri), non dimentichiamo che esistono altri aspetti legati alla memoria di Salvatore Rizzuto Adelfio. Aspetti che sono a rischio, in una città dalla memoria troppo corta.




Non ci giro intorno. Non ho nulla di personale contro i dipendenti dell'azienda Alastor che nel 2013, dopo la scomparsa di Salvatore, ha aperto un proprio punto vendita, con una nuova licenza di libreria, nei locali in affitto dove un tempo la nostra famiglia esercitava la sua attività. Ripeto, non ho nulla contro i dipendenti dell'azienda Alastor che dall'autunno del 2013 ha smerciato fumetti in corso Vittorio Emanuele 143 (locale che è rimasto a lungo privo di un'insegna che la identificasse come una ragione sociale differente). Trovo soltanto molto triste che quel luogo, dal quale l'insegna posta da Salvatore è stata rimossa e restaurata (Altroquando è un logo regolarmente registrato alla Camera di Commercio di Palermo e i diritti sono detenuti dall'associazione omonima) non sia stato chiamato da una parte della clientela con il suo effettivo nome, seguitando a definire "Altroquando" qualcosa che quel luogo non era più, così come non sarà mai Altroquando l'attività che a noi era subentrata nella vendita di fumetti a Palermo. 

Sì, perché quell'attività ha un nome diverso: quello stampato sui sacchetti che dà in omaggio, quello con cui gli impiegati rispondono al telefono. Quello che è effettivamente il nome dell'azienda Alastor, cui sto regalando in questa sede una gratuita pubblicità. E' triste e ingeneroso che ancora oggi, qualcuno si riferisca a una realtà totalmente svincolata da un pezzo di storia cittadina con il nome che identifica il lavoro e la testimonianza politica e culturale di Salvatore Rizzuto Adelfio. E' triste che ancora oggi qualcuno, distrattamente, mi contatti sulla pagina dell'associazione rivolgendosi a me con il nome di chi lavora presso la rivendita Alastor.

E' vero. Altroquando di Salvatore Rizzuto Adelfio iniziò come fumetteria, e con questo cercava, nonostante le progressive difficoltà e i malfunzionamenti del settore, di pagare le bollette. Ma quel nome, con Salvatore al timone, rappresentò negli anni tante altre cose.




Diffusione di varie espressioni di cultura underground
Manifestazioni antiproibizioniste
Lotta, testimonianza e divulgazione per i diritti delle persone LGBT
Centro di ascolto per persone LGBT
Promozione della piccola editoria
Collaborazioni costanti con realtà politiche progressiste, tra le tante, le sinergie con quella che è stata l'esperienza storica cittadina dello Zetalab
Organizzazione di mostre di artisti emergenti o completamente sommersi
Autoproduzioni editoriali
Promozione di autori indipendenti che un giorno sarebbero diventati popolari
Proposta e vendita di etichette musicali indipendenti e schierate
Contributo alla nascita di più associazioni politiche e culturali cittadine
Appoggio a collettivi satirici e opposizione alla censura (si ricordi l'episodio del 2010, contestuale alla visita a Palermo di Benedetto XVI, che Salvatore riuscì a filmare e che certa stampa paragonò all'esperienza di Radio Alice)





La lista potrebbe continuare. Ma dovrebbe essere evidente che Altroquando di Salvatore Rizzuto Adelfio non era una libreria come tutte le altre, e questo forse minò le sue fondamenta dal punto di vista economico segnandone il destino nei lunghi termini, ma anche caratterizzandola in modo molto forte. Lasciare svanire il ricordo di questa esperienza renderebbe vana anche la richiesta di intitolare alla memoria di Salvatore il lungomare di Sant'Erasmo. No, Palermo deve ricordare. E continuare, per pigrizia o consuetudine, a chiamare “Altroquando”, ovunque si trovi, il punto vendita di una catena di distribuzione con un background totalmente diverso, non aiuta. E' (si tratta solo di una facile metafora) come cercare un disco di Tiziano Ferro chiamandolo con il nome di Francesco Guccini, con tutto il rispetto per Ferro e i suoi estimatori (ma parliamo di personaggi, percorsi e generi musicali del tutto differenti).




