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martedì 11 dicembre 2018

CITTACOTTE Natale 2018: Christmas Reflection



Christmas Reflection”.
Fermi tutti. Una domanda è d'obbligo.
La scelta del titolo (in lingua inglese) di questa nuova installazione natalizia a opera di Vincenzo Vizzari, che inaugura la nuova vetrina (o piccolo palcoscenico, se vogliamo) della bottega Cittacotte sul Cassaro di Palermo, è casuale o meditata?
Sì, perchè la parola “reflection” in inglese è diversa dall'italiano “riflesso”. Certo, il suo primo signficato rimanda a un'immagine riprodotta su una superficie - per l'appunto - riflettente. Ma è traducibile anche come “riflessione”, nel senso di “meditazione”.

La vetrina natalizia di quest'anno, maestosa riproduzione in terracotta dipinta d'argento dei maggiori edifici storici palermitani, è caratterizzata da un gioco di specchi laterali e superiori che creano, a colpo d'occhio, l'illusione di un prisma scintillante. L'effetto è quello di una fortezza luminosa, somma di tante altre costruzioni. Regale e splendida, ma... presenta qualcosa che è anche un'illusione. O se preferiamo, un sogno. Deluso? Tramontato? Recuperabile? E' tutto da vedere.
Il progetto dell'installazione (pensato dal mastro Vizzari con intenti spettacolari che vanno sempre oltre il solo virtuosismo artigianale) è integrato in modo significativo dal gioco di specchi. Questi ultimi, infatti, non si limitano a moltiplicare le forme della città, ma in qualche modo catturano anche le immagini del Cassaro reale, con la sua verità quotidiana, il suo movimento, la sua prosaica verità.

Christmas Reflection” realizza dunque un doppio messaggio. La presentazione campanilista (idealmente nobile, ma anche un po' ipocrita) di una città ammantata di luci, ma fatta soprattutto di ombre. E di riflessi vivi che chiedono attenzione, dietro la facciata splendida di decantata capitale europea. Una “riflessione” su ciò che appare e ciò che è. Su ciò che vorrebbe (o potrebbe) essere e una cruda realtà urbana, riflessa in un'arte che smaschera l'amarezza della contraddizione, ma con piglio sognante. Tutto sommato speranzoso.


Un invito alla riflessione, dunque. E a osservare la propria città alla luce di cosa potrebbe essere.

Christmas Reflection” inaugura anche una seconda nuova vetrina di Cittacotte, impreziosita da una cornice di legno che ricorda giustamente un teatrino dei pupi. Perché questo è Cittacotte. Bottega di artigianato, negozio di souvenir, laboratorio artistico e spazio espositivo di una cifra stilistica, quella di Vincenzo Vizzari, che Palermo deve imparare a valorizzare, e tenersi ben stretta.



Su un Cassaro, via Vittorio Emanuele, ormai in continuo mutamento a misura di turista, dove il volto storico della città si appanna ogni anno di più, soffocato da anonime realtà commerciali, Cittacotte realizza una forma di resistenza culturale. Per questo dobbiamo tenerci cara questa bottega e chi la tiene viva.

Rifletti, Palermo.




venerdì 13 luglio 2018

Cittacotte: Nuovomondo




NUOVOMONDO

Nuova apertura del sipario, nuovi applausi, un nuovo mondo e una nuova Santa Rosalia. Ulteriore capitolo, in questa Estate 2018, per la tradizione palermitana che ormai da molti anni impegna mastro Vincenzo Vizzari e la sua bottega Cittacotte in via Vittorio Emanuele 120, in occasione della festa patronale del Festino. Una santa patrona sempre trasfigurata secondo sensibilità artistiche mutevoli, che attingono al surrealismo come alla cultura pop e alla tendenza che oggi potremmo definire mash-up, l'ibridazione di icone di origine eterogenea.

