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domenica 14 agosto 2016
Fumetti in soffitta: Carmine Di Giandomenico e Giulio Maraviglia
Per la serie: chi l'ha visto? Ci sono (grandi) disegnatori italiani che assurgono alla notorietà quando lavorano sui comics statunitensi. Ma spesso hanno prodotto perle nel nostro paese che hanno avuto solo fugaci apparizioni. E' il caso della trilogia steampunk "Le strabilianti avventure di Giulio Maraviglia, inventore". Scritto da Alessandro Bilotta e disegnato da Carmine Di Giandomenico. Un esercizio di stile molto interessante, che mi ha fatto subito adorare il tocco artistico di Di Giandomenico. In seguito, Bilotta e Di Giandomenico avrebbero firmato insieme il distopico "La Dottrina" e Di Giandomenico avrebbe affrontato la prova di autore totale con "Oudeis", per conquistare la popolarità internazionale alla Marvel, su "Daredevil" e oggi alla DC con "Flash". "Giulio Maraviglia" esordì come pubblicazione indipendente (etichetta Mondego) nei primi anni 2000, e qualche tempo dopo fu oggetto di una ristampa in volume da parte della Free Books. Da allora non ne trovo traccia. Eppure lo considero uno degli esperimenti di fumetto avventuroso-fantastico italiano più raffinati. Sarebbe simpatico che qualche editore lo riscoprisse e gli desse la visibilità che merita.
venerdì 31 maggio 2013
Son-O-God: Il Ritorno
Visto il successo riscosso dal nostro precedente post dedicato al recupero dell'inedito e bizzarro Son-O-God, fumetto degli anni settanta firmato da Neil Adams che mixava religione e supereroi in una satira dal sapore decisamente anticattolico... Beh, eccovi una seconda infornata delle avventure del superfiglio di Dio. Stavolta scoprirete anche le sue origini segrete.
Alleluja! Buon divertimento.
venerdì 24 maggio 2013
E' un lavoro per il Figlio di Dio
Abituati alle trasgressioni tarantiniane di Garth Ennis (Preacher)... Alla scoperta della satira anticattolica demenziale di Davide La Rosa (Suore Ninja, La Bibbia 2)... Che effetto farebbe oggi, in Italia, l'inedito, eretico, irriverente, bizzarro Son-o-God?
Di cosa stiamo
parlando? Del Figlio di Dio, naturalmente... L'archetipo del Supereroe
che getta la maschera per rivelarsi quel che è: un salvatore di
ispirazione religiosa... anche se forse non nel modo che tanti si
aspetterebbero.
Son-o-God esordisce sulla rivista National Lampoon nel 1972, in America, e si presenta come una sorta di Shazam (il Capitan Marvel della Fawcett in seguito acquisito dalla DC Comics). Un nerdacchioso trentenne di cultura ebraica di nome Benny David, vive ancora con i genitori
(oggi qualcuno lo chiamerebbe "bamboccione") conducendo una vita apparentemente piatta e noiosa. Ha tuttavia un segreto. Gridare la
parola "Jee-Zuz" lo trasforma in una versione nerboruta del Cristo, con
tanto di aureola, mantello alla Superman e colomba bianca come sidekick (Billy Batson, gridando "Shazam" acquista invece i poteri di personaggi mitologici).
Creato
dall'umorista Michel Choquette, Sean Kelly e disegnato nientemeno che
da Neil Adams, il superfiglio di Dio si scontra con le storture del
cattolicesimo e un arcinemico (l'Anticristo in persona) che ha le
fattezze del Papa (che comanda orde di fanatici religiosi, palese
metafora di una religione deviata).
Un
fumetto satirico che ovviamente in Italia non ha mai trovato spazio, e
che conserva una dirompente forza iconoclasta soprattutto se collocato
negli anni che lo anno prodotto.
Una curiosità nerd tutta da scoprire, rigorosamente in lingua originale.
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mercoledì 8 maggio 2013
Ombre in un labirinto di carta
"Ho visto un'ombra laggiù sul muro,
ma non mi sembra di esser sicuro."
In attesa dell'uscita in Italia (annunciata per Giugno), del nuovo The Shadow firmato da Garth Ennis e Aaron Campbell, ennesima “rivitalizzazione” dell'etichetta Dynamyte di un personaggio che ha fatto epoca, entriamo in fissa con una domanda che più nerd non si può: Quanti personaggi chiamati L'Ombra (sorvolando sulla lingua in cui questa parola è tradotta) sono apparsi nei fumetti?
ma non mi sembra di esser sicuro."
