Visualizzazione post con etichetta Vedute. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Vedute. Mostra tutti i post

venerdì 20 gennaio 2017

Vedute: Luciano Bottaro

 

«Picche e Ripicche!» 
Luciano Bottaro, oltre al suo ottimo lavoro sui personaggi Disney è stato un autore di caratura elevatissima. Creatore di personaggi dai tratti immediatamente identificabili, spesso surreali e a volte portatori di un'acidità che precorreva i tempi. Ne è un esempio il suo cattivissimo (ma in definitiva incapace) Re di Picche. Una sorta di versione aristocratica e ciarliera del Coyote della Warner, sempre all'inseguimento dello struzzo come il re della carte era ossessionato dal proposito di nuocere alla sua controparte benevola e felice, il Re di Cuori. Un mondo fantastico che traeva palese ispirazione da Lewis Carroll, e regalava sogni a occhi aperti a quanti a suo tempo lo incontrarono sulle pagine del Corriere dei Ragazzi. Una simpatica (ottimistica) sintesi sulla banalità del male e sulle sue declinazioni quotidiane: Invidia, superbia, collera. Condannate con una risata liberatoria.






mercoledì 18 gennaio 2017

Vedute: Jim Steranko



Marvel, anni sessanta... una galassia lontana, lontana, verrebbe da dire guardando, oggi, le tavole psichedeliche di Jim Steranko, e il suo lavoro su Nick Fury – Agent of S.H.I.E.L.D. (pubblicato sulla rivista contenitore Strange Tales). Nel contemplare l'opera di Steranko non si può fare a meno di pensare a quanto alcuni artisti siano talmente in anticipo sui tempi da arrivare praticamente in ritardo. La tecnica surreale con influenze di optical art, una tecnica astratta in seguito divenuta rara sulle pagine dedicate ai supereroi. Anzi, a una spia che si muoveva, strisciava, si nascondeva, saltava tra le pieghe dell'universo supereroistico. Un contesto fantascientifico ipnotico e destabilizzante come pochi. Se Steve Ditko, con le sue storie del Doctor Strange aveva saputo creare un mondo mistico composto da geometrie sfuggenti, le tavole di Steranko erano pura arte pop ipercinetica. Qualcosa di troppo potente, troppo anarchico, forse, per diventare canone in un genere conservatore come quello degli eroi in tuta. E non è forse un caso se la sua carriera di artista è proseguita svicolandosi dalla nona arte.







lunedì 9 gennaio 2017

Vedute: Junji Ito



Frankenstein di Mary Shelley ha avuto numerosissime letture a fumetti. Alcune hanno avuto forma di seguiti apocrifi, più o meno fedeli alle atmosfere orrorifiche e gotiche del romanzo o trasfigurate in chiavi del tutto differenti, fino alla serialità confinante con il genere che fa capo ai supereroi. Altre si sono cimentate nell'illustrazione del libro della Shelley o in veri e propri adattamenti dell'opera originale. Non si può non ricordare, a questo proposito, il lavoro di Bernie Wrightson, che sicuramente rimane tra le prove d'autore più degne di nota. A sua volta l'opera di sintesi svolta da Junji Ito, maestro dell'orrore giapponese contemporaneo, attraverso la lente della sensibilità tutta orientale per il macabro e la paura dell'ignoto, colpisce per la sua tenebrosa intensità. Il suo estro per “l'orrore del corpo” è a suo agio nel mito del moderno Prometeo. E tocca corde quanto mai inquietanti, dipingendo un mostro raramente così spaventoso e nello stesso tempo tragico.







