giovedì 17 dicembre 2015

Linea 103: Per signore...


Palermo. Fermata bus via Roma, altezza Vucciria. Ecco arrivare la linea 103.

E' una storia vecchia. Quella delle vetture che arrivano alla fermata a pochi secondi l'una dall'altra. Questo fa scattare il dilemma del prigioniero... pardon, del passeggero. La domanda è: l'autista del secondo bus è osservante, sciatto o semplicemente stronzo?

Mi spiego. Le moderne vetture sono spesso discretamente lunghe. Se due di queste si mettono in fila, le porte della seconda resteranno abbastanza fuori dall'area della fermata, e quindi distanti per il viaggiatore in attesa. I casi possibili sono due.

Caso 1: l'autista aspetta che la vettura precedente riprenda la sua corsa, fa qualche metro allineandosi con la fermata. Infine, apre le bussole.

Caso 2: apre le bussole là dove si trova. Quindi a parecchi metri dai poveri coglioni che attendevano il bus regolarmente ad altezza fermata. Soluzione: devi fendere una folla di gente (ma solo a me dà fastidio sbattere addosso a degli estranei? I palermitani sono tutti così estroversi?), se hai un acciacco o sei anziano farti venire il fiatone e raggiungere la vettura prima che richiuda le porte e riparta lasciandoti con un palmo di naso e una bestemmia che frigge in gola.

Da manuale, senza distinzione di linea. Ma qui parliamo della 103 e c'è sempre la sorpresa.

Tagliando corto... il bus avanza un po', ma la bussola di davanti (per capirci, quella in teoria destinata agli abbonati) resta chiusa. La cosa mi scoccia un po'... ma non è niente di terribile. Non c'è folla. La vettura è come sempre semivuota, salgo dalla prima bussola che trovo aperta (anche i più ligi, se stanchi, a un certo punto cedono al lato oscuro e salgono o scendono da dove capita) e mi seggo proprio nei pressi della porta rimasta chiusa, alle spalle dell'autista, mentre rifletto che forse la bussola è semplicemente guasta. Non sarebbe neppure la prima volta che succede.

Vedo, nel frattempo, la donna alla guida della vettura. Un'autista che ho già visto nei giorni passati. A Palermo non ci sono ancora moltissime donne a condurre i mezzi pubblici, e la cosa si fa notare. Quello che noto di più, però, è la presenza del sidekick. Ma sì, della spalla. Insomma... ne ha una pure la signora. I colleghi maschi (gli auriga della 103) hanno sempre una piccola folla di amici che chiacchiera senza sosta né ritegno, neppure l'abitacolo dell'autista fosse una ricevitoria di scommesse. Ho perso il conto di quante volte li ho menzionati in questo diario di un viaggiatore urbano per caso... Beh, la signora alla guida detiene un corrispettivo femminile dell'articolo in esame, un'amica. Una donna tra i trenta e i quaranta, seduta di lato al cruscotto, proprio dentro l'abitacolo dove di norma si chiude il conducente. Questo, in effetti, è una cosa che vedo per la prima volta... ma tant'è. Sono così abituato a sentire sproloqui da stadio, tempeste di razzismo e urla da trogloditi che una signora comodamente seduta di fianco all'autista mi lascia del tutto indifferente.

Non ci sto a pensare più di tanto e cerco di “godermi il viaggio”.

Passano pochi minuti. Giusto un paio di fermate (durante le quali la bussola davanti non si apre neppure una volta). Poi... inizia la festa.

«Tu non apri porta davanti! Tu così lavori? Tu dove credi essere? Tuo salotto? Perché non apri porta davanti?»

La voce, con pesante accento straniero arriva dal fondo della vettura (che cavolo gli frega della bussola davanti, quindi?). Scelgo di non voltarmi, ma ho già capito che il teatrino ha appena alzato il sipario. Dovrei organizzarmi meglio e portare del popcorn.


«La bussola è guasta,» risponde la signora alla guida del bus. «Non è colpa mia. Non si apre.»
La voce alle mie spalle continua a sbraitare, ignorando quanto gli è stato appena detto.
«Tu credi essere in tuo salotto?! Tu lavora male! Tu NON APRI PORTA!»
«Le ho detto che la bussola è guasta. Vede?»
Fa l'atto di spingere il pulsante che dovrebbe aprire le porte davanti.
«E'... GUASTA. Non dipende da me.»
Niente da fare. L'invettiva non si ferma.
E il bus non riparte.
«Tu lavora male... tu non sai guidare... tu non apri porta!»
«Deve scendere o no? Io devo ripartire. Siamo fermi già da un minuto.»
L'autista comincia a perdere la pazienza mentre la nenia «Tu non lavori bene... tu non apri...» continua in loop. Io resisto e non mi volto. Ma la scena mi è descritta dalla stessa autista che a un certo punto contrattacca.
«E poi... dovrebbe scendere dal centro, non dalla bussola in fondo!»
«Tu lavora male... tu non in tuo salotto!»
«Il biglietto lo HA FATTO?»
La signora sta inziando a bollire. Nonostante tutto continua a dare educatamente del lei all'interlocutore.
«Tu parli con tua amica... tu non lavori... VA' A LAVARE PIATTI CHE E' MEGLIO!»
«Senti... VAFFANCULO!»
A rispondere in modo colorito è stata la sidekick, la passeggera... l'amica insomma. La donna seduta accanto all'autista ha perso i freni inibitori. Ha detto la sua. Nell'unico modo a quel punto possibile. Del resto, secondo l'intelocutore... era meglio se lavavano i piatti.