In attesa dell'uscita in Italia (annunciata per Giugno), del nuovo The Shadow firmato da Garth Ennis e Aaron Campbell, ennesima “rivitalizzazione” dell'etichetta Dynamyte di un personaggio che ha fatto epoca, entriamo in fissa con una domanda che più nerd non si può: Quanti personaggi chiamati L'Ombra (sorvolando sulla lingua in cui questa parola è tradotta) sono apparsi nei fumetti?
Un po' come chiedersi quante canzoni
esistono che hanno per titolo lo stesso nome di donna (provate a
contare, per esempio... Giulia). Non parliamo qui di
somiglianze sostanziali dei personaggi (altrimenti staremmo
discutendo di cloni e convergenze, come nei casi di SwampThing/Man-Thing e Faust/Spawn), ma di un elenco non
proprio corto di eroi e antieroi che sfoggiano lo stesso nome di
battaglia, in effetti paradigmatico e duttile. Nessun intento
cronologico, soltanto un'insana voglia nerd di giocare. Ci limitiamo,
inoltre, a contare le Ombre apparse nei soli fumetti, che se
ci mettiamo sulle tracce di personaggi presenti in altri media non la
finiamo proprio più. Che dite, ci proviamo?
Partiamo proprio da The Shadow
(forse storicamente il primo... forse), personaggio creato per la
radio (e meno male che volevamo lasciare da parte altri media...) nel
1930 da Walter B. Gibson, cui dava voce (caratteristica la diabolica
risata) il giovane Orson Welles. Il successo fu tale che il
personaggio diventò presto protagonista di racconti su riviste
pulp, romanzi (scritti da Gibson con lo pseudonimo di Maxwell Grant)
e presto anche fumetti, in più versioni, nel corso dei
decenni, per case editrici differenti. Il playboy Lamont Cranston,
che di notte veste i panni del giustiziere Shadow, può essere
considerato il capostipite di tutti i vigilanti oscuri che sarebbero
sorti negli anni successivi, compreso il popolarissimo Batman. In
Italia è noto soprattutto per il trascurabile film degli anni
novanta interpretato da Alec Baldwin e intitolato da noi L'Uomo
Ombra (niente a che vedere con la serie di film giallo-rosa con
protagonisti William Powell e Mirna Loy. Quelli in originale si
intitolavano: The Thin Man, cioè... lo Smilzo).
L'Ombra di Alberto Ongaro e Hugo
Pratt. Siamo negli anni sessanta, Hugo Pratt ha già dato da
tempo alle stampe l'Asso di Picche (sempre un giustiziere
mascherato, su testi di Mauro Faustinelli e dello stesso Ongaro).
Questa Ombra è un altro vigilante, scaltro e dotato di
senso dell'umorismo, spalleggiato da una pantera e in grado di
infondere il terrore nei suoi nemici. Nel look deve molto al Phantom
di Lee Falk, da noi conosciuto anche come l'Uomo Mascherato...
ma non dimentichiamo il suo appellativo tribale di Ombra che
Cammina (dobbiamo annoverare anche lui nella lista, che ne dite?). I più
maturi ricorderanno le prime apparizioni dell'Ombra di Pratt
sul Corriere dei Piccoli.
Passiamo
a L'Ombra di Alfredo Castelli. Purtroppo la rete è
avara di informazioni e immagini riguardo questo personaggio, figlio
del prolifico Castelli e disegnato dal grandissimo Ferdinando
Tacconi. Lo rammenta bene chi era ragazzo negli anni settanta, quando
il Corriere dei Ragazzi presentava al suo interno albi
spillati staccabili come un inserto. Tra i molti titoli interessanti
c'era per l'appunto quest'Ombra italiana. Il detective privato
Grant Shade che a seguito di un incidente con dei prodotti chimici
misteriosi si ritrovava invisibile, diventando presto il terrore dei
criminali. Bizzarra caratteristica dell'Ombra di Castelli era
il fatto che, per quanto si trattasse di un uomo invisibile, il suo
corpo continuava a proiettare la propria silhouette con un effetto
terrificante sui malfattori. La serie (molto divertente) ammiccava a
più archetipi, primo su tutti lo Shadow degli anni
trenta (la sagoma con impermeabile e cappello, la risata
agghiacciante). Ma anche a l'Uomo Invisibile di H.G. Wells,
del quale l'eroe assume a un certo punto il caratteristico look con
il volto bendato, copricapo a larghe tese e occhiali scuri.
Torniamo a parlare di ombre
anglofone... con Shade. Eroe che ha avuto nel tempo
l'appellativo di Uomo Cangiante e di Uomo Psichedelico.
Per essere pignoli, in inglese la parola shadow si riferisce alla
sagoma umana disegnata da un'ombra, mentre shade intende un'ombra più
generica e priva di forma precisa, come “stare all'ombra”
o “celarsi nell'ombra”. Ciò non toglie che anche
l'alieno Rac Shade, creato da Steve Ditko nel 1977 e poi rivisitato
per l'etichetta Vertigo da Peter Milligan e Chris Bachalo
all'inizio degli anni novanta, si chiamo sostanzialmente Ombra.
