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giovedì 13 settembre 2018

A volte ritornano (a Palermo): "I LOVE MILINGO" RETURNS



I LOVE MILINGO. A volte ritornano. Beh, quasi. Ma sì, ritornano. Perché come scrive Thomas Mann, anche se il titolo è passato a qualcun altro "Faraone è sempre Faraone". E in questo caso, il Papa è sempre il Papa. Quindi sì. Ritorna a Palermo. E di nuovo ci troviamo in uno stato di semiassedio per la venuta dell'ospite illustre. Non posso sapere se ci saranno contestazioni, tentazioni di satireggiare, e se verranno messe a tacere come in quelnon troppo lontano 2010. Certo che è impossibile non ricordare quanto accaduto nella nostra libreria in corso Vittorio Emanuele. Quando ospitavamo la mostra "La Papamobile del futuro" (aimé, c'erano anche opere di Vincino esposte), organizzata dal collettivo Scomunicazione. Quel famigerato striscione appeso all'interno della vetrina di Altroquando, quel "I Love Milingo" che attirò l'attenzione delle forze dell'ordine, era parte integrante della mostra allestita all'interno della nostra bottega. In seguito all'irruzione della polizia (che ricordiamo, fu filmata da Salvatore Rizzuto Adelfio e subito resa pubblica in rete) le polemiche fioccarono. La frase "I Love Milingo" dirà pure poco. Non brillerà per arguzia, ma sintetizzava un semplicissimo "Io non ci sto". E tanto bastò a suscitare una repressione. "Io non ci sto... I Love Milingo. Uno slogan inventato lì per lì. Una rivendicazione al diritto di dissenso da parte di un gruppo di persone che non si riconoscevano in una città agghindata come un presepe, prona e adorante nei confronti del capo di stato straniero. Un dissenso innocente che evidentemente non trovava posto nella visione di chi dirigeva i lavori. L'intervento della polizia nella nostra libreria non fu fisicamente violento, ma le intimidazioni non mancarono (ci fu anche chi afferrò fisicamente i lavori esposti per la mostra con l'intenzione di smontare tutto e proferì minacce molto gravi quando ci mettemmo in mezzo). Il dissenso non doveva esserci, Palermo era cattolica e plaudente. E così doveva apparire.
Oggi, che il Papa torna a visitarci, forse è il caso di ricordare questi episodi. E confrontarci con un passato che rischia di essere presente e futuro. I LOVE MILINGO. Aldilà della storia del vero Milingo, al di là dell'uso tamarro della lingua inglese con tanto di cuoricino. Ricordiamo anche che non troppo lontano da noi, una famiglia aveva appeso un altro striscione. E quello riportava una frase del Vangelo: «La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!». Bene, fu prontamente rimosso anche quello con le medesime motivazioni.
Benvenuto, dunque, Papa Francesco. E anche se dubito molto che tu abbia voce in capitolo su questo genere di eventi, spero che stavolta si conservi rispetto e tutela per la libertà anche di chi dissente. Di chi spera in altro. Perché, vedi, nella nostra Palermo ormai è storia. E I LOVE MILINGO, oggi significa questo. Io non ci sto. Non ci sto a sentirmi ostaggio a casa mia.


mercoledì 21 dicembre 2016

...oppure un giorno sui tuoi eredi! (A volte ritornano)

«Mi vendicherò, Jor-El! Su di te... oppure un giorno... sui tuoi eredi!»
[Cit. Superman, di Richard Donner 1978] 

Ma siamo pazzi?

Dovrei sotto certi aspetti essere contento. Vedere che mi attaccano dovrebbe indurmi a pensare che in qualche modo sono riuscito a ricreare contenuti e idee che temevo andassero perse. Per tre anni ho lavorato per far continuare a far vivere Altroquando al di fuori della sua ormai conclusa esperienza commerciale, e ora... dopo tre anni di relativa quiete, ecco tornare un vecchio spettro del passato.

Questa storia ha ufficialmente rotto le palle.

La parola CENSURA vi dice niente?

Vediamo cosa dice il vocabolario Garzanti.

"Censura: controllo esercitato dall’autorità pubblica su mezzi d’informazione, testi scritti, spettacoli ecc., al fine di accertare che non contengano elementi ritenuti pericolosi per l’ordine costituito, offensivi per la religione o contrari alla morale: censura repressiva; un film tagliato dalla censura | ufficio dei funzionari addetti a questo controllo." 

Ora immaginate che qualcuno vi proponga di entrare a casa vostra, o nel vostro studio, nello spazio in cui lavorate... e vi proponga di svolgere un'attività, di promuovere un qualcosa che con voi non c'entra niente. Che avversate, magari, e che è in netta antitesi con la vostra identità. Gli dite di no, che a casa vostra non volete ospitare cose in cui non vi riconoscete per niente.

E' censura? Secondo la lingua italiana, secondo il buon senso?

Provate ora a immaginare un cineforum gestito da suore presso un istituto religioso. Qualcuno si presenta e propone loro una retrospettiva sul cinema erotico di Tinto Brass. Le suore, comprensibilmente, rifiuteranno. Perché in contrasto con la loro religione, perché inadatto al loro pubblico di elezione. E' censura? Sono a casa loro. Sono libere di scegliere quali messaggi porgere a chi la frequenta, e i culi di Tinto Brass non sono tra questi. Dovrebbe essere chiaro.

