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sabato 3 marzo 2018
In diretta dal Golgota, di Gore Vidal
IN DIRETTA DAL GOLGOTA, di Gore Vidal. In un futuro prossimo venturo, i viaggi del tempo sono diventati una realtà ordinaria. Tanto che il flusso temporale stesso non è più diviso tra passato, presente e futuro. Ma è considerato in un unico quadro simultaneo in cui i diversi atti storici hanno tra loro scambi commerciali. Per questo si organizza una grande diretta dal Golgota per trasmettere in mondovisione la crocifissione di Gesù Cristo. C'è un problema, però. Il Messia è scomparso dal suo tempo e nessuno sa dove si trovi. Mentre un misterioso hacker sta diffondendo un virus volto a distruggere ogni traccia delle sacre scritture. Gore Vidal firma un romanzo satirico e fantastico che è nello stesso tempo un mistery fantascientifico. Una caricatura del mondo dello spettacolo e delle religioni istituzionalizzate. Un gioco di fuoco letterario, un libro straordinario. Potete leggerlo gratuitamente alla Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio di Palermo presso il TMO - Teatro Mediterraneo Occupato. E con un piccolissimo contributo sul conto http://paypal.me/altroquandopalermo potete aiutarci a fare crescere questo servizio alla città. Grazie a tutti coloro che ci sostengono. Ci sarà sempre un AltroQuando.
giovedì 22 febbraio 2018
Daniel Pennac: Il Caso Malaussène (...la prima parte)
Daniel Pennac ormai è per me come un caro amico. Lo ricordo ancora durante il suo primo incontro con i lettori al Teatro Biondo di Palermo. Sono passati diversi anni. Presentava "Signori Bambini", e il ciclo della tribù Malaussène sembrava concluso (non ci credeva nessuno neanche allora) con la sbornia letteraria di "Signor Malaussène". In realtà seguirono il racconto "Cristianos Y Moros" e "La passione secondo Terèse", in cui la dinastia si allungava ulteriormente. E ora Pennac e la sua tribù tornano (ancora) con "Il caso Malaussène: Mi hanno mentito". Ennesimo ultimo (maddai!) capitolo della saga. Un ultimo capitolo diviso in due parti alla maniera di "Kill Bill", con tanto di esasperante "CONTINUA..." nell'ultima pagina.
Durante l'incontro palermitano con i lettori di tanti anni fa, una signora tra il pubblico gli disse «E' colpa sua. Ci ha fatto amare troppo i Malaussène. E' normale che oggi noi se ne voglia ancora, e se racconta di altro le chiediamo di tornare sui suoi passi.» In realtà la tribù non è mai stata abbandonata. Daniel Pennac ha edificato un mondo e un linguaggio tutti suoi. Bizzarro il suo successo popolare considerata la prosa non proprio lineare. Una ricetta che a suo modo a conquistato tutti e continua a farlo. E' una delizia e un po' una pena, ricordare la nascita di Verdun negli anni 80 e ritrovarla oggi, quasi trentenne, nel ruolo di giudice istruttore. Inquietante upgrade del bebè inquietante che è stata. Così come vedere gli altri piccoli Malaussène, molti dei quali nati sotto gli occhi dei lettori, cresciuti e promossi al ruolo di protagonisti. Protagonisti di un'epica umoristica e fantastica, poliziesca e sociale che difficilmente si può trovare in altre pagine. Perché nel mondo dei Malaussène è possibile di tutto, ed è possibile trovare di tutto. Compreso l'orrore che suscita una risata, o la denuncia più sferzante, quella che si ammanta di ironia. E Benjamin, il Caprio Espiatorio per antonomasia, ingrigisce ma non invecchia. Ormai è un archetipo, una maschera. Come il nome Malussène è una fucina di personaggi dirompenti, che non deludono mai e ne generano sempre di nuovi. Una vera mitologia moderna, sarcastica e profondissima.
Non farci aspettare troppo la seconda parte, monsieur Pennac.
giovedì 23 ottobre 2014
Wu Ming da booq: L'armata dei sonnambuli
Per i meno informati, Wu Ming ("Senza Nome" in cinese mandarino, formula usata dai cinesi quando desiderano firmarsi in modo anonimo come gesto che si appella alla libertà di parola) è un collettivo di quattro scrittori nato dall'esperienza nota come Luther Blissett Project. Figure significative nell'ambito della cultura alternativa, autori di romanzi d'eccezione, i Wu Ming non sono del tutto anonimi come può sembrare (e come il loro pesudonimo collettivo suggerirebbe). Le loro generalità sono note, ma la loro scelta politica è quella di non lasciare traccia visibile dei loro volti su media che documentano le loro apparizioni pubbliche. Scelta dettata da un rifiuto formale (e fortemente simbolico) dei meccanismi divistici che imperversano nel mondo dell'editoria.
Per questo, trovate qui solo la registrazione sonora dell'incontro svoltosi presso la piazzetta adiacente booq, la biblio officina occupata di quartiere, di Vicolo della Neve all'Alloro a Palermo. Incontro molto partecipato che ha visto presenti Wu Ming 2 (Giovanni Cattabriga), Wu Ming 4 (Federico Guglielmi) con la partecipazione del filosofo/scrittore Franco Berardi (detto Bifo), per presentare la loro nuova opera pubblicata da Einaudi: L'armata dei sonnambuli. Il romanzo, ambientato durante il Regime del Terrore della Rivoluzione Francese, è il secondo tomo di una trilogia che gli autori definiscono "Trittico Atlantico" e che ha per oggetto vicende ambientate durante gli ultimi trent'anni del XVIII secolo. Una riflessione fantastica a allucinata sui concetti di sovversione e partecipazione popolare. L'evento, organizzato dal collettivo del booq nell'ambito della rassegna letteraria intitolata "Booquinista - I libri e la strada" è stato un bagno di folla dai risvolti molto interessanti, che è opportuno condividere anche con chi - per causa di forza maggiore - non è potuto essere presente. In questo post trovate dunque incorporato l'audio dell'incontro condotto da Totò Cavaleri con le voci degli "invisibili" Wu Ming e di Bifo.