Questo equivoco, questa sovrapposizione di un'identità storica con una realtà puramente (e legittimamente) commerciale che per qualche anno ha abitato le vecchie mura, deve finire. Lo dobbiamo alla memoria di Salvatore Rizzuto Adelfio, o riuscire a intitolargli il lungomare di Palermo (se mai l'otterremo) servirà a poco. Per questo chiedo gentilmente a tutti coloro che hanno conosciuto e rispettato Salvatore, agli ex colleghi operatori di fumetteria, ai fumettisti con cui è stato amichevole e che ha spinto quando la loro strada era ancora in salita, a chi continua ad acquistare fumetti presso un rivenditore che non è Altroquando né ha interesse a rivendicarne la storia, a condividere queste informazioni di base. Dal 2013 Altroquando non è più in corso Vittorio Emanuele. Altroquando, se ci credete, si sforza di esistere in altra forma, o – se non volete crederci – ha concluso la sua esperienza di vita con la scomparsa di Salvatore Rizzuto Adelfio.



Per favore, chiamate ALASTOR il negozio che per tre anni ha venduto fumetti a Palermo in via Vittorio Emanuele 143. Loro stessi si presentano così, perché questo è il nome della loro azienda con sede centrale a Napoli. Se la memoria è importante, se dare un nome a una strada spetta alle istituzioni, possiamo comunque tributare onore al merito chiamando semplicemente cose e persone con i loro veri nomi. E risparmiare costanti, amari qui pro quo a chi si sforza di conservare e coltivare questa memoria.

Ditelo. Ricordatelo. Rettificatelo. Io non ho intenzione di fermarmi. A Palermo, Altroquando è solo quello di Salvatore. 

O nessuno.




Hastag: #alastornonaltroquando

mercoledì 19 ottobre 2016

Vucciria: si muore solo DUE volte?


Diario del Capitano, data bestiale 19 Ottobre 2016.

Palermo, Vucciria. L'ennesimo caso (l'ennesimo, ormai il conto è perso) di aggressione. Un gruppetto di giovani sono stati aggrediti senza motivi precisi, pare per via di un banale scambio di sguardi. Il classico «Che minchia guardi?!» spesso oggetto di caricatura. Una di quelle azioni che nell'ambito della cultura paramafiosa (nel senso di bassa lega) e in una comunità di cervelli annebbiati, possono innescare una esplosione di violenza anche devastante. Stavolta la disavventura è toccata a quattro ragazzi, trovatisi - dopo una serata normale - a passare nottetempo attraverso lo storico quartiere di Palermo che da anni ospita una delle espressioni di quella che abbiamo imparato a chiamare, in modo improprio, Movida. Pestaggio. Fuga. Controlli al Pronto Soccorso. Traumi e contusioni. Conseguenze legali. Non pervenute. In una città che ormai non si aspetta più niente.

Le reazioni sui social sono accese, ma se ne rilevano soprattutto due, di stampo un po' diverso, ma in qualche modo convergente. Entrambe superficiali. Qualcuno sente il bisogno di sottolineare che gli aggressori (in questo episodio come in altri precedenti) "non sono abitanti del quartiere".

Be', non lo erano neppure la maggior parte degli avventori della "prima edizione" della cosiddetta Movida. Infatti, ad affollarla erano per lo più studenti, e giovani provenienti da varie zone della città. Una situazione assolutamente discutibile, in quanto fastidiosa (e non poco) per i residenti. Ma che si limitava, appunto, a una questione di disturbo. Irritante, ma non realmente pericoloso per l'incolumità, se non per chi passava la notte a sfracellarsi il fegato.


Qualcun'altro, con disinvoltura, liquida la questione scrivendo che "i palermitani hanno il sindaco che vogliono". E' vero. La gente vota. Ma è vero anche che il degrado della Vucciria parte da molto lontano. Attraversando il mandato di sindaci diversi, come individui e schieramento politico. La critica ci sta tutta. Nel caso specifico, però, personalizzarla significa banalizzare troppo il problema. Giacché il quadro generale ci ha insegnato, negli anni, che l'identità del sindaco in carica non ha spostato certe questioni cittadine di una sola virgola.