La storia che Salvatore Rizzuto Adelfio abbia rifiutato di presentare nella sua fumetteria un'opera in cui ravvisava apologia di fascismo, in quanto politicamente collocato altrove, sarebbe stata censura?

Censura, amici miei, significa avere il potere e la volontà di oscurare i tuoi contenuti ovunque tu vada sul territorio raggiunto dalla mia autorità di censore. In poche parole, per censurare qualcosa o qualcuno è necessario avere il potere di farlo. Un potere forte, esteso. Altrimenti è semplicemente un... No, non mi attrai, non vengo a letto con te. A prescindere da qualunque implicazione politica, avrebbe potuto essere un contenuto non ritenuto valido.

Il rifiuto, limitato alle mura della sua attività, era del tutto legittimo. La presentazione della medesima opera fu rifiutata per motivi identici da un centro sociale occupato (anarchici liberali, cui viene presentata un'opera che celebra un fascismo trionfante in una realtà ucronica). Ma vogliamo discutere della miopia politica e pratica che ha dettato simili proposte, tutte rivolte a soggetti sbagliati?

La cosa demenziale è che l'autore cui il fumetto si ispirava, in un'intervista, a proposito della vicenda commentò dicendo: «Si atteggiano a liberali, ma applicano gli stessi metodi di Stalin e Pol Pot.»

Benissimo, mio caro signore. Lei praticamente ha appena affermato che noi la avremmo imprigionata, torturata, assassinata e fatta sparire senza tanti complimenti. Perché tali sono i metodi dei dittatori che menziona. Se sta facendo sentire la sua voce su una fonte per lei disponibile, questo dovrebbe dimostrare da sé che lei non è vittima di nessuna censura. Ha solo sbattuto contro un limite domestico, personale, circoscritto. Ovvero il mio diritto di cittadino italiano di appoggiare o rifiutare il mio appoggio a seconda di quanto mi viene proposto. Il mio rifiuto sarebbe censura? E' la pretesa che io mi pieghi in modo acritico alla sua convenienza a far sorgere dubbi. Il problema di trovare il palcoscenico adatto è suo, non mio. E sicuramente non ho commesso i crimini di cui mi sta accusando.

A distanza di tre anni dalla morte di Salvatore, ricevere attacchi immotivati sui social (palesemente livorosi e senza ragion d'essere) per poi venire a sapere che le accuse di censura (in realtà un semplice "non sono d'accordo, non ci sto") e di autoritarismo sono ricominciate, ha dell'assurdo. Qualcuno ha avuto una brusca sveglia. E questa cantilena ha ripreso a cercare consensi. Andiamo dagli attacchi alla competenza a quelli sulla condotta sessuale... fino a tornare al vecchio mantra sulla presunta censura. Il tutto con il piglio di chi cerca in rete un braccio armato per sferrare un'insensata offensiva.

Trovo davvero triste che tanto rancore, peraltro male indirizzato, sia sopravvissuto a Salvatore. E sinceramente mi turba rendermi conto di essere oggetto di odio per essere ciò che sono, per venire da dove vengo. Ecco. Questo potrebbe (dico "potrebbe") essere definito a ragione una forma di squadrismo, con molta più attinenza della parola "censura" che mal nasconde il rancore per avere ricevuto un semplice "no", circoscritto a un individuo e al suo contesto.

E per inciso... quando la Digos entrò nel nostro negozio per la storia del famoso striscione... Quella sì che era censura. Noi eravamo a casa nostra, e l'autorità veniva a dirci cosa potevamo e non potevamo fare, perché aveva deciso così. Perché c'era un presepe cui essere omologati o si era puniti. Qualcosa di molto diverso, ma uguale per chi è sprovvisto di strumenti critici o è semplicemente in malafede.

Non è sano che questa storia torni oggi a perseguitarmi. Mi è di conforto pensare che il nome di famiglia continui a essere riconosciuto come un'identità che sopravvive.


domenica 30 ottobre 2016

Palermo, ricorda: Altroquando non è Alastor


DA ALTROQUANDO, UNA LETTERA APERTA ALLA CITTA' DI PALERMO


Altroquando: un nome (ormai sovraesposto in Italia) che a Palermo è stato usato per la prima volta da Salvatore Rizzuto Adelfio, ed è legato a filo doppio alla memoria della sua persona e della sua attività storica. E' anche il nome (insieme alle sue generalità) dell'associazione culturale che da tre anni si propone, con umiltà e mezzi diversi, di proseguire il manifesto culturale da lui immaginato. E cioè una militanza sociale ibridata con forme espressive di norma associate al puro svago (come i fumetti, per cominciare). Su Facebook, da circa tre anni, esiste una pagina dedicata alla richiesta, a più voci, di intitolare il lungomare di Palermo alla memoria di Salvatore, che lo ha così a lungo raccontato in modo personale e inconfondibile. Mentre esortiamo l'amministrazione comunale a muoversi in tal senso (considerato che ha il potere giuridico di accorciare i tempi previsti dalla legge, e lo ha già usato per titolare vie ad altri palermitani illustri), non dimentichiamo che esistono altri aspetti legati alla memoria di Salvatore Rizzuto Adelfio. Aspetti che sono a rischio, in una città dalla memoria troppo corta.




