Diario del Capitano, data bestiale 09.05.2016
Altroquando. Una parola nata (almeno in
Italia, che i precedenti anglofoni allungherebbero troppo la storia)
sulle pagine di Dylan Dog. Una parola, un nome, legato a un fumetto
molto popolare, dunque. Parola che in tutta la penisola ha battezzato
realtà diverse tra loro per intenti e strumenti, ma che a Palermo è
stata usata soprattutto come nome della sua prima, storica
fumetteria, fondata nel 1991 dal mai dimenticato Salvatore Rizzuto Adelfio. Questo, per cominciare, ci fa accostare la parola fumetto
alla parola Altroquando.
Tenete a mente questa parola. Ora
guardate bene l'immagine che precede il testo. Poi tornate a leggere.
Siete di nuovo qui? O magari
conoscevate già l'immagine. Bene. Quella (datata 1999) fu una delle
iniziative promosse e suscitate da Altroquando Palermo, nella persona
di Salvatore: la Festa Antiproibizionista (a favore, cioè, della
legalizzazione delle droghe leggere). La cartolina (stampata a
profusione) presentava dei fustelli che una volta staccati
diventavano pratici cartoncini rettangolari buoni per arrotolare
filtrini adatti alle canne. Un oggetto pubblicitario di un evento,
simbolico e di uso pratico, insomma.
Altroquando Palermo +
antiproibizionismo. Tenetelo a mente. Potete non condividerlo. Può
non piacervi. Ma è storia. Storia della controcultura nella nostra
Palermo. E questo nasceva anche da una... fumetteria. Ma è così che
dobbiamo chiamarla?
Ora osservate quest'altra immagine.
E' una delle tante cartoline che
facevano da richiamo per le mostre allestite presso Altroquando
Palermo, volte a regalare (letteralmente, regalare) visibilità ad
artisti emergenti che non potevano ancora disporre di Internet per la
promozione delle loro opere. Le mostre, fortemente volute e
organizzate da Salvatore, furono davvero tante. Tante e diverse. Lo
spirito dell'iniziativa era quello di realizzare cose di valore con
mezzi poveri, senza lasciarsi intimidire, ma affidandosi
all'entusiasmo e al piacere di condividere momenti di pura cretività.
Adesso osservate questa foto.
Ci siete ancora? Ok. E' una foto del
fotografo LGBT di tematica Bear GianOrso, esemplificativa di una
delle tante iniziative volte a divulgare l'arte omosessuale, le
mostre a tema LGBT, appunto. Attività parallela alla vendita di
narrativa e saggistica a tema gay, e all'autoproduzione di materiale
cartaceo come la rivista WOOF mirata alla diffusione dell'estetica
degli orsi. Una realtà sommersa, a quel tempo, anche nello stesso mondo gay palermitano. Potremmo dire, a sua volta una realtà underground.
A proposito... purtroppo, pochissimo
tempo fa, ci ha lasciato prematuramente il cantautore Gianmaria
Testa. Immenso artista italiano, popolare in Francia, ma di nicchia
nel suo paese di origine. Perché ne sto parlando? Perché
Altroquando, a Palermo, vendeva anche cd musicali. Non di qualunque
genere, ma ristretti alla musica d'autore e alle curiosità
indipendenti. Gianmaria Testa fu tra i nostri fiori all'occhiello,
così come tanti artisti particolari, Lalli, le Cozze, Avitabile,
Sepe, e tanta, tanta musica alternativa.
Vedete questo?
E' un esempio dell'autoproduzione di
Altroquando Palermo. Salvatore Rizzuto Adelfio era infaticabile, un
vulcano creativo che resisteva a un quotidiano pronto a evolversi
tecnologicamente a un ritmo sostenutissimo quanto lento e anchilosato
per migliorarsi sul piano culturale.
C'erano inoltre le partecipazioni
politiche, l'appoggio ai centri sociali, le collaborazioni. I lavori
fotografici dello stesso Salvatore Rizzuto Adelfio.
E poi?
Ah, sì, certo.
Altroquando a Palermo era anche una
fumetteria.
Salvatore aveva aperto un'edicola per
vivere, ma nel giro di poco tempo aveva fatto crescere un paio d'ali
al suo sogno, e aveva messo insieme un mostro alla Frankenstein,
composto da più parti. Una gestalt fatta di fumetti, diritti LGBT,
impegno civile, controcultura, e resistenza creativa al piattume
generale della città.
Questo era Altroquando a Palermo.
