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sabato 17 novembre 2012

Arrivano gli X (Bear) Nerd

 

Sono piccole soddisfazioni.
Soddisfazioni da nerd, ovviamente. Anzi, da X-Nerd. Meglio ancora! X- (Bear) Nerd.
Stiamo parlando ovviamente di X-Nerd, il fumetto prodotto dall'associazione culturale Annexia e firmato da Emiliano Pagani (uno dei responsabili nella creazione del sulfureo Don Zauker) e Laca, artista che in fatto di caratterizzazioni ursine non le manda a dire. E per dirla tutta, la postfazione al volume (appena presentato alla fiera di Lucca Comics and Games 2012) è del sottoscritto (Perdido per gli amici). Non è un caso. Infatti, Pagani e Laca hanno scelto deliberatamente di caratterizzare il loro fumetto (satirico, politico, e rivolto a un pubblico variegato purché abbia una mente aperta) in stile Bear Friendly. Provare per credere.
Ci piace pensare che sia stato naturale pensare a noi di AltroQuando, che da sempre  abbiamo intrecciato la vendita dei fumetti con la controcultura e la promozione dei temi LGBT, con un occhio particolarmente attento  - appunto - alla cultura ursina (il mondo gay visto attraverso gli occhi, l'estetica e i sogni di chi è grande, grosso e ama i suoi simili), per commentare un fumetto satirico che si fregia di questo elemento con una bonarietà e disinvoltura senza precedenti.

Gli orsi di Laca sono fantastici e le allusioni brillanti. Serviva un commento, e una nota esplicativa per i non addetti ai lavori. Si è pensato a me, e la cosa non può che farmi piacere.
Ordinate il volume, dunque, (oppure prenotatelo presso la nostra fumetteria) e non ve ne pentirete. Tra frecciate impietose alla nostra politica e personaggi monumentali che non disdegnano un eros alternativo, X-Nerd è un fumetto underground politicamente scorretto quanto basta per fare la gioia di chiunque ami la nona arte, l'umorismo intelligente e - in questo caso - gli orsi gay. Per la postfazione dovrete acquistare e leggere il libro (ricordiamo, edito da Annexia). Una prima recensione, quando il primo capitolo fu pubblicato dalle edizioni 001 la trovate in questo stesso blog.
Un grosso Woof! (con questo verso si salutano gli orsi) e buona lettura, in compagnia di Clifford, Shapiro, tanti simpatici orsoni, e una genia di mostri italioti che non stenterete a riconoscere, di cui non potrete fare a meno di ridere.



lunedì 29 ottobre 2012

Dove sono (e dove andranno) gli orsi...


Eccoci arrivati. La prima stagione di Where the Bears Are si è conclusa, e il successo è stato notevole. Una valanga di clic su Youtube e di visite sulla pagina Facebook e il sito ufficiale. Ma a show concluso (speriamo soltanto temporaneamente) è soprattutto possibile tirare le somme anche sulla qualità generale del prodotto, che a noi (onestamente) è sembrata molto alta per una produzione completamente autofinanziata. Where the Bears Are è in assoluto la prima webserie con contenuto ursino (o più genericamente gay) che ha saputo catturarci e fare di noi dei fedeli spettatori fino all'ultimo episodio. Ogni breve puntata, infatti, è una piccola pochade riuscita, intrisa di battute fulminanti e nuovi spunti, che riesce in linea di massima ad avere valore a sé, pur rimanendo una tessera del divertente mosaico che l'intera serie compone.


La simpatia di tutti gli interpreti, uomini e donne, protagonisti e ospiti, non è da sottovalutare. La capacità di sintetizzare i codici di una cultura gay sfaccettata come quella Bear non si può dare per scontata. Ma Where the Bears Are è riuscita a centrare tutti questi bersagli, usando come veicolo in modo intelligente la principale sottotrama mistery. Quel who did it? che ci ha tenuti col fiato sospeso per ben 25, esilaranti puntate.
Tutto il cast merita dunque una menzione d'onore. Ricordiamo che stiamo parlando di una webserie indipendente, rivolta a un pubblico particolare e che adopera un particolare tipo di linguaggio. Senza esagerare, la sfida si può dire vinta.
Complimenti sinceri ad autori e interpreti.
Appoggiamo, dunque, la produzione nel proporre a tutti coloro che hanno gradito la webserie di acquistarne il DVD (e magari regalarlo o almeno consigliarlo agli amici). Un DVD - presentato nelle ultime puntate dallo stesso, divertito, cast - che conterrà molti extra, tra i quali errori sul set, scene di nudo epurate nella versione web, la famosa cam di Wood, e un episodio natalizio in cui rivedremo Hairy Potter: personaggio che con un'unica apparizione ha già conquistato centinaia di fans.
Ciao, allora, anzi, arrivederci a Nelson, Wood e Reggie. Speriamo di rivedervi presto in azione là... Dove stanno gli Orsi. Woof!





giovedì 13 settembre 2012

(F)Orse... di Mattia Surroz


La
Ren Books, casa editrice bolognese dedicata alla promozione delle tematiche LGBT in quella provincia culturale che si chiama fumetto (ricordiamo, tra gli altri titoli Baciando il Cielo, Shirtlifter, Virtus), continua coraggiosamente a proporre, tra le altre declinazioni della cultura gay, quell'orma ursina che nel nostro paese mancava. Il fumetto Bear, dedicato all'estetica degli omoni paffuti e pelosi, finora assente nel nostro paese. Almeno per quanto riguarda l'editoria ufficiale, più incline a dare spazio a ben altre tipologie del sentire omosessuale. Tra i fumetti leggibili onlinee gratuitamente (tra i quali continuamo a segnalare il nipponico e divertente Insieme al capo di Okura e She Said di Kris Dresen) è oggi disponibile anche (Attenzione: contiene immagini di nudo maschile, quindi se vi creano problemi tenetelo presente) (F)Orse dell'emergente Mattia Surroz, che qualcuno ricorderà per avere illustrato il volume scritto da Bepi Vigna Pinelli e Calabresi - la storia sbagliata, pubblicato dalle edizioni 001.

