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lunedì 17 agosto 2015

Dimmi come fai


Una volta ho letto che i sogni modellano la realtà.
Era descritto in un fumetto… un po’ particolare. Se mille individui sogneranno la stessa cosa tutti insieme… il mondo cambierà, prendendo la forma del loro sogno comune.

Da allora ci penso spesso. Tutte le volte che inciampo o vedo altri inciampare. I sogni. Li diamo per scontati. Eppure sono importanti. Io per vivere, a lungo, ho venduto fumetti. E i fumetti, come disse un grande fumettista, possono spezzarti il cuore.

Mi chiamo Filippo… Altroquando… e sono morto due anni fa. Ma per molti versi, è allora che la mia vita è iniziata. Circondato da orrore, ho conosciuto l’amicizia e la lealtà. Il sacrificio e il coraggio. E ho capito che l’Umanità non è una specie. Ma una condizione da conquistare.
Non è facile. Proprio per niente. E la vita non ti aiuta. Quasi mai. Per questo, da nerd (che in inglese, un tempo, significava solo “perdente”), da malato cronico di sindrome di Peter Pan, mi affido spesso ai sogni. Non quei piccoli squarci di morte tra una veglia e l’altra. I sogni a occhi aperti. Quelli che si lasciano ispirare dalle letture, dall’ascolto di una canzone. Persino dalla TV. Bastoni da passeggio. O una stampella di fantasia per arrivare a fine giornata. Seconda stella a destra… poi dritto fino al mattino.
Spesso non posso farne a meno. Certo. Al mondo c’è un’infinità di gente che ha avuto una storia peggiore della mia. Non a tutti si può dire: quando una cosa va storta, troviamo un motivo per essere contenti lo stesso. Magari funzionasse tutte le volte.
Ma dimmi. Come fai a non aver paura? O sei incosciente… o forse sai che è un sogno.
Io, per esempio, ho paura tutti i giorni. Anche in quel caso, i sogni (i MIEI sogni) mi aiutano un po’. Ricordo le parole di un personaggio celebre che ti spiega che la paura è un superpotere. Il cuore pompa a tutto spiano, il sangue scorre, l’adrenalina dilaga. Puoi correre velocissimo, essere più forte della norma, essere capace di tentare di tutto. Guarda l’altro. Pensi che abbia paura? No. Chi non ha paura è uno sfigato.
L’immaginazione è la chiave. La chiave per accedere allo stato mentale che chiamiamo Umanità. Quella che smuove le montagne. Che salva le anime. E la bellezza… che salverà il mondo. Se non sogniamo non esistiamo. Nel bene come nel male. Persino l’inferno. Che potere avrebbe, se i dannati non potessero sognare il paradiso? Prova solo ad ascoltare per un momento queste voci dentro di te. E se non vuoi ascoltare il suono della mia chitarra… bruciala! Ma che almeno nasca la fiamma.
I Have a Dream! Io ho un sogno.

I Care! A me… importa.
Ma non limitarti a sognarlo. Vivilo.


Oramai già lo sai cosa ti puoi aspettare dai pirati. Non rinunciare al tuo vantaggio.
Non tutti hanno il potere di cambiare il corso degli eventi. E dal potere deriva una grande responsabilità. La responsabilità di fare un passo. Anche solo uno. Basta cominciare. Qualcuno DEVE cominciare per fare la differenza.
Ho la testa farcita di cazzate. Alla mia età c’è chi si vergognerebbe.

Un altro superpotere dell’essere umano, sempre secondo quel personaggio popolare, è la capacità di dimenticare. Dimenticare le cose brutte, le cose traumatiche, e andare avanti. A me questo manca. Ho il problema inverso. Un disturbo raro… che mi impedisce di rimuovere i ricordi superflui. Il passato che non diventa passato. Rivedo tutta la mia vita come se fosse registrata su un VHS, e non è sempre una cosa carina… non ti aiuta nelle indagini come racconta la TV. Ti rende solo più difficile perdonare.


Ma anche i difetti si possono domare come cavalli selvaggi. Anche le ossessioni. Si possono cavalcare, dritti verso la meta. Seconda stella a destra.

Ci vuole fantasia per andare avanti.
A volte deve succederci qualcosa di terribile per scoprire quanto siamo forti. O quanto potremmo esserlo.

Non è facile. Mai.

Ma se ci credi ti basta.
Poi la strada la trovi da te.