Non ci giro intorno. Non ho nulla di personale contro i dipendenti dell'azienda Alastor che nel 2013, dopo la scomparsa di Salvatore, ha aperto un proprio punto vendita, con una nuova licenza di libreria, nei locali in affitto dove un tempo la nostra famiglia esercitava la sua attività. Ripeto, non ho nulla contro i dipendenti dell'azienda Alastor che dall'autunno del 2013 ha smerciato fumetti in corso Vittorio Emanuele 143 (locale che è rimasto a lungo privo di un'insegna che la identificasse come una ragione sociale differente). Trovo soltanto molto triste che quel luogo, dal quale l'insegna posta da Salvatore è stata rimossa e restaurata (Altroquando è un logo regolarmente registrato alla Camera di Commercio di Palermo e i diritti sono detenuti dall'associazione omonima) non sia stato chiamato da una parte della clientela con il suo effettivo nome, seguitando a definire "Altroquando" qualcosa che quel luogo non era più, così come non sarà mai Altroquando l'attività che a noi era subentrata nella vendita di fumetti a Palermo. 

Sì, perché quell'attività ha un nome diverso: quello stampato sui sacchetti che dà in omaggio, quello con cui gli impiegati rispondono al telefono. Quello che è effettivamente il nome dell'azienda Alastor, cui sto regalando in questa sede una gratuita pubblicità. E' triste e ingeneroso che ancora oggi, qualcuno si riferisca a una realtà totalmente svincolata da un pezzo di storia cittadina con il nome che identifica il lavoro e la testimonianza politica e culturale di Salvatore Rizzuto Adelfio. E' triste che ancora oggi qualcuno, distrattamente, mi contatti sulla pagina dell'associazione rivolgendosi a me con il nome di chi lavora presso la rivendita Alastor.

E' vero. Altroquando di Salvatore Rizzuto Adelfio iniziò come fumetteria, e con questo cercava, nonostante le progressive difficoltà e i malfunzionamenti del settore, di pagare le bollette. Ma quel nome, con Salvatore al timone, rappresentò negli anni tante altre cose.




Diffusione di varie espressioni di cultura underground
Manifestazioni antiproibizioniste
Lotta, testimonianza e divulgazione per i diritti delle persone LGBT
Centro di ascolto per persone LGBT
Promozione della piccola editoria
Collaborazioni costanti con realtà politiche progressiste, tra le tante, le sinergie con quella che è stata l'esperienza storica cittadina dello Zetalab
Organizzazione di mostre di artisti emergenti o completamente sommersi
Autoproduzioni editoriali
Promozione di autori indipendenti che un giorno sarebbero diventati popolari
Proposta e vendita di etichette musicali indipendenti e schierate
Contributo alla nascita di più associazioni politiche e culturali cittadine
Appoggio a collettivi satirici e opposizione alla censura (si ricordi l'episodio del 2010, contestuale alla visita a Palermo di Benedetto XVI, che Salvatore riuscì a filmare e che certa stampa paragonò all'esperienza di Radio Alice)





La lista potrebbe continuare. Ma dovrebbe essere evidente che Altroquando di Salvatore Rizzuto Adelfio non era una libreria come tutte le altre, e questo forse minò le sue fondamenta dal punto di vista economico segnandone il destino nei lunghi termini, ma anche caratterizzandola in modo molto forte. Lasciare svanire il ricordo di questa esperienza renderebbe vana anche la richiesta di intitolare alla memoria di Salvatore il lungomare di Sant'Erasmo. No, Palermo deve ricordare. E continuare, per pigrizia o consuetudine, a chiamare “Altroquando”, ovunque si trovi, il punto vendita di una catena di distribuzione con un background totalmente diverso, non aiuta. E' (si tratta solo di una facile metafora) come cercare un disco di Tiziano Ferro chiamandolo con il nome di Francesco Guccini, con tutto il rispetto per Ferro e i suoi estimatori (ma parliamo di personaggi, percorsi e generi musicali del tutto differenti).




Questo equivoco, questa sovrapposizione di un'identità storica con una realtà puramente (e legittimamente) commerciale che per qualche anno ha abitato le vecchie mura, deve finire. Lo dobbiamo alla memoria di Salvatore Rizzuto Adelfio, o riuscire a intitolargli il lungomare di Palermo (se mai l'otterremo) servirà a poco. Per questo chiedo gentilmente a tutti coloro che hanno conosciuto e rispettato Salvatore, agli ex colleghi operatori di fumetteria, ai fumettisti con cui è stato amichevole e che ha spinto quando la loro strada era ancora in salita, a chi continua ad acquistare fumetti presso un rivenditore che non è Altroquando né ha interesse a rivendicarne la storia, a condividere queste informazioni di base. Dal 2013 Altroquando non è più in corso Vittorio Emanuele. Altroquando, se ci credete, si sforza di esistere in altra forma, o – se non volete crederci – ha concluso la sua esperienza di vita con la scomparsa di Salvatore Rizzuto Adelfio.



Per favore, chiamate ALASTOR il negozio che per tre anni ha venduto fumetti a Palermo in via Vittorio Emanuele 143. Loro stessi si presentano così, perché questo è il nome della loro azienda con sede centrale a Napoli. Se la memoria è importante, se dare un nome a una strada spetta alle istituzioni, possiamo comunque tributare onore al merito chiamando semplicemente cose e persone con i loro veri nomi. E risparmiare costanti, amari qui pro quo a chi si sforza di conservare e coltivare questa memoria.