Un “Nuovomondo” che potremmo considerare un augurio, un auspicio. Ma anche una sfida ai tempi bui che viviamo, e che apre a una luce di speranza dopo le prove degli anni passati, dove la Santuzza appariva schiacciata sotto il peso di una Palermo in pieno degrado, soffocata dai rifiuti e dal caos, ma anche scintilla che si appellava al senso di solidarietà dei palermitani per la tragedia dei migranti, esortante a ritrovare una perduta (oggi anche schernita) umanità.


Nuovomondo, si discosta dalle prove degli anni precedenti. Ma senza fare passi indietro. Scegliendo stavolta colori pastello alle tinte forti (in senso sia plastico che emotivo) delle trascorse rappresentazioni. Affidandosi a un registro più intimista e classico e proponendo un ponte concettuale tra passato e un auspicabile futuro. Il fondale, con Monte Pellegrino separato dalla santa dal mare, non va sottovalutato. Suggerisce un viaggio, un percorso, e il superamento di un limite. Quel mare, stavolta calmo, ma anche deserto in modo inquietante, pare collegarsi sottotraccia all'opera precedente, intitolata “Per Terra e per Mare...”. Quasi a dire che l'apparente quiete nasconde in realtà una profonda tristezza. Rammarico per quello che dovrebbe essere e non è. Lo leggiamo negli occhi chiari di Rosalia, stavolta ritratta con il volto di Franca Florio, figura storica ed emblematica della memoria siciliana. Moglie dell'armatore Florio, donna di cultura (quella cultura che oggi è spesso spregiata a favore delle pulsioni meno ponderate). Amante dell'arte e adorata per il suo fascino e la sua intelligenza da artisti come Gabriele D'Annunzio, Ruggero Leoncavallo, Giacomo Puccini. Protagonista, in questo 2018, con il ritorno in patria del celebre ritratto realizzato dal pittore Giovanni Boldini, opera che l'artista modificò più volte tra il 1901 e il 1924.

Il ritorno del quadro a Palermo, esposto la scorsa Primavera a Villa Zito, la storia della lunga genesi del dipinto con le sue svariate trasformazioni, il noto amore di Franca Florio per la bellezza, la natura e le arti, la sua relazione con il mare e l'imprenditoria a questo legata, nelle mani dell'artista Vincenzo Vizzari realizzano un simbolo complesso che cuce letteralmente i fasti perduti della Belle Epoque palermitana con una speranza di cambiamento e di pace. Coronato da un manto floreale fatto di pomelie, gelsomini e rose. Fiori molto diversi tra loro, eppure perfettamente integrati come cornice di un esempio di bellezza intelligente (o bellezza dell'intelligenza, se vogliamo). Le farfalle sono da sempre simbolo di rinascita, e non potevano mancare nella rappresentazione di un nuovo mondo ideale. Magari posate su una mano accogliente, che si protende per proteggere una città-pianeta tuttora compressa, chiusa, a suo modo blindata e soffocata pur nella sua potenziale bellezza. Protetta, da un gesto morbido che la sfiora senza però toccarla. Una simbologia ambigua, che unita allo sguardo malinconico e sostanzialmente rivolto atrove della santa patrona, sembra esprimere anche un lamento. Lamento per una bellezza ancora prigioniera, non del tutto redenta, che si presenta gloriosa ma metallica, bellicosa e spietata come una palla di cannone. Forse incandescente, magari sul punto di esplodere, che Rosalia non osa toccare, meditando sul nuovo mondo che verrà. Chiedendosi chi mai saprà riconoscere la vera bellezza, e realmente oserà liberarla, andando oltre la fierezza ottusa di un fortino ancora chiuso in se stesso.


Auspichiamo, tra tanti possibili cambiamenti in un mondo che più che nuovo arranca nei suoi errori passati, che l'arte di Vincenzo Vizzari possa infine toccare le corde delle sensibilità giuste e guadagni, oltre a ispirare sempre riflessione, uno spazio dove le sue opere possano essere ammirate e studiate come meritano.


Viva Palermo e Viva Santa Rosalia.

venerdì 14 luglio 2017

Cittacotte: PER TERRA E PER MARE...



