domenica 25 giugno 2017

Quando la Pantera Nera affrontò il Klan: una lotta per tutti


Nel 1973, sulla testata "Jungle Action" lo sceneggiatore Don McGregor e i disegnatori Rich Buckler e Billy Graham, realizzarono un gioiello a fumetti destinato a distinguersi nella produzione Marvel nei decenni successivi, quasi mai raggiunto per intensità ed equilibrio tra testi e illustrazioni. Un pugno allo stomaco, in cui Pantera Nera, il primo supereroe africano in assoluto, si muoveva nella cosiddetta civiltà statunitense scontradosi contro l'ottusa violenza del Ku Klux Klan. Una rappresentazione avventurosa di un conflitto politico reale, quello tra l'organizzazione razzista americana e il partito per i diritti dei neri, gemmato dal movimento di Martin Luther King, ma caratterizzato da posizioni meno concilianti, da cui l'eroe Marvel prendeva direttamente il nome. Indimenticabile la scena in cui T'Challa, in casa dei genitori di Monica, vede attraverso il vetro chiuso di una finestra la bottiglia incendiaria volare nell'aria per colpire l'abitazione. Si tuffa in avanti infrangendo il vetro prima che la bottiglia tocchi la finestra, la afferra al volo e la scaglia lontano, nella direzione da cui è venuta. Una sequenza che oggi definiremmo cinematografica, che sulla tavola a fumetti aveva una potenza visiva incredibile. Quella storia aveva una densità politica non scontata. Gli avversari dell'eroe non erano geniali, né particolarmente potenti. Ma abbastanza numerosi, abbastanza pieni di odio da poterlo mettere ugualmente in seria difficoltà. Altra famosa scena, è la fuga di T'Challa legato alla classica croce ardente del Klan. In quel ciclo di storie, assistevamo alla rappresentazione epica e fantasiosa di una reale lotta politica e culturale. 

Da cosa nasceva il Klan, i suoi fanatismi, i suoi delitti? Da dove se non dalla paura di essere soppiantati, contaminati culturalmente, dal timore di perdere privilegi, anche da poco, a favore del popolo nero? Da dove nasceva lo slogan storico «Ammazza il negro prima che sposi tua figlia!»? 
Paura. Paura intrecciata a ignoranza, annegate in un oceano di superficialità. L'essere umano vive secondo cultura e non secondo natura (altrimenti non si sposerebbe, non sarebbe tendenzialmente monogamo, non avrebbe leggi e si guadagnerebbe il cibo e lo spazio vitale a suon di mazzate... e in effetti i trogloditi non sono del tutto estinti). La cultura genera consuetudini, norme, ma anche nazionalismi e pregiudizi. Paure che nel corso della storia allargano o spostano il loro perno di attenzione, soprattutto in momenti di crisi generale. Per questo, nel mese del Pride, voglio ricordare quando la Pantera Nera affrontò non la sua nemesi Klaw, o il Dottor Destino o un altro nemico in costume. Ma un avversario storico, reale, un avversario della sua gente, che li temeva e odiava in modo del tutto insensato. A chi in questi giorni, come tutti gli anni, va cianciando di etero Pride, o sussurra sui social che verrà il giorno che a essere discriminati saranno gli eterosessuali, e che dovrebbero essere loro a manifestare e a riaffermare la loro identità "a rischio", dedico questa tavola e il ricordo di una lotta memorabile, nella storia prima che nei fumetti. La lotta per il diritto a esistere. La lotta contro una paura che non ha ragion d'essere. Contro l'affermazione ossessiva della non appartenenza a una categoria che chiede solo un riconoscimento di diritti pari a qualunque cittadino pagante le tasse. La dedico a tutti i fratelli e sorelle LGBT, immigrati, diseredati e oggetto di discriminazione. E per ricordare che il fumetto, anche quello fracassone e bambinesco di supereroi, è riuscito a volte a essere profondamente serio. Un'altra celebre scena della saga, in una doppia splash page mostrava Pantera che agguantava due fuggitivi (un bianco e un nero) sollevandoli letteralmente da terra in un chiaro riferimenti allegorico alla bilancia della giustizia. 

Bravi, McGregor, Buckler e Graham. Viva la Pantera Nera e tutti coloro che resistono.



sabato 17 giugno 2017

Amarcord: Wrightson, King e il Lupo Mannaro...


