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giovedì 16 ottobre 2014

Colla e caucciù... per salutare Giorgio Rebuffi

 

Solo poche parole... giusto per salutare Giorgio Rebuffi (1928-2014), scomparso a pochi giorni di distanza da Lorenzo Bartoli, stimato autore di John Doe


Non ho nessuna particolare antipatia per i coccodrilli. Mi limito a non nuotare nelle loro stesse acque. Ma odio doverli scrivere, quando il loro nome acquista una valenza sarcastica, riferita al commento giornalistico alla dipartita di un personaggio noto. Eppure ci sta, si deve. Ci tocca. Se Bartoli (scomparso troppo presto) aveva infuso una ventata d'ossigeno al fumetto popolare italiano contribuendo a creare John Doe, Rebuffi è stato una figura storica soprattutto per chi non è più giovanissimo, ma ricorda con piacere i suoi primi anni di appassionato di fumetti.
 

A quanti lettori sui vent'anni di età dice qualcosa il nome Tiramolla? E' possibile che i più avvertiti lo conoscano, almeno per sentito dire, ma è altrettanto probabile di no, e che siano costretti a una ricerca più approfondita per scoprirlo.

Allora ricorderò Rebuffi così: da decenni, ormai, quando vorremmo acchiappare un oggetto distante, fuori dalla nostra portata, passare sotto una porta chiusa a chiave, o semplicemente quando scopriamo che in bagno è finita la carta igienica... a molti di noi capita di pensare «Se solo fossi Mr Fantastic, Reed Richards dei Fantastici Quattro!» (ciao ciao, Tim Story. Noi ci pensavamo già da piccoli).

Ebbene, giovani... ci fu un tempo eroico in cui i ragazzi, nelle medesime circostanze sopra descritte, dicevano «Se solo potessi allungarmi... Se solo fossi Tiramolla!»
E sì, perché il misterioso, buffissimo mutante, figlio della colla e del caucciù, aveva le stesse medesime caratteristiche del supereroe marvelliano (comunque già debitore a personaggi di altri marchi editoriali statunitensi). Erano altri tempi, il fumetto d'importazione era meno pervasivo, e i miti di casa nostra (anche quelli a fumetti) impregnavano anche il nostro modo di parlare, i nostri paradossi e i nostri sogni.

Graficamente, Rebuffi ideò Tiramolla (su testi di Roberto Renzi) nel 1952, e lo rese immediatamente iconico. Un esserino filiforme, con un faccione da pupazzo fregiato con tuba e papillon rossi. Questo supereroe per i più piccoli nasceva sulle pagine di un'altra fatica di Renzi e Rebuffi: Cucciolo, dichiarata controparte umanizzata del Topolino disneyano. Ed è accanto a Cucciolo e Beppe (controparte umana di Pippo) che Tiramolla mosse i primi passi, bucando letteralmente la pagina con i suoi poteri elastici e conquistando uno spazio (e un giornalino) tutto suo.

Ma Rebuffi è da ricordare per l'intera mitologia per ragazzi legata al microcosmo di Cucciolo, affollata di personaggi fortemente caratterizzati e in grado di gareggiare in simpatia con le creature di Walt Disney che hanno segnato l'infanzia di tutti noi. Il lupo Pugacioff, altro antieroe indimenticabile, la cui strada si incrociava spesso con il cammino degli altri, soprattutto con l'oggetto principale della sua fame lupesca, il grassoccio Bombarda, clone del Gambadilegno avversario di Topolino, che con il lupaccio della steppa aveva un rapporto-tormentone molto simile a quello esistente tra Capitan Uncino e il famelico Coccodrillo (sempre questi rettili piagnoni, accidenti!).



Soprattutto per chi è nato e cresciuto tra gli anni 60 e i primi 70, i fumetti di Giorgio Rebuffi sono stati sicuramente i principali concorrenti del classico Topolino. Ma si andava al di là della semplice imitazione. La verve delle storie era brillante, le caratterizzazioni vincenti, i personaggi indimenticabili.

Rebuffi non c'è più, e nello stesso tempo c'è ancora, ci sarà sempre. Al di là di quanto possa suonare retorico. Perché è questo quel che significa lasciare un'impronta nell'immaginario. Entrare a far parte del linguaggio e del bagaglio di memorie di così tanta gente. Impresa certo non da poco.



giovedì 24 luglio 2014

CineSpider-Man: Trova le differenze



Qualcuno mi spiega perché si continua a dire che il reboot Amazing Spider-Man è "più fedele al fumetto" della trilogia di Sam Raimi?

A me sembra che (come minimo) siano pari e patta.

1 - Nel terzo (tremendo!) film di Raimi, Gwen Stacy è un'ochetta che ha un ruolo molto secondario, mentre dovrebbe essere la prima fiamma di Peter Parker. In Amazing 2, il primo Goblin sembra essere Harry Osborn (non Norman), tra l'altro stravolto.