Ditelo. Ricordatelo. Rettificatelo. Io non ho intenzione di fermarmi. A Palermo, Altroquando è solo quello di Salvatore. 

O nessuno.




Hastag: #alastornonaltroquando

lunedì 4 giugno 2012

Ricorsi storici - Il papa a Milano: sequestrato striscione


A volte la storia si ripete.
Sembra che le visite del pontefice nelle province della colonia cattolica (non possiamo che definire così il nostro paese, tuttora sottomesso politicamente in modo vergognoso al Vaticano) corrispondano sempre a una sospensione degli elementari diritti vigenti in democrazia.
Qualcuno si ricorderà della disavventura vissuta dalla nostra libreria un paio d'anni fa, giusto per la visita del papa a Palermo. La nostra fumetteria ospitava la mostra La papamobile del futuro, organizzata dal gruppo Scomunicazione. Parte dell'installazione comprendeva lo striscione I love Milingo, esposto all'interno della vetrina. Nella mattinata di domenica, digos e mobile fecero irruzione e sequestrarono il suddetto striscione, lasciadosi dietro la consueta scia di minacce.
Bene! E' successo di nuovo. Stavolta a Milano. Lo striscione sequestrato, con la motivazione che fosse "contrario alla sicurezza e alla morale" presentava una stilizzata descrizione di tutti i tipi di famiglia possibili, eterosessuali e omosessuali. Va da sé che per tradizione, la città di Milano come già Palermo nel 2010, non poteva permettersi voci fuori dal coro o contestazioni pacifiche. Del resto siamo in Italia, che cosa dovremmo aspettarci se non una pianificata genuflessione e omologazione globale cui nessun cittadino, di nessuna fede o ideologia, ha la libertà di sottrarsi? Naturalmente, i notiziari del giorno dopo hanno collocato la visita del pontefice tra i primi titoli di apertura, dando enfasi alla trita nenia oscurantista che secondo l'italico califfo (la metafora è storica) è soltanto quello tra uomo e donna.
Solidarietà, pertanto, ai cittadini milanesi coinvolti in questo ulteriore, disdicevole episodio. E massima visibilità a uno striscione (e soprattutto a delle voci) cui la venuta del successore di Pietro ha negato ancora una volta ogni diritto a esistere.
Amen!

lunedì 9 gennaio 2012

Il Papa Terribile di Jodorowsky e Theo


Esistono fumetti che difficilmente vedremo sbarcare in Italia.
Per quanto ci si possa supporre evoluti, troppo profondi sono i tabù, le chiusure e l’ignoranza che rendono il nostro paese una gigantesca periferia europea, sotto molti aspetti arretrata e pavida. Una terra dove l’inadeguatezza della politica, per quanto evidente, rimane per lo più ignorata dalle masse, che trovano più agevole appassionarsi allo sconcio spettacolo di un potere corrotto quanto inetto. Come potrebbero, dunque, certi fumetti essere pubblicati là dove sorge il Vaticano, stato straniero dall’influenza potentissima su questioni di rilevanza nazionale? Come potrebbero trovare spazio testi polemici e irriverenti, in un paese che per la visita del pontefice blinda un’intera città, sopprimendo ogni libertà di espressione, e dove i tutori dell’ordine sono indotti a intimidire onesti cittadini affinché ciò che emerga sia solo un ottuso e acritico plauso all'illustre visitatore?


Difficile, pertanto, prevedere se in Italia leggeremo mai una traduzione de Le Pape Terrible, opera dirompente firmata da Alejandro Jodorowsky e dall’italiano Theo, che narra le vicende e gli intrighi del pontefice Giulio II, passato alla storia come il Papa Guerriero o anche (da cui il titolo) il Papa Terribile. Il grande progetto di Jodorowsky (regista, scrittore, esoterista) è quello di una trilogia di romanzi grafici dedicati alla storia vaticana tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI, già concretizzatosi con la pubblicazione di Borgia, illustrato da Milo Manara e giunto in Italia quasi contemporaneamente all’uscita francese. Sarà forse per la popolarità di Manara, o forse perché le malefatte dei Borgia, ampiamente filtrate nel tempo da tanta letteratura popolare, appaiono oggi distanti e romanzesche come gli eventi di un innocuo feuilleton, se un editore italiano si è fatto carico di proporre l’opera di Jodorowsky dalle nostre parti. Le cose sono abbastanza diverse per Le Pape Terrible, dove la scelta di prendere per buone e mostrare esplicitamente le attitudini omosessuali del cardinale Giuliano Della Rovere, in seguito Papa Giulio II, disturberebbero i benpensanti molto più dei numerosi intrighi, omicidi e manipolazioni politiche che la storia, prima dell'opera a fumetti, gli attribuiscono. 
 

Rivale acerrimo di Rodrigo Borgia, papa Alessandro VI, la cui fine non fu mai del tutto chiarita, Giuliano Della Rovere favorì l'elezione al seggio pontificio dell’anziano cardinale Francesco Piccolomini con il nome di Pio III, solo per prenderne il posto alla sua morte (avvenuta molto presto) ed entrare nella storia come il papa militare più feroce e ambiguo di sempre. Giunto a guidare personalmente la sua armata sul campo di battaglia, Giuliano si guadagnò presto la fama di feroce condottiero, donando ai posteri l'icona di un papa con la spada nel pugno.  La vita artistica sotto il suo pontificato fu comunque fervida, e si ricordano le sue relazioni con personaggi illustri quali l'architetto Bramante, che destinò alla carica di sovrintendente delle fabbriche papali. Fu Giulio II a commissionare a Michelangelo gli affreschi della Cappella Sistina, così come la decorazione delle Stanze Vaticane a opera di Raffaello. Pare che Giulio II amasse il lusso e che più di altri pontefici fosse percepito come distante dal suo ruolo spirituale. 