Per puro caso, oggi ho scoperto di possedere una rarità. Un libro, da tempo non ristampato, che sembra essere diventato negli anni il più introvabile dell'intera bibliografia di Stephen King, anche in lingua originale. In rete, si vedono prezzi stratosferici. Roba da non crederci. Roba da farti... ululare alla luna. Davvero.


Bernie Wrightson, scomparso quest'anno, tra tante meraviglie ci ha regalato anche le illustrazioni del "Ciclo del Lupo Mannaro" di Stephen King. Operazione bizzarra, in quanto non si tratta di un romanzo o di un racconto... ma di un calendario. Un'opera commissionata a King e a Wrightson la cui trama è scandita dal ciclo mensile del plenilunio, con le conseguenti apparizioni del licantropo. Vagamente ispirato alle atmosfere di classici come "Il buio oltre la siepe", in cui il
 mondo tragico degli adulti è visto e narrato attraverso gli occhi sognanti dei bambini, è un racconto di crescita e di suspence essenziale, al servizio del gioco di rimandi lungo tutto un anno. Bernie Wrightson fece faville. Dal calendario fu tratto il film del 1985 "Silver Bullett" (in italiano, "Unico indizio: la luna piena"). Un caso bizzarro di narrazione crossmediale, lo definiremmo oggi.








sabato 10 giugno 2017

Biblioteca: in progress


Alla fine, la mia scelta per la foto di Salvatore Rizzuto Adelfio da appendere nella biblioteca autogestita che porta il suo nome, è caduta su questa immagine. Ovviamente ne ho molte altre, forse meno buie, ma secondo me troppo personali, troppo familiari. E non volevo rischiare un effetto da "foto del caro estinto appesa sopra la cassa della bottega". Doveva essere una foto che documentava e rimandava alla memoria del lavoro svolto da Salvatore come uomo di cultura e attivo nel sociale. Così, quest'immagine che lo ritrae seduto nel suo negozio (la non più esistente libreria Altroquando) entrerà a far parte di un percorso di memoria da condividere con l'intera città di Palermo. Attualmente, libri e fumetti stanno crescendo grazie alle donazioni. Presto il lavoro di archiviazione e ristrutturazione sarà completato, e con l'autunno renderemo pubblici gli orari di apertura della biblioteca "Salvatore Rizzuto Adelfio". Sto anche pensando a un sistema di finanziamento a distanza, sempre contribuendo con libri, fumetti e piccole somme che costituiranno il fondo cassa della biblioteca, destinati alla sua manuntenzione e all'acquisto di nuovi titoli. Restate sintonizzati. Perché ci sarà sempre un Altroquando. E siete tutti invitati a tenerlo in vita. Perché Salvatore è vivo.

giovedì 8 giugno 2017

American Gods... dalle pagine allo schermo


Mi sono accostato alla versione televisiva di "American Gods" con qualche perplessità. La prima era che difficilmente vengo coinvolto da un adattamento audiovisivo basato su un romanzo che ho letto, di cui conosco personaggi, interazioni e trama. Il fatto di essere uno spettatore quasi onniscente (sapendo cosa dovrà avvenire prima dei protagonisti) di norma non mi rende lo spettatore ideale di questi adattamenti. Li guardo sempre come se per me avessero le polveri bagnate. La seconda erano i consueti cambiamenti estetici nel passaggio dalla pagina al live action. La prosa di Neil Gaiman non è visiva come quella di Stephen King. Gaiman opera molto più con le suggestioni, lavora in sottrazione, lasciando parecchi eventi dietro le quinte, suggerendo al lettore di immaginare le cose, a volte riferite in modo didascalico. Ovviamente, in una serie TV, dove la narrazione avviene soprattutto per mezzo delle immagini, questo cambia drasticamente. E certe soluzioni, che per forza di cose anticipano anche la natura (nel romanzo più sfuggente) di alcuni personaggi, non mi aveva proprio entusiasmato. Procedendo, però, la serie carbura. E paradossalmente, lo fa proprio nel momento in cui inizia a distaccarsi dalla narrazione letteraria. Anticipando eventi successivi, dando un maggiore spazio a personaggi che nel romanzo compaiono per poche pagine, e inserendo sottotrame inedite e funzionali ai ritmi di una serie televisiva. Giusta la scelta di amplificare il personaggio di Laura, che nel romanzo svolge un ruolo fondamentale, ma è narrata come una presenza fantasmatica, molto meno materiale e presente di quella che ci viene mostrata nella serie. Insomma, uno di quei casi in cui le distanze dalla fonte fanno bene all'adattamento. Bryan Fuller alla sceneggiatura sta facendo un discreto lavoro. Certo, le parti storiche, di maggior respiro nel libro, risultano un po' sacrificate, ma si compensa con una buona resa visiva e l'inserimento di variazioni interessanti. Gillian Anderson, ormai lo sappiamo, non è soltanto l'agente Skully della nostra giovinezza. E dopo "American Gods" la sua popolarità è destinata ad aumentare ancora. Nel complesso, episodio dopo episodio, la serie si sta assestando su livelli abbastanza alti. Speriamo prosegua su questa strada, continuando a trasgredire e sorprendere.
E se vi state chiedendo chi è il mio preferito... Ma è ovvio.
E' Chernobog. Lo era anche nel romanzo.