Dopo il gusto amaro della storia italiana recente e del racconto di denuncia, Surroz presenta la propria visione dell''omosessualità ursina con una scelta minimale e accattivante, decisamente al servizio della sua arte di illustratore. Due orsi, nudi, probabilmente dopo un torrido amplesso, fumano una sigaretta discutendo tra loro dei feticci gay bear e delle loro applicazioni nel quotidiano. Un'impostazione spartana della tavola, priva di fondali e interamente basata sui corpi e le loro angolature. Un taglio da web comic che ricorda le sperimentazioni di lettura verticale tenute a battesimo da Makkox e oggi in via di espansione. Quello di Mattia Surroz è un tratto che si colloca a metà strada tra il pittorico e l'iperrealista, debitore per certi versi alla fisicità illustrativa di Riccardo Mannelli, ma curiosamente ibridata con la spigolosità cara ad Angelo Stano. Una cifra stilistica molto interessante e in evoluzione per un biglietto da visita (meglio, un antipasto) che lascia la voglia di vedere e leggere di più. Non a caso Surroz sta lavorando a una raccolta di racconti a fumetti che presto vedrà la luce proprio sotto l'etichetta Ren Books.


(F)Orse... per noi di AltroQuando che abbiamo sempre inteso il movimento bear come forma di controcultura oltre che semplice attitudine (ed è in fondo una questione di progetti e di individui)... noi che teniamo molto a una distinzione matura tra trend e linguaggio, diciamo... forse, questo primo approccio di Mattia Surroz all'argomento potrebbe trovarci leggermente polemici sul versante concettuale (come una volta abbiamo ampiamento scritto). Ma si è qui per discutere, e lo faremo volentieri quando l'artista presenterà la sua opera bear più compiuta. Cosa della quale, in verità, non vediamo l'ora.

Attenzione: il fumetto qui linkato presenta immagini di nudo maschile




venerdì 3 agosto 2012

Where the Bears Are - la Webserie


Ed ecco il primo, breve, scoppiettante, simpatico episodio di Where The Bears Are, la nuova web series ursina che aveva già suscitato parecchia attesa presso la comunità bear. La brevità dei capitoli (che saranno aggiornati con cadenza settimanale, il lunedì e il giovedì secondo il sito ufficiale http://wherethebearsare.tv) non aggiunge ancora molto a quanto suggerito dal gustoso trailer in fatto di trama, ma inizia a far conoscere i suoi protagonisti, a caratterizzarli e a rappresentarne i particolari tic. Ancora poca sostanza, ma in compenso tanto pelo e sex appeal a bizzeffe. Tutti gli interpreti bucano letteralmente il video, sia con la loro avvenenza che con la simpatia attoriale. Attendiamo con ansia i successivi episodi, e auguriamo buona fortuna a questa nuova avventura del sempre più variegato universo bear. Ricordate: si possono attivare i sottotitoli anche in ITALIANO. Woof!

giovedì 22 dicembre 2011

Beartoncity: I superorsi di Daniel Mainé


E’ da un po’ che volevamo parlare di Daniel Mainé, giovane artista emergente sulla scena della Bear Art. Talento spagnolo in fase di sviluppo, dotato di uno stile immediatamente riconoscibile, tenero e fresco, in grado di coniugare suggestioni erotiche con la spontaneità innocente del genuino appassionato di fumetti, quale Daniel evidentemente è. Ne parliamo oggi all’indomani della consacrazione di Daniel nel mondo dei disegnatori professionisti, celebrati alle fiere, corteggiati dalla stampa, subito dopo la pubblicazione della sua prima opera cartacea El Abominable Hombre del Cuarto Oscuro (ovvero L’Abominevole Uomo venuto dalla dark room) sotto l’etichetta Diabolo Ediciones. Un lavoro curato, vivace e più che mai deliziosamente Bear. La carriera sembra iniziare sotto i migliori auspici per il bel Daniel (che è anche un orsetto di grande fascino) e aprirgli le porte per un futuro artistico di tutto rispetto.


Uno dei suoi primi blog, Flashes Before your Eyes (dove ogni riferimento alla serie televisiva Lost è decisamente voluto), è stato il biglietto da visita di una mano in via di maturazione, e la vetrina intrigante di un esperto delle mitologie Marvel e DC, sensibile alla maggior parte dei fenomeni dell’immaginario popolare, attento alle trasformazioni mediatiche, e soprattutto capace di filtrare ogni contenuto attraverso un umorismo non scontato. E’ seguito presto l’esordio di Beartoncity, blog con il quale Daniel si è fatto presto conoscere in rete con la sua personale interpretazione di un classico: la rilettura in chiave Bear delle principali icone supereroistiche. Immaginario fumettistico che Daniel dimostra di conoscere benissimo, realizzando irresistibili versioni personali degli eroi di carta più noti, quali Lanterna Verde, Iron Man, Thor e molti altri. Una versione ursina degli eroi dove dove la morbidezza del tratto e la ricerca della simpatia prevalgono sulla sensualità, comunque presente e palpitante, nella lettura sempre a metà strada tra tenera goffaggine e desiderio erotico solitamente rappresentate dalla Bear Art.