Benché la storia gli attribuisca anche più figli illegittimi, un concilio riunitosi a Pisa nel 1511 allo scopo di deporlo lo accusò di praticare la sodomia e di avere come amante segreto il suo stesso nipote, Francesco Alidosi. Tali voci sulla sessualità del papa non trovarono mai conferme definitive, eppure furono sdoganate presso i suoi oppositori finendo col diventare un vero motivo popolare. Ma ad Alejandro Jodorowsky non importa dare lezioni di storiografia, né gli preme la veridicità dei dettagli. Sceglie piuttosto di attingere alle accuse di sodomia per raccontare una verità metaforica, dove l’omosessualità non è che l’ulteriore allegoria di un potere ipocrita, da sempre avvezzo a sguazzare in pratiche che ufficialmente condanna. Il rapporto tra Giuliano e Francesco (nel fumetto chiamato Aldosi) è descritto in modo molto simile a quello di due amanti maledetti, in cui il giovane efebo è spesso usato come strumento di corruzione nei disegni del nuovo pontefice. Per questo, in un paese dove libertini, ruffiani e battipetto divorziati organizzano manifestazioni a sostegno dell’unica famiglia possibile, è difficile che un’opera così dura con il potere temporale della chiesa possa essere tradotta. 
 

Il Giulio II di Jodorowsky è maestoso, crudele e avido come solo un dittatore può essere. I suoi eccessi (che lo porteranno, nel racconto, a sedurre lo stesso Michelangelo, con il quale nella realtà ebbe un rapporto davvero ambiguo e conflittuale) fanno da filo conduttore a un’ascesa politica folgorante, dove ogni pedina è mossa con diabolica lungimiranza e dove ogni ostacolo è rimosso senza pietà. La descrizione, estrema ai limiti del barocco, di un’ambizione senza freno riesce molto bene a Jodorowsky, assistito da un artista italiano, Theo Caneschi, di grande raffinatezza. La scena del matrimonio celebrato dallo stesso Giuliano (e subito consumato furiosamente sull’altare) con il proprio amato Aldosi abbigliato come una sposa, fa supporre che Jodorowsky scrivendo avesse in mente le trasgressioni di Ken Russell e il suo I Diavoli. Ma al regista de La Montagna Sacra non manca la propria cifra visionaria, espressa magistralmente anche in quest’opera con l’apparizione di un Cristo putrescente che, oltre a simboleggiare la definitiva morte senza risurrezione, è simbolo della degenerazione del potere della Chiesa e del marciume che tra ori e incensi si annida sin dall’alba della sua storia, all’ombra di un simbolo più volte tradito e svilito, buono a figurare solo come marchio di potere sulle mura dei luoghi pubblici. 
 

«Più che il vicario di Cristo... Io sono un re. Un imperatore! Un sovrano designato dallo Spirito Santo stesso. Il che mi conferisce il diritto di comandare a tutti i principi della terra!»

Con questo monologo, il Giulio II di Jodorowsky suggella il suo trionfo e spazza via gli oppositori, tra ostie avvelenate, commercio sessuale ed elaborati inganni. Il ruolo di Niccolò Machiavelli, la morte di Cesare Borgia, il controverso rapporto con Michelangelo e la regia dei tanti delitti, devono parecchio all’inventiva dell'eccentrico scrittore cileno, ma questo conta veramente poco. Il ritratto moderno, truccato da affresco storico, dei guasti del potere spirituale e della sua nefasta influenza sulla politica, ha la forza di un pugno nello stomaco, ma soltanto le menti aperte potranno coglierne l’intensa luce. E’ più probabile che vedere un cardinale condividere il talamo con un giovinetto e un gigantesco servo di colore (pagato per ogni copula effettuata durante la notte appena trascorsa), turbi troppe prurigini italiote. E’ quasi certo che l’allegoria (sebbene nutrita da consistenti ipotesi storiche) verrebbe percepita come puro vilipendio, relegando Le Pape Terrible (giunto in Francia al secondo volume) nelle segrete del più infimo trash. Eppure la cronaca recente dovrebbe aprirci gli occhi e farci riflettere sulla storia passata. E sul presente. Dovremmo riflettere quando un vescovo si appella ai politici affinché i tanto temuti registri per le unioni civili non siano istituiti, giacché alle unioni di fatto non sia concesso neppure questo pallido simbolo di quello che dovrebbe essere un diritto sacrosanto. Quando si oltraggia la democrazia per mero servilismo nei confronti del capo di uno stato estero. Quando il marcio troppo a lungo nascosto viene oscenamente a galla, proprio intorno a coloro la cui sopravvivenza non è minacciata dalla crisi economica e dalle tasse sugli immobili.