Torna, inesorabile, il tema: legale o non legale. Quando intervenire. Quando no. Quando preme all'istituzione. Quando non importa troppo. Quando è relativamente semplice schierarsi. Quando la cosa richiede un impegno che forse non si ha la determinazione di affrontare. Tutte cose da ricordare. Sia al momento del voto che durante il resto della vita. Perché le campagne elettorali finiscono. Ma si deve pur continuare a vivere. E a confrontarsi con la propria città.

In alcuni casi, più politici, sentiamo subito gridare le istituzioni all'illegalità e al "doverne rispondere". In altri, c'è solo inerzia, disinteresse, assenza. Stiamo assistendo al secondo, in ordine storico, suicidio della Vucciria. Non importa se i soggetti protagonisti provengono anche da altri rioni popolari. E' stato l'emergere (il LASCIARE emergere) del business illegale a trasformare il quartiere in una terra di nessuno, e a renderlo estremamente "friendly" per una determinata tipologia sociale. Così come scippi, violenza e commercio truffaldino, hanno a suo tempo portato il mercato storico a morire. E in tutto questo, le diverse amministrazioni si sono avvicendate nel corso di parecchi anni. Non serve cercare un capro espiatorio contingente (sarebbe troppo facile, senza con questo voler prendere le difese di chicchessia). E' la politica cittadina che non funziona da tempo immemorabile. E purtroppo echeggia sempre l'adagio del "forte con i deboli e debole con i forti".

Altroquando


sabato 8 ottobre 2016

Teatro Montevergini di Palermo liberato: in bocca al lupo (affinché viva e ululi ancora)


Ieri,
7 Ottobre 2016, il Teatro Montevergini di Palermo è stato occupato, anzi, liberato da un'immobilità istituzionale che lo ha tenuto congelato e inerte per almeno tre anni. Pacificamente popolato da una comunità variegata di persone il cui progetto è quello di restituire alla cittadinanza quello che era ormai, agli occhi di tutti, uno grande spazio sprecato. Una struttura tempo addietro risanata, che ospita la Scuola di Teatro del Teatro Biondo di Palermo, altra realtà bisognosa di attenzione e nuova linfa vitale, che annega in uno spazio enorme e finora fondamentalmente abbandonato a sé stesso, sorvolando sull'ormai antico annuncio di un bando di assegnazione, mai formalmente realizzato che ben riassume il concetto sintetizzato da Giuseppe Bellafiore nella sua Guida alla Città di Palermo, di “definitiva provvisorietà”, che affligge da sempre il capoluogo siciliano come una malattia cronica.

Lo striscione affisso dalla comunità degli occupanti recita significativamente le parole: “Né pubblico né privato: Comune”. Da subito è partita un'assemblea cittadina cui sono state puntualmente invitate le istituzioni per un confronto diretto e pacifico. Invito rimasto, almeno fino alla giornata di ieri, disertato. Unica risposta, una nota dell'Assessore alla Cultura Andrea Cusumano, che definisce il gesto degli occupanti “Illegale e inaccettabile” affermando che l'occupazione causa “Il blocco immediato di tutte le attività in corso”, cioè le attività della scuola di teatro diretta da Emma Dante e le manifestazioni relative a “Le Vie dei Tesori”.

Nella sua freddezza istituzionale, la nota dell'Assessore Cusumano fa risuonare nella memoria dei palermitani la consueta solfa da carillon inceppato su una legalità soltanto presunta, che non prevede nessun reale confronto con gli individui e le loro autentiche esigenze. Se infatti le istituzioni si fossero prese il disturbo di rispondere all'invito al dialogo, tempestivamente partito a occupazione avvenuta, ci saremmo tutti risparmiati delle considerazioni che avranno anche il crisma dell'istituzionalità, ma restano inesatte, fuorvianti, parziali e di conseguenza inaccettabili per la città che hanno l'onere di amministrare. Una Palermo dove una massa di cittadini paga tasse salatissime, strozzandosi e sopravvivendo a stento, in una città dai servizi sempre più scadenti. Una città che può a buon diritto affermare di essere proprietaria di almeno un pezzo di spazi comuni che l'amministrazione ha relegato nel dimenticatoio. Ma siamo a Palermo, e il segnale intimidatorio, il richiamo alla legalità, è riservato a quei soggetti che propongono un dialogo costruttivo, mentre quartieri del centro storico sono ormai stati del tutto abbandonati a un'illegalità galoppante, degradante e pericolosa, cui palesemente l'amministrazione della città non riesce a far fronte. Non è una bella figura.

