giovedì 5 gennaio 2017

Vedute: Jason Pearson


Quello di Jason Pearson, tra i disegnatori “non canonici” (ammesso che dire così oggi abbia ancora senso) attivi nell'ambito supereroistico, è uno degli stili che amo di più. Per chi è cresciuto conoscendo e adorando le anatomie spettrali di Steve Ditko su l'Uomo Ragno delle origini, in seguito canonizzato dal più regolare e realistico John Romita Sr., il disegno di Pearson ha un sapore che mixa la nostalgia con la voglia di trasgredire. Un tratto quasi umoristico, ma virato di oscurità ed epicità. In grado di presentare nella medesima tavola personaggi dai lineamenti essenziali e pose di grande impatto visivo. Un piglio grottesco e nello stesso tempo eroico. A volte ai limiti del parodistico, ma senza mai sconfinare nella vera e propria caricatura. Personalmente, adoro il suo Wolverine tracagnotto, quasi goffo ma inquietante e bestiale come non mai. Basta osservarlo per avere la sensazione di ascoltarne il ringhio. Così come ho adorato la sua Tempesta, algida e minimalista (ma proprio per questo efficacissima) del suo primo Annual degli X-Men. I volti spesso deformati in smorfie esagerate che rievocano quasi antiche pose da cinema espressionista. 

Una Emma Frost altezzosa e ironica come una diva del muto. Un Wolverine posseduto dalla Covata (anche se è solo una simulazione) che sostanzialmente mostra il volto estremo della ferocia che già porta in sé. Un Ciclope quadrato, leader tutto d'un pezzo. E' un po' come se la matita di Pearson grattasse via dagli eroi in tuta la patinatura eroica, e mostrasse anche il senso del buffo, del sardonico, che può trasparire dalle loro imprese sopra le righe. Un rompere la buccia supereroistica per affondare i denti nella polpa. Un gusto forse non per tutti, ma sicuramente forte.








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