[di Filippo Messina - brano tratto da (Umanissime) Resistenze - #unbacinoperahmed]

Pubblicato anche su Abattoir.it


venerdì 31 luglio 2015

Il senso della resistenza [All'indomani di (Umanissime) Resistenze]


Diario del Capitano. Data bestiale 31 Luglio 2015.

Un successo. Per quello che questa parola può significare oggi. In una città come Palermo, per di più. Eppure non si può negare che l'iniziativa “(Umanissime)Resistenze”, nata dalla collaborazione di Altroquando con Abattoir per sostenere la campagna di beneficenza a favore di Ahmed Barkhia (nota in rete con l'hashtag #unbacinoperahmed) sia riuscita, nonostante l'Estate avanzata, il caldo, e gli spettri dell'indifferenza e della diffidenza. E' successo ieri, presso il Giardino di Handala nel quartiere Ballarò di Palermo. E noi non possiamo che esserne contenti.


L'iniziativa è partita per sostenere un singolo che, infermo ma vitale, ottimista e propositivo, si è affidato alla rete per raccogliere fondi per potersi operare in un centro medico all'avanguardia in Belgio. Col passare del tempo, e il progredire della malattia, le cose sono andate mutando. La cifra troppo alta per l'intervento chirurgico all'estero, la scelta di non puntare sul pietismo quanto sull'ottimismo e la voglia di lottare (laddove la pornografia del dolore vince mediaticamente), hanno condotto su strade differenti da quella intrapresa inizialmente. Ahmed Barkhia presto si opererà. Ma lo farà in Italia, seguendo un criterio affatto diverso e con esiti delicati che continuano a riscuotere tutta la nostra solidarietà.

L'evento palermitano è andato cambiando e crescendo simultaneamente in modo imprevedibile. L'adesione di tante ulteriori realtà culturali, sociali, musicali, e di singole persone, ha trasformato una piccola iniziativa benefica in una vera e propria festa dedicata al concetto di solidarietà, e in un tributo a quelle forme di resistenza che non rinunciano al sorriso, all'ottimismo, e hanno bisogno solo di “un piccolo aiuto da parte degli amici”. Non è casuale, ed è con grande piacere e commozione, che sottolineo la partecipazione di Musicantieri, band di giovani autistici che hanno aperto la serata. Non è stata casuale l'ospitalità della struttura usata normalmente da Handala, associazione di educatori di strada. E così è stato per booq, la bibliofficina occupata di quartiere che raccoglie un variegato ventaglio di individui e realtà politico-culturali. L'associazione culturale Mutazioni, i bravissimi fotografi di Lunghezze d'Onda. Il graditissimo intervento (peraltro senza compenso) della band NkantuD'Aziz, che insieme al gruppo Camere dello Scirocco, ha animato la serata, il cui cuore pulsante (e canovaccio iniziale) è stato il reading prodotto dal collettivo Abattoir (interfacciato con Altroquando) da cui l'evento stesso ha preso il nome.


Difficile non scordare di menzionare qualcuno, laddove in così tanti hanno voluto esserci.
Sì, perché è di questo che si è trattato. La volontà di esserci. Di partecipare. Di contribuire anche con poco (pensiamo a tutte le persone che hanno cucinato spontaneamente per la cena solidale, e che non sono state certo poche). E' tutto sommato facile dire che è stato bello. Una domanda mi ronza ancora in testa. Perché? Come mai? Cosa è scattato? E' davvero bastata la sola parola “beneficenza”? O sono forse io che non mi fido più abbastanza dell'uomo, che sono troppo abituato all'indifferenza se non all'ostilità. L'unica risposta che riesco a darmi è che fare qualcosa, anche piccolo, per rendere la vita di qualcun altro meno brutta, anche solo una pacca sulla spalla, sarà sempre e comunque meglio di uno schiaffo, di uno sputo, di un piede pestato, di un vaffanculo. Non importa cosa verrà dopo. Abbiamo tutti bisogno di positività. Di ottimismo, e di incontrare ogni tanto qualcuno che ci spinga a riscoprirlo. Qualcuno che ci contagi con il sorriso, che addolcisca un po' tutto quel sangue che ci scorre in corpo già così amaro.