PERTERRAEPERMARE.

Letteralmente.

A stendere le braccia tra la terra e il mare è stata la Santuzza, ieri, inaugurando la nuova vetrina creata per questo 2017 da mastro Vincenzo Vizzari nella sua bottega “Cittacotte” in via Vittorio Emanuele 120 a Palermo. E potremmo dire: ce n'era bisogno. Oggi più che mai.

Santa Rosalia, patrona del capoluogo siciliano celebrata nella ricorrenza estiva del Festino e condotta in effige, come nella leggenda che la vede protagonista, per le strade della città, su un carro che di anno in anno ha perso ogni fascino in un progressivo decadere del gusto.
Eppure, ogni anno, basta l'estro di Vizzari a confezionare riletture della Santuzza in chiavi non scontate. A volte provocatorie, ma sempre animate da un messaggio che arriva forte e chiaro. Sociale più che mistico. Poetico più che agiografico. Talmente personale e intelligente da diventare iconico a sua volta, producendo un ramo del Festino vissuto sottotraccia da molti palermitani come un appuntamento imperdibile. Perché non c'è solo perizia artigianale nelle opere di Vizzari. Ma una forza interiore dirompente. E chi se non la Santuzza, celebrata in questi giorni estivi da una città intenta a gozzovigliare, sarebbe potuta essere portavoce di un grido a favore dell'accoglienza?


Ogni disvelamento di una nuova composizione esposta presso Cittacotte ha sempre luogo con piccoli, agili accorgimenti teatrali. E ad accompagnare l'alzata della tela, stavolta, è stato il rumore ipnotico e minaccioso del mare, accompagnato dal campionamento di suoni provenienti realmente da barconi di migranti. Voci disperate. Rumoreggiare di una massa di esseri umani in agoscia, invocazioni, sono l'atroce e vera colonna sonora di quelle mani che chiedono grazia, emergendo sia dall'acqua che sta per inghiottire i corpi sia dal barcone, che non mostra direttamente i profughi, ma anche qui solo le loro mani protese verso l'alto, prigionieri sottocoperta di qualcosa che suggerisce la bolgia di un inferno dantesco. Le figure intere non sono meno potenti. Una tragedia in tre atti riassunta in un'unica composizione plastica. Sulla sinistra, un uomo piange con il volto nascosto tra le mani. I piedi ancora sulla terra, un istante prima di imbarcarsi verso una flebile speranza di sopravvivenza. L'unica figura umana visibile per intero sul barcone sventola un fazzoletto, aggrappata a un brandello di imbarcazione che ricorda la sagoma di una zattera che lo regge a malapena. Poi ci sono i profughi in mare, che affondano a poca distanza dalla riva, sforzandosi di tenere un bambino fuori dall'acqua. Almeno affinché respiri per qualche istante ancora. A terra, un pugno di uomini seminudi si sforzano di tirare in secco l'imbarcazione con delle corde. Non ci sono tratti marcatamente distintivi tra migranti e soccorritori. Nessuna etnia definita, come a sottolineare l'insensatezza di etichette davanti alla tragedia umana.


E su tutto, Santa Rosalia. Una Rosalia che forse si lancia nel vuoto dal suo antico rifugio su monte Pellegrino. Forse volerà, sorretta dai gabbiani che la attorniano. Forse precipiterà, decretando la caduta di Palermo e la morte della sua anima morale, giù in mare, in compagnie di quelle vittime che non è riuscita a salvare. Ma il gesto della mano e l'espressione angosciata dicono tutto. Un'esortazione ancestrale a restare umani. L'urlo di un'empatia che si rifiuta di lasciarsi soffocare da ignoranza e fascismi. Una Palermo che sprofonderebbe nel Mediterraneo piuttosto che continuare a esistere senza la pietà umana.