Il potere è corrotto in quanto è il potere a corrompere. E il potere non logora chi non ce l’ha, ma piuttosto chi lo brama come principale veicolo di realizzazione. Il controllo sulla morale pubblica è la più pervasiva (e perversa) forma di potere, e da sempre va conservato a prescindere dalle proprie personali attitudini. Ed è di uomini, rapaci, licenziosi, avidi e falsi che Jodorowsky ci parla. Del male incarnato nella sua forma peggiore. Se la famiglia Borgia e il pontificato di Alessandro VI appariva, grazie a tanta fiction, come una scheggia impazzita, una fase distorta ma limitata nel tempo, la vicenda di Giulio II, il Papa della guerra e del sangue, sia pure romanzata, ci sbatte in faccia una continuità terrificante. Una contradizione consueta e pertinace delle istituzioni religiose, troppo avvezze ai privilegi per potervi rinunciare. E sottolinea, con la sua poesia estrema, che se sbagliare è umano, perseverare è sempre stato e sempre sarà diabolico.

Sul sito del disegnatore Theo Caneschi è possibile gustare alcune tavole a matita del secondo tomo de Le Pape Terrible. Sempre sul sito di Theo è disponibile il link ad Amazon per l'acquisto dei due volumi in lingua originale.

Le Pape Terrible - 1: Della Rovere ; 2: Jules II - Jodorowsky Theo  Edizioni Delcourt





mercoledì 15 dicembre 2010

"Sdisonorata Società" di Gianpiero Caldarella: il 20 Dicembre da AltroQuando



Da AltroQuando, in corso Vittorio Emanuele 143, il prossimo 20 Dicembre alle ore 18, presentiamo il libro Sdisonorata Società di Gianpiero Caldarella edito da Navarra Editore


Gianpiero (scritto così, con la "n"... cosa che gli causa costanti grattacapi burocratici) Caldarella è un giovane giornalista e autore satirico siciliano che può già vantare un curriculum di tutto rispetto. Ha fondato la rivista Pizzino, premiata nel 2006 a Forte dei Marmi come migliore pubblicazione satirica italiana. L'anno successivo, a Fucecchio (FI), riceve il premio Montanelli giovani. Inoltre, in collaborazione con Sergio Staino, dirige per due anni il settimanale di satira Emme, supplemento de L'Unità. Alla radio, invece, cura  la rubrica U pizzinu - su Radio24 - dal 2007 al 2009 con cadenza settimanale. A lui si devono iniziative come la Barca di Cammarate per il Festino, per l'edizione 2010 del Festino di Santa Rosalia, e la mostra La Papamobile del Futuro, in occasione della visita di Benedetto XVI a Palermo. Sua la mente che ha ideato il famigerato striscione I Love Milingo, affisso nel corso della mostra all'interno della fumetteria AltroQuando e subito sequestrato dagli agenti della Digos. Sdisonorata Società, che sarà presentato il 20 Dicembre da AltroQuando alla presenza dell'autore, è la raccolta dei suoi interventi radiofonici realizzati per la trasmissione U pizzinu


Note sul libro dalla bandella di copertina:

Nella primavera del 2007 nasceva il “Pizzino” radiofonico, su Radio24, in qualche modo “compare” dell'omonimo mensile di satira cartaceo fondato a Palermo.
Per due anni, ogni fine settimana è andata in onda una strana rubrica di un paio di minuti dove, spesso marcando l'accento siculo, veniva raccontato un fatto, un affare, uno stato d'animo, un imbroglio, un'epopea burocratica senza quel distacco passionale, quella “distanza” che è propria del tipo di discorso giornalistico. Va bene prendere per il culo il politico, il mafioso, il grande imprenditore o il potente uomo di chiesa, ma a questa satira non poteva sfuggire l'uomo qualunque, il burocrate, il conducente di autobus, il medico di famiglia, tutti coloro con cui si entra in contatto nella quotidianità. Piccoli comportamenti, insomma, non importa se penalmente rilevanti. In fondo sono i piccoli gesti -come accettare o rifiutare un caffè ad esempio- quelli che creano i modelli di comportamento fondanti di una società. Anche la mafia non sfugge a questa regola. Questo libro raccoglie gran parte di quelle rubriche radiofoniche e racconta un po' di questa “sdisonorata società” a partire da sud, risalendo verso un nord che si sta lentamente meridionalizzando, pur continuando a detenere il primato economico. Non si spiegherebbero altrimenti i consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose in Veneto, i palazzi nuovi crollati a L'Aquila perché imbottiti di cemento depotenziato, la ricerca diffusa di una raccomandazione per lavorare, l'imbarazzo che accompagna il lancio di quella grande opera che è l'Expo a Milano. Neanche fosse il ponte sullo stretto di Messina.
A poco a poco stiamo diventando tutti una cosa.


lunedì 11 ottobre 2010

Di striscioni, pubblicità e contrappassi...


A distanza di una settimana dalla visita del Papa alla città di Palermo, imbellettata dall’autorità affinché apparisse agli occhi dell’ospite illustre quanto più cattolica, plaudente e prona fosse possibile, sentiamo l’esigenza di fare qualche ulteriore osservazione in merito ai fatti che hanno visto protagonista la nostra fumetteria.