Un'ombra malleabile, non umana, in grado di assumere molte forme.
Venuto dal pianeta Meta, Shade possiede un abito (detto
M-Vest) tecnologico che induce allucinazioni e manipola la realtà.
La breve vita editoriale, dal sapore decisamente più
supereroistico, cede il posto alla visione di Milligan, più
psichedelica e introspettiva, che affronta molti temi sociali
scottanti.
Si chiama Shade (tradotto, in
Italia, semplicemente l'Ombra) anche il comprimario del
supereroe DC Starman, attualmente protagonista di avventure
tutte sue. Ladro gentiluomo come Arsène Lupin, immortale come
Jason Blood (l'alter ego di the Demon) e dotato di poteri
mistici (può plasmare le ombre a suo piacimento), l'Ombra
si chiama in realtà Richard Swift, e debutta negli anni
quaranta come villain. Nemico dei primi due Flash (Jay Garrick e
Barry Allen) e dello Starman della Golden Age, il personaggio viene
rivisitato più tardi come alleato e mentore di Ted Klein, il
successore dello Starman classico, e fa attualmente parte del
panorama magico della DC Comics.
Per concludere (probabilmente non in
via definitiva, qualche altra ombra ci starà scappando di
sicuro) e solo per sfizio, citiamo lo Shadow King, il Re
Ombra, chiamato in Italia Re delle Ombre (in effetti
suggestivo). Il potentissimo mutante telepatico privo di corpo e
ormai vivente sul solo piano astrale, nemico degli X-Men e capace di
corrompere l'animo di chiunque e prenderne il controllo. Ok, non è
un'ombra... ne è il re. Ma giusto per scrupolo, lo
inseriamo nella nostra piccola lista.
Chiudiamo qui il nostro censimento
ombroso certi di essere lontani dall'aver compilato una lista
esauriente. Ci sono di sicuro tante altre ombre là fuori, e
non mancherà chi – più attento di noi – saprà
catturarle.
sabato 10 marzo 2012
Adieu, monsieur Jean Giraud. Au revoir, Moebius...
Non fa mai piacere dover scrivere un coccodrillo. Perciò tanto vale farlo di getto, e togliersi il pensiero. Per i non addetti ai lavori, nel gergo giornalistico, i "coccodrilli" sono gli articoli che si scrivono per comunicare la morte di un personaggio noto e celebrarne gli eventuali meriti. Gli ultimi due anni sono stati veramente inclementi, sotto questo punto di vista, con il mondo delle nuvole parlanti e non solo. A lasciarci oggi, all'età di 73 anni, dopo una lunga malattia, è stato Jean Giraud, in arte Moebius. L'artista francese che ha regalato al mondo prima il west colorato e vitale di Blueberry, poi l'affresco fantascientifici dell'Incal (uno dei punti pià alti della sua ricca collaborazione con Alejandro Jodorowsky) è sceso dal treno lasciandoci un po' più soli di ieri, e con un'altra leggenda del fumetto da ricordare per sempre. Una carriera fitta di produzioni mai scontate, con voli pindarici tra generi narrativi che solo un grande interprete dell'illustrazione come Moebius poteva fare, regalando ai lettori i deliri grotteschi di La pazza del Sacro Cuore, passando per la sua personale visione del marvelliano Silver Surfer.
Di Jean, di Moebius, si potrebbe dire tanto, e tanto certamente si dirà nei prossimi giorni, quando coccodrilli più addestrati e pasciuti saranno sguinzagliati sulle varie testate. Noi, per celebrarlo, ricorderemo il grande progetto cinematografico fallito cui Moebius partecipò, come in seguito con Il Quinto Elemento di Luc Besson, in qualità di scenografo e ideatore del look dei personaggi. Parliamo del famoso progetto filmico di Jodorowsky dedicato a Dune, la celebre saga fantascientifica di Frank Herbert. Progetto destinato a non vedere la luce (lasciando posto a diversissimo film firmato da David Lynch) . Qualcosa di più che incompiuto, eppure tuttavia leggendario per gli estimatori del maestro, che produsse una quantità di affascinanti bozzetti in cui è riconoscibile il suo stile elegante e spettacolare.
Con questo tributo, salutiamo Jean Giraud. Non ce ne accorgiamo ancora, ma l'universo, d'ora in avanti, sarà un po' più angusto senza i suoi magnifici disegni.
