mercoledì 1 gennaio 2020

Sulle tracce di... Harvey



Ho trascorso la sera di fine anno guardando "Harvey", la classica commedia fantastica del 1950 con James Stewart. E mi sono trovato a riflettere sul concetto di "arte datata", o meglio di opere "invecchiate male" come capita oggi di sentire dire spesso, anche riferito a titoli non poi tanto antichi. Ripenso a quanti oggi definiscono "invecchiata male" l'originale trilogia di Guerre Stellari (pardon, Star Wars). E mi intristisce pensare che se questo capita alla saga originale di George Lucas, lo stesso tipo di pubblico oggi troverebbe un film come "Harvey" assolutamente inguardabile. Parliamo di un prodotto dei suoi tempi, i primi anni 50, dove trovavamo un modo di recitare differente, legato a un'idea di cinema d'altri tempi, e dei dialoghi che oggi potrebbero apparire artificiosi (ma sempre deliziosi). Per non parlare di una poetica cinematografica molto distante da quella del nuovo millennio. Penso, però, che lo stesso marchio di "vecchio" e "superato" (invecchiato male, in fondo è un eufemismo) lo si potrebbe applicare anche a film come "Casablanca", come "Ninotchka", "Psycho" e persino "Roma: città aperta". Più tanti altri tesori di un cinema che fu.
Vogliamo dire la verità? E' un modo immaturo di approcciarsi al cinema e alle arti in generale. E' vero che esistono film e altri prodotti mediatici che soffrono del passare del tempo. Ma questo avviene solo quando la loro forza artistica è debole, e viene schiacciata da un cambiamento generazionale che appanna molto la loro capacità di comunicare. Capacità di comunicare emozioni, non l'inevitabile invecchiamento dei mezzi tecnici che li hanno prodotti. Ci sono opere che sono e resteranno valide per sempre, in quanto arte, in quanto lavori riusciti e in quanto pietre miliari. A pensarci bene, si potrebbe dire che sono invecchiate male anche opere come la Gioconda, o la Venere di Milo, o la Nike di Samotracia... per non parlare delle tragedie di Euripide e Sofocle, dal momento che non si dipinge, non si scolpisce e non si scrive più in quel modo. Chi avrebbe il coraggio di dire che non parliamo di arte che ha fatto la storia e in quanto tale è da ritenere immortale e resistente al passare del tempo? Temo che nel formulare certi giudizi giochi una certa superficialità. La tendenza (comune a tante persone negli anni della giovinezza) a far prevalere le estetiche a noi più vicine, i mezzi e gli stili nei quali ci riconosciamo di più, perché nostri contemporanei. Per non parlare di alcune reazioni di ottuso rifiuto del passato, trascurando che senza questo non può esserci né presente né futuro, e di sicuro non esisterebbe più il concetto di cultura. La capacità a collocare l'arte nel tempo in cui è stata forgiata e ad apprezzarla per quanto è ancora in grado di dire dovrebbe essere spontanea. Dovrebbe essere oggetto di insegnamento. Vedere, riconoscere la bellezza avulsa dal tempo, che rimane sempre bellezza e continua a far parte di noi. E' un peccato non esserne capaci. Interroghiamoci su questo, e sia chiara una cosa:
se mi chiamate boomer (lo sono, ma è diventata una moda odiosa), dovrete accollarvi che io vi definisca piscialetto. E questa è una parola piena di significato che di moda non passerà mai. ;)

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