Auguriamo in bocca al lupo all'esperienza appena nata al Teatro Montevergini, e
invitiamo a leggere, qui a seguire, la nota della comunità resa pubblica oggi 8 Ottobre 2016, in cui si fa chiarezza su quelli che sono lo spirito e gli obiettivi dell'iniziativa, ma anche i punti di fraintendimento che vanno al più presto chiariti con chi ha il dovere di tutelare e aiutare a crescere la nostra città, dialogando con le realtà più propositive, e aldilà di iniziative demagogiche discutibili. Perché abbiamo bisogno del pane, ma vogliamo anche le rose. Noi palermitani le abbiamo pagate per anni. E ci spettano.

Altroquando


UN PAIO DI CONSIDERAZIONI SULLA GIORNATA DI IERI



Nella prima assemblea cittadina del Montevergini liberato, avvenuta ieri pomeriggio, molte persone hanno discusso con l'obiettivo di formulare una diversa idea di città e di partecipazione nelle pratiche di gestione degli spazi pubblici palermitani. 
Nel corso dell'assemblea abbiamo letto le dichiarazioni fatte dall'Assessore alla cultura Cusumano, che stravolgono le pratiche, le intenzioni dichiarate e le questioni poste. 
Nel corso dell'occupazione non è stato compiuto nessun atto di forza o prepotenza. Le porte dello spazio sono rimaste aperte per tutto il corso della giornata.
Durante la mattinata di ieri abbiamo chiarito ai vertici del Teatro Biondo la nostra intenzione di non ostacolare le attività dello Stabile e della scuola. Per altro lo spazio occupato non comprende l'ex Chiesa del Montevergini, adibita a sala teatrale.
Il percorso avviato non mira a bloccare le attività che già si svolgono ma piuttosto ad utilizzare lo spazio al pieno delle sue potenzialità artistiche e sociali, in una prospettiva d'incontro e contaminazione reciproca. Questa assemblea non vuole arrogarsi un diritto esclusivo sulle scelte riguardanti questo spazio, ma aprire un processo di gestione delle proprietà pubbliche come “beni comuni” e di sperimentazione di forme di governo orizzontali e partecipate su cui l'amministrazione sino ad adesso non ha dimostrato sufficiente coraggio e capacità di visione, al contrario di quanto successo a Napoli e che l'amministrazione dichiara di prendere a modello.
L'assemblea del Montevergini prosegue la discussione alle ore 18:00, rinnovando l'invito alla città e alle istituzioni ad un confronto sui temi posti.







domenica 4 settembre 2016

Un ricordo dal Palermo Comic Convention 2016



Diario del Capitano, data bestiale 4 Settembre 2016, Palermo (al termine del Palermo Comic Convention)

Allora, l'aneddoto è questo...


Mi ero rifugiato nella zona ospiti, dove c'era un po' più di ventilazione. Mi ero comodamente sistemato davanti all'impianto di refrigerazione ed ero affondato in una poltrona a pera (non ne vedevo da tanto) come Paolo Villaggio al tempo di Fracchia. Mi piazzo lì per rileggere le cose che dovrò dire qualche ora dopo. A un tratto mi accorgo che alle mie spalle c'è Lucy Lawless che indugia, aspettando chi la deve intervistare. Di solito non sono così. Ma non sapevo in che altro modo approcciare, e siccome (chi mi conosce lo sa) so farlo, ho lanciato l'urlo di guerra di Xena.