Buon ascolto.
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domenica 8 giugno 2014
Abattoir - Diari di Border
Abattoir...
Mattatoio...
...luogo dove si macella
il bestiame destinato a riempire le pance dei contribuenti. Un posto
dove si fa... carnazza, se preferiamo. In senso metaforico,
possiamo usare il termine anche per riferirci al teatro di un
efferato fatto di sangue, un macello, insomma.
In un abattoir...
un mattatoio (il numero 5 per l'esattezza) si trovava anche lo
scrittore Kurt Vonnegut nel 1945, a Dresda in Germania, dove il
bombardamento delle forze alleate fece strage di civili e prigionieri
di guerra. Qualcuno, come Vonnegut, si salvò, guarda casa perché
stipato proprio in un mattatoio, adibito per l'occasione a campo di
concentramento.
Il mattatoio, dunque, può
essere anche un rifugio? Chissà!
E se il mattatoio è
francese? Se è un abattoir?
Per noi italioti, il
francesismo è un altro termine discretamente ambiguo.
Prestito linguistico, eufemismo per definire il turpiloquio... o
evocazione immaginifica di qualcosa di raffinato e godereccio. Vi
ricordate del “presidenzialismo alla francese”? Faceva
sembrare tutto più esotico, aristocratico, quasi aggraziato. Chissà
cosa ne pensa un vitello quando sta per ricevere il colpo mortale.
Abattoir!
Kilgore
Trout, l'immaginario autore evocato dalla penna di Vonnegut in
Mattatoio n. 5, vivacchiava col guadagno di bizzarri racconti
di fantascienza pubblicati occasionalmente su riviste pornografiche.
Racconti deliranti, surreali, grotteschi, a loro modo gelidamente
geniali.
L'Abattoir
palermitano, il mattatoio culturale che schizza sangue vivo sulle
cronache, sui sogni e sui peccati di un'Italia che non aspetta altro
che il colpo di grazia, macella idee per insaccare satira piccante.
Scanna ambizioni per servire in tavola sberleffi a un paese
sordocieco, mentre sul fuoco lascia pippiare a lungo un ragù
di proposte e di alternative.
Chiunque
può entrare in questo mattatoio e fare la propria carnazza.
Tagliare, tritare e abbanniare le proprie bistecche condite a
fantasia. Il mattatoio echeggia di voci, urla, fracasso e musica. Le
sue pareti grondano sangue e umori, le frattaglie fumanti raccontano
storie che non immagineremmo. Non così. Non con una visione così
sanguigna, veritiera.
E
anche questo è Abattoir.
Diari
di Border è un gancio da macellaio che vi bucherà il cuore. Vi
farà scoppiare i polmoni, vi trascinerà lontano dalla vostra strada
consueta, lasciando dietro di voi una lunga striscia rossa. Vi caverà
un occhio e vi imporrà di guardarvi intorno attraverso un velo
scarlatto, di osservare... il macello. Dovrete chiedervi se vi
sentite ancora a casa. Se le persone che incontrate per la strada,
che frequentate e forse amate sono ancora come voi, o se forse
indossano una maschera. Alieni conquistatori sotto mentite spoglie,
ultracorpi omologati, vampiri che hanno cambiato faccia. Dovrete
chiedervi se la maschera, invece, non la indossate voi, e se nel
vostro petto batte ancora qualcosa di vagamente umano. Charles
Bukowski diceva che se non si ha più un'anima, e se ne è
consapevoli, è segno che uno zinzino d'anima ancora lo si possiede.
Sconcertante paradosso. Ma quel gancio, se vi prende, non vi molla
più. Vi porta dritti al macello, per aprirvi in due, per permettere
al sangue di liberarsi, di scorrere, di cantare.
Le
orecchie vi si riempiranno di voci. Voci dal macello, voci del
sangue. Voci differenti per intonazione e colore. Vi parleranno di
vite quotidiane inceppate, di identità spezzate, e grideranno per
rabbia o per amore. Potrete sentirle ridere, fischiare, borbottare.
Voci dall'aldilà, voci da un passato che vuol restare presente. Il
macello è totale. Un crogiolo di ossa, cartilagini, interiora,
mollame. Gran bollito di emozioni e verità relative alla ricerca di
una risposta che possa almeno sembrare definitiva.
Abattoir
è questo. E questo è il suo Diari di Border. Un diario di
confine. Indeterminato, e proprio per questo non misurabile. Una
collezione di racconti (ma è corretto definirli così?) sorti da
atti creativi spontanei. Monologhi nati da naturali accoppiamenti con
il proprio io, e da selvagge copule con le mille ombre e le tante
luci della nostra terra, splendida e malata. Dialoghi rubati alla
vita, e infilzati sullo spiedo della critica e del sarcasmo.
Arrostiti sul fuoco della collera, e a volte incartati in un foglio
di untuosa compassione. Un parto di gruppo, cruento come solo quello
di un mattatoio potrebbe essere. Sanguinoso e dolce come l'atto di
mettere al mondo un figlio, che domani vagherà là fuori, per altri
macelli, non sempre benevoli come quello che lo ha concepito.
Questo
è il diario di un macello. Mattatoio di sogni e speranze. Apritelo a
vostro rischio, sul filo di una mannaia che squarcia il sipario e ci
urla che tutti quanti, dentro, siamo rossi, umidi e tutt'altro che
profumati.
Bon
appétit'.
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