Il vero giro di boa, Daniel lo ha compiuto, però, da poco, con la pubblicazione del suo primo vero fumetto El Abominable Hombre del Cuarto Oscuro, presentato presso la libreria Generación-X di Madrid, all’inizio di Dicembre. Un evento baciato dal successo, dove un emozionato, ma felice Daniel si è espresso così:
«Ogni autore mette qualcosa di proprio nel suo lavoro. Nel mio caso, l’intento era quello di raccontare una storia omosessuale dimostrando come il tema possa essere sviluppato in qualsiasi contesto, e non soltanto in una scontata stagnazione erotica, come spesso vediamo nei bara giapponesi. Mi premeva fare un passo in più, e ricorrere a tutta la mia passione fumettistica, in particolare al mio amore per i supereroi, per offrire una storia fantastica piena di mistero e divertimento. Sforzandomi nello stesso tempo di realizzare un buon racconto, che chiunque possa leggere con piacere.»

El Abominable Hombre del Cuarto Oscuro è ambientato nell’immaginaria città di Bearton. Un luogo dove la popolazione è in prevalenza omosessuale, e dove l’integrazione con la popolazione etero non sembra essere un problema. A vigilare sulla città è un bizzarro gruppo di supereroi conosciuto come la Bearton Iniziative, una sorta di accademia per metaumani, dove gli eroi si addestrano per difendere la loro amata città e lo stile di vita tollerante e spensierato che in questa regna. Tra questi si segnala il leader della squadra, Vincent Schwarz, noto come Ironbear (ovviamente ispirato a Iron Man), il semidio esule Bhor, che si dice possegga l’arma più possente del cosmo (sarà il martello?), l’Accendino Verde (Green Lantern), unico membro eterosessuale della squadra di cui fanno parte anche le nuove leve Rainbow Kid e Bestia. La loro prima avventura consiste nell’affrontare una misteriosa forza brutale che sta mietendo vittime nelle saune e nelle dark room dell’intera città, il tutto alla vigilia dell’inaugurazione della più grande sauna del mondo. Evento che, afferma lo stesso Daniel, attirerebbe più gay di un concerto di Liza a Disneyworld .
Questa sinossi, già di per sé intrigante e divertente, è sufficiente a dimostrare sia l’entusiasmo che la grande competenza fumettistica di Daniel Mainé, con la presentazione di un cosmo eroico che ibrida spunti avventurosi e grotteschi che ci ricordano il tedesco Ralf Konig, ma con una solarità tutta spagnola, capace di rivisitare in chiave umoristica e gaia la maggior parte dei cliché di un mondo abitato da persone con superpoteri. Daniel è, inoltre, un grafico molto versatile, in grado di sconfinare, dal fumetto, nell'illustrazione più variegata, con concessioni al pop e al liberty, per dedicarsi anche ad accattivanti progetti destinati a rallegrare le moderne teconologie per iPhone e altro ancora. Un giovane artista completo, rampante (e attraente) che merita attenzione. Beartoncity ha tutte le carte in regola per diventare una serie regolare di successo, espandendo il proprio caratteristico universo nel corso di più avventure. Auguriamo con tutto il cuore a Daniel che la sua stella diventi sempre più brillante, sdoganando la sua poetica allegra dove i supereroi sfrecciano nel cielo di città popolate da gay ed eterosessuali che convivono serenamente, e dove l’ursinità è un segno di bellezza riconosciuto. La sua recente partecipazione al Expocomic 2011, a Madrid, sembra confermare che la sua popolarità è in ascesa. E questo, al mondo bear internazionale, non può che fare piacere.Visitate i suoi blog, lasciatevi prendere dall'allegria davanti ai suoi coloratissimi superorsi, leggete il suo fumetto e lasciatevi affascinare dalla strabordante simpatia dell'autore. Chissà che, in una fase di cambiamenti come questa, l'opera di Daniel Mainé non possa giungere anche nella nostra Italia grazie a qualche giovane editore coraggioso.









venerdì 9 dicembre 2011

Facebook, i nudi e la censura


L'omofobia di Facebook... o almeno l'ottusità con cui asseconda (probabilmente) ogni cretino che segnala qualcosa che dà fastidio alla sua prurigine, non è una novità. Personalmente ho già perso il conto di quante volte mi hanno cancellato foto e ammonito. Una volta, persino per un castissimo bacio gay. Oggi è toccato alla foto di David Goldenberg, grande fotografo britannico molto attivo nel panorama a tema lgbt, presentata in questo post. Immagine tra l'altro elegante e misurata. La stessa cosa non avviene per foto di nudi femminili spesso non altrettanto castigati. La discriminazione posta in atto da questo social network è sempre più evidente. Ben più irritante dello scandalo bigotto e omofobo di qualche imbecille di passaggio.


venerdì 28 gennaio 2011

Bearcity: Ecco i sottotitoli in italiano


«Salve, creature pelose. Io venire in pace. Grrr... Woof!»