2 - Nel primo film di Raimi, l'incidente che trasforma Peter in Uomo Ragno è molto fedele alle dinamiche del fumetto, mentre in Amazing è del tutto reiventato (in modo anche farraginoso e - se possibile - ancora meno plausibile).


3 - Il trauma della morte dello zio Ben, nel film di Raimi, è aderente alla fonte fumettistica, mentre in Amazing è rivisitato alla cazzodicane e risulta abbandonato per strada, tanto che sembra influire molto poco sulla psicologia del protagonista.


4 - Nel film di Raimi, Peter sviluppa una ragnatela biologica, mentre in Amazing costruisce i famosi lanciaragnatela. In compenso sono del tutto assenti la fase del wrestling (fondamentale), il personaggio di Jonah Jameson (fondamentale), e di fatto la sua trasformazione caratteriale (fondamentale anche questo... C'è chi lo ha trovato figo, ma sicuramente fedele al fumetto non è). E il senso di ragno? C'è? Non c'è? Eh?! Beh, nel primo C'ERA e si vedeva. Nel reboot è solo caos (o rallenty).


5 - La storia (pasticciatissima) dei genitori spie di Peter Parker, nel fumetto, emerge moooolto avanti. Niente per cui stracciarsi le vesti, ma perché rompete i coglioni con Gwen che veniva prima di Mary Jane, allora?


Questo elenco potrebbe continuare in modo nerdosissimo. Eppure, in giro per la rete, si continua a parlare di aderenza al fumetto dello Spider-Man di Marc Webb. Magari criticandolo, ma salvandone sempre la presunta fedeltà alla matrice cartacea. Fedeltà che stento a trovare. Seriamente. Qui non parliamo di dar voti ai film, ma di guardare alle loro strutture con un minimo di criterio. Che il reboot abbia cercato di puntare su alcune "differenze" per prendere le distanze da un originale ancora troppo recente si può capire. Ma parlare di fedeltà, e ripeterlo come un mantra non lo farà diventare vero.

Si vede che i commenti di tutti questi giovincelli che definiscono "sopravvalutata" la trilogia (imperfetta quanto si vuole, d'accordo, ma comunque molte spanne al di sopra di queste produzioni confuse e sciatte dal punto di vista della sceneggiatura) mi irritano profondamente?

E per inciso... che spreco Andrew Garfield. Giovane attore bravo e duttile. Potenzialmente un buon Peter Parker sulla carta... ma affondato da una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti.

lunedì 28 aprile 2014

Amazing?

Questa non è una recensione. Anzi, non si parla neppure del film. Giusto due parole... sulle recensioni di altri.
Perché in quasi tutti i commenti su Amazing Spider-Man 2: Il potere di Electro ci si preoccupa di sottolineare che NON C'E' SCENA DOPO I TITOLI DI CODA? Qualcuno mi spiega l'importanza epocale dell'evento. Quale immane trasgressione? Il tono di chi riferisce la cosa tradisce sempre una qualche delusione. Cos'è, un gadget irrinunciabile? Comunque sentir dire che la trilogia di Sam Raimi è sopravvalutatissima mi fa sentire vecchio decrepito. Ho visto succedere la stessa cosa con la musica degli anni andati, ma la vicinanza tra i due prodotti (e la gratuità dell'affermazione) rende lo scivolone ancora più marchiano. Ragazzi, è un argomento di poco conto, d'accordo. Sono cinefumetti, i gusti sono gusti e blabla, ok. Ma un minimo sindacale di oggettività non costa niente. Pensate alla caratterizzazione dei villains dei film di Raimi, Octopus su tutti, e sull'equilibrio tra dialoghi e azione (parliamo dei primi due film, non del pastrocchio che fu il terzo). Quel che è nuovo non è sempre migliore. Pensateci.



martedì 19 marzo 2013

L'infernale Uomo-Cosa


Brian Lazarus non ha pace. Tempo fa aveva pensato di poter scendere a patti con i propri demoni interiori, ma la vita non ha smesso di perseguitarlo. Ossessionato da un nuovo folletto, prodotto dalla sua mente malata, torna dunque là dove anni prima ha conosciuto un breve momento di catarsi. Nei pressi di una palude, in Florida, per rifugiarsi in un edificio fatiscente, scrivere le sue verità e finalmente, forse, morire in pace. Ma altre forze sono in agguato, e spettri del passato si preparano a incrociare nuovamente la sua strada. Una compassionevole ex ballerina e una mostruosa creatura emersa dall'acquitrinio...

