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venerdì 10 giugno 2016

Su "Buogiorno Palermo" si parla della Biblioteca Autogestita Salvatore Rizzuto Adelfio



Oggi su Buongiorno Palermo, a proposito della neonata Biblioteca autogestita "Salvatore Rizzuto Adelfio". «Salvatore, ancora adesso, più che promuovere l'arte a Palermo come aveva sempre fatto, nella sua opera personale innalza la stessa Palermo, anche nella sua quotidianità minuta, ad oggetto d'arte.» Grazie ad Alessandro Iannelli, autore dell'articolo per queste parole.

giovedì 2 giugno 2016

S'inaugura il 3 Giugno la Biblioteca Autogestita "Salvatore Rizzuto Adelfio"

DOMANI, 3 Giugno presso il Tmo-Teatro Mediterraneo Occupato , alle ore 16: in contemporanea con la venuta di Zerocalcare per la presentazione del suo libro "Kobane Calling", si inaugura la Biblioteca AutogestitaSalvatore Rizzuto Adelfio, frutto di un lungo lavoro di raccolta dei libri e fumetti del fondatore di AltroQuando a Palermo. L'immagine nel post è un cimelio del primo incontro tra Salvatore e Michele - Zerocalcare, che firma la targa in sua memoria che sarà apposta in biblioteca. Vorrei dire a tutti gli amici di Salvatore che si troveranno per lavoro o per impegni precedenti alla fiera di Etna Comics che nonostante la distanza hanno ugualmente un modo per essere presenti a questo importante evento. Il modo è semplice. Parlatene. Parlatene tra voi, con i vostri amici. Parlatene se intervenite in pubblico. Dite che a Palermo sta succedendo questo. Parlate di Salvatore, del suo lavoro dentro e soprattutto fuori della sua fumetteria (che oggi è un'associazione culturale che porta sia il suo nome che quello della sua creatura: Altroquando). Parlate della sua gratuita volontà di condivisione della cultura, di come vi ha aiutato a crescere, della passione che metteva in ogni sua iniziativa, nelle mostre che organizzava, nelle riviste che produceva. Parlate della sua vitalità, del suo amore per ogni forma di arte, e dite che da oggi il suo nome è anche il nome di un biblioteca di quartiere che senza di lui, il suo carattere, i suoi libri, i suoi fumetti, non sarebbe nata. Ricordate che "Altroquando", in Italia, sarà pure una parola ormai abusata, che fa da etichetta ad attività differenti. Ma che a Palermo sarà sempre legata rispettosamente al nome di chi l'ha usata per primo. Se lo è meritato, e siamo felici che questa realtà nasca in una città sempre meno attenta agli atti artistici spontanei e spesso troppo concentrata sulle catene di montaggio. Grazie, Salvatore. E grazie a voi, al TMO, a Zerocalcare.
Questo il link dell'evento su Facebook: https://www.facebook.com/events/219206328450513/

domenica 22 maggio 2016

AniMaFestival - Akihabara a Palermo


Una bella esperienza oggi a Palermo, presso Le Magiche Occasioni, ludoteca di via Saverio Scrofani a Palermo. AniMa Nerd Family - Palermo è un'associazione ancora giovanissima (neppure un anno di età) che si occupa di cultura nerd ad ampio spettro, e il cui obiettivo sono la creazione di una rete di relazioni, collaborazioni e amicizie, svolte in allegria, divertendosi e creando in compagnia. Un ottimo biglietto da visita quello presentato oggi con l'evento Akihabara a Palermo. Una variopinta sintesi di cultura giapponese.  Un'atmosfera allegra, leggera, affettuosa, che mi ha fatto sentire a casa. Grazie a tutti. Esserci è stato un piacere. Continuate così.

                   http://animanerdfamily.it/













lunedì 9 maggio 2016

Altroquando non abita più lì



Diario del Capitano, data bestiale 09.05.2016

Altroquando. Una parola nata (almeno in Italia, che i precedenti anglofoni allungherebbero troppo la storia) sulle pagine di Dylan Dog. Una parola, un nome, legato a un fumetto molto popolare, dunque. Parola che in tutta la penisola ha battezzato realtà diverse tra loro per intenti e strumenti, ma che a Palermo è stata usata soprattutto come nome della sua prima, storica fumetteria, fondata nel 1991 dal mai dimenticato Salvatore Rizzuto Adelfio. Questo, per cominciare, ci fa accostare la parola fumetto alla parola Altroquando.

Tenete a mente questa parola. Ora guardate bene l'immagine che precede il testo. Poi tornate a leggere.

Siete di nuovo qui? O magari conoscevate già l'immagine. Bene. Quella (datata 1999) fu una delle iniziative promosse e suscitate da Altroquando Palermo, nella persona di Salvatore: la Festa Antiproibizionista (a favore, cioè, della legalizzazione delle droghe leggere). La cartolina (stampata a profusione) presentava dei fustelli che una volta staccati diventavano pratici cartoncini rettangolari buoni per arrotolare filtrini adatti alle canne. Un oggetto pubblicitario di un evento, simbolico e di uso pratico, insomma.

Altroquando Palermo + antiproibizionismo. Tenetelo a mente. Potete non condividerlo. Può non piacervi. Ma è storia. Storia della controcultura nella nostra Palermo. E questo nasceva anche da una... fumetteria. Ma è così che dobbiamo chiamarla?

Ora osservate quest'altra immagine.