PERTERRAEPERMARE è il titolo di questa composizione di Vincenzo Vizzari per il Festino 2017. Forse la più esplicitamente politica. Per coloro che per “politica” intendono la vita della gente, da qualunque parte essa provenga, e la mettono al primo posto. L'iscrizione nel cielo che fa da sfondo alla scultura leggiamo le parole: “L'umanità è la migliore delle religioni”. Frase pronunciata nella realtà da un migrante giunto in un centro accoglienza siciliano, e che Vizzari ha deciso di far sua, scolpendola e accostandola coraggiosamente alla figura della santa patrona di Palermo.
Contro i facili populismi e gli slogan ignoranti, contro gli “aiutiamoli a casa loro” (si sarebbe potuta dire la stessa cosa degli ebrei che tentavano di fuggire dalla Germania nazista, ma la giornata della memoria è diventata solo un'altra data sul calendario).


Nello stesso tempo, quella di quest'anno è comunque una Rosalia anche metafisica. Forse più degli altri anni, in quanto riconducibile al senso di carità sommerso da ciarpame ormai riconducibile più alla superstizione che al senso religioso. Una Santuzza che ha compreso il senso di appartenenza all'umanità, e che ricusa il suo ruolo di vessillo in una città che chiude le sue mura ai bisognosi. Una Rosalia che lancia un appello accorato. Un grido umano e artistico che vibra nella vetrina di Cittacotte, e che meriterebbe (come ogni anno) molta visibilità in più.


Viva Palermo e Santa Rosalia.


martedì 12 luglio 2016

CITTACOTTE: Estate 2016: L'incantesimo del fuoco


Un fistinu racchiuso in un piccolo spazio, angusto eppure enorme. Scoppiettante, luminoso. Sullo sfondo i fuochi (un piccolo schermo) salutano la resurrezione della Santuzza. Rosalia, mostrata defunta, sepolta dai peccati di una città sofferente, nella precedente vetrina (“Pietas”, estate del 2015) e avvolta nel gelido sudario della noncuranza, è risorta. E' la nuova vetrina (tradizione palermitana ormai di lunghissima data) che mastro Vincenzo Vizzari ha inaugurato ieri sera presso la sua popolare bottega “Cittacotte” in corso Vittorio Emanuele, a un passo da piazza Marina.

Una Rosalia che infrange il velo minimalista e la plastica staticità che l'avevano vista soccombere lo scorso anno, per rinascere, nuova luce di speranza, in un caleidoscopio di pop art e tradizione siciliana, contaminate con immaginari variegati e una spruzzata di kitsch che rendono la santuzza internazionale e figlia di un'iconografia che affonda le radici nel nostro Sud, ma senza accettare confini di sorta.

Il sudario dello scorso anno è caduto, abbandonato in un angolo della vetrina. La santa emerge, braccia rivolte al cielo, la bocca spalancata di un neonato che prende il suo primo respiro e forse urla, come Papillon, alla fine del film, dopo l'evasione: «Sono ancora vivo maledetti, bastardi! Sono ancora vivo!»


Il profilo della Palermo storica cinge la statua come un abito, ma anche come il cono di un inferno dantesco che finalmente la lascia emergere. O come un vulcano, che nuovamente attivo erutta la sua vera anima: la santuzza. Non a caso l'opera di mastro Vizzari s'intitola quest'anno “L'incantesimo del fuoco”. Fuoco come dono di Prometeo all'umanità, affinché possa progredire, fuoco per squarciare le tenebre dell'ignoranza. Fuoco come passione che vinca sull'ignavia. Una lingua di fuoco vitale, un'eiaculazione fiorita, dove le infiorescenze color cristallo dell'abito-montagna lasciano il posto a un vivace manto di rose. Cascata di florida opulenza. Una criniera floreale che incorona la santuzza conferendole valenze paniche e dionisiache. Una Palermo che è stanca di giacere, che anela alla vita, e dal gelo della morte vuole accedere alla vitalità danzante del fuoco.