Parlare dell'Uomo-Cosa a dei lettori italiani di oggi non è impresa facile.
Per iniziare, è inevitabile affrontare il concetto di clonazione fumettistica (il nome è di comodo) che ha sempre caratterizzato il mondo della nona arte nelle sue espressioni più commerciali, soprattutto nell'ambito del genere dedicato ai supereroi. Se alcuni personaggi Marvel sono nati come palesi riflessi di eroi DC (si pensi, per esempio, a Thor, imparentato tanto con Capitan Marvel-Shazam che con l'altrettanto mitologica Wonder Woman) è vero anche che la genesi di alcuni doppelgänger di carta è confusa e avvolta nel mistero. A volte si parla di nascite talmente vicine da diventare controverse sul concetto di originale e di copia. Un caso strano è proprio quello di Man-Thing (L'Uomo Cosa) e Swamp-Thing, creati entrambi nel 1971, e palesemente usciti dal medesimo stampino. Entrambi nati per incarnare le creature delle paludi che proliferano nei racconti popolari del Sud degli Stati Uniti, condividono parecchie delle linee generali. Uno scienziato che lavora a una formula rivoluzionaria. Un complotto per impadronirsene. L'apparente morte del protagonista nella palude, nella quale cade dopo essere stato esposto al suo composto chimico. La metamorfosi in una creatura fangosa, di natura vegetale, che si trova a diventare (per caso o per scelta) un difensore dell'ambiente e un baluardo contro misteriose forze occulte.


Così riassunte, le origini appena narrate si possono applicare indistintamente a entrambi i personaggi. Tuttavia, l'evoluzione successiva dei due protagonisti prende strade abbastanza differenti. Swamp Thing, sebbene con grandissimo ritardo, ha preso a godere di una discreta notorietà sul suolo italico grazie al magistrale ciclo di Alan Moore, più volte ristampato. Man-Thing, in italiano l'Uomo-Cosa, conta solo una manciata di apparizioni nel nostro paese, spesso come comparsa in storie di eroi più celebri (il tarzanide Ka-Zar, Shang Chi Maestro del Kung Fu) e la sua origine fu pubblicata nei lontani anni settanta sullo storico Corriere della Paura dell'editoriale Corno, curato dall'indimenticabile Maria Grazia Perini (MPG per i fans), che sdoganò in Italia il lato oscuro (cioè il genere horror) della Marvel Comics.
Nel caso dei due ominidi paludosi, dunque, è difficile (oltre che inutile) tentare di stabilire chi sia stato ispiratore per l'altro. Probabilmente trovano origine in un meccanismo sociologico che gli antropologi chiamano poligenesi e convergenza, sarebbero cioè sorti da idee radicate nell'inconscio collettivo di tutti e portate a maturazione in modo autonomo, secondo sensibilità e influenze culturali indipendenti.


Detto questo, possiamo contemplare le differenze tra i due mostri in apparenza così simili. Abbiamo da un lato Swamp Thing, un essere intelligente e potentissimo, sostanzialmente l'avatar del mondo vegetale, memore dei suoi trascorsi umani e in grado di esercitare il suo controllo su tutte le piante del pianeta. Dall'altro, l'Uomo-Cosa, che pur essendo una creatura di fango, pur vivendo nella palude ed essendone sostanzialmente parte, è qualcosa di diverso. Muto, in apparenza privo di intelletto, ma caratterizzato da una forte empatia che lo attira in modo irresistibile verso le emozioni umane più forti, l'Uomo-Cosa è più simile a un catalizzatore di eventi, una sorta di deus ex machina involontario, la cui qualità principale suona simile a un'ordalia: tutto ciò che prova paura brucia al tocco dell'Uomo-Cosa.

Creato da Gerry Conway, Roy Thomas e Gray Morrow in un breve racconto sulle pagine di Savage Tales nr. 1, il Cosone continuò ad apparire in ruoli secondari per approdare poi sulla rivista Adventure into Fear e conquistare una propria personalità più definita grazie allo sceneggiatore Steve Gerber. Gerber, in quegli anni, era un po' il demiurgo del sottogenere orrorifico marvelliano (Tales of Zombie, pubblicata per intero in Italia sempre sul Corriere della Paura) e accompagnò il personaggio fino alla fine degli anni ottanta, affermando che la sua vena riguardo al mostro della palude s'era ormai esaurita.