Questo si propone di continuare a essere l'associazione culturale
nata dalle sue ceneri e che porta sia il nome di Altroquando sia
quello del suo fondatore. Sì, perché la scomparsa prematura di
Salvatore ha contribuito al collasso economico che già stava
soffocando la parte commerciale dell'attività. La storia poi ha
fatto il suo corso. Con la licenza di libreria estinta (mai venduta)
dagli eredi per ragioni pratiche e l'affitto dei locali da parte di
un'azienda che non ha nessun legame di continuità con chi ha vissuto
tra quelle mura e quanto ci si sforza di continuare a tenere in vita
in questa città così distratta.
Un momento, questa storia l'ho già
raccontata. Eh sì. Non importa, ne vale sempre la pena.
Poi arrivano i commenti simpatici.
«Non gliene frega un cazzo a nessuno
del vostro voler portare avanti l'idea culturale dell'Altroquando di
Salvatore.»
Qualcuno mi spieghi perché a me
dovrebbe fregare qualcosa di cosa frega ad altri. O perché questo
dovrebbe influire sulle mie scelte future. Ho il sospetto che la
frase significhi solo «A ME non frega un cazzo...».
«C'è chi dice che sfrutti la memoria
di Salvatore per scopi tuoi.»
E c'è chi dice che tagliare spesso
barba e capelli li faccia rinforzare, specie se sei adolescente (cosa
biologicamente inattendibile). C'è chi ha battuto le mani pieno di
patologica gioia sovversiva quando ha visto crollare le torri gemelle
(esiste anche chi confonde l'anarchia con l'essere ferocemente
idioti). C'è chi è convinto che l'unica famiglia possibile sia
costituita da un uomo e una donna. C'è chi pensa che quando c'era
Lui... E i marò?
Là fuori c'è chi pensa e dice di
tutto. Perché dovrebbe essere rilevante quello che qualcuno può
dire o pensare di me, di noi, di Altroquando, dell'eredità
intellettuale di Salvatore Rizzuto Adelfio?
Non m'importa se un gruppo di ex
ragazzi che sono stati nostri clienti amano continuare a frequentare
il luogo fisico dove hanno sempre acquistato i fumetti. E' la loro
vita. Anch'io ogni tanto passo davanti alla mia vecchia scuola
elementare (che oggi ha cambiato nome) e cerco di annusare nell'aria
gli anni che ho perduto e non ritorneranno. Lottare contro l'imprinting
è una battaglia persa. E non stiamo neppure parlando di questo. Se
ne giova solo chi ha (tecnicamente) ereditato una clientela cui
interessa esclusivamente acquistare fumetti. Buon per lui e amen.
Il problema qui è un altro. Un altro
quando. Altroquando non era SOLO una fumetteria. I fumetti li
vendevamo, e ci serviva per vivere. Ma l'anima del luogo era molto
più variegata, e con la scomparsa di Salvatore, sulle gambe di chi è
convinto che i suoi insegnamenti, il suo approccio alla vita e alle
arti, meritassero di sopravvivere, è trasmigrata altrove. Fumetti
sempre, sì. Ma non più come merce, bensì come strumento di
riflessione, humus con cui alimentare una resistenza creativa
all'apatia di questa città.
Mi rattrista constatare che, nonostante
il cambiamento, nonostante la decantata potenza dei social (che
generano forse più caos che reale comunicazione) Altroquando a
Palermo sia ricordato semplicisticamente come una bottega che vendeva
fumetti.
Per questo oggi vi dico... guardate al
passato e ricordate (o scoprite) cosa faceva Altroquando. Credeteci.
C'erano persone che evitavano di acquistare da noi per non essere
mischiati con i “froci”. Sicuramente, Altroquando a Palermo non
mancava di elementi fortemente caratterizzanti. E se trasformandoci
dall'ibrido che eravamo in associazione culturale abbiamo ricevuto
l'appoggio e la partecipazione quasi esclusiva di realtà politiche e
collettivi sociali, una ragione ci sarà. Altroquando era nato con i
fumetti, ma era cresciuto. Era diventato una creatura composita, e
ridurla solo al suo mero aspetto di punto vendita è riduttivo nei
confronti della memoria di chi si è speso tanto per quasi vent'anni,
il cui nome presto sarà dato a una biblioteca di quartiere (che
comprenderà sia libri che fumetti) presso un centro sociale della
città. Se volete cercare un pezzo di Altroquando, magari potreste
partire da lì, da quella biblioteca di prossima apertura cui sarà
apposta una targa realizzata da un popolare fumettista. Se vi
interessano esclusivamente i fumetti e le vostre serie preferite, va
bene qualunque libreria specializzata. Se volete parlarne
diffusamente e ricevere informazioni e consigli di lettura,
Altroquando può fare ancora al caso vostro. Dovete solo imparare a
contattarlo dove risiede attualmente, e non dare (sbagliando) il suo
nome (tra l'altro marchio registrato) a quattro mura che oggi
ospitano una realtà con una storia a sé stante.