Lei ha fatto una smorfietta come per dire «Che palle! Ma ancora?». Dopodiché si china e mi risponde con il suo trillo, anche se con un volume più discreto. Inizia un dialogo metà in italiano metà in inglese (lei si fa capire abbastanza bene). Lei, per me altissima, sempre piegata verso di me, e io (sempre più Fracchia) che tento disperatamente di riemergere dalla poltrona pera che invece mi tira giù manco fossero sabbie mobili. Intanto le racconto che i miei gatti sono terrorizzati dal suo urlo, che lo uso quando mi rompono le palle per farli andare via. Lei si china ancora e sottovoce, con forte accento inglese, ma in italiano, mi fa: «Io lo faccio con i miei bambini!»

Gentilissima, e da vicino, oggi, più bella che mai. 


E' stata una fiera HOT. Potremmo dire così. I bilanci li lasciamo ai prossimi giorni, quando saremo più riposati. Un grazie e un abbraccio ai ragazzi di Nerd Attack e di Howlmighty con i quali abbiamo unito le forze. Un ciclone umano di simpatia ed entusiasmo che meriterebbe maggiore visibilità. Un saluto e un bacio anche a  Giulia Nerd Kitchen e Andrea Seth Marino di Rave Tube, con il quale siamo riusciti finalmente a trovarci nella stessa stanza.
Grazie all'infaticabile e sempre professionale Fabio Capizzi dell'Associazione Culturale Palermo Fumetto. A Berto, Alessandro, Paolo e tutto lo staff di AniMa Nerd Family - Palermo. Un saluto e un ringraziamento speciali anche al maestro Jordi Bernet, per la sua simpatia e disponibilità.


Ciao, Palermo Comic Convention 2016.



giovedì 11 agosto 2016

BAMF - Robotics


Robotics. Un mondo popolato esclusivamente da automi che un tempo erano umani. Un'incubo che somma diversi archetipi della fantascienza, ma anche del fantasy e del romanzo d'avventura in generale. Una serie a fumetti tutta italiana, ideata da Claudio (Claps) Iemmola, scritta in collaborazione con Paul Izzo e disegnata da Giacomo Pilato, Gaetano Matruglio, Lazzaro Lo Surdo e Sudario Brando. Saga tecnologica, ma declinata secondo uno stile mutevole. In evoluzione, come la razza umana, come i robot...

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martedì 12 luglio 2016

CITTACOTTE: Estate 2016: L'incantesimo del fuoco


Un fistinu racchiuso in un piccolo spazio, angusto eppure enorme. Scoppiettante, luminoso. Sullo sfondo i fuochi (un piccolo schermo) salutano la resurrezione della Santuzza. Rosalia, mostrata defunta, sepolta dai peccati di una città sofferente, nella precedente vetrina (“Pietas”, estate del 2015) e avvolta nel gelido sudario della noncuranza, è risorta. E' la nuova vetrina (tradizione palermitana ormai di lunghissima data) che mastro Vincenzo Vizzari ha inaugurato ieri sera presso la sua popolare bottega “Cittacotte” in corso Vittorio Emanuele, a un passo da piazza Marina.

Una Rosalia che infrange il velo minimalista e la plastica staticità che l'avevano vista soccombere lo scorso anno, per rinascere, nuova luce di speranza, in un caleidoscopio di pop art e tradizione siciliana, contaminate con immaginari variegati e una spruzzata di kitsch che rendono la santuzza internazionale e figlia di un'iconografia che affonda le radici nel nostro Sud, ma senza accettare confini di sorta.

Il sudario dello scorso anno è caduto, abbandonato in un angolo della vetrina. La santa emerge, braccia rivolte al cielo, la bocca spalancata di un neonato che prende il suo primo respiro e forse urla, come Papillon, alla fine del film, dopo l'evasione: «Sono ancora vivo maledetti, bastardi! Sono ancora vivo!»