E’ stato il film evento per la comunità gay di New York lo scorso 2010. Un inatteso botto planetario. Un botto peloso. Il film Bearcity, diretto dal regista Douglas Langway e prodotto dalla TLA Releasing, cui già si devono titoli come Another Gay Movie, dopo aver sbancato sulle scene statunitensi, è stato proiettato in anteprima europea ai Teatri di Vita di Bologna a Giugno 2010 in occasione della giornata mondiale dell’orgoglio gay, lesbico, transessuale e transgender. Un film che per svariati motivi vedremo difficilmente in Italia al di fuori delle rassegne LGBT. E’ il film bandiera della cultura Bear, forse in assoluto il primo a essere ambientato totalmente e tematicamente all’interno della comunità ursina statunitense, e a proporsi di portarne in scena i tic, le ansie, i feticci e le contraddizioni. Facendo suo il modello che ha reso celebre la serie Sex and the City, il film di Douglas Langway è una commedia romantica che segue le avventure di un gruppo di amici, orsi e cacciatori, alle prese con problemi di cuore e demenziali imprese erotiche, il tutto narrato per mezzo di caratterizzazioni spiccate, spesso irriverenti, che fanno piazza pulita di una lunga serie di ormai frusti cliché. Pare che Lawrence Ferber, vincitore con Bearcity all’Outfest di Los Angeles 2010 per la migliore sceneggiatura, abbia affermato di essersi ispirato a ricordi della propria vita e a esperienze che avevano avuto come protagonisti dei suoi amici. Bearcity (“il romanticismo può anche essere peloso”, recita il tag del film) è infatti un simpatico carosello di situazioni tipiche, di comuni imbarazzi ed entusiasmi, e cerca di rappresentare nel segno dell’Orso il cammino per l’accettazione di sé, compresa la ricerca di quegli affetti e complicità importanti per ogni essere umano.


Certo, si può affermare senza problemi che Bearcity non è Cachorro, se ne allontana, anzi, di anni luce. Non dispone dei medesimi contenuti sociali, e non si sforza di dimostrare alcuna tesi di interesse politico. Ad ogni modo, l’accostamento tra le due pellicole sarebbe superficiale per non dire inutile. L’intento di Bearcity è puramente agiografico, illustrativo di una comunità raccontata con il gusto del paradosso, ricorrendo a volte a toni anche un po’ fiabeschi. Non a caso, l’occhio con cui lo spettatore è chiamato a identificarsi non è un peloso orsone, ma Tyler (il quasi esordiente Joe Conti), un giovane cacciatore che si insinua nella comunità Bear con la stessa incantata innocenza di un Alice che esplora il suo paese delle meraviglie. Cachorro era un film didascalico, mirato a dimostrare la capacità di un omosessuale single e promiscuo di essere genitore, e la sua ambientazione presso la comunità ursina di Madrid era incidentale, ma non indispensabile ai fini del racconto. I temi pregnanti del film di Miguel Albaladejo si sarebbero potuti esprimere con la medesima forza anche se rappresentati in un contesto gay dallo stile differente. Bearcity, invece, nella sua leggerezza da commedia (un po’ demenziale, un po’ sentimentale) è un prodotto totalmente diverso. Gli Orsi, i loro raduni, il loro gergo e il loro eros peloso, sono diegetici, e la narrazione non potrebbe farne a meno senza trasformarsi in qualcosa d’altro. Un film manifesto, dunque, elogio delle diversità tra le diversità, che fa anzi degli Orsi l’emblema stesso della differenza.


E’ interessante notare come Bearcity sia uscito quasi in contemporanea con le recenti polemiche sulla comunità Bear americana, accusata da alcuni di essere una loggia esclusiva, fondata sul culto di un’ottusa virilità rigidamente contrapposta al mondo gay mainstream.  Da questo punto di vista, il film di Douglas Langway ha il pregio di descrivere uno scenario quanto meno frastagliato, da cui emergono soprattutto la varietà e le forti connotazioni camp della fauna ursina statunitense. Certo, la leggerezza del film causa qualche caduta di tono. Alcune dinamiche psicologiche sono narrate nel più elementare dei modi, e certi snodi semplicistici della trama funzionerebbero nella sintesi di un videoclip. Tuttavia, non si deve scordare che il film è pensato dagli orsi, per gli orsi e per sdoganarne la mitologia presso quanti ancora li vedono come creature lontane e un po’ aliene. D’accordo, il risultato finale, al di là della simpatia complessiva, presenta delle pecche, e ci fa chiedere se non si poteva pretendere qualcosa in più. Nello stesso tempo, però, la visione di Bearcity gratifica e apre il cuore di chi guarda con affetto al mondo degli Orsi e al loro modo di relazionarsi.