Un augurio, per il festino alle porte e per la città di Palermo tutta. Forse, quella di mastro Vizzari, è una delle poche voci realmente artistiche rimaste, in cui la festa patronale di Palermo è vissuta come spunto creativo per produrre bellezza e metafore non omologate, aldilà delle implicazioni popolari e religiose ormai intrappolate in logiche commerciali che girano a vuoto. Un appuntamento per il quartiere che meriterebbe maggiore attenzione e di essere vissuta come parte integrante di una festa sempre più vicina a una sagra del cibo e avara di genuini spunti culturali.








venerdì 10 luglio 2015

CITTACOTTE - Estate 2015: PIETAS


«Hanno ammazzato Santa Rosalia! Santa Rosalia è viva!»

Altro che «Viva Palermo e...»

C'è l'imbarazzo della scelta. La frase a effetto per aprire questo ennesimo commento alla vetrina inaugurata ieri da Vincenzo Vizzari, mastro terracottaio della bottega Cittacotte in via Vittorio Emanuele, come ogni anno alla vigilia del Festino, potrebbe essere anche «Santa Rosalia è morta! Viva Santa Rosalia!»


Eppure, citare la popolare canzone di Francesco De Gregori (Pablo) ci sembra più pertinente. Dopo tre anni di letture artistiche sempre più iconoclaste e dense di significati metaforici, mastro Vizzari ha chiuso un cerchio. La sua Santuzza era sempre stata un'icona da rivisitare, non per gratuita irriverenza, ma per contrasto critico a un'iconografia solitamente piatta, avvezza alla più stucchevole agiografia. Nell'ultimo periodo, l'arte di Vincenzo Vizzari, o meglio il suo rapporto con la figura della Santuzza, si è fatto sempre più problematico. Sofferto, addirittura. E proprio per questo prodigo di bellezza e spirito creativo. Non si può dimenticare, dagli anni trascorsi, la vetrina intitolata La caduta degli dei, con Rosalia agonizzante in un cassonetto, soffocata dai rifiuti, di qualche tempo fa (uno dei picchi più alti della collezione di vetrine di Cittacotte dedicate alla santa patrona di Palermo). Seguì la versione chiamata Interiors, dove vedevamo una Rosalia squarciata nel corpo e nella mente, simbolo ella stessa di una città contradditoria e autolesionista. Poi venne Mission, la lettura che trasfigurava Rosalia in una versione disperata del mito di Cola Pesce, piccola titana chiamata a reggere come Atlante una Palermo fatta di caos e dubbio progresso, da cui mille mani imploranti si sporgevano in cerca di salvezza... e il grido muto sul volto della Santuzza non lasciava dormire tranquilli.


Era quindi un appuntamento inevitabile. Ispirandosi all'Isola dei Morti, dipinto del pittore simbolista Arnold Bocklin, mastro Vizzari porta in scena una città tetra, grigia, fuligginosa, dove i profili delle antiche architetture arabe della Palermo storica sono controfigure inquietanti dei pini che troneggiano nel quadro originale. Tutto è gotico in questo Pietas, titolo di questa vetrina dell'estate 2015. Ma a dispetto del titolo, con la versione della “Pietà” classica non ha nulla a che vedere. Più che pietà dimostrata, formula una richiesta di compassione... se non altro un moto di commozione davanti all'irreparabile, e un attento esame di coscienza alla ricerca delle proprie omissioni. Nessuno solleva pietosamente la Santuzza, ormai defunta, marmorea e avvolta nel suo sudario (stavolta non vediamo neppure il suo volto). Resta solo il suo corpo inerte, bianco e giacente sulla lastra di porfido, santa patrona ormai caduta sotto il peso del suo fallimento. Protettrice che niente ha potuto contro le tenebre che hanno avvolto la sua città. Stavolta non scorgiamo alcuna presenza umana. La città sulfurea sullo sfondo sembra disabitata, neppure ci trovassimo di fronte a uno scenario post apocalittico. Una visione pessimista che sembra annunciare che Dio è morto, e anche noi faremmo meglio a non sentirci tanto bene. Il fondale, anch'esso cupo ma illuminato da un plenilunio bluastro contribuisce al quadro dark, ma con una strizzata d'occhio a una percezione tutto sommato più autoironica del primo livello di lettura dell'opera. Ricorda un fondale classico degli horror inglesi della Hammer, quelli in cui eravamo abituati a vedere stagliarsi la figura dell'attore Christopher Lee, da poco scomparso, nel ruolo della sua vita, il vampiro più classico di tutti. Quindi Pietas ci comunica la disfatta, la morte, anzi l'assassinio della santa patrona della città... da parte della città stessa, divenuta a sua volta una città fantasma, e insinua che tra quelle ombre, in mezzo a quella fuliggine, si stiano annidando creature invisibili che poco hanno a che fare con l'umanità che vorremmo conservare. E che ci prenderanno, nel sonno, se non vigiliamo. Perché Santa Rosalia è stata ormai colpita al cuore, e dobbiamo difenderci da soli.