Adieu, monsieur Jean Giraud. Au revoir, Moebius...
martedì 28 settembre 2010
La Sindrome del Comic a Tergo
Una nuova sindrome misteriosa serpeggia in fumetteria, falciando lettori come spighe mature in Agosto. Già in passato, il nostro piccolo grande mondo è stato teatro del manifestarsi di morbi bizzarri. Esplosioni di follia più o meno temporanee. Compulsioni alla ricerca di titoli che non si riesce in nessun modo a ricordare. Ostilità feroci tra coniugi innescate solo dall'apparizione di un albo a fumetti. AltroQuando, al pari del marvelliano Osservatore, ha assistito nei suoi non pochi anni di attività al sorgere e al tramontare di epidemie subculturali tra le più bizzarre, trend alieni e sindromi psichedeliche spettacolari (forse più per chi vi assiste che per chi le vive).
Da qualche mese (più di un anno in verità) un nuovo inquietante morbo ha alzato la testa tra i nostri scaffali e si manifesta con preoccupante frequenza. Lo abbiamo spiato. Seguito. Documentato fotograficamente. Lo temiamo, giacché chiunque potrebbe esserne affetto senza sospettarlo. E ci chiediamo con sgomento che cosa si nasconde dietro esso. Nella miniserie originale dedicata ai Visitors (quella degli anni ottanta, per capirci) i terrestri cui era stato praticato il lavaggio del cervello sviluppavano una sorta di inconsapevole mancinismo. Segno che li rendeva riconoscibili come potenziali agenti asserviti al nemico. Davanti all'irriducibile reiteratezza del femomeno "a tergo", ci chiediamo: che sia in atto un'occulta invasione aliena? L'invasore ci sta manipolando, spingendoci a comportamenti compulsivi che appaiono privi di senso ma largamente condivisi come i sintomi di un'epidemia particolarmente virulenta?
Mah!
Che sia questa l'origine della sindrome del Comic a Tergo? Il bubbone rivelatore di un morbo extraterrestre che colpisce i lettori di fumetti? Non riusciamo, ahimé, a trovare nessun altra spiegazione. Eppure, non è un sogno. Non è fantasia. E' realtà. Realtà quotidiana. Rigorosamente attesa, osservata e immortalata su supporto digitale.
Perché? Perché? Perché?
Perché con ritmo regolare, tre avventori su quattro, dopo aver consultato un fumetto esposto sullo scaffale (se non lo acquistano... e succede spesso), cedono alla compulsione inspiegabile di... riporlo capovolto?
Sì, cioè... Vogliamo dire... Ma sì, capovolto! GIRATO. Con la quarta di copertina bene in vista. Con il lato B offerto ai venti, insomma. DI SPALLE. Di culo. Con la quarta di copertina, solitamente anonima, promossa a prima. Il dietro davanti, va'! Eccola, la Sindrome del Comic a Tergo. Né è possibile tranquillizzarsi dicendo che la cosa riguarda per lo più i manga (i più sfogliati, in effetti) nei quali, spesso, lato A e B sono confondibili per ragioni tipografiche. Nossignori, succede a tutti i fumetti, compresi quelli dove una confusione del genere è risolvibile con una semplice occhiata. La conseguenza immediata, per chi lavora in fumetteria, è la necessità di raddrizzare i prodotti in vendita in modo che tornino a essere riconoscibili, magari per clienti più interessati all'acquisto di un prodotto che messo “a tergo” potrebbero non notare. Un fastidio da poco, d'accordo. Ma è il sinistro mistero dietro a una compulsione così precisa e largamente condivisa che suscita una discreta inquietudine.
Fateci caso, ragazzi. Pensateci mentre sfogliate un fumetto che non pensate seriamente di acquistare. E se notate che una forza aliena dentro di voi vi sta inducendo a posizionarlo “a tergo”, interrogatevi sul perché e su quali interconnessioni questo potrebbe avere con la vostra personalità. Se non trovate una ragione apprezzabile, forse è il momento di organizzare un gruppo di sostegno e scavare nell'enigma della sindrome dilagante. Forse una qualche forza conquistatrice venuta dallo spazio profondo vuole indurci poco per volta a voltare le spalle e a non guardare. A non osservare le asperità del mondo, a ignorare quel che potremmo fare andare meglio con il minimo sforzo. E' solo un sintomo, ma potrebbe essere l'inizio di qualcosa di peggio. Forse siamo davvero schiavi degli invisibili. Soggetti a condizionamenti che ci rendono sempre meno ordinati, sempre più superficiali e sempre meno attenti alla realtà intorno a noi.
Meditate gente. La Sindrome del Comic a Tergo potrebbe essere solo uno dei segni che urlano a un mondo sempre più superficiale quanto siamo ormai anestetizzati rispetto le nostre responsabilità, piccole e grandi... e pronti a mostrare automaticamente le terga davanti alla complessità del mondo.
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