venerdì 2 giugno 2017

Wonder Woman: niente estremismi, please...


La visione di "Wonder Woman" di Patty Jenkins forse dovrebbe ricordarci che tutti i cinecomics hanno almeno un filamento di DNA in comune. Tutto sta a vedere con che cosa si intreccia. Se non sei troppo piccolo da meravigliarti davanti a tutto, se per te tutto non è nuovo e quindi sorprendente, è normale ridimensionarlo parecchio. A scanso di equivoci, il film della Jenkins risulta piacevolissimo se visto o con occhi di bambino o con occhi di maturo appassionato di miti, leggende, fiabe, fumetti, cinema. Con lo spirito di chi ama sentirsi raccontare mille volte una storia che già conosce, purché il narratore abbia una voce abbastanza musicale e un modo sufficientemente accattivante di raccontare. Senza sperticature, con qualche goffaggine (l'estetica del rallenty ha ormai stuccato gli zebedei), e cadute di ritmo di un film forse troppo lungo, "Wonder Woman" funziona quanto basta. Funziona nella sua profonda, fisiologica imperfezione. Funziona perché ti scopri in grado di anticipare persino le battute che i protagonisti pronunceranno alla fine, la sequenza finale stessa, già vista decine e decine di volte. Eppure il film ha un cuore, sebbene non diverso da molti altri. In qualche momento batte, persino.

Le origini mitologiche sono un mix dell'epoca post Crisis e del rilancio dei New 52 (con una rivelazione comunque prescindibile). Un film d'avventura fantastica a suo modo gradevole, e che può essere apprezzato da chi ha amato la principessa amazzone nella versione di George Perez. Gal Gadot, statuaria e neppure troppo inespressiva, a mio avviso, si è meritata di essere identificata con Diana. Insomma... non si danno voti a un film del genere. Probabilmente, alcuni dei bambini presenti in sala lo ricorderanno come uno dei film più intensi della loro infanzia. Gli adulti meno. Ma come scriveva Antoine de Saint-Exupery: non tutti i grandi ricordano di essere stati piccoli. Il trucco è tutto lì.

giovedì 1 giugno 2017

Sam Zabel e la Penna Magica


Dopo "Hicksville", parliamo di "Sam Zabel e la penna magica". Un altro piccolo miracolo fumettistico del grande Dylan Horrocks. Quando l'underground parla al mercato e ne svela i limiti, tra metafumetto e dilemmi etici. Un sentito ringraziamento a Lara del canale Arsnoctis - Castelli di Carta per la sua preziosa collaborazione.

sabato 27 maggio 2017

Niveo Souvenir



Un #niveosuouvenir è arrivato in un Altroquando.
Un esperimento autoprodotto da Ivan MrEkos Grasso e Massimiliano MadMax Bertolotti, che con grande umiltà realizzano un breve incubo che vive di sottrazioni e sottotesti, con illustrazioni minimali (e per questo tanto più espressive) che lasciano all'uso (quasi assente) del colore (il rosso, per ora) il compito di raccontare più che una storia, un amaro archetipo senza tempo. Un tangibile desiderio di creare e raccontare con i propri mezzi, alla faccia della patinatura e dell'ormai imborghesito panorama fumettistico. Un oggetto (fumetto) elegante nella sua semplicità. Il primo passo, auguriamoci, di un processo creativo in fase di maturazione.