 L'infernale Uomo-Cosa, presentato dalla Panini Comics in edizione cartonata, rappresenta il saluto definitivo al personaggio da parte dello sceneggiatore scomparso nel 2008. Un progetto rimasto congelato per oltre tre decadi, disegnato in modo splendido e non scontato da Kevin Nowlan, e un'inattesa sorpresa nostalgica per quanti, in Italia, ricordano le poche, saltuarie apparizioni del mostro fangoso marvelliano. Per salutare l'Uomo-Cosa, Gerber aveva deciso di dare un seguito a una sua vecchia storia degli anni settanta intitolata Il Canto-Pianto del Morto Vivente. Protagonista del racconto era il tormentato Brian Lazarus, aspirante scrittore psicotico le cui allucinazioni (timori, depressione e senso di inadeguatezza) avevano la tendenza a materializzarsi in spettri tangibili e pericolosi (che si tratti di un potere o di mera rappresentazione surreale non importa). Una mente così travagliata non può che attirare come un magnete una creatura fatta di pura empatia, ma anche suscitare la solidarietà di qualcuno troppo umano per tirarsi indietro. Il Canto-Pianto firmato da Gerber e John Buscema nel 1974 si concludeva in modo tutto sommato consolatorio, ma per Steve Gerber il personaggio di Lazarus sembrava avere ancora qualcosa di irrisolto. Eccolo dunque tornare, dopo decenni, dove tutto è successo, ancora vittima dei suoi incubi, forse ancora più ossessionato. Ed ecco riemergere il mostro della palude, irrimediabilmente coinvolto nello psicodramma che ha luogo a pochi passi dal suo habitat naturale.

Il racconto recupera lo stile d'annata di Gerber, quello introspettivo e macabro che aveva reso affascinanti le storie dello zombie Simon Garth, e sorprende il lettore moderno con la sua forza emotiva, resa in modo magnifico dalle matite di Nowlan, capace di alternare toni realistici a vere esplosioni di incantevole follia visiva. La caratterizzazione grafica del Man-Thing attinge ai tratti essenziali del personaggio per reinventarlo quasi del tutto, facendone un grottesco pinocchio vegetale, triste, confuso e furioso al punto giusto, coinvolto in un'odissea psicanalitica dagli esiti incerti. Il volume Panini è completato dalla pubblicazione del primo racconto (finora inedito in Italia) dedicato da Steve Gerber alla vicenda di Brian Lazarus e dalla riproposta delle origini del mostro nella storia in bianco e nero del 1971. Una confezione in apparenza discutibile, in quanto il sommario è ordinato a ritroso per presentare come primo titolo la storia del 2012. Rispettando però l'ordine di lettura scelto dall'editore, la sensazione che se ne ricava è tutt'altro che spiacevole. Leggere di Lazarus e dei suoi incubi, lasciando nel mistero i riferimenti generici all'esperienza vissuta nella palude anni prima, risulta molto suggestivo. La stessa cosa succede leggendo, a seguire, il Canto Pianto del 1974, riscoprendo le matite di Buscema, il linguaggio già maturo del giovane Gerber, per concludere con il breve racconto che illustra (in un efficace bianco e nero) la genesi del personaggio principale. Una bizzarra macchina del tempo a fumetti, ovviamente ispirata da ragionamenti commerciali, ma che finisce con il regalare al lettore non più giovanissimo un'agrodolce sensazione di appagante nostalgia.

Si può fare pace con l'Uomo-Cosa di Steve Gerber (da queste parti, in fondo, non è che si fosse visto molto) e seppellire definitivamente nella palude ogni possibile paragone con lo Swamp Thing della DC Comics e le sue implicazioni forse più intellettuali.
Una sola perplessità riguarda il titolo del racconto pubblicato in America nel 2012 e tradotto alla lettera nel nostro paese: Infernal Man-Thing. L'Uomo-Cosa, in definitiva, è una figura malinconica, silenziosa, emotiva. Anche il suo tocco ustionante si attiva solo quando qualcuno ha ragione di temerlo, e generalmente lo fa perché la sua coscienza urla assetata di espiazione. Pertanto, perché Infernale Uomo-Cosa? L'inferno quieto della palude non è in fondo tra i peggiori immaginabili, né il suo abitante si può annoverare tra i demoni più terribili.
Ma in fondo va bene anche così. Tutto ciò che appare orrido agli occhi è sempre stato accostato al diavolo e agli inferi. Gli inferi dell'animo umano, in questo caso, in cui il mostro si avventura come negli anfratti della grande macchia verde di cui è parte. Perché la palude dell'Uomo-Cosa è pura allegoria del cuore umano. E la sua mostruosa sentinella è emblema dell'eterna ricerca di equilibrio tra uomo e natura, tra animale e vegetale. E di un irriducibile senso di giustizia siglato con il fuoco purificatore.

 


Questa recensione è stata pubblicata anche su FantasyMagazine.


[Articolo di Filippo Messina]

venerdì 8 marzo 2013

Iron Man 3 - Nuovo trailer ufficiale in italiano

X-Treme X-Men: una sfumatura di... Bear


C' è qualcosa nell'aria, di questi tempi... Anzi, nei fumetti...