Per questo la festa della solidarietà, fortemente voluta da Altroquando e da Abattoir, nel suo piccolo ha ricevuto questa risposta non indifferente da parte della città. Ci sono i sognatori. Ci sono i pragmatici. C'è chi i sogni li costruisce con la pazienza di un artigiano. C'è chi se ne sente disturbato, e li rifugge (pur avendone bisogno quanto gli altri). Ma soprattutto c'è ancora tanta voglia al mondo di stare insieme, di non essere soli. E questo evento, piccolo e grande nello stesso tempo, ci deve fare riflettere.
Nessun uomo è un'isola, scriveva John Donne. Facciamo tutti parte di qualcosa di più grande chiamato umanità. Ma i tempi cambiano. E anche l'umanità non si può più definire una specie, ma una condizione da meritare.


Restiamo umani, quindi. Anche nei nostri errori, nelle nostre imperfezioni. Ma umani. E quindi parte di un continente morale dove si parlano più lingue, ma dove tutti hanno un cuore che batte il medesimo ritmo.

Grazie a tutti quelli che lo hanno reso possibile. Grazie a tutti coloro che hanno contribuito a farci sentire, oggi, più forti, meno soli, e più determinati che mai a proseguire sulla strada che abbiamo scelto.

Perché ci sarà sempre un altro quando.












 

 




martedì 21 luglio 2015

Festa della Solidarietà - 30 Luglio Giardino di Handala a Palermo


Giovedì 30 Luglio AltroQuando e L'Abattoir vi invitano a una FESTA DELLA SOLIDARIETA' a sostegno della campagna di beneficenza #unbacinoperahmed!
A partire alle 19,30 ci troverete al GIARDINO DI HANDALA (via G. Barbieri, Palermo, quartiere Ballarò) per proiezioni, reading, musica, social bar e apericena solidale a prezzi popolarissimi.

Hanno aderito all'iniziativa حنظله handalaBooqAssociazione MutazioniAhmed Barkhia, Jack AloneStudio, i musici degli Nkantu d'Aziz, delle Camere dello scirocco e dei MusiCantieri e ancora molti altri collaboratori!

Vi annunciamo che l'INGRESSO è LIBERO, ma che poiché questo evento è una vera e propria festona di beneficenza avremo da bere e mangiare a prezzi bassissimi: Bar a cura del F.I.G.A. (Federazione Italiana Giovani Avvinazzati di Antonio Scrima)! 


LISTINO:

1 Piatto Apericena € 4
1 Piatto + Birra (o Tinto de Verano) € 5
1 Birra € 2
1 Tinto de Verano € 1,50
1 Gin/vodka lemon o tonic € 3,50
Acqua € 1
Lemon/tonic € 1
OFFERTONA PREVENDITA: 10 € 2 Piatti aperitivo + 2 cocktail (per le prevendite contattate Noemi: 3899617605 o Filippo Messina: cerebro63@tiscali.it prima possibile!).





Punto di riferimento: Casa Professa. Attraversate la piazza, passate davanti alla chiesa e procedete per via Casa Professa, percorrendola tutta fino ad arrivare a Piazza Ballarò (c'è pure il cartello turistico marrone con il nome della piazza). Sulla destra di Piazza Ballarò c'è la via Porta di Castro. La riconoscete perché c'è una tabaccheria-ricevitoria che fa angolo con la suddetta strada. Imboccate la via Porta di Castro e la percorrete fino al numero civico 61. A quel punto girate subito a sinistra e sarete in via Gianluca Barbieri, a pochissmi passi dal Giardino di Handala, che riconoscerete dal suo cancelletto, dalle mura dipinte, dal suo cartello azzurro, dall'aiuola di fronte con i cactus, e dai tanti gatti che ci stazionano.


domenica 8 giugno 2014

Abattoir - Diari di Border


Abattoir...
Mattatoio...

...luogo dove si macella il bestiame destinato a riempire le pance dei contribuenti. Un posto dove si fa... carnazza, se preferiamo. In senso metaforico, possiamo usare il termine anche per riferirci al teatro di un efferato fatto di sangue, un macello, insomma.
In un abattoir... un mattatoio (il numero 5 per l'esattezza) si trovava anche lo scrittore Kurt Vonnegut nel 1945, a Dresda in Germania, dove il bombardamento delle forze alleate fece strage di civili e prigionieri di guerra. Qualcuno, come Vonnegut, si salvò, guarda casa perché stipato proprio in un mattatoio, adibito per l'occasione a campo di concentramento.

Il mattatoio, dunque, può essere anche un rifugio? Chissà!