E' una delle tante cartoline che facevano da richiamo per le mostre allestite presso Altroquando Palermo, volte a regalare (letteralmente, regalare) visibilità ad artisti emergenti che non potevano ancora disporre di Internet per la promozione delle loro opere. Le mostre, fortemente volute e organizzate da Salvatore, furono davvero tante. Tante e diverse. Lo spirito dell'iniziativa era quello di realizzare cose di valore con mezzi poveri, senza lasciarsi intimidire, ma affidandosi all'entusiasmo e al piacere di condividere momenti di pura cretività.

Adesso osservate questa foto.


Ci siete ancora? Ok. E' una foto del fotografo LGBT di tematica Bear GianOrso, esemplificativa di una delle tante iniziative volte a divulgare l'arte omosessuale, le mostre a tema LGBT, appunto. Attività parallela alla vendita di narrativa e saggistica a tema gay, e all'autoproduzione di materiale cartaceo come la rivista WOOF mirata alla diffusione dell'estetica degli orsi. Una realtà sommersa, a quel tempo, anche nello stesso mondo gay palermitano. Potremmo dire, a sua volta una realtà underground.

A proposito... purtroppo, pochissimo tempo fa, ci ha lasciato prematuramente il cantautore Gianmaria Testa. Immenso artista italiano, popolare in Francia, ma di nicchia nel suo paese di origine. Perché ne sto parlando? Perché Altroquando, a Palermo, vendeva anche cd musicali. Non di qualunque genere, ma ristretti alla musica d'autore e alle curiosità indipendenti. Gianmaria Testa fu tra i nostri fiori all'occhiello, così come tanti artisti particolari, Lalli, le Cozze, Avitabile, Sepe, e tanta, tanta musica alternativa.

Vedete questo?



E' un esempio dell'autoproduzione di Altroquando Palermo. Salvatore Rizzuto Adelfio era infaticabile, un vulcano creativo che resisteva a un quotidiano pronto a evolversi tecnologicamente a un ritmo sostenutissimo quanto lento e anchilosato per migliorarsi sul piano culturale.

C'erano inoltre le partecipazioni politiche, l'appoggio ai centri sociali, le collaborazioni. I lavori fotografici dello stesso Salvatore Rizzuto Adelfio.
E poi?

Ah, sì, certo.
Altroquando a Palermo era anche una fumetteria.
Salvatore aveva aperto un'edicola per vivere, ma nel giro di poco tempo aveva fatto crescere un paio d'ali al suo sogno, e aveva messo insieme un mostro alla Frankenstein, composto da più parti. Una gestalt fatta di fumetti, diritti LGBT, impegno civile, controcultura, e resistenza creativa al piattume generale della città.

Questo era Altroquando a Palermo. Questo si propone di continuare a essere l'associazione culturale nata dalle sue ceneri e che porta sia il nome di Altroquando sia quello del suo fondatore. Sì, perché la scomparsa prematura di Salvatore ha contribuito al collasso economico che già stava soffocando la parte commerciale dell'attività. La storia poi ha fatto il suo corso. Con la licenza di libreria estinta (mai venduta) dagli eredi per ragioni pratiche e l'affitto dei locali da parte di un'azienda che non ha nessun legame di continuità con chi ha vissuto tra quelle mura e quanto ci si sforza di continuare a tenere in vita in questa città così distratta.

Un momento, questa storia l'ho già raccontata. Eh sì. Non importa, ne vale sempre la pena.

Poi arrivano i commenti simpatici.

«Non gliene frega un cazzo a nessuno del vostro voler portare avanti l'idea culturale dell'Altroquando di Salvatore.»

Qualcuno mi spieghi perché a me dovrebbe fregare qualcosa di cosa frega ad altri. O perché questo dovrebbe influire sulle mie scelte future. Ho il sospetto che la frase significhi solo «A ME non frega un cazzo...».

«C'è chi dice che sfrutti la memoria di Salvatore per scopi tuoi.»

E c'è chi dice che tagliare spesso barba e capelli li faccia rinforzare, specie se sei adolescente (cosa biologicamente inattendibile). C'è chi ha battuto le mani pieno di patologica gioia sovversiva quando ha visto crollare le torri gemelle (esiste anche chi confonde l'anarchia con l'essere ferocemente idioti). C'è chi è convinto che l'unica famiglia possibile sia costituita da un uomo e una donna. C'è chi pensa che quando c'era Lui... E i marò?

Là fuori c'è chi pensa e dice di tutto. Perché dovrebbe essere rilevante quello che qualcuno può dire o pensare di me, di noi, di Altroquando, dell'eredità intellettuale di Salvatore Rizzuto Adelfio?

Non m'importa se un gruppo di ex ragazzi che sono stati nostri clienti amano continuare a frequentare il luogo fisico dove hanno sempre acquistato i fumetti. E' la loro vita. Anch'io ogni tanto passo davanti alla mia vecchia scuola elementare (che oggi ha cambiato nome) e cerco di annusare nell'aria gli anni che ho perduto e non ritorneranno. Lottare contro l'imprinting è una battaglia persa. E non stiamo neppure parlando di questo. Se ne giova solo chi ha (tecnicamente) ereditato una clientela cui interessa esclusivamente acquistare fumetti. Buon per lui e amen.

Il problema qui è un altro. Un altro quando. Altroquando non era SOLO una fumetteria. I fumetti li vendevamo, e ci serviva per vivere. Ma l'anima del luogo era molto più variegata, e con la scomparsa di Salvatore, sulle gambe di chi è convinto che i suoi insegnamenti, il suo approccio alla vita e alle arti, meritassero di sopravvivere, è trasmigrata altrove. Fumetti sempre, sì. Ma non più come merce, bensì come strumento di riflessione, humus con cui alimentare una resistenza creativa all'apatia di questa città.