Northstar degli X-Men è appena convolato a giuste nozze con Kyle, il suo compagno storico (ma ricordiamo che Apollo e Midnighter di Authority lo avevano già fatto molto tempo prima, adottando subito una bambina), e Alan Scott, il Lanterna Verde-Sentinel della JSA è diventato dichiaratamente gay dopo il reboot messo in atto dalla DC Comics nei mesi scorsi (alla faccia di immaturi blogger dalla lingua lunga, del tutto inconsapevoli della loro stessa ignoranza). Sempre in casa DC, la nuova, fascinosissima e omosessuale Batwoman ha appena chiesto alla sua amata di sposarla.
Il fumetto, soprattutto quello supereroistico, giacché stiamo parlando di comics popolari e non di produzioni militanti, si sta aprendo alle tematiche LGBT più che in passato. Che sia un segno dei tempi? Sarebbe molto bello. Già tanti anni fa, sempre su X-Men, Chris Claremont, senza una parola, suggeriva l'appassionata relazione lesbo tra Mystica e Destiny e il rapporto con due madri della loro figlioletta adottiva, la futura x-girl Rogue. Ma si trattava di sfumature, e il non detto, per quanto gestito con mestiere, continuava a far percepire l'esistenza di un muro invisibile oltre il quale, in un fumetto rivolto a un pubblico generalista, non si poteva andare.


Le cose stanno forse lentamente cambiando, e oggi qualche segnale arriva dalla serie X-treme X-Men, ancora inedita nel nostro paese, e prossima alla chiusura negli Stati Uniti. Al di là delle vendite scarse, sembrà però che la serie abbia guadagnato in poco tempo un discreto numero di estimatori. E anche qui, tra le innovazioni, troviamo una storia d'amore omosessuale, ma con una declinazione ancora differente, che punta oltre gli stereotipi più diffusi. La componente Gay Bear.


Per i puristi e non addetti ai lavori, è opportuna una precisazione tutta nerd. L'attuale X-treme X-Men non ha niente a che vedere con la serie omonima uscita qualche anno fa come spin off della serie madre (Uncanny X-Men) e che raccontava le vicende di un drappello di mutanti alla ricerca dei diari della defunta veggente Destiny. Il perché del riciclaggio di un titolo già utilizzato è da cercare nei consueti meccanismi commerciali della Marvel. Fatto sta che ci troviamo davanti a uno scenario completamente diverso, e soprattutto in un universo parallelo a quello classico, dove incontriamo versioni alternative di eroi che conosciamo da tempo.
Lo scoop LGBT (e molto Bear) consiste nella passione che all'interno di questa serie lega i personaggi di Wolverine (qui chiamato semplicemente Howlett) e il semidio Ercole. Un bacio appassionato tra i due nerboruti e villosi eroi sta facendo il giro della rete, e fioccano gli esperimenti di Fan Art, alcuni discretamente spinti (e non per questo meno divertenti). 


Se ancora oggi, vedere sposarsi due flessuosi giovanotti può sembrare sovversivo a qualche mente ristretta, vedere due omacci pelosissimi e massici scambiarsi effusioni affettuose, forse, lo è ancora di più. Sappiamo già che il dibattito sulle implicazioni commerciali di questi elementi inseriti nei fumetti è lontano dal terminare. Resta il fatto che una pubblicazione popolare (e un fumetto di supereroi lo è) può trasformarsi in un megafono per realtà sommerse a prescindere dalle sue intenzioni iniziali, e se il matrimonio di Northstar ha regalato grande visibilità alla comunità LGBT americana, iscrivendosi nel solco degli attuali progetti politici di Barack Obama, il bacio tra l'Ercole e il Wolverine alternativi potrebbe contribuire ad abbattere un'altra barriera. Quella che spinge molti a vedere il mondo omosessuale come se fosse un salottino dai colori pastello, popolato solo da fatine e da elfi. La relazione tra i due titani Marvel presenta una verità diversa. La realtà LGBT ha radici nel mondo reale, nei corpi reali e in tutte le età, e può esprimersi anche attraverso i feticci più virili, in apparente contraddizione con la volgata ancora così diffusa.
Tutto questo lo riassumiamo spesso con la parola Bear, etichetta che a sua volta è stata cannibalizzata dal commercio (in particolar modo in America) producendo talvolta insofferenza e scetticismo presso la sua stessa comunità. Ma quello che importa davvero è lo sdoganamento delle differenze come valore positivo, la rottura dei cliché e l'allargamento degli orizzonti. Sia pure in una dimensione alternativa a quella ufficiale, con il sapore dell'esperimento, del potrebbe essere... Affidato a una di quelle che nei fumetti sono definite “storie immaginarie”, cioè slegate dalla continuità delle serie regolari, dove ci si può permettere di fare accadere qualunque cosa a personaggi altrove considerati intoccabili.
Eppure, come ha scritto una volta il grande Alan Moore a proposito di storie immaginarie: «Non lo sono tutte?»