La scelta di una ciurma affiatata di attori, per lo più dichiaratamente gay nella vita, conferisce verità a un intreccio goliardico e nello stesso tempo delicato, presentandoci una serie di personaggi iconici e tutto sommato credibili. Gerald McCullouch (il volto più noto del film grazie alla sua presenza nel cast del serial TV CSI: Scena del Crimine) dà vita a una caratterizzazione deliziosamente perversa per il personaggio di Roger: daddy maturo aggrappato alla sua vita libertina, ma vulnerabile alle lusinghe di un amore inatteso che potrebbe cambiare il suo modo di percepire se stesso e gli altri. L’affascinante attore Gregory Gunter (Michael) incarna (alla lettera) il chubby che sta vivendo una profonda crisi esistenziale dopo aver perso il lavoro, e con la sua perfomance dona allo spettatore alcuni momenti di genuina commozione. Valida prova anche per i bravi Brian Keane e Stephen Guarino, una coppia di irresistibili Muppets tentati dalla possibilità di aprirsi a nuove esperienze sessuali. Personaggi vivaci che si rincorrono su una giostra di situazioni ora grottesche ora sentimentali, e sembrano volerci insegnare che la vera chiave per la felicità di una coppia è la capacità di ridere insieme, anche davanti alle situazioni più imbarazzanti.


 Furba la scelta registica di variare le tipologie fisiche dei personaggi (e interpreti) introdotti nel racconto, dimostrando scena dopo scena che, al di là delle etichette di comodo, compartimenti così stagni nell’ambiente Bear non ne esistono. Esistono gli individui, con il loro narcisismo, la loro capacità di amare, di essere liberi o fuggire. L’attore Joe Conti (Tyler) si mostra già durante i titoli di testa in tutta la sua giovanile avvenenza proprio per far breccia nei cuori dei gay dai gusti più tradizionali, ma solo per trasformarsi subito dopo in un impudente Virgilio, e per aprire le porte al regno famigerato del pelo e delle pance. Alex Di Dio (Simon), nel ruolo della sua vita, riesce a essere nel medesimo tempo irritante e simpatico, e rappresenta l’occhio alieno del giovane gay ortodosso, disorientato dalle tendenze orsofile del suo migliore amico. L’interpretazione di Alex, così sopra le righe, può logorare i nervi di chi odia gli stereotipi sull’omosessualità, ma il personaggio di Simon rimarrà probabilmente nella memoria come la più grande delle fatine fashion mai viste in un film a tematica gay. Al cast dei protagonisti si aggiunge una folla di comprimari ursini reclutati sulla reale scena bear newyorkese. Un’armata di orsi scatenati di ogni età e foggia che disegnano, con i loro corpi irsuti, la più evocativa e pertinente delle scenografie. Da segnalare, quasi come una firma, il cameo, dopo i titoli di coda, dell’ex porn performer Joe Falconi, oggi attivo nelle battaglie per i diritti LGBT e la prevenzione dell’Aids. Presenza ormai quasi irrinunciabile nei film prodotti dalla TLA.


Parlando dei sottotitoli: non è stato per niente facile tradurre in italiano i serratissimi dialoghi del film. Lo slang newyorkese, veloce e allusivo, per di più insaporito con l’irriverente gergo gay bear, è stato un drago durissimo da imbrigliare, e in alcune scene ha persino vinto lui, costringendoci a qualche compromesso. L’inglese (americano) è forse l’unica lingua al mondo dove un vocabolo può essere sia un nome di persona che quello volgarmente dato agli attributi virili, e gli orsi del film non si peritano di usare frequenti giochi di parole non sempre traducibili nella nostra lingua. L’impresa è però sfangata, e adesso i sottotitoli di Bearcity sono una realtà. Potete scaricare direttamente il file dei sub da questo link: Bearcity Sub ITA.  Ma li trovate anche su www.opensubtitles.org, come già quelli per Cachorro e Chuecatown, frutti precedenti del nostro lavoro amatoriale di traduzione. Non sarà tutto perfetto, ma è un inizio affinché Bearcity possa essere visto e compreso nelle sue sfumature anche da un pubblico italiano non avvezzo a seguire i film in lingua originale.


Come dicevamo, un film-manifesto che parla di noi Orsi, senza pretendere di insegnarci nulla, ma possibilmente di sdoganare sentimenti e icone di una cultura gay ancora percepita da molti come qualcosa di strambo se non addirittura da emarginare. Romantico, ammiccante senza lesinare qualche scena di sesso esplicito (una in particolare ricorda, con le dovute proporzioni, le compulsioni erotiche da cartone animato descritte da Stanley Kubrik in Arancia Meccanica), Bearcity non sarà un film del tutto riuscito, ma sicuramente merita di essere visto. E’ il primo film veramente tematico sull’ambiente degli Orsi, che adopera linguaggi e simboli finora sommersi nelle tante pellicole a tema LGBT. E per gli addetti ai lavori, orsi e orsofili, è una vera festa vederli finalmente esplodere sullo schermo. E’ possibile che una maggiore capacità di osare, e andare oltre i meccanismi della commedia hollywooddiana, avrebbe reso la zampata più incisiva. Forse, con un impianto formale mediato da Sex and the City, una serie televisiva sarebbe stata la scelta più giusta (sebbene anche più rischiosa) per illustrare questo spaccato di vita ursina. Ma il fatto che in America si stia già parlando di Bearcity 2, ci fa sperare che tutto sia appena incominciato, che si possa andare oltre la semplice celebrazione di categoria e graffiare di più. Sognamo grandi cose per il nostro orsetto di celluloide, bambino peloso appena nato. Vorremmo, insomma, vederlo diventare grande e spaccare tutto. Ma intanto è qui, è nato. E questo è un motivo per festeggiare. Magari di brindare con un bicchiere di... Mutande Sporche, l’improbabile cocktail servito da Randy il barman nella discoteca ursina più bollente di New York. Chi non conosce ancora gli Orsi, con Bearcity sta per incontrarli, e forse (perché no?)... innamorarsi di loro. Woof!