E se il mattatoio è francese? Se è un abattoir?

Per noi italioti, il francesismo è un altro termine discretamente ambiguo. Prestito linguistico, eufemismo per definire il turpiloquio... o evocazione immaginifica di qualcosa di raffinato e godereccio. Vi ricordate del “presidenzialismo alla francese”? Faceva sembrare tutto più esotico, aristocratico, quasi aggraziato. Chissà cosa ne pensa un vitello quando sta per ricevere il colpo mortale. Abattoir!

Kilgore Trout, l'immaginario autore evocato dalla penna di Vonnegut in Mattatoio n. 5, vivacchiava col guadagno di bizzarri racconti di fantascienza pubblicati occasionalmente su riviste pornografiche. Racconti deliranti, surreali, grotteschi, a loro modo gelidamente geniali. 

L'Abattoir palermitano, il mattatoio culturale che schizza sangue vivo sulle cronache, sui sogni e sui peccati di un'Italia che non aspetta altro che il colpo di grazia, macella idee per insaccare satira piccante. Scanna ambizioni per servire in tavola sberleffi a un paese sordocieco, mentre sul fuoco lascia pippiare a lungo un ragù di proposte e di alternative.

Chiunque può entrare in questo mattatoio e fare la propria carnazza. Tagliare, tritare e abbanniare le proprie bistecche condite a fantasia. Il mattatoio echeggia di voci, urla, fracasso e musica. Le sue pareti grondano sangue e umori, le frattaglie fumanti raccontano storie che non immagineremmo. Non così. Non con una visione così sanguigna, veritiera.

E anche questo è Abattoir.

Diari di Border è un gancio da macellaio che vi bucherà il cuore. Vi farà scoppiare i polmoni, vi trascinerà lontano dalla vostra strada consueta, lasciando dietro di voi una lunga striscia rossa. Vi caverà un occhio e vi imporrà di guardarvi intorno attraverso un velo scarlatto, di osservare... il macello. Dovrete chiedervi se vi sentite ancora a casa. Se le persone che incontrate per la strada, che frequentate e forse amate sono ancora come voi, o se forse indossano una maschera. Alieni conquistatori sotto mentite spoglie, ultracorpi omologati, vampiri che hanno cambiato faccia. Dovrete chiedervi se la maschera, invece, non la indossate voi, e se nel vostro petto batte ancora qualcosa di vagamente umano. Charles Bukowski diceva che se non si ha più un'anima, e se ne è consapevoli, è segno che uno zinzino d'anima ancora lo si possiede. Sconcertante paradosso. Ma quel gancio, se vi prende, non vi molla più. Vi porta dritti al macello, per aprirvi in due, per permettere al sangue di liberarsi, di scorrere, di cantare.

Le orecchie vi si riempiranno di voci. Voci dal macello, voci del sangue. Voci differenti per intonazione e colore. Vi parleranno di vite quotidiane inceppate, di identità spezzate, e grideranno per rabbia o per amore. Potrete sentirle ridere, fischiare, borbottare. Voci dall'aldilà, voci da un passato che vuol restare presente. Il macello è totale. Un crogiolo di ossa, cartilagini, interiora, mollame. Gran bollito di emozioni e verità relative alla ricerca di una risposta che possa almeno sembrare definitiva.

Abattoir è questo. E questo è il suo Diari di Border. Un diario di confine. Indeterminato, e proprio per questo non misurabile. Una collezione di racconti (ma è corretto definirli così?) sorti da atti creativi spontanei. Monologhi nati da naturali accoppiamenti con il proprio io, e da selvagge copule con le mille ombre e le tante luci della nostra terra, splendida e malata. Dialoghi rubati alla vita, e infilzati sullo spiedo della critica e del sarcasmo. Arrostiti sul fuoco della collera, e a volte incartati in un foglio di untuosa compassione. Un parto di gruppo, cruento come solo quello di un mattatoio potrebbe essere. Sanguinoso e dolce come l'atto di mettere al mondo un figlio, che domani vagherà là fuori, per altri macelli, non sempre benevoli come quello che lo ha concepito.

Questo è il diario di un macello. Mattatoio di sogni e speranze. Apritelo a vostro rischio, sul filo di una mannaia che squarcia il sipario e ci urla che tutti quanti, dentro, siamo rossi, umidi e tutt'altro che profumati.

Bon appétit'.



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