Se i sogni (e le storie) influenzano e modellano la realtà, diamo il benvenuto a questa nuova coppia omosessuale a fumetti, non ci importa in quale universo vivano. Noi, dal canto nostro, viviamo ancora in una dimensione (e in un paese) dove uscire allo scoperto e chiedere a volto scoperto di aver riconosciuti dei diritti sacrosanti è definito “datato” e “controproducente” da chi ancora si rifiuta di capire le ragioni e le origini profonde del frastagliato popolo LGBT. Se i fumetti potranno giocare un piccolo ruolo in un auspicabile cambiamento sociale, non lo sappiamo. Ovviamente ci auguriamo di sì, che le cose stiano pian piano cambiando. E anche questa è una storia immaginaria.
Ma in fondo... non lo sono tutte?

mercoledì 27 febbraio 2013

Amazing Spider-Man 2: un nuovo look


Lo ha da poco reso pubblico il sito Superherohype. Il costume di Spider-Man, quello che nel film di Marc Webb ha fatto storcere il naso a molti fans («Sembra fatto con i supersantos!») cambierà design nel secondo episodio, intitolato Amazing Spider-Man 2, e ancora una volta interpretato da Andrew Garfield.
L'immagine pubblicata nelle ultime ore è nitida e ci riporta decisamente a un look più simile a quello che il personaggio sfoggiava nella trilogia di Sam Raimi.

mercoledì 20 febbraio 2013

Marvel Season One - Ant-Man


La collana 100% Marvel della Panini Comics continua a proporre l'etichetta Marvel Season One. Dopo la linea Ultimate, la rilettura “che più moderna non si può” delle prime esperienze dei supereroi. O meglio, la rielaborazione sfrondata da decenni di ingombrante continuity, degli elementi iconici del personaggio in esame. Dopo i Fantastici Quattro, L'Uomo Ragno, Devil, Hulk e gli X-Men, è il turno di Ant-Man, eroe “minore” nato negli anni della Guerra Fredda e passato attraverso numerose trasformazioni (nel look e nella sostanza). Personaggio, abbiamo detto, secondario rispetto agli eroi più blasonati e oggi noti al vasto pubblico

 
Bizzarro, perché il personaggio di Ant-Man, lo scienziato Henry Pym, scopritore di una formula che modifica le dimensioni degli individui (piccoli come una formica o giganteschi come un Golia) ha un ruolo cardine nell'universo Marvel, ed è legato soprattutto al gruppo dei Vendicatori, dei quali è stato persino uno dei membri fondatori inseme alla compagna Wasp. Non è tutto. Hank Pym è anche il creatore del malvagio automa Ultron, una delle principali nemesi degli “eroi più potenti della terra”, e ha svolto un ruolo determinante in molte saghe storiche. A dispetto di questo, non ha mai goduto della stessa fama dei suoi comprimari, tanto è vero che nel film di Joss Whedon (che ha donato popolarità trasversale a tutti i personaggi del cast) è del tutto assente, fatto salvo (almeno così pare) un progetto cinematografico ancora in attesa di essere concretizzato. Sarà stato a causa della schizofrenia intrinseca al personaggio, sempre in trasformazione, con cambiamenti frequenti nel look , nel nome di battaglia e nelle abilità. Cosa che ha prodotto un'incostanza editoriale e un difetto di riconoscibilità dell'eroe protagonista (in continua mutazione) con esiti commerciali deludenti. Evoluzioni formali che hanno finito con il riflettersi sulla caratterizzazione stessa dell'eroe e portarlo a compiere azioni infauste, qualificandolo definitivamente come un individuo psicologicamente irrequieto e instabile. In realtà, un pozzo di spunti per un cosmo supereroistico che aveva fatto dei problemi personali dei suoi eroi la principale spezia narrativa. Ma con Ant-Man (in seguito Giant-Man, quindi Golia, dunque Calabrone, per poi tornare a essere Ant-Man e infine persino Wasp) qualcosa non funzionò, e il professor Pym rimase una presenza costante nel mondo dei Vendicatori senza mai scalare la vetta di un successo personale.