Mi rattrista constatare che, nonostante il cambiamento, nonostante la decantata potenza dei social (che generano forse più caos che reale comunicazione) Altroquando a Palermo sia ricordato semplicisticamente come una bottega che vendeva fumetti.


Per questo oggi vi dico... guardate al passato e ricordate (o scoprite) cosa faceva Altroquando. Credeteci. C'erano persone che evitavano di acquistare da noi per non essere mischiati con i “froci”. Sicuramente, Altroquando a Palermo non mancava di elementi fortemente caratterizzanti. E se trasformandoci dall'ibrido che eravamo in associazione culturale abbiamo ricevuto l'appoggio e la partecipazione quasi esclusiva di realtà politiche e collettivi sociali, una ragione ci sarà. Altroquando era nato con i fumetti, ma era cresciuto. Era diventato una creatura composita, e ridurla solo al suo mero aspetto di punto vendita è riduttivo nei confronti della memoria di chi si è speso tanto per quasi vent'anni, il cui nome presto sarà dato a una biblioteca di quartiere (che comprenderà sia libri che fumetti) presso un centro sociale della città. Se volete cercare un pezzo di Altroquando, magari potreste partire da lì, da quella biblioteca di prossima apertura cui sarà apposta una targa realizzata da un popolare fumettista. Se vi interessano esclusivamente i fumetti e le vostre serie preferite, va bene qualunque libreria specializzata. Se volete parlarne diffusamente e ricevere informazioni e consigli di lettura, Altroquando può fare ancora al caso vostro. Dovete solo imparare a contattarlo dove risiede attualmente, e non dare (sbagliando) il suo nome (tra l'altro marchio registrato) a quattro mura che oggi ospitano una realtà con una storia a sé stante.


Lo sappiamo, è scontato. Quella vecchia, sbiadita e scrostata insegna con su scritto “Altroquando” in tanti non la guardavano nemmeno più. L'abbiamo recuperata, restaurata, fatta rivivere, e oggi è appesa nella nostra nuova sede, da cui scriviamo queste righe. Scriviamo mentre ancora ci occupiamo di divulgazione della nona arte, del mondo LGBT, del sostegno ai progetti creativi indipendenti, e pianifichiamo altre iniziative. Non è un peccato, non è una colpa. Ma la distrazione è una ferita nell'anima della storia della città. Ricevere ancora oggi, sui social, messaggi che danno per scontato che tutto il nostro lavoro (passato e presente) sia stato spazzato via, sentirci chiamare con nomi che non sono i nostri, e attribuire la nostra bandiera a qualcosa con cui non abbiamo niente a che vedere... be', non rende allegri.
Palermo ha bisogno di una cura al fosforo, ma ha bisogno soprattutto di aprire gli occhi e di alzarli dallo smartphone. Altroquando di Salvatore Rizzuto Adelfio (che è stato un uomo complesso e dallo spirito irriducibile) si rifiuta di sparire. Il concetto è sempre lo stesso. L'amore per le cose belle, l'amore per le arti che accomunano, la volontà di sostenere le cose in cui crediamo, che pensiamo possano, nel loro piccolo, contribuire a rendere il mondo un posto migliore.

Ditelo a Sparta, o nel vostro giro di amici, a Palermo e dintorni. Altroquando non è più una libreria. Non vende fumetti. Ne parla, li usa, inventa iniziative culturali, e non gliene frega una beata minchia di fare il maggiordomo di lusso ai vip del settore. Se proprio non riuscite a vedere la differenza... be', allora fate un esperimento. Andate nella vostra fumetteria di fiducia e cominciate a chiedere informazioni sulla Joint Parade (cos'era?), sulle iniziative legate alle mostre e alle autoproduzioni, all'ascolto per le persone LGBT, chiedete loro indicazioni sulla saggistica omosessuale, e chiedete loro di illustrarvi il cammino dei centri antagonisti nella città di Palermo. E' pure possibile che troviate qualcuno che sappia rispondere a tono a tutte queste domande, ma è molto più probabile il contrario. Perché? Perché Altroquando, a Palermo non è lì (se mai c'è stato). Altroquando erano delle persone, delle idee e un modo di intendere le cose. Alcuni non ci sono più, altri hanno preso strade diverse, qualcuno non si arrende e vuole continuare un discorso aperto.

Di questo dovete farvi una ragione.

Usate i social con un minimo di attenzione. Non dobbiamo piacervi per forza, o intrigarvi.
Ma la prossima volta, per favore, cercate di suonare il campanello giusto. A nessuno, neppure a voi, farebbe piacere uscire dalla doccia per aprire a uno sconosciuto che distrattamente gli chiede di parlare con qualcuno che con voi non ha niente a che fare.



lunedì 18 gennaio 2016

...si volta pagina


Diario del Capitano, data bestiale 18 Gennaio 2016...

«E che colpa ho io se ci sono i topi. L'inquilino, in caso, si prende un gatto!»

