venerdì 31 luglio 2015

Il senso della resistenza [All'indomani di (Umanissime) Resistenze]


Diario del Capitano. Data bestiale 31 Luglio 2015.

Un successo. Per quello che questa parola può significare oggi. In una città come Palermo, per di più. Eppure non si può negare che l'iniziativa “(Umanissime)Resistenze”, nata dalla collaborazione di Altroquando con Abattoir per sostenere la campagna di beneficenza a favore di Ahmed Barkhia (nota in rete con l'hashtag #unbacinoperahmed) sia riuscita, nonostante l'Estate avanzata, il caldo, e gli spettri dell'indifferenza e della diffidenza. E' successo ieri, presso il Giardino di Handala nel quartiere Ballarò di Palermo. E noi non possiamo che esserne contenti.


L'iniziativa è partita per sostenere un singolo che, infermo ma vitale, ottimista e propositivo, si è affidato alla rete per raccogliere fondi per potersi operare in un centro medico all'avanguardia in Belgio. Col passare del tempo, e il progredire della malattia, le cose sono andate mutando. La cifra troppo alta per l'intervento chirurgico all'estero, la scelta di non puntare sul pietismo quanto sull'ottimismo e la voglia di lottare (laddove la pornografia del dolore vince mediaticamente), hanno condotto su strade differenti da quella intrapresa inizialmente. Ahmed Barkhia presto si opererà. Ma lo farà in Italia, seguendo un criterio affatto diverso e con esiti delicati che continuano a riscuotere tutta la nostra solidarietà.

L'evento palermitano è andato cambiando e crescendo simultaneamente in modo imprevedibile. L'adesione di tante ulteriori realtà culturali, sociali, musicali, e di singole persone, ha trasformato una piccola iniziativa benefica in una vera e propria festa dedicata al concetto di solidarietà, e in un tributo a quelle forme di resistenza che non rinunciano al sorriso, all'ottimismo, e hanno bisogno solo di “un piccolo aiuto da parte degli amici”. Non è casuale, ed è con grande piacere e commozione, che sottolineo la partecipazione di Musicantieri, band di giovani autistici che hanno aperto la serata. Non è stata casuale l'ospitalità della struttura usata normalmente da Handala, associazione di educatori di strada. E così è stato per booq, la bibliofficina occupata di quartiere che raccoglie un variegato ventaglio di individui e realtà politico-culturali. L'associazione culturale Mutazioni, i bravissimi fotografi di Lunghezze d'Onda. Il graditissimo intervento (peraltro senza compenso) della band NkantuD'Aziz, che insieme al gruppo Camere dello Scirocco, ha animato la serata, il cui cuore pulsante (e canovaccio iniziale) è stato il reading prodotto dal collettivo Abattoir (interfacciato con Altroquando) da cui l'evento stesso ha preso il nome.


Difficile non scordare di menzionare qualcuno, laddove in così tanti hanno voluto esserci.
Sì, perché è di questo che si è trattato. La volontà di esserci. Di partecipare. Di contribuire anche con poco (pensiamo a tutte le persone che hanno cucinato spontaneamente per la cena solidale, e che non sono state certo poche). E' tutto sommato facile dire che è stato bello. Una domanda mi ronza ancora in testa. Perché? Come mai? Cosa è scattato? E' davvero bastata la sola parola “beneficenza”? O sono forse io che non mi fido più abbastanza dell'uomo, che sono troppo abituato all'indifferenza se non all'ostilità. L'unica risposta che riesco a darmi è che fare qualcosa, anche piccolo, per rendere la vita di qualcun altro meno brutta, anche solo una pacca sulla spalla, sarà sempre e comunque meglio di uno schiaffo, di uno sputo, di un piede pestato, di un vaffanculo. Non importa cosa verrà dopo. Abbiamo tutti bisogno di positività. Di ottimismo, e di incontrare ogni tanto qualcuno che ci spinga a riscoprirlo. Qualcuno che ci contagi con il sorriso, che addolcisca un po' tutto quel sangue che ci scorre in corpo già così amaro.


Per questo la festa della solidarietà, fortemente voluta da Altroquando e da Abattoir, nel suo piccolo ha ricevuto questa risposta non indifferente da parte della città. Ci sono i sognatori. Ci sono i pragmatici. C'è chi i sogni li costruisce con la pazienza di un artigiano. C'è chi se ne sente disturbato, e li rifugge (pur avendone bisogno quanto gli altri). Ma soprattutto c'è ancora tanta voglia al mondo di stare insieme, di non essere soli. E questo evento, piccolo e grande nello stesso tempo, ci deve fare riflettere.
Nessun uomo è un'isola, scriveva John Donne. Facciamo tutti parte di qualcosa di più grande chiamato umanità. Ma i tempi cambiano. E anche l'umanità non si può più definire una specie, ma una condizione da meritare.


Restiamo umani, quindi. Anche nei nostri errori, nelle nostre imperfezioni. Ma umani. E quindi parte di un continente morale dove si parlano più lingue, ma dove tutti hanno un cuore che batte il medesimo ritmo.

Grazie a tutti quelli che lo hanno reso possibile. Grazie a tutti coloro che hanno contribuito a farci sentire, oggi, più forti, meno soli, e più determinati che mai a proseguire sulla strada che abbiamo scelto.

Perché ci sarà sempre un altro quando.












 

 




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