Marvel Season One è dunque un'occasione per i lettori più giovani di scoprire questo personaggio sommerso eppure molto presente nella mitologia Marvel. O almeno per conoscerne le origini, più qualche sottile riferimento a eventi di là da venire che il lettore smaliziato (e più maturo) riconoscerà senz'altro. Il navigato Tom DeFalco, con la collaborazione del disegnatore Horacio Domingues, si occupa di questo svecchiamento introducendo alcune varianti al tema originale. Henry , al suo debutto come eroe in tuta (come semplice scienziato era già apparso in una storia su Tales of Astonish 27 nel 1962), dopo aver scoperto le famigerate “particelle Pym”, si trasformava in Ant-Man per combattere agenti sovietici interessati a rubare la sua fantastica scoperta. Come altri eroi Marvel, il personaggio attingeva molto al suo omologo della DC Comics, Atom, ma con l'aggiunta della relazione con il mondo degli insetti - nello specifico delle formiche - e del loro controllo. In questa versione, il famoso casco di Ant-Man, pensato proprio per comunicare con le formiche, è un progetto di Maria, moglie di Henry e scienziata altrettanto brillante, deceduta in quello che sembra essere stato un atto terroristico in Ungheria. La tragedia, consumata nel prologo del racconto, porta Henry a un crollo nervoso che lo terrà a lungo sul divanetto dello psicanalista, e serve a introdurre sin da subito gli elementi di paranoia e incertezza che in seguito renderanno il personaggio ambiguo e imprevedibile. La sottotrama che segue è ormai da manuale e si dipana su binari magari fin troppo prevedibili, o comunque inefficaci a scrollarsi di dosso una patina di ingenuità.

Il lavoro svolto da DeFalco su Ant-Man potrebbe essere definito come una sorta di sintesi cinematografica, approccio oggi molto in voga nelle riscritture delle origini di supereroi. Si tratta di riassumere gli ingredienti che danno forma al personaggio e mixarli con gli sviluppi che lo hanno fatto evolvere con il trascorrere del tempo. Ecco spiegata l'apparizione precoce di Bill Foster, collaboratore di Henry che nella continuity ufficiale compare molto più avanti, e in un secondo tempo finisce con l'usare egli stesso le particelle Pym trasformandosi in Black Goliath, personaggio che negli anni settanta andò a impinguare brevemente il settore black exploitation delle testate Marvel.

La sintesi richiede anche la presentazione di una delle principali nemesi dell'eroe, ed è così che Elihas Starr, il mad doctor Testa d'Uovo, diventa il facoltoso fondatore di una multinazionale per cui lo stesso Pym e famiglia inizialmente lavorano. Piazzati così i pezzi sulla scacchiera, il racconto si evolve in modo lineare, senza intoppi ma anche senza veri guizzi creativi, e il risultato – sia pure non sgradevole – non lascia particolarmente colpiti. Eppure il gioco dell'invisibilità (in questo caso dovuta alle piccolissime dimensioni) dovrebbe essere uno spunto collaudato, così come l'avventura nel mondo degli insetti si presta potenzialmente a situazioni emozionanti. Tom DeFalco se la cava, invece, con il suo vecchio, rodato mestiere, senza tentare nessuna vera innovazione, e le matite di Domingues, molto classiche, completano il compito in modo diligente. Molto del potenziale rimane però inespresso, forse perché le peculiarità dell'eroe non sono spettacolari quanto in un fumetto ci si attende da un eroe in tuta. O sarà la maledizione di Ant-Man, chissà! Resta il fatto che il personaggio continua a fare fatica ad abbandonare le dimensioni minuscole (e il suo complesso di inadeguatezza) per diventare un gigante degno di nota. Forse dovremo attendere che l'eroe riceva il crisma del cinema... e solo allora la Marvel deciderà quanto spazio e attenzione vorrà effettivamente prestargli. 
 

[Articolo di Filippo Messina]

 

lunedì 11 febbraio 2013

Niente è per sempre - Memocomics #2


Niente è per sempre. Troppo spesso ci sentiamo dire «Non mi avevate avvisato... Non me l'avete detto...»
Può anche darsi che sia vero. Nel caos lavorativo, a volte, l'enunciazione di semplici regole può sfuggire. Ma lasciateci commentare che anche supporre che qualcosa sia eterno è perlomeno ingenuo. Come potremmo sopravvivere (e non chiudere bottega) senza vendere i fumetti, ma tenendoli tutti congelati in attesa che più clienti escano dal loro letargo? Ecco dunque nascere questi Memocomics, che d'ora in avanti vi ossessioneranno, nella speranza che nessuno ci dica più «Cavolo, non lo sapevo!»
E date una lettura alla nostra pratica Guida all’uso della fumetteria. E' davvero d'aiuto.