«Non aveva l'acqua calda? Ma neppure io!»
Quale padrone di casa risponde così a un inquilino uscente, pretendendo altri soldi per un locale cadente? Per una vera topaia, pagata puntualmente con una cifra decisamente esagerata?
Semplice. Un personaggio dei "Miserabili" di Victor Hugo. Sì, esistono davvero.
Ho finalmente lasciato la catapecchia in Vucciria, e ho compassione per chi prenderà il mio posto. Andare a vivere lì è stato un grosso passo falso. La casa è CADENTE. Infestata dai topi e corrosa dalle infiltrazioni d'acqua. Nei primi anni, un muro è crollato distruggendo nostre proprietà. Poi si è aperto il pavimento del bagno sotto i nostri piedi. Poi il soffitto in un'altra stanza. Dovevamo, praticamente, fuggire da una camera all'altra spostando roba di continuo. E voleva ancora soldi, nonostante me ne stessi andando a metà del mese. La mesata morta lasciata da Salvatore (con tanto di racconto colorito sulle modalità) quindi era una bugia, e Salvatore un bugiardo. Non era vero che quando siamo arrivati in quella casa la corrente era allacciata abusivamente perché gli inquilini precedenti pagavano la bolletta... che riceveva la padrona.
«Io non ti facevo pagare l'acqua...»
A parte che qualche volta me l'ha fatta pagare sì. Ci mancava pure questo, con l'affitto astronomico che chiedeva per quel catoio cadente. 

Poi c'era il terrorismo: «Si chiuda bene... gli infissi sono lenti... qui sono entrati i ladri tante volte.»
Ma allora falli riparare questi benedetti infissi che si aprono da soli con un colpo di vento. I Thénardier esistono. E io voglio dimenticarli. Adesso, ovviamente, parlerà male di me, e il gioco delle ipocrisie e dei sorrisi tra chi ama leccarsi il culo al vicenda (ma senza passione, solo per interesse o narcisismo) continuerà il suo corso con giocatori che vorranno stare al suo livello. Sulla base dell'esperienza, consiglio vivamente di non affittare case in Vucciria a Palermo (a meno che non siate proprio disperati). E mai senza contratto. L'unico problema non è la Movida. La Movida selvaggia è espressione della gente che la abita e sfrutta tutto quello che può senza alcuna decenza. Alla larga.
E adesso la vita continua.



domenica 3 gennaio 2016

Linea 103: L'onore delle armi

Palermo, non più capolinea 103... Un minuto di silenzio per la Linea 103 di Palermo. No, non è stata "sospesa" come altre linee della rete bus palermitana. Ma nel cambiamento generale dei percorsi, il suo DNA ha subito una profonda mutazione genetica, e adesso percorrerà il tratto che va da Piazzale Giotto a Piazza XIII Vittime. Insomma, si chiama 103 ma non è più lei, è qualcos'altro. Ignoro se le dinamiche sociali di cui era teatro continueranno a essere rappresentate nel modo di cui sono stato spettatore per quasi vent'anni. Le zone di sosta, i tragitti e - non ultimi - i conducenti, diversi possono cambiare un intero mondo. Che fine faranno i Grilli Sparlanti che gravitano intorno alla stazione Notarbartolo? I loro talk show improvvisati ogni giorno a fianco dell'autista, farcito di commenti sul calcio, espressioni razziste, maschiliste, fascistoidi o semplicemente demenziali? Troveranno un nuovo habitat? Trasmigreranno? Le amicizie con i nocchieri infernali sopravviveranno al cambiamento. Non conoscerò presto la risposta. La linea 103 è ormai fuori dalla mia portata, non farà più parte del mio quotidiano. Una comodità (quando gli equilibri dell'universo erano favorevoli) e un supplizio (quasi sempre) nello stesso tempo. Una finestra sulle miserie umane non indifferente che dal primo Gennaio 2016 si è chiusa. Ed è giusto salutare come si deve questa rubrica. Buon viaggio, linea 103. Chiunque ti guidi, chiunque ti prenda. Tanto a Palermo sei. Non ci credo che cambierai del tutto. Proprio no.




http://altroquandopalermo.blogspot.it/search/label/Linea%20103

giovedì 17 dicembre 2015

Linea 103: Per signore...


Palermo. Fermata bus via Roma, altezza Vucciria. Ecco arrivare la linea 103.

E' una storia vecchia. Quella delle vetture che arrivano alla fermata a pochi secondi l'una dall'altra. Questo fa scattare il dilemma del prigioniero... pardon, del passeggero. La domanda è: l'autista del secondo bus è osservante, sciatto o semplicemente stronzo?

Mi spiego. Le moderne vetture sono spesso discretamente lunghe. Se due di queste si mettono in fila, le porte della seconda resteranno abbastanza fuori dall'area della fermata, e quindi distanti per il viaggiatore in attesa. I casi possibili sono due.

Caso 1: l'autista aspetta che la vettura precedente riprenda la sua corsa, fa qualche metro allineandosi con la fermata. Infine, apre le bussole.

Caso 2: apre le bussole là dove si trova. Quindi a parecchi metri dai poveri coglioni che attendevano il bus regolarmente ad altezza fermata. Soluzione: devi fendere una folla di gente (ma solo a me dà fastidio sbattere addosso a degli estranei? I palermitani sono tutti così estroversi?), se hai un acciacco o sei anziano farti venire il fiatone e raggiungere la vettura prima che richiuda le porte e riparta lasciandoti con un palmo di naso e una bestemmia che frigge in gola.

Da manuale, senza distinzione di linea. Ma qui parliamo della 103 e c'è sempre la sorpresa.

Tagliando corto... il bus avanza un po', ma la bussola di davanti (per capirci, quella in teoria destinata agli abbonati) resta chiusa. La cosa mi scoccia un po'... ma non è niente di terribile. Non c'è folla. La vettura è come sempre semivuota, salgo dalla prima bussola che trovo aperta (anche i più ligi, se stanchi, a un certo punto cedono al lato oscuro e salgono o scendono da dove capita) e mi seggo proprio nei pressi della porta rimasta chiusa, alle spalle dell'autista, mentre rifletto che forse la bussola è semplicemente guasta. Non sarebbe neppure la prima volta che succede.