NOTA: Circolano versioni censurate del film (epurate dalla breve scena dell'orgia) che potrebbero presentare problemi di sincronizzazione. Per queste versioni di Bearcity, consigliamo questi sub in italiano di riserva.







domenica 8 novembre 2009

Racconti estremi, di Gengoroh Tagame


Il volume Racconti estremi di Gengoroh Tagame edito dalla Black Velvet, è finalmente uscito nel nostro paese. Come abbiamo annunciato, si tratta di una raccolta di racconti brevi in bianco e nero. Una spigolatura della vasta produzione del maestro giapponese, noto in patria per il mix di sensualità in chiave bear e la rappresentazione truculenta di situazioni sadomaso.
Questo prima pubblicazione italiana (che si presenta, intanto, come volume unico) ci lascia però un po' perplessi. Avevamo scritto che trovavamo bizzarro che del vasto mondo del fumetto gay bear (anche quello del Sollevante) fossero proprio gli incubi erotici di Tagame i primi a valicare i confini dell'editoria italiana. Ci aspettavamo, bisogna dirlo, una scelta ragionata dei capitoli meno sanguinosi e provocatori (per quanto si parli sempre di Gengoroh Tagame, e quindi sempre di contenuti molto forti), e così è stato. Ma la vera delusione (così come la sensazione che si sia ricorsi a una purga) non traspare tanto dalla scelta dei brevi, e crudelissimi, racconti che compongono il sommario, quanto dalla presentazione dei contenuti di un Tagame marginale e poco riconoscibile nelle sue linee estetiche fondamentali. In parole povere, la tipologia maschile ursina, vero feticcio del mondo spietato del mangaka gay bear, è ridotta in questo libro a poco più che una comparsa. I muscoli, i corpi massicci di uomini barbuti e coperti da una fitta peluria, sono quasi del tutto assenti, relegati a brevi intermezzi. Emerge la scelta di episodi con protagonisti imberbi e implumi, forse più in sintonia con i gusti di un acquirente italiano medio. Su Wikipedia, alla voce dedicata a Gengoroh Tagame, si legge: "Nella rappresentazione grafica data da Tagame di uomini muscolosi e irsuti, è stato riconosciuto un importante catalizzatore per il superamento degli stereotipi omosessuali delle figure rasate e snelle, mutando il trend degli uomini gay degli anni 90 e aprendo la strada alla moda della mascolinità e del fisico massiccio o paffuto."

Peccato. Perché nonostante l'edizione sia curata, fornita di un'acuta prefazione e accompagnata da una lunga intervista all'autore, poco o nulla di tutto questo rimane in Racconti estremi della Black Velvet. Tagame stesso ci informa che i racconti qui raccolti appartengono alla sua produzione più recente, scelti tra quelli meno estremi e meno caratterizzati in senso bear. Quel che balza agli occhi di chi ha letto in originale l'opera di Tagame, è una rappresentazione quindi fuorviante dell'estetica classica dell'autore, in realtà prevalentemente al servizio dell'immaginario erotico ursino. Un'estetica che il prodotto editoriale italiano presenta in modo ben più edulcorato rispetto alla componente violenta. Insomma, pare che orsi e orsofili italici, movimento bear e tutti i cultori della parafernalia ursina, possano mettersi il cuore in pace. Per questa prima sortita nel bel paese, è stato scelto il Tagame più fashion, più scontato, sicuramente più commerciale per il pubblico occidentale. Non possiamo affermare con certezza che tanto derivi da un lavoro svolto a tavolino dagli editor della Black Velvet e non sia piuttosto il risultato di una casualità (ma anche di una lente culturale) malaugurata. Certo è, che pur volendo pescare nel repertorio più soft di Gengoroh Tagame, racconti imperniati sulle figure ursine ce ne sarebbero stati parecchi. Invece ci ritroviamo a veder sfilare i soliti ragazzotti dal fisico levigato, pescati con cura meticolosa dalla faretra di un arciere noto per cercare altrove le sue prede. Dal nostro punto di vista, è una piccola delusione. E un ulteriore segnale che in Italia l'immaginario degli Orsi ha ancora molta strada da percorrere.

Racconti estremi
di Gengoroh Tagame
Collana “Kinjiki”.
Autunno 2009, (volume unico).
Pagine 208, fumetti in bianco e nero, formato cm 14,5 x 21.
Una produzione [nu] Black Velvet.
Distribuzione libraria.
Prezzo: euro 15,00
ISBN 978-88-96197-01-1