Il tizio comunque scende. Dal finestrino vedo un uomo di mezza età, dalla pelle chiara, con berretto di lana e sciarpa che gli seminasconde la faccia. Non riesco a capire a quale etnia appartenga. Non che abbia importanza. Anche dalla strada continua a lanciare improperi all'autista. Finalmente... dopo alcuni minuti persi inutilmente e un vaffanculo, la vettura riparte.


L'intervallo dura molto poco. Lo spettacolo riprende quasi subito.

Un signore anziano, circa ottant'anni, cappotto scuro, cappello di feltro, ombrello... anche lui un passeggero abituale della linea, si avvicina alla postazione del conducente. Apostrofa l'autista in modo grave.
«Ma lei è così che lavora? Pensa davvero di essere nel salotto di casa sua?»
«Qual è il suo problema, scusi? Ha rilevato qualche disservizio?»
«L'altra signora non dovrebbe sedere qui. Non dovrebbe neppure esserci. E' una vergogna! E' contro ogni regola.»

Ok... qui avrebbe pure ragione...

«Ci sono stati incidenti, signore? Ha bisogno di qualcosa? Deve scendere alla prossima fermata?»
«No. Non devo scendere. Sono venuto a reclamare. Lei si comporta davvero come se fosse nel suo salotto. E lei...» ora si rivolge alla sidekick, «... dovrebbe subito togliersi da lì.»

In effetti... se le circostanze e i modi non fossero così allucinanti...

«Io resto dove mi pare! Chiaro?»

Minchia! I palermitani sono palermitani. Uomini o donne... il marchio di fabbrica si vede.

«Lei lavora veramente male! E poi ha insultato quel signore extracomunitario... che la criticava GIUSTAMENTE!»
«Guardi, la bussola davanti è guasta. Lei ha sentito solo una parte del discorso.»
«Ho sentito quanto bastava. E lei... lei... che si è permessa di urlargli quella parolaccia... una cosa inascoltabile... IN BOCCA A UNA DONNA!»

Forse soddisfatto della chiusa teatrale, il signore anziano torna a sedersi. La sidekick, per evitare altri commenti, decide di alzarsi ed esce dal recinto. Dalle mie spalle sento arrivare un'altra voce, maschile. Non capisco tutta la frase, solo la parola “fimmini”. L'autista è esasperata. La sento mormorare all'amica che una volta giunta al capolinea, chiederà di terminare il turno in quanto la vettura è guasta (sempre la bussola).

Ormai siamo quasi al capolinea quando si verifica un altro classico della linea 103.
La voce, stavolta è femminile.
«Autista! La fermata! L'ho richiesta! Non fa la fermata?!»

Ecco... La sindrome della 103. Alla fine la signora si è omologata. Se tutti i colleghi maschi, conversando di calcio, di immigrazione, di quando c'era lui e di femmine che oggi pretendono di comandare, saltano le fermate prenotate... perché dovremmo aspettarci che una donna sia più attenta mentre conversa con un'amica? Forse perché è solo una, mentre di solito gli uomini si portano dietro un intera osteria schiamazzante? Perché lo hai fatto? Perché hai dovuto scivolare proprio adesso su una buccia di banana che potevi così facilmente aggirare? Perché dargli RAGIONE, CAZZO?!

Scendo dal bus con una sensazione di smarrimento e pieno di domande. Mai avevo visto tanto sdegno, tanto accanimento contro un autista uomo e la sua personale corte di compari. Raramente vedo palermitani ed extracomunitari solidarizzare in modo così passionale. Quale magia è scaturita stavolta dalla meravigliosa linea 103? Quale elemento chimico (di norma assente) ha fatto sì che si manifestasse tanto rispetto per le regole, tanto sdegno perché venivano infrante, e un'inedita solidarietà tra un anziano cittadino e uno straniero, categoria spesso ignorata se non disprezzata?

Il sessimo?
Una generica solidarietà tra maschi?

Già, al volante oggi c'era una donna. E certe parole... “in bocca a una donna” non suonano bene, soprattutto se ti ci manda quando le dici che il suo posto è ai fornelli.

Doveva fare i piatti. E doveva tacere.
Magari stava... stavano... sbagliando.
Ma anche la chimica sbaglia.

E il degrado tracima.


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