Vedo, nel frattempo, la donna alla guida della vettura. Un'autista che ho già visto nei giorni passati. A Palermo non ci sono ancora moltissime donne a condurre i mezzi pubblici, e la cosa si fa notare. Quello che noto di più, però, è la presenza del sidekick. Ma sì, della spalla. Insomma... ne ha una pure la signora. I colleghi maschi (gli auriga della 103) hanno sempre una piccola folla di amici che chiacchiera senza sosta né ritegno, neppure l'abitacolo dell'autista fosse una ricevitoria di scommesse. Ho perso il conto di quante volte li ho menzionati in questo diario di un viaggiatore urbano per caso... Beh, la signora alla guida detiene un corrispettivo femminile dell'articolo in esame, un'amica. Una donna tra i trenta e i quaranta, seduta di lato al cruscotto, proprio dentro l'abitacolo dove di norma si chiude il conducente. Questo, in effetti, è una cosa che vedo per la prima volta... ma tant'è. Sono così abituato a sentire sproloqui da stadio, tempeste di razzismo e urla da trogloditi che una signora comodamente seduta di fianco all'autista mi lascia del tutto indifferente.

Non ci sto a pensare più di tanto e cerco di “godermi il viaggio”.

Passano pochi minuti. Giusto un paio di fermate (durante le quali la bussola davanti non si apre neppure una volta). Poi... inizia la festa.

«Tu non apri porta davanti! Tu così lavori? Tu dove credi essere? Tuo salotto? Perché non apri porta davanti?»

La voce, con pesante accento straniero arriva dal fondo della vettura (che cavolo gli frega della bussola davanti, quindi?). Scelgo di non voltarmi, ma ho già capito che il teatrino ha appena alzato il sipario. Dovrei organizzarmi meglio e portare del popcorn.


«La bussola è guasta,» risponde la signora alla guida del bus. «Non è colpa mia. Non si apre.»
La voce alle mie spalle continua a sbraitare, ignorando quanto gli è stato appena detto.
«Tu credi essere in tuo salotto?! Tu lavora male! Tu NON APRI PORTA!»
«Le ho detto che la bussola è guasta. Vede?»
Fa l'atto di spingere il pulsante che dovrebbe aprire le porte davanti.
«E'... GUASTA. Non dipende da me.»
Niente da fare. L'invettiva non si ferma.
E il bus non riparte.
«Tu lavora male... tu non sai guidare... tu non apri porta!»
«Deve scendere o no? Io devo ripartire. Siamo fermi già da un minuto.»
L'autista comincia a perdere la pazienza mentre la nenia «Tu non lavori bene... tu non apri...» continua in loop. Io resisto e non mi volto. Ma la scena mi è descritta dalla stessa autista che a un certo punto contrattacca.
«E poi... dovrebbe scendere dal centro, non dalla bussola in fondo!»
«Tu lavora male... tu non in tuo salotto!»
«Il biglietto lo HA FATTO?»
La signora sta inziando a bollire. Nonostante tutto continua a dare educatamente del lei all'interlocutore.
«Tu parli con tua amica... tu non lavori... VA' A LAVARE PIATTI CHE E' MEGLIO!»
«Senti... VAFFANCULO!»
A rispondere in modo colorito è stata la sidekick, la passeggera... l'amica insomma. La donna seduta accanto all'autista ha perso i freni inibitori. Ha detto la sua. Nell'unico modo a quel punto possibile. Del resto, secondo l'intelocutore... era meglio se lavavano i piatti.

Il tizio comunque scende. Dal finestrino vedo un uomo di mezza età, dalla pelle chiara, con berretto di lana e sciarpa che gli seminasconde la faccia. Non riesco a capire a quale etnia appartenga. Non che abbia importanza. Anche dalla strada continua a lanciare improperi all'autista. Finalmente... dopo alcuni minuti persi inutilmente e un vaffanculo, la vettura riparte.


L'intervallo dura molto poco. Lo spettacolo riprende quasi subito.

Un signore anziano, circa ottant'anni, cappotto scuro, cappello di feltro, ombrello... anche lui un passeggero abituale della linea, si avvicina alla postazione del conducente. Apostrofa l'autista in modo grave.
«Ma lei è così che lavora? Pensa davvero di essere nel salotto di casa sua?»
«Qual è il suo problema, scusi? Ha rilevato qualche disservizio?»
«L'altra signora non dovrebbe sedere qui. Non dovrebbe neppure esserci. E' una vergogna! E' contro ogni regola.»

Ok... qui avrebbe pure ragione...

«Ci sono stati incidenti, signore? Ha bisogno di qualcosa? Deve scendere alla prossima fermata?»
«No. Non devo scendere. Sono venuto a reclamare. Lei si comporta davvero come se fosse nel suo salotto. E lei...» ora si rivolge alla sidekick, «... dovrebbe subito togliersi da lì.»

In effetti... se le circostanze e i modi non fossero così allucinanti...

«Io resto dove mi pare! Chiaro?»

Minchia! I palermitani sono palermitani. Uomini o donne... il marchio di fabbrica si vede.

«Lei lavora veramente male! E poi ha insultato quel signore extracomunitario... che la criticava GIUSTAMENTE!»
«Guardi, la bussola davanti è guasta. Lei ha sentito solo una parte del discorso.»
«Ho sentito quanto bastava. E lei... lei... che si è permessa di urlargli quella parolaccia... una cosa inascoltabile... IN BOCCA A UNA DONNA!»