Gli eventi sono ormai noti a tutti. L’irruzione della digos nella libreria, il sequestro illegittimo dello striscione con la scritta I Love Milingo, l’inquietante video che documenta l’episodio e una lunga lista di commenti solidali o avversi. Si è giunti a due interrogazioni parlamentari, una delle quali presentata al parlamento europeo da Sonia Alfano. Si è discusso anche tanto della scritta in questione e del suo significato vero o presunto. Si è parlato di trovata pubblicitaria a nostro vantaggio e si sono sprecate analisi superficiali sulla dinamica degli eventi. Dopo circa sette giorni, vorremmo ora dire la nostra con serenità, giusto per chiarire alcuni punti che in rete sono stati oggetto di discussione in modo spesso fuorviante.

Iniziamo da questo: da dove è venuto lo striscione e la scritta I Love Milingo, che tanto clamore sta suscitando?

E’ bene ricordare che la libreria Altroquando di Palermo, pur essendo in primo luogo un esercizio commerciale volto alla vendita di fumetti, riviste e libri, nei suoi vent’anni di attività si è sempre sforzata di svolgere un ruolo di centro culturale. La fumetteria ha ospitato mostre fotografiche e pittoriche, presentazioni di libri, opere a fumetti e autoproduzioni di vario genere. Snobbata da alcuni, magari perché legati a meccanismi di promozione più convenzionali, è stata invece eletta a spazio preferenziale da altri, che forse vedono un messaggio più forte nel presentare le loro opere presso una fumetteria, luogo insolito e decisamente alternativo per la cultura nazionale. Nel corso degli anni, Altroquando ha dato visibilità a giovani artisti, divulgato nella città la cultura lgbt,  appoggiato numerose iniziative legate alla controinformazione e a battaglie per diritti fondamentali. Che la nostra libreria sia una realtà commerciale e culturale schierata a sinistra non è mai stato un segreto. Può piacere o meno, ma è così. Così com’è naturale che in certe persone le passioni sociali ardano e trovino spazio anche in quello che nasce come mero esercizio commerciale.

Detto questo, è il momento di restituire a Cesare quel che è di Cesare, confermando che qualunque iniziativa trovi ospitalità presso la nostra libreria avrà sempre e comunque la nostra irriducibile solidarietà. Dal 30 Settembre 2010 la fumetteria AltroQuando ospitava la mostra satirica intitolata La Papamobile del Futuro. Un’esposizione di vignette firmate da un gruppo di artisti noti o emergenti, come Vincino, Gianni Allegra, Roberto Perini e molti altri. La mostra, allestita dall’associazione Scomunicazione con il comitato Tutti Pazzi per il Papa, era una delle poche iniziative di pacifico dissenso organizzate in città in vista della visita del pontefice. Alla mostra erano legati gadget come magliette appositamente stampate e un video proiettato presso il nostro locale durante l’inaugurazione dei lavori. E’ da considerare naturale che in quella particolare Domenica mattina ci sia stato proposto di tenere aperto lo spazio espositivo. Proposta che la nostra libreria ha accettato di buon grado, con le conseguenze che oggi tutti conoscono.

Lo striscione con la scritta I Love Milingo era in realtà un’ulteriore installazione che integrava la mostra satirica esposta all’interno. Sul significato di questo slogan, i commenti si sono sprecati. Alla luce dei fatti di questi ultimi giorni, a noi interessa poco dibattere sull’efficacia della frase (che qualcuno ha definito “stupida e inutile”). Certo esprimeva un dissenso generico, forse approssimativo. Il medesimo significato avrebbe potuto averlo una frase come “Io sto con Galileo” o “I Love Giordano Bruno”. Non importa. O almeno non conta più. Quel che lo striscione voleva dire, con buona pace del vescovo zambiano (del quale, peraltro, oggi molti si sono dimenticati) era semplicemente un educato e generico “Io non ci sto”. E’ probabile che qualcuno (compreso chi scrive) si sarebbe magari scervellato per scovare una frase più incisiva, ma dibattere su questo è del tutto inutile. Quel che conta è la gravità dei fatti, e l’ingenuità dello slogan non fa che gettare benzina sul fuoco facendo apparire la reazione ancora più fuori luogo. La scritta I Love Milingo (di per sé innocua e goliardica) è stata trasformata proprio dagli eventi che l’hanno travolta. Come un meme che muta diventando un elemento di comunicazione che ha vita a sé. Dopo il sequestro, lo slogan I Love Milingo ha fatto il giro della rete, ed ha acquistato un nuovo significato: No alla censura della libera espressione. In sostanza, se il personaggio Milingo c’entrava poco all’inizio, c’entra ancora meno adesso. Il suo nome è entrato a far parte di un segno che veicola un significato cruciale, e il popolo antagonista della rete, d’ora in avanti, ne farà l’uso che vorrà.

Si sono levate anche più voci che ci hanno accusato di furbizia e di stare cavalcando questo spiacevole episodio per ottenere una facile pubblicità. Bene. Non si può negare che la fumetteria Altroquando abbia avuto di ritorno una certa visibilità. In primo luogo, però, il frangente che l’ha generata non è stato piacevole per nessuno dei presenti, e tanto meno era programmato. In seconda istanza, benché un vasto movimento di solidarietà si sia stretto intorno alla nostra attività, a questo non corrisponde alcun vantaggio economico. Magari perché gli eventi e le passioni suscitate non coincidono esattamente con il target della nostra clientela abituale, quella che legge fumetti. La polizia non lavora certo per noi, e l’associazione Scomunicazione non è un’agenzia di marketing. Se pure al mondo esistono individui che possono provare entusiasmo vivendo nell’occhio del ciclone, sicuramente non è così per un’attività commerciale, la quale non ha nessun vantaggio a mettersi sotto scopa come è successo, e potrebbe in futuro subire serie ripercussioni.