giovedì 5 gennaio 2017

Vedute: Jason Pearson


Quello di Jason Pearson, tra i disegnatori “non canonici” (ammesso che dire così oggi abbia ancora senso) attivi nell'ambito supereroistico, è uno degli stili che amo di più. Per chi è cresciuto conoscendo e adorando le anatomie spettrali di Steve Ditko su l'Uomo Ragno delle origini, in seguito canonizzato dal più regolare e realistico John Romita Sr., il disegno di Pearson ha un sapore che mixa la nostalgia con la voglia di trasgredire. Un tratto quasi umoristico, ma virato di oscurità ed epicità. In grado di presentare nella medesima tavola personaggi dai lineamenti essenziali e pose di grande impatto visivo. Un piglio grottesco e nello stesso tempo eroico. A volte ai limiti del parodistico, ma senza mai sconfinare nella vera e propria caricatura. Personalmente, adoro il suo Wolverine tracagnotto, quasi goffo ma inquietante e bestiale come non mai. Basta osservarlo per avere la sensazione di ascoltarne il ringhio. Così come ho adorato la sua Tempesta, algida e minimalista (ma proprio per questo efficacissima) del suo primo Annual degli X-Men. I volti spesso deformati in smorfie esagerate che rievocano quasi antiche pose da cinema espressionista. 

Una Emma Frost altezzosa e ironica come una diva del muto. Un Wolverine posseduto dalla Covata (anche se è solo una simulazione) che sostanzialmente mostra il volto estremo della ferocia che già porta in sé. Un Ciclope quadrato, leader tutto d'un pezzo. E' un po' come se la matita di Pearson grattasse via dagli eroi in tuta la patinatura eroica, e mostrasse anche il senso del buffo, del sardonico, che può trasparire dalle loro imprese sopra le righe. Un rompere la buccia supereroistica per affondare i denti nella polpa. Un gusto forse non per tutti, ma sicuramente forte.








sabato 10 dicembre 2016

Vedute: Enzo Lunari e Ghirighiz


Ghirighiz di Enzo Lunari esordì nel 1965 su Linus ed ebbe anche una vita editoriale discretamente lunga, evolvendosi dal formato striscia a tavole più complesse, perdurando fino agli anni novanta. Ghirighiz era ambientato nell'età della pietra come il più noto (e anglofono B.C. di Johnny Hart). Ma in Ghirighiz possiamo trovare una satira del suo tempo che, amaramente, sembra alludere anche al futuro, e quindi il nostro presente. Il tema dei cavernicoli tra fumetti, strips e animazioni, conta numerosissimi titoli in tutto il mondo. Ma pochi graffiano ancora oggi come Ghirighiz, e pochi conservano come quest'ultimo la loro attualità. Lunari, con Ghirighiz ha fornito un mattone fondamentale per la costruzione delle storia del fumetto italiano. Oggi, forse, non è abbastanza ricordato. Un presente da ricordare...







martedì 6 dicembre 2016

Vedute: Richard Corben

 

Richard Corben. Un autore fuori dagli schemi, incredibilmente caratteristico, anche per quell'ondata indipendente e sperimentale che è stato l'Heavy Metal statunitense degli anni 70. Il mistero dell'arte di Corben consiste proprio nell'avere assimilato le influenze dei grandi illustratori europei ed essere riuscito a ibridarla attraverso uno stile americano che si colloca in modo bizzarro tra il pop e l'underground.
In Italia è ricordato soprattutto per le sue incursioni marvelliane (“Hulk: Banner” e “Cage” nella linea Max e “Punisher: The End”). Di sfuggita su Hellblazer, in qualche episodio speciale dedicato al mondo di Hellboy e il relativamente recente “Ragemoore”. De “I racconti del diamante nero”, purtroppo, dopo la serializzazione sulla rivista antologica “L'Eternauta” non abbiamo più trovato traccia. Non che il discorso sia diverso per i suoi lavori più fantascientifici, dove dimostra anche il suo personalissimo uso del colore, tra cui la serie di “Den” (anche questa pubblicata dalla Comic Art ai tempi della rivista suddetta) e cui è ispirato uno degli episodi del celebre film d'animazione “Heavy Metal”. Del resto, per il suo stile esplicito e provocatorio, in passato Corben ha dovuto difendersi anche dall'accusa (decisamente esagerata) di pornografia. Le sue produzioni più vecchie e meno commerciali oggi sono difficili da trovare. E' comunque uno degli artisti di maggiore rottura e dalla personalità invasiva, che buca la pagina e la fa sua anche con sceneggiature scontate. Un pennello nato per trascendere le epoche e vivere tanto in scenari barbarici che in costume o avveniristici.