Forse soddisfatto della chiusa teatrale, il signore anziano torna a sedersi. La sidekick, per evitare altri commenti, decide di alzarsi ed esce dal recinto. Dalle mie spalle sento arrivare un'altra voce, maschile. Non capisco tutta la frase, solo la parola “fimmini”. L'autista è esasperata. La sento mormorare all'amica che una volta giunta al capolinea, chiederà di terminare il turno in quanto la vettura è guasta (sempre la bussola).

Ormai siamo quasi al capolinea quando si verifica un altro classico della linea 103.
La voce, stavolta è femminile.
«Autista! La fermata! L'ho richiesta! Non fa la fermata?!»

Ecco... La sindrome della 103. Alla fine la signora si è omologata. Se tutti i colleghi maschi, conversando di calcio, di immigrazione, di quando c'era lui e di femmine che oggi pretendono di comandare, saltano le fermate prenotate... perché dovremmo aspettarci che una donna sia più attenta mentre conversa con un'amica? Forse perché è solo una, mentre di solito gli uomini si portano dietro un intera osteria schiamazzante? Perché lo hai fatto? Perché hai dovuto scivolare proprio adesso su una buccia di banana che potevi così facilmente aggirare? Perché dargli RAGIONE, CAZZO?!

Scendo dal bus con una sensazione di smarrimento e pieno di domande. Mai avevo visto tanto sdegno, tanto accanimento contro un autista uomo e la sua personale corte di compari. Raramente vedo palermitani ed extracomunitari solidarizzare in modo così passionale. Quale magia è scaturita stavolta dalla meravigliosa linea 103? Quale elemento chimico (di norma assente) ha fatto sì che si manifestasse tanto rispetto per le regole, tanto sdegno perché venivano infrante, e un'inedita solidarietà tra un anziano cittadino e uno straniero, categoria spesso ignorata se non disprezzata?

Il sessimo?
Una generica solidarietà tra maschi?

Già, al volante oggi c'era una donna. E certe parole... “in bocca a una donna” non suonano bene, soprattutto se ti ci manda quando le dici che il suo posto è ai fornelli.

Doveva fare i piatti. E doveva tacere.
Magari stava... stavano... sbagliando.
Ma anche la chimica sbaglia.

E il degrado tracima.


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venerdì 18 settembre 2015

A Palermo c'è una fiera che... (non incoraggia la partenza di Palermo Comic Convention)



Diario del capitano. Data bestiale 18 Settembre 2015. Palermo, Fiera del Mediterraneo...

Palermo.
Perché?

Perché, citta mia, ti ostini a distinguerti per la disorganizzazione, la velleità, il caos... e un generale senso di irredimibilità. Anche nelle cose più piccole, le più ludiche. Vuoi portare a Palermo una fiera del fumetto sul modello di quelle di Catania, di Lucca, di Roma e Milano? Ottima idea. Nonostante i timori, i tanti dubbi, il Pride LGBT ha spaccato quando, nel 2010, abbiamo contribuito a farlo esordire in questa città così resistente al cambiamento. E' stato faticoso, certo. Ha richiesto lavoro, sicuro.
Ma perché essere così goffi con una fiera del fumetto? Perché?

C'è poco da fare. Non ho fortuna con le fiere. Ma pensandoci bene, chi ha fortuna qui a Palermo?
Il programma del Palermo Comic Convention è abbastanza chiaro. 8 euro il biglietto giornaliero che sarà valido dalle ore 10 alle 22. Per i tre giorni, un abbonamento di 20 euro. Ore 9,45 apertura delle casse. Ore 10 ingresso e inizio dei lavori.

Sulla carta. Ricordiamo. Siamo a Palermo.

Naturalmente, c'è sempre un tontolone puntuale. Il sottoscritto. Mi trovo allo spazio Fiera del Mediterraneo già alle 9,30. Acquisterò un biglietto giornaliero, giusto per incontrare qualche amico, e se possibile scambiare due parole con altri youtuber. E' l'unico giorno possibile per me. L'unica cifra che in questo momento posso permettermi di spendere per un evento ricreativo. Non c'è neppure tanta folla. Mi aspettavo di molto peggio. Il disservizio inizia immediatamente. Siamo palleggiati da un ingresso all'altro, il personale fa una gran confusione tra pass, accrediti, e biglietti ordinari. Alla fine sembrano decidersi che tutto sarà svolto presso le casse principali. Forse. Tutto sta ad attendere, e a resistere nel caldo torrido.

Le ore passano. La folla non aumenta in modo consistente, ma si ostina ad addensarsi in prossimità delle casse, sperando che questo comunichi un senso di urgenza a qualcuno, o illudendosi di guadagnare tempo. Ovviamente non c'è fila. O meglio, la fila palermitana: quel blob informe che non disdegna scambiare fluidi corporei anche quando sarebbe facilmente evitabile. Alle 10,30 le casse sono ancora chiuse. Una voce esasperata (qualcuno dello staff) grida una domanda dal senso discutibile.

«Ci sono ospiti qua in mezzo? CI SONO OSPITI?»

Ok, ciccio. Ti sei fatto capire molto bene. Non avete idea di dove siano gli ospiti, o almeno parte di questi. Così mi lasci intendere che all'interno del complesso (dove non state lasciando entrare nessuno) c'è ancora tanto da allestire a quell'ora ormai inoltrata della mattina. La gente mugugna. Qualcuno inzia a rinunciare. Immancabili i commenti: «A Catania non è così! A Lucca, nonostante il casino, eravamo già dentro da ore.»

Palermo mia, perché?