[Articolo di Filippo Messina]

sabato 17 ottobre 2009

"Racconti Estremi" Tagame arriva in Italia

E' sorprendente vedere che tra tutti gli autori di manga omoerotici (e non sono pochi) il primo a essere tradotto nel nostro paese è proprio Gengoroh Tagame. Questa italietta ipocrita e bacchettona, che non riesce neppure a concepire una legge adeguata contro l'omofobia, non vedrà pubblicare (almeno per il momento) opere più digeribili dal pubblico occidentale. Ma vedrà arrivare il dominatore per eccellenza dei manga gay bear, con tutto il suo arsenale di sesso, sangue e prevaricazione. Pochi autori sanno riassumere il concetto di bellezza maschile con l'incisività del maestro giapponese. Pochi, come lui, sanno essere così spietati con i propri personaggi. L'universo erotico di Tagame, è bene ricordarlo, coniuga l'estetica ursina (quella più pura, riferita all'uomo possente e villoso) con una forte componente sadomaso. Le storie di Gengoroh Tagame sono poco più che pretesti per portare in scena un allucinato teatro delle crudeltà, dove lo spettacolo erotico consiste nel mostrare l'umiliazione della forza bruta. Vedere languire la bellezza della potenza fisica sotto il tacco del potere, a volte costituito, a volte clandestino, ma sempre criminale, è il principale motore dei fumetti di Tagame. Un incessante incubo dove dialoghi e situazioni sono fungibili, e dove le immagini sono calibrate per eccitare e sconvolgere con la medesima intensità. Una carezza seguita da un pugno nello stomaco. Un labirinto di violenza e sensualità che fa sembrare il classico "Histoire d'O" un romanzetto per educande. La bramosia di trasformare in un giocattolo di carne totalmente sottomesso un possente titano barbuto è il seme da cui germogliano le fiabe nerissime dell'artista. Una visione quasi nichilista del sesso e del desiderio.
Potremmo commentare che l'eros violento, anzi estremo, è in parte estraneo alla nostra cultura quanto presente in quella orientale. Ma se questo era vero fino ieri, oggi, forse, lo scenario è cambiato. Come spiegare altrimenti il trend cinematografico dei cosiddetti "torture porn", sottogenere horror che ha goduto di un discreto successo durante le ultime stagioni e che tuttora è in discreta salute. Basti pensare a pellicole come "Saw" o "Hostel" per comprendere che la poetica violenta di Tagame non è poi tanto aliena.
"Racconti Estremi" è il titolo della raccolta che la Black Velvet presenta sotto l'etichetta di fumetti erotici [nu]. Un volume in bianco e nero, di 208 pagine per 15 euro di prezzo. Indubbiamente un'interessante iniziativa, anche un po' coraggiosa, quella di introdurre l'erotismo violento di Gengoroh Tagame nel nostro panorama fumettistico. Viene naturale chiedersi quale sarà l'accoglienza dei lettori italiani. Quali le reazioni davanti a un'opera così particolare e controversa. Una curiosità che nei prossimi mesi sarà soddisfatta.
Gengoroh Tagame adesso è qui. 


Racconti estremi
di Gengoroh Tagame
Collana “Kinjiki”.
Autunno 2009, (volume unico).
Pagine 208, fumetti in bianco e nero, formato cm 14,5 x 21.
Una produzione [nu] Black Velvet.
Distribuzione libraria.
Prezzo: euro 15,00
ISBN 978-88-96197-01-1




mercoledì 24 giugno 2009

Dopo le ombre... Xander Beaverhousen

Un omino calvo, soffuso di un timido colore azzurrino, muove un passo incerto. Il capo chino, come a suggerire la profonda incertezza della sua andatura e una fragilità di fondo. La vulnerabilità dell’essere umano. Eppure è ancora diritto, e procede per la sua strada, tempestato dallo stesso azzurro che modella la sua sagoma. Un mondo ostile che è parte di lui. Di cui lui è parte. Una selva luminosa quanto oscura, che dovrà comunque attraversare.

Lo stesso omino. Qualche passo più avanti. O forse qualche passo fa. Il verde che lo illumina potrebbe richiamare la gioventù e l’inizio della vita. Momento di grandi promesse, ma anche tunnel irto delle peggiori paure. Il capo, sempre chino, è in parte violaceo, in parte bianco gesso. E’ il momento delle domande e della ricerca di un’identità. Istante possente e lacerante, che sembra far esplodere un’anima di sangue intorno al pellegrino. Egli si muove in un contesto illuminato da un chiarore dorato, ma sembra non curarsene. Forse perché è al principio che si teme di più l’arrivo della fine. Eppure va. Il suo passo umile continua a spingerlo avanti.

Il passo successivo tocca la tragedia, e la memoria a essa collegata.
I colori si fanno cupi intorno all’omino che avanza stoicamente. Un triangolo rosa si è acceso sul suo petto come una ferita dai colori delicati, ma non per questo meno sanguinante. Testimonianza di una piaga storica da non dimenticare. La sua figura è ora di un triste blu che non manca però di luce, segno di una speranza irriducibile. Le vampe color ruggine che lo assediano contribuiscono a definirne i contorni, e gli donano un incedere epico. Inarrestabile. Muto. Dignitoso.

E’ uno straordinario ciclo sequenziale del giovane artista sardo che si firma Xander Beaverhousen. I temi che tratta nelle sue opere appaiono profondi e serissimi. Le tecniche miste, che integrano la pittura canonica con l’assemblaggio di materiali di scarto, dimostrano che Xander ha già alle spalle un percorso artistico vissuto con grande consapevolezza.


Come molti figli degli anni 80, Xander ha scoperto la sua attitudine al disegno imitando lo stile degli anime giapponesi e intraprendendo gli studi superiori presso il Liceo Artistico. Quindi ha cominciato molto presto ad allestire mostre nella sua città. Tra queste ricordiamo, nel 2008 presso il Vintage Club di Cagliari, “Placatis umbris” (“Dopo aver placato le ombre”), collettiva in cui cinque artisti erano chiamati a esprimersi sul tema dell’avversità e della sopravvivenza.
«Ho partecipato anche a un importante concorso nazionale», racconta lo stesso Xander. «Il Premio Terna per l’Arte Contemporanea. Non posso dire di aver vinto. Ma considerando che mi sono classificato al 162esimo posto su 3156, ricevendo tra l’altro ben 200 voti... Beh. Credo di aver ragione nel sentirmi incoraggiato.»