Grottesco. Gotico. Metaforico come sempre. Con una spruzzata di humor nerissimo a speziare un quadro plastico che illustra una visione palermitana di certo non idilliaca, ma che contribuisce a denunciare le contraddizioni, la retorica e l'ormai frusta, insopportabile demagogia che ogni anno permea sempre più la nostra partecipatissima festa patronale.




mercoledì 29 aprile 2015

L'Arte di Jason Kang


Si chiama Jason Kang, è un illustratore statunitense e come motivo principale della sua arte ha scelto il fantasy e lo steampunk. Non come tema portante, ma come viraggio con cui rischiarare opere eterogenee, ispirate a vari media e a opere pop o classiche tra le più impensate. Insomma, un genio. Cercate i suoi lavori in rete. Li troverete sia su Blogspot che su Deviantart, e potrete rifarvi gli occhi. Ma come biglietto da visita, in questa sede, proponiamo la sua lettura steampunk del personaggio marvelliano di Iron Man, quella fantasy di Batman e la pittorica rivisitazione dello scontro Hulk vs Wolverine. Icone filtrate da una mente eclettica e da una mano geniale. 







sabato 3 gennaio 2015

Gli ibridi Disney-Marvel di Rik Moore


Iniziamo questo 2015 con un sorriso, e commentando il lavoro di un illustratore di talento: Rick Moore, residente in Florida e specializzato nell'arte della caricatura. Quando, qualche tempo fa, la notizia dell'acquisto della Marvel Comics da parte dell'azienda Disney fece il giro del mondo, le battute si sprecarono. Sin da subito potemmo ammirare scherzose chimere tra personaggi disneyani e icone marvelliane, segnale di una fiducia non proprio adamantina nei confronti del potenziale uso che la ditta proprietaria di Paperino e company avrebbe potuto fare degli eroi in tuta. Lo scherzo, col passare del tempo, si è affievolito, ma le sperimentazioni, le provocazioni creative rimangono. Scopriamo con divertimento il lavoro di Rick Moore e la sua gallery di opere spumeggianti. Le sue freschissime caricature, le deliziose cartoline per ogni ricorrenza festiva, molte delle quali attingono ai fumetti, ai cartoons e alla cultura popolare. Ma oggi presentiamo le sue chimere "marsney" ("disvel"?), nate dalla fusione di supereroi blasonati con eroi della nostra infanzia, più alcuni protagonisti di lungometraggi di animazione che hanno fatto la storia del cinema. Visitate il suo blog, ne scoprirete sicuramente delle belle.











martedì 23 settembre 2014

Movie Minds: Cinematografica... Mente!


Riccardo lavora come maschera in un cinema multisala, macinando giorno dopo giorno un'esistenza senza vere prospettive, vissuta in modo automatico ai limiti della depressione. A dargli ogni tanto una staffilata di energia sono però le sue allucinazioni, risultato di anni di visioni cinematografiche coatte, e ormai plasmate dal suo subconscio come grilli parlanti che fanno da contraltare alla devastante distrazione che lo distingue. Icone uscite dallo schermo e modellate dalla fantasia di Riccardo in provocatori sussulti di vitalità...