Sono le 10,45, ma la piccola (sì, tutto sommato piccola) folla della quale mi ostino a fare parte continua a restare attaccata alle casse chiuse con un atto di fede degno sicuramente di una causa migliore. Il caldo e l'idiozia iniziano a produrre la loro chimica nefasta. Un giovane imbecille si volta e mi dice che dovrei stare in fila. Lo invito a ripassare la geometria, dal momento che non esiste una fila. Lui per primo è una scheggia impazzita in un frullato senza forma. Se vuole, passi avanti. Ma io mi trovo accanto a lui come decine di altri malcapitati. Insiste, dice che vengono prima lui e i suoi amici e che bisogna mettersi in fila anche se non esiste, indica persino una direzione vaga, il caos, il vuoto pneumatico. Non capisco dove abbia tirato fuori questa scemenza né perché abbia scelto me per dimostrarsi un coglione. Ma non importa, tanto si gira subito e inizia a strofinare i suoi incisivi contro quelli della sua ragazza emettendo un rumore fastidiosissimo. Nel frattempo arriva un'altra comunicazione urlata.
«Manca la connessione! Stiamo aspettando! Chi ha l'accredito, chi ha il biglietto acquistato online deve attendere!»
Risuona subito l'ovvia domanda. In coro.
«E tutti gli altri?!»
Suppongo abbiano difficoltà a vidimare qualunque tagliando d'ingresso. Quale che sia l'impedimento non guarda in faccia nessuno. Nessun primogenito d'Israele con un segno sulla porta di casa sarà risparmiato in questo caso. Perché allora questa distinzione inutile? A meno che qualche genio non abbia scelto di puntare principalmente sulla prevendita, e a culo tutto il resto. La gente sembra iniziare a essere discretamente incazzata. Poi prende a girare la voce che si attende anche una commissione che verifichi l'agibilità della struttura, per stabilire se adeguata ad accogliere una massa di gente.
Cosa? Prego? La mattina dell'inaugurazione?

Oh, già è Palermo.

Alle 11 mi decido a uscire dalla folla, sempre contenuta, ma ormai sotto il sole che picchia, alla ricerca di ossigeno. Scambio qualche parola con dei conoscenti. Regalo qualche copia del Cassonetto di Altroquando. Noto che i sorveglianti all'ingresso rispondono alla consueta fisiognomica. Sembrano tutti reclutati su set di film porno gay bear. Sicuramente guadagnerebbero di più. Ma perché tirano fuori le transenne solo a metà mattinata se le casse avrebbero dovuto essere già aperte alle 9,45? Quando cazzo hanno cominciato a montare il tutto? E poi: perché non transennare le fottute casse?

Ah, sì. Siamo a Palermo.

Verso mezzogiorno qualcosa inzia a muoversi. Gli abbonati, forse. Ma tutto con molta lentezza. Scuoto la testa. Troppo stanco. Otto euro per me, attualmente, rappresentano il sostentamento. Acquistare un biglietto giornaliero a metà giornata, per poter restare solo un'ora o due, probabilmente per passeggiare in uno spazio ancora semivuoto mi sembra una vera assurdità. E' già abbastanza indecente un biglietto che non sarà scontato nonostante non possa più coprire l'arco di tempo che pretende di vendere.

No, proprio non va. Di norma non mi arrendo facilmente. E infatti non lo faccio neanche stavolta. C'è poco da insistere, io e le fiere non siamo amici. Non avrà la metà del contenuto del mio povero portafogli, litri del mio sudore e le mie energie, per non offrirmi sostanzialmente nulla in cambio. Nulla che non sia delusione, fatica, maleducazione. All'autore che avrei dovuto incontrare manderò un messaggio per altra via.


Benvenuta, Comic Convention Palermo. Complimenti per la brillante apertura dei lavori.

sabato 29 agosto 2015

Lungo le arterie del mondo - Venerdì 11 Settembre al Giardino di Handala


Venerdì 11 Settembre alle ore 19,30.
"Lungo Le Arterie del Mondo" di e con Sandro Dieli
Al Giardino di Handala, via Barbieri (traversa Via Porta di Castro, Ballarò), Palermo.
Aperitivo alle 19,30 e a seguire spettacolo. Parte degli incassi saranno destinati alla costruzione, all'interno del giardino, di un FORNO SOCIALE a disposizione degli abitanti del quartiere. Costo 10 Euro, per prenotazioni inviare un sms al 3294405345 specificando il nome e il numero dei posti.


venerdì 10 luglio 2015

CITTACOTTE - Estate 2015: PIETAS


«Hanno ammazzato Santa Rosalia! Santa Rosalia è viva!»

Altro che «Viva Palermo e...»

C'è l'imbarazzo della scelta. La frase a effetto per aprire questo ennesimo commento alla vetrina inaugurata ieri da Vincenzo Vizzari, mastro terracottaio della bottega Cittacotte in via Vittorio Emanuele, come ogni anno alla vigilia del Festino, potrebbe essere anche «Santa Rosalia è morta! Viva Santa Rosalia!»


Eppure, citare la popolare canzone di Francesco De Gregori (Pablo) ci sembra più pertinente. Dopo tre anni di letture artistiche sempre più iconoclaste e dense di significati metaforici, mastro Vizzari ha chiuso un cerchio. La sua Santuzza era sempre stata un'icona da rivisitare, non per gratuita irriverenza, ma per contrasto critico a un'iconografia solitamente piatta, avvezza alla più stucchevole agiografia. Nell'ultimo periodo, l'arte di Vincenzo Vizzari, o meglio il suo rapporto con la figura della Santuzza, si è fatto sempre più problematico. Sofferto, addirittura. E proprio per questo prodigo di bellezza e spirito creativo. Non si può dimenticare, dagli anni trascorsi, la vetrina intitolata La caduta degli dei, con Rosalia agonizzante in un cassonetto, soffocata dai rifiuti, di qualche tempo fa (uno dei picchi più alti della collezione di vetrine di Cittacotte dedicate alla santa patrona di Palermo). Seguì la versione chiamata Interiors, dove vedevamo una Rosalia squarciata nel corpo e nella mente, simbolo ella stessa di una città contradditoria e autolesionista. Poi venne Mission, la lettura che trasfigurava Rosalia in una versione disperata del mito di Cola Pesce, piccola titana chiamata a reggere come Atlante una Palermo fatta di caos e dubbio progresso, da cui mille mani imploranti si sporgevano in cerca di salvezza... e il grido muto sul volto della Santuzza non lasciava dormire tranquilli.