Il profilo della Palermo storica cinge la statua come un abito, ma anche come il cono di un inferno dantesco che finalmente la lascia emergere. O come un vulcano, che nuovamente attivo erutta la sua vera anima: la santuzza. Non a caso l'opera di mastro Vizzari s'intitola quest'anno “L'incantesimo del fuoco”. Fuoco come dono di Prometeo all'umanità, affinché possa progredire, fuoco per squarciare le tenebre dell'ignoranza. Fuoco come passione che vinca sull'ignavia. Una lingua di fuoco vitale, un'eiaculazione fiorita, dove le infiorescenze color cristallo dell'abito-montagna lasciano il posto a un vivace manto di rose. Cascata di florida opulenza. Una criniera floreale che incorona la santuzza conferendole valenze paniche e dionisiache. Una Palermo che è stanca di giacere, che anela alla vita, e dal gelo della morte vuole accedere alla vitalità danzante del fuoco.

Un augurio, per il festino alle porte e per la città di Palermo tutta. Forse, quella di mastro Vizzari, è una delle poche voci realmente artistiche rimaste, in cui la festa patronale di Palermo è vissuta come spunto creativo per produrre bellezza e metafore non omologate, aldilà delle implicazioni popolari e religiose ormai intrappolate in logiche commerciali che girano a vuoto. Un appuntamento per il quartiere che meriterebbe maggiore attenzione e di essere vissuta come parte integrante di una festa sempre più vicina a una sagra del cibo e avara di genuini spunti culturali.








sabato 18 giugno 2016

Palermo Pride 2016



Palermo Pride 2016... il settimo a Palermo.

Solo poche parole, dopo aver vissuto ancora una volta la parata.

Va da sé che quest'anno la ricorrenza del Pride (festa politica) che trova la sua origine nei moti di Stonewall, dove un gruppo di transessuali (più di altri) trovarono per la prima volta la forza di resistere alle vessazioni arbitrarie di una polizia deviata, fosse legato alla tragedia di Orlando. Un episodio drammatico che resterà nella storia del movimento LGBT internazionale, per la sua folle gratuità, per la generica indifferenza e per aver fatto da scintilla a commenti di un'omofobia che rialza la testa senza la vergogna che avrebbe tutte le ragioni di provare.


Il costume di Massimo Milani (metà della storica coppia palermitana conosciuta come Massimo e Gino) è stato di una teatralità elegante e struggente. Una scelta riuscita, che coniuga rispettosamente il tributo al dolore per la violenza insensata che ha spezzato tante vite innocenti e la tradizionale manifestazione festosa che va comunque avanti, inesorabile come il progredire della storia e una lotta politica che più di prima deve vederci determinati. Un abito da sposa insaguinato (citazione filmica a Kill Bill di Quentin Tarantino) e la scritta “We Will Survive” (Noi sopravviveremo). Una sposa che sembra cadere sotto i colpi di una cieca violenza, ma che si rialza più forte di prima e combatte come una leonessa fino alla vittoria.

Questo Palermo Pride 2016, come già altre sue edizioni passate, potrà forse essere definito “poco trasgressivo” o “troppo poco fantasioso”. Ma non è su questo che intendiamo concentrarci. Pensiamo piuttosto (al di là di quel che vorremmo vedere) alla forza inclusiva e alla generale compostezza di quella che ancora oggi da molti è definita come una “indecente carnevalata”.


C'è da chiedersi cosa abbiano visto. Dove, e se la buona fede abbia casa dalle loro parti. Il Palermo Pride si è connotato sempre più come una manifestazione politica aperta e solidale con realtà che LGBT non sono. Quest'anno il tema ufficiale erano i migranti e l'accoglienza, ma nel corpo del corteo abbiamo avuto modo di incontrare anche associazioni per la tutela dei diritti degli invalidi (dimostrando che la guerra tra poveri può essere superata, e che non esistono battaglie che vengono prima di altre, ma piuttosto battaglie per una vita migliore che dovrebbero essere un'unica cosa).

Le famiglie arcobaleno, sempre più numerose e presenti, con i loro bambini, sono ormai un punto nodale della manfiestazione. Un Pride che forse deluderebbe chi cerca trasgressione ad ogni costo, nudità e provocazioni. Ma che dimostra una volta di più che la presunta “carnevalata” del Pride (molto più compito a Palermo di certe feste che celebrano vittorie calcistiche) non è che un comodo spauracchio. Un inesistente fantasma, creato a bella posta per giustificare inerzia e la (magari inconsapevole) pulsione a restare nell'ombra con l'illusione di essere migliori.