A proposito della nostra disavventura sono state dette tante cose. Belle e brutte. Pertinenti e prive di senso. Qualcuno, sul suo sito, ha parlato persino di un “contrappasso dantesco” che la nostra fumetteria avrebbe meritatamente patito giacché colpevole, un tempo, di avere imbavagliato un piccolo editore e aver stoppato la presentazione del suo prodotto. Nella fattispecie, un fumetto fantapolitico veicolo di una palese apologia del fascismo. Un prodotto che c’entrava con la nostra attività e il nostro orientamento politico come il diavolo con l’acqua santa.
Vogliamo davvero parlarne?

Provate a immaginare un personaggio che propone ai sacerdoti salesiani dell’istituto religioso Don Bosco di Palermo di ospitare presso il loro cineforum una rassegna di film di Tinto Brass.  Oppure un editore che per promuovere un nuovo libro celebrativo della resistenza partigiana lo propone a un centro sociale di estrema destra. Chi ha una percezione realistica del mondo e delle sue sfaccettature, non avrà difficoltà a comprendere che l’eventuale rifiuto da parte delle strutture in questione, prima ancora che legittimo, sarebbe prevedibile se non scontato. Ed è questo che è successo tra la fumetteria Altroquando e l’editore in questione. Niente di più. In realtà esiste un’enorme differenza tra invadere d’autorità lo spazio altrui imponendo il silenzio e il normale rifiuto di ospitare a casa propria un prodotto non conforme all’ideologia che si professa. Prodotto che resta comunque libero di esprimersi negli spazi a lui favorevoli. Secondo la logica applicata dal nostro detrattore, invece, qualunque casa editrice potrebbe essere accusata di censura liberticida nel momento in cui respinge legittimamente un manoscritto che giudica inadeguato alla propria griglia editoriale. Quel che sembra logico e naturale ad alcuni, pur militando in aree politiche diverse, evidentemente risulta di difficile comprensione per altri. E i rancori personali ingoiano tutto il resto, inducendo a parlare di contrappassi e quant’altro. Anche questo non ci interessa affatto.

Quel che conta davvero non è la libreria Altroquando o la scritta I Love Milingo. E neppure il conseguente strascico di commenti e insulti su Internet. La città di Palermo è stata presidiata affinché apparisse qualcosa che non è, in alcuni casi con spregio della Costituzione. Dalla rimozione occasionale della spazzatura alla “bonifica” maniacale (e controproducente) del dissenso. Le poche voci fuori dal coro che non volevano tacere sono state zittite anche perché lasciate sole dal mondo politico. Ben vengano, adesso, le interrogazioni parlamentari, la solidarietà a chi ha visto violare il proprio spazio privato e tutto il resto. Temiamo però non sia sufficiente e che l’attenzione di noi tutti farebbe a meglio rimanere desta.
Noi per vivere vendiamo fumetti, è vero. E anche i fumetti sono considerati da qualcuno una cosa “stupida e inutile” come certi striscioni. Tuttavia, la Costituzione italiana e prima ancora il senso di giustizia non lo sono. Svegliamoci, dunque. E proviamo a fare in modo, per una volta, che ciò che è giusto e onesto non trionfi soltanto nel mondo delle nuvole parlanti.


 

  [La vignetta in questo post è di Makkox]



venerdì 8 ottobre 2010

L'interrogazione di Sonia Alfano al parlamento europeo per i fatti di Palermo

Dopo l'interrogazione parlamentare presentata in Italia che ha visto come primo firmatario Marco Beltrandi, riguardo la vicenda dell'irruzione della Digos nella nostra fumetteria e gli ulteriori fatti incostituzionali verificatisi a Palermo durante la visita del Papa, un'altra interrogazione è stata presentata al parlamento europeo da Sonia Alfano. AltroQuando ringrazia tutti coloro hanno espresso solidarietà e si sono prontamenti attivati affinché questi episodi non passassero sotto silenzio. Di seguito, il video con l'intervento di Sonia Alfano.

martedì 5 ottobre 2010

I Love Milingo - Il servizio su Teleacras

Il servizio firmato da Gero Micciché sulla censura operata dalla polizia di Palermo (e sul sequestro subito da AltroQuando) durante la visita del Papa, andato in onda nel corso del videogiornale di Teleacras del 4 Ottobre 2010.

I Love Milingo: Intervista di Tony Troja a Salvatore Rizzuto Adelfio

Di seguito potete vedere il video dell'intervista di Tony Troja a Salvatore Rizzuto Adelfio, titolare di AltroQuando. L'argomento è sempre la visita del Papa a Palermo e l'intervento della polizia presso la fumetteria che ospitava la mostra satirica La Papamobile del Futuro, organizzata dall'associazione Scomunazione, ideatrice anche dello striscione sequestrato dalla Digos che recitava la frase I Love Milingo.



L'appello di Micromega




Alla Procura della Repubblica di Palermo
al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Come cittadino che difende la Costituzione segnalo la violazione delle libertà fondamentali di cui all'artt. 14 e 21 commesse a Palermo rimuovendo uno striscione con le parole del vangelo di Matteo (21,13) e di un cartello esposto nella libreira Altroquando.

(4 ottobre 2010)