Lo sappiamo, è scontato. Quella
vecchia, sbiadita e scrostata insegna con su scritto “Altroquando”
in tanti non la guardavano nemmeno più. L'abbiamo recuperata,
restaurata, fatta rivivere, e oggi è appesa nella nostra nuova sede,
da cui scriviamo queste righe. Scriviamo mentre ancora ci occupiamo
di divulgazione della nona arte, del mondo LGBT, del sostegno ai
progetti creativi indipendenti, e pianifichiamo altre iniziative. Non
è un peccato, non è una colpa. Ma la distrazione è una ferita
nell'anima della storia della città. Ricevere ancora oggi, sui
social, messaggi che danno per scontato che tutto il nostro lavoro
(passato e presente) sia stato spazzato via, sentirci chiamare con
nomi che non sono i nostri, e attribuire la nostra bandiera a
qualcosa con cui non abbiamo niente a che vedere... be', non rende
allegri.
Palermo ha bisogno di una cura al
fosforo, ma ha bisogno soprattutto di aprire gli occhi e di alzarli
dallo smartphone. Altroquando di Salvatore Rizzuto Adelfio (che è
stato un uomo complesso e dallo spirito irriducibile) si rifiuta di
sparire. Il concetto è sempre lo stesso. L'amore per le cose belle,
l'amore per le arti che accomunano, la volontà di sostenere le cose
in cui crediamo, che pensiamo possano, nel loro piccolo, contribuire
a rendere il mondo un posto migliore.
Ditelo a Sparta, o nel vostro giro di
amici, a Palermo e dintorni. Altroquando non è più una libreria.
Non vende fumetti. Ne parla, li usa, inventa iniziative culturali, e
non gliene frega una beata minchia di fare il maggiordomo di lusso ai
vip del settore. Se proprio non riuscite a vedere la differenza...
be', allora fate un esperimento. Andate nella vostra fumetteria di
fiducia e cominciate a chiedere informazioni sulla Joint Parade
(cos'era?), sulle iniziative legate alle mostre e alle
autoproduzioni, all'ascolto per le persone LGBT, chiedete loro
indicazioni sulla saggistica omosessuale, e chiedete loro di
illustrarvi il cammino dei centri antagonisti nella città di
Palermo. E' pure possibile che troviate qualcuno che sappia
rispondere a tono a tutte queste domande, ma è molto più probabile
il contrario. Perché? Perché Altroquando, a Palermo non è lì (se
mai c'è stato). Altroquando erano delle persone, delle idee e un
modo di intendere le cose. Alcuni non ci sono più, altri hanno preso
strade diverse, qualcuno non si arrende e vuole continuare un
discorso aperto.
Di questo dovete farvi una ragione.
Usate i social con un minimo di
attenzione. Non dobbiamo piacervi per forza, o intrigarvi.
Ma la prossima volta, per favore,
cercate di suonare il campanello giusto. A nessuno, neppure a voi,
farebbe piacere uscire dalla doccia per aprire a uno sconosciuto che distrattamente gli
chiede di parlare con qualcuno che con voi non ha niente a che fare.
È davvero una bellissima storia, anche se il suo finale è un po' triste... in parte la conoscevo già perché seguo il canale youtube, mi aveva particolarmente colpita il video del trasloco... Servirebbero tante altre associazioni come la vostra, soprattutto di questi tempi, in cui a tanta gente piace pensarsi moderna ed acculturata ed in realtà non sono altro che dei barbari. In bocca al lupo per tutti i progetti futuri, fisici o virtuali che siano!
RispondiEliminaGrazie, Sara. E... sì, è stato triste che finisse in modo così brusco la vita della persona che ha dato vita a tutto. C'è però da dire che (secondo me... ma anche secondo lui) l'esperienza della fumetteria era consumata. Oggi le librerie specializzate in fumetti o sono i punti vendita di catene di distribuzione (che hanno molte agevolazioni rispetto ai privati) o svolgono più servizi in uno, come spazio giochi da tavolo e altri. Quello che facevamo come libreria, nell'era del web 2.0, era ormai superato come applicazione pratica. Ci saremmo dovuti comunque evolvere, e stiamo cercando di farlo (per cultura e non per sostentamento). Attraverso il tubo (per cominciare) ma anche tramite iniziative ed eventi di vario genere. La cosa triste (ma anche scontata) è che da quando la realtà Altroquando si è lasciata alle spalle la libreria per diventare altro, è più visibile e apprezzato fuori che nella sua città di origine. Ed è consueto, se si considera che nessuno è profeta in patria. Altrettanto amaro è ricevere messaggi da gente che continua a confondermi con l'azienda che ha preso fisicamente il nostro posto tra quelle quattro mura. Questa è tipica distrazione palermitana. Affronteremo pure quella. Grazie per il seguito e per il sostegno.
Elimina