Movie Minds, di cui ha appena esordito in rete il primo episodio, è una cine-web-serie (nel senso che viene prima proiettata in sala e soltanto dopo rilasciata in rete) pensata come (ovvia) promozione del multisala Movie Planet di Bellinzago Novarese e sceneggiata da Mattia Ferrari, noto su Youtube come Victorlaszlo88 (youtuber che già da un po' collabora con la suddetta catena di cinema). Nel ruolo di Riccardo troviamo un promettente Massimiliano Sonsogno, Antonio Converti nella parte del serial killer (forse senza la fisicità che il ruolo avrebbe richiesto, ma comunque non spregevole) supportati da Giulia Pozzi e Alberto Milanesi qui in ruoli ancora marginali.


Il primo episodio, intitolato La collanina, presenta una regia diligente e un'idea non nuovissima ma sempre intrigante. Seguendo l'attività di youtuber di Mattia Ferrari, non è difficile figurarsi un'ombra autobiografica nella caratterizzazione del protagonista e negli effetti collaterali della sua professione. La bulimia cinematografica (e televisiva, e fumettistica, eccetera) di Mattia si esprime in modo schietto sin dalle prima battute, magari un po' clichettose, ma riconducibili a una ricetta “nerd” (in senso buono) collaudata e riconoscibile. Sono facili i rimandi a Scrubs (ma anche a Wilfred e a tante altre serie TV, per non parlare di Zerocalcare e del suo armadillo), con l'immaginario che irrompe nella realtà del protagonista per trasfigurare un quotidiano altrimenti grigio e routinario. La durata brevissima dell'episodio non fornisce materiale sufficiente a una vera valutazione, e soltanto il tempo potrà rivelarci se il tritatutto mediatico ubicato nella mente di Mattia Ferrari riuscirà a imprimere una forma caratteristica e personale alla materia cui attinge. L'esperienza (ahimé conclusa troppo in fretta) di Skypocalypse, ci rammenta che a Victorlaszlo88 non manca certo la vis narrativa, e attendiamo di vedere quali e quante visioni (e mostri, e angeli) la fantasia di Riccardo-Mattia sarà in grado di proiettare. Prima sugli schermi dei cinema della catena Movie Planet, quindi sul web e sulla sensibilità di un pubblico sempre più vasto.
Sicuramente, dal punto di vista mediatico, la trovata di una serie di brevi episodi fulminanti, fatta per precedere il film che vedremo in sala, e ambientato in uno dei cinema del network, è accattivante e avrà fortuna. Il ponte lanciato tra cinema e tubo ha le carte in regola per funzionare, e l'entusiasmo di chi è al timone, unito al suo non indifferente bagaglio cinematografico, stimola la nostra curiosità e ci induce ad aspettarci molto da Movie Minds.
Oddio! Magari non troppo, ma un po' sì.
DecisaMente... CinematograficaMente parlando.

[Recensione di Filippo Messina]

martedì 16 settembre 2014

L'arte di De Es Schwertberger



Dieter Schwertberger, noto anche come De Es Schwertberger (e da un certo momento anche solo come De Es) è un pittore e scultore austriaco la cui arte non è facile da collocare tematicamente, essendo in grado di spaziare da evocazioni surrealiste e esperimenti grafici e plastici che ricordano molto (soprattuto a noi, ferrati nella cultura nerd) atmosfere come la fantascienza. Quella d'autore, spesso impregnata di misticismo e riferimenti esoterici. De Es è in attività da molti decenni, ed è quindi sorprendente, contemplando opere del suo Stone Period (Fase della Pietra) e Studio Planet Earth (Studio del Pianeta Terra), scoprire quanto potrebbe avere influenzato certi classici del cinema fantastico moderno, e chissà, forse avere avuto percorsi intellettuali paralleli a illustri fumettisti (tra l'altro molto diversi da loro) come Philippe Druillet e Richard Corben, ma persino artisti come Karel Thole. Una cosa è certa. La sua arte, così granitica e dinamica nello stesso tempo, abbaglia ed emoziona come poche altre.