Niente è per sempre - Memocomics #1


Scatta l’operazione “Niente è per sempre”. Li abbiamo chiamati “Memocomics”. Dei pratici “memo” (ma anche “memi”) che hanno il compito di ricordare alla nostra clientela le regole della nostra fumetteria, di evitare fraintendimenti, dimenticanze, e soprattutto… tentare di scongiurare il “nenti vitti nenti sacciu” che ci sentiamo sempre più spesso rispondere. Ragazzi, i diamanti potranno anche essere per la vita, ma i fumetti no. Dobbiamo venderli per sopravvivere e restare aperti, supporre che li terremo da parte per voi a tempo indeterminato è... come dire? Irragionevole? Per questo ci daremo da fare perché le nostre norme di lavoro non siano dimenticate, cosa che ci aiuterà a lavorare meglio anche per voi.
Intanto, visitate la nostra pratica Guida all’uso della fumetteria. Ne vale la pena.


lunedì 14 gennaio 2013

Canto di Natale Zombi



Lo sappiamo. Già ci sembra di sentirlo: «Natale è passato, non ve ne siete accorti?»
E' vero, è un fumetto di cui sarebbe stato meglio parlare durante le feste. Detto questo, premettiamo che esistono comunque tre buone ragioni per parlare di questo Canto di Natale Zombi, targato Marvel.

1 – Natale sarà pure passato, ma gli zombi, di questi tempi, sono di gran moda.

2 – L'opera in questione è tratta da un classico intramontabile della letteratura inglese, rivisitato in mille modi e da mille media, e per la potenza dei suoi contenuti è un racconto che trascende le festività durante le quali è ambientato.

3 – Per quanto sia lecito guardarlo con sospetto, è davvero molto, molto carino.

Tutti conoscono (o almeno dovrebbero) la storia di Ebenezer Scrooge, il granitico taccagno uscito dalla penna di Charles Dickens e divenuto icona universale della redenzione di un'umanità indurita dalle amarezze della vita. Come dicevamo, Canto di Natale, di Dickens, conta un numero sterminato di versioni, riletture e adattamenti. Film, parodie, un celebre lungometraggio della serie animata Mr Magoo, e più recentemente un bellissimo speciale natalizio di Doctor Who, dove il signore del tempo deve riuscire ad ammorbidire in fretta l'animo cagliato di una versione avveniristica dell'irriducibile misantropo, assumendo il ruolo degli spiriti del Natale passato, presente e futuro.


Domanda: che cosa c'entrano... anzi, come possono entrarci gli zombi in un racconto che fa della riscoperta dei valori semplici e della gioia di vivere i propri cardini fondamentali?


C'entrano, c'entrano... Ed è tutto merito di George A. Romero, padre di tutti i morti ambulanti dell'età moderna, quelli cannibali, che già nello storico La Notte dei Morti Viventi, simboleggiavano un popolo di diseredati che si ridestava per divorare fino all'osso la società corrotta che li aveva resi reietti. In Canto di Natale Zombi, i fantasmi protagonisti del racconto originale lasciano posto a creature molto vicine all'attuale mitologia zombesca, ma tornando ad attingere ai sottotesti politici sdoganati da Romero nella sua fortunata serie cinematografica. Londra è allo stremo, assediata da un'orda di creature affette da una pestilenza che è stata definita morte famelica. Gli esseri umani contagiati mutano in cadaveri animati da un appetito insaziabile che una volta consumato tutto il cibo disponibile sbranano i propri simili, seminando morte e diffondendo il contagio. Natale è alle porte e l'unico cittadino che ancora possiede risorse in grado di tenere a bada la mostruosa fame della popolazione mutata è proprio il ricchissimo e inavvicinabile Scrooge. Ma che cos'è veramente la morte famelica? Da dove è arrivata fin nel cuore di Londra, come ha iniziato a diffondersi? La risposta non è scontata, e s'incastra in modo sorprendente con i temi dell'opera di Charles Dickens grazie alla sceneggiatura divertita e ispirata di Jim McCann, capace di riscrivere con una grazie inattesa una delle più grandi storie natalizie di sempre infondendole la componente horror di maggiore successo mediatico del momento.


Per un'operazione del genere, il kitsch e l'inutile profanazione letteraria erano rischi ovvi, eppure il lavoro di McCann funziona benissimo, accompagnato alle matite da David Baldeon, cartoonesco e malizioso quanto basta per evocare tanto Scrooge e gli spiriti del Natale che ben conosciamo quanto un'apocalisse zombi del tutto funzionale alla trama. L'avventura notturna di Scrooge e le tappe morali della sua redenzione rimane deliziosamente intatta, e la presenza (anche concettuale) dei morti viventi contribuisce all'ulteriore divulgazione di questo classico della letteratura. Commozione e divertimento non mancano, in una confezione che sprizza simpatia e sarebbe un bel regalo (non soltanto natalizio) per i più giovani che ancora non conoscono questo classico della narrativa inglese, ma anche per chi lo ama e può godere appieno questa nuova, riuscita variante.

Una sorpresa che magari non resterà negli annali del fumetto d'autore, ma che in mezzo a tante uscite trascurabili (e a tanti, troppi zombi) merita la lettura più di altro. E se fosse la sua origine letteraria a farvi arricciare il naso... Beh, sapete una cosa?
«I morti ti prenderanno, Barbara... I morti ti prenderanno...»




[Articolo di Filippo Messina]