E la sua arte, in effetti, è in crescita. L’uso dei materiali assemblati, trattato a volte alla stregua di palinsesto su colorazioni acriliche, permette a Xander di squarciare la pelle della sua stessa opera, spezzarne i sigilli più superficiali e mostrarne a tutti l’aspetto profondo. Il pasto nudo metaforizzato da William Burroughs. L’idea spogliata dalle convenzioni ed esibita nella sua forma più intima. La plastica deformata, lo spago attorcigliato apparentemente alla rinfusa, diventano finestre spalancate sulle idee dell’artista. Non manca una vena surrealista, che echeggia in alcune delle opere forse meno sperimentali, ma di sicura suggestione. Colori caldi per rischiarare ambienti dalle architetture aliene, e tocchi fumosi per celebrare la relazione tra pianta e essere umano. Entrambi radicati nella terra, entrambi aspiranti al cielo. Un destino comune incerto, suggerito dalla luce di un tramonto (o è un’alba?) caliginoso.

Dopo aver firmato anche scenografie per spettacoli teatrali, attualmente Xander sta portando avanti un nuovo progetto.
"Xander Beaverhousen for Radiohead", una serie di lavori ispirati alle canzoni della band Radiohead. Ma è in fase di preparazione anche una serie di illustrazioni destinate a libri per ragazzi e altro ancora.
«Sto pensando a una nuova mostra, stavolta personale», racconta con entusiasmo. «Intendo stravolgere la concezione canonica di quadro. Non sempre è necessaria o sufficiente una tela per rappresentare quel che si ha dentro. Vedrete. Sarà un’installazione che mixerà pittura, musica e scultura. Un’espressione artistica oltre i limiti.»
Gli auguriamo di cuore di raggiungere presto il traguardo che si propone. Finora le sue opere hanno mostrato una capacità di maturazione molto veloce e una passione pittorica dirompente. Teniamo le dita incrociate affinché la sua stella cominci a brillare, e nonostante le asperità culturali del nostro paese, possa portare una ventata d’aria fresca in un panorama artistico mai come adesso bisognoso di talenti in crescita.

lunedì 7 luglio 2008

Chuecatown (...e i sottotitoli in italiano)

“Chuecatown”, diretto da Juan Flahn nel 2007, è un altro dei film spagnoli a tema gay bear che difficilmente vedremo in Italia, se si eccettuano i cinefestival gay-lesbo di rito (è stato proiettato al recente Festival Mix di Milano lo scorso Giugno 2008). Dopo il bellissimo Cachorro, è il momento per gli orsi ispanici di dimostrare il loro potenziale comico. Anche se sono chiamati a farlo in una commedia nerissima e discretamente cattiva.
Victor, disinvolto e raffinato agente immobiliare, ha un sogno. Ristrutturare tutti gli appartamenti del quartiere madrileno Chueca, di solito rifugio di anziani solitari, e trasformarlo in un’oasi moderna per coppie gay danarose e alla moda. Il piano non prevede alcun rifiuto da parte degli attuali proprietari degli appartamenti, che Victor provvede a eliminare senza scrupoli diventando di fatto un serial killer di anziane signore. La sua vicenda si intreccia presto con quella di Leo e Rey, una coppia di orsi innamorati quanto rozzi, squattrinati e volgari.
A complicare tutto arriva la madre di Rey, megera spaventosa e prossimo bersaglio dell’elegante assassino, la cui presenza invadente metterà a dura prova il loro rapporto di coppia.

Se “Cachorro” era un film didascalico, che affrontava in modo struggente il tema del rapporto paterno tra un orso gay e un bambino, “Chuecatown” è una commedia leggera e spumeggiante, che si tracanna velocemente come un boccale di birra ghiacciata. La Madrid che racconta è quella del secondo mandato Zapatero, dove l’omosessualità è stata sdoganata ed è ormai un fenomeno sociale percepito come ordinario anche da chi si colloca al suo esterno. Impagabile la battuta di Antonia: «Avere un figlio frocio, una volta era una gran comodità. Almeno si prendevano cura di te. Ma da quando possono sposarsi, scappano subito dietro la prima puttana con un grosso cazzo che incontrano. E allora: addio!»
Elemento principale di questo racconto grottesco è il contrasto tra una concezione della vita gay vissuta con stile, secondo rigidi criteri estetici e l’istintualità degli uomini trasandati, ma non per questo meno gay, meno innamorati, meno uomini. Gli orsi, insomma. Gli eroi del film, che superato l’antico divieto del matrimonio devono ancora battersi per la propria dignità di persone reali, spesso imperfette, e proprio per questo amabili e affascinanti. “Chuecatown” è una galleria di personaggi macchietta, un thriller ironico e una divertita riflessione sull’attuale vita gay spagnola. Anche stavolta, noi di Altroquando abbiamo lavorato per voi, elaborando dei sottotitoli italiani che potete trovare su Opensubtitles.org, o scaricare direttamente dal link in fondo al post.
Buon divertimento.

CHUECATOWN , di Juan Flahn - Spagna 2007