Era quindi un appuntamento inevitabile. Ispirandosi all'Isola dei Morti, dipinto del pittore simbolista Arnold Bocklin, mastro Vizzari porta in scena una città tetra, grigia, fuligginosa, dove i profili delle antiche architetture arabe della Palermo storica sono controfigure inquietanti dei pini che troneggiano nel quadro originale. Tutto è gotico in questo Pietas, titolo di questa vetrina dell'estate 2015. Ma a dispetto del titolo, con la versione della “Pietà” classica non ha nulla a che vedere. Più che pietà dimostrata, formula una richiesta di compassione... se non altro un moto di commozione davanti all'irreparabile, e un attento esame di coscienza alla ricerca delle proprie omissioni. Nessuno solleva pietosamente la Santuzza, ormai defunta, marmorea e avvolta nel suo sudario (stavolta non vediamo neppure il suo volto). Resta solo il suo corpo inerte, bianco e giacente sulla lastra di porfido, santa patrona ormai caduta sotto il peso del suo fallimento. Protettrice che niente ha potuto contro le tenebre che hanno avvolto la sua città. Stavolta non scorgiamo alcuna presenza umana. La città sulfurea sullo sfondo sembra disabitata, neppure ci trovassimo di fronte a uno scenario post apocalittico. Una visione pessimista che sembra annunciare che Dio è morto, e anche noi faremmo meglio a non sentirci tanto bene. Il fondale, anch'esso cupo ma illuminato da un plenilunio bluastro contribuisce al quadro dark, ma con una strizzata d'occhio a una percezione tutto sommato più autoironica del primo livello di lettura dell'opera. Ricorda un fondale classico degli horror inglesi della Hammer, quelli in cui eravamo abituati a vedere stagliarsi la figura dell'attore Christopher Lee, da poco scomparso, nel ruolo della sua vita, il vampiro più classico di tutti. Quindi Pietas ci comunica la disfatta, la morte, anzi l'assassinio della santa patrona della città... da parte della città stessa, divenuta a sua volta una città fantasma, e insinua che tra quelle ombre, in mezzo a quella fuliggine, si stiano annidando creature invisibili che poco hanno a che fare con l'umanità che vorremmo conservare. E che ci prenderanno, nel sonno, se non vigiliamo. Perché Santa Rosalia è stata ormai colpita al cuore, e dobbiamo difenderci da soli.


Grottesco. Gotico. Metaforico come sempre. Con una spruzzata di humor nerissimo a speziare un quadro plastico che illustra una visione palermitana di certo non idilliaca, ma che contribuisce a denunciare le contraddizioni, la retorica e l'ormai frusta, insopportabile demagogia che ogni anno permea sempre più la nostra partecipatissima festa patronale.




domenica 28 giugno 2015

Pride LGBT 2015 (e ricordiamo che...)


Ricordo che anni fa, una delle persone più intelligenti che abbia avuto l'onore di conoscere, parlando del Pride e delle implicazioni "carnevalesche", spesso usate dai detrattori (etero e omo) per sminuirne il significato e le funzioni, mi disse: «Quel che viene dimenticato facilmente dai benpensanti, è la connotazione festiva della manifestazione. Una sfilata per esigere diritti negati che sostituisce agli aspetti spesso seriosi e tristi di altri cortei politici, una componente colorata, in maschera, se vogliamo. E propone una richiesta di eguaglianza e di libertà con il sorriso sulle labbra e la voglia di giocare... di mettersi in gioco.»
Non fa una grinza. Ma anche quest'anno non mancheranno gli atteggiamenti bacchettoni (trasversali, ricordiamolo). Ricordiamo l'odiosa frase di circostanza che sentiamo ripetere tanto, troppo spesso "Ho tanti amici gay che mi danno ragione." Ricordiamo la sintesi (mutatis mutandis) che ne ha fatto Zerocalcare nel suo "La città del decoro": "Io ho tanti amici *** che per primi schifano quelli così. Che sono bravi! Se ne stanno nascosti nelle fogne, come le Tartarughe Ninja. Non si fanno vedere come questi". Ricordiamo la risposta canonizzata da dare a questo tipo di persone (quelli che hanno tanti amici gay): "Io invece non ho molti amici. Ma sono tutti persone intelligenti." Ricordiamo anche (se ce ne fosse bisogno) che il Pride celebra anche la ricorrenza dei moti di Stonewall, quando nel 1969 un gruppo di Drag Queen affrontò la polizia che era solita vessarle, dando inizio a quello che sarebbe diventato il movimento per i diritti LGBT internazionale. Rammentate questo quando avete la tentazione di dire che travestiti, drag e transessuali danneggiano la causa omosessuale con i loro eccessi. Sono soltanto quello che sono. E sono quelli e quelle come loro che hanno fatto in modo che la resistenza avesse inizio. Pertanto rispetto. E sia festa, sia carnevale, sia gioia, e sia Pride... per tutti.