martedì 19 marzo 2013

L'infernale Uomo-Cosa


Brian Lazarus non ha pace. Tempo fa aveva pensato di poter scendere a patti con i propri demoni interiori, ma la vita non ha smesso di perseguitarlo. Ossessionato da un nuovo folletto, prodotto dalla sua mente malata, torna dunque là dove anni prima ha conosciuto un breve momento di catarsi. Nei pressi di una palude, in Florida, per rifugiarsi in un edificio fatiscente, scrivere le sue verità e finalmente, forse, morire in pace. Ma altre forze sono in agguato, e spettri del passato si preparano a incrociare nuovamente la sua strada. Una compassionevole ex ballerina e una mostruosa creatura emersa dall'acquitrinio...

Parlare dell'Uomo-Cosa a dei lettori italiani di oggi non è impresa facile.
Per iniziare, è inevitabile affrontare il concetto di clonazione fumettistica (il nome è di comodo) che ha sempre caratterizzato il mondo della nona arte nelle sue espressioni più commerciali, soprattutto nell'ambito del genere dedicato ai supereroi. Se alcuni personaggi Marvel sono nati come palesi riflessi di eroi DC (si pensi, per esempio, a Thor, imparentato tanto con Capitan Marvel-Shazam che con l'altrettanto mitologica Wonder Woman) è vero anche che la genesi di alcuni doppelgänger di carta è confusa e avvolta nel mistero. A volte si parla di nascite talmente vicine da diventare controverse sul concetto di originale e di copia. Un caso strano è proprio quello di Man-Thing (L'Uomo Cosa) e Swamp-Thing, creati entrambi nel 1971, e palesemente usciti dal medesimo stampino. Entrambi nati per incarnare le creature delle paludi che proliferano nei racconti popolari del Sud degli Stati Uniti, condividono parecchie delle linee generali. Uno scienziato che lavora a una formula rivoluzionaria. Un complotto per impadronirsene. L'apparente morte del protagonista nella palude, nella quale cade dopo essere stato esposto al suo composto chimico. La metamorfosi in una creatura fangosa, di natura vegetale, che si trova a diventare (per caso o per scelta) un difensore dell'ambiente e un baluardo contro misteriose forze occulte.


Così riassunte, le origini appena narrate si possono applicare indistintamente a entrambi i personaggi. Tuttavia, l'evoluzione successiva dei due protagonisti prende strade abbastanza differenti. Swamp Thing, sebbene con grandissimo ritardo, ha preso a godere di una discreta notorietà sul suolo italico grazie al magistrale ciclo di Alan Moore, più volte ristampato. Man-Thing, in italiano l'Uomo-Cosa, conta solo una manciata di apparizioni nel nostro paese, spesso come comparsa in storie di eroi più celebri (il tarzanide Ka-Zar, Shang Chi Maestro del Kung Fu) e la sua origine fu pubblicata nei lontani anni settanta sullo storico Corriere della Paura dell'editoriale Corno, curato dall'indimenticabile Maria Grazia Perini (MPG per i fans), che sdoganò in Italia il lato oscuro (cioè il genere horror) della Marvel Comics.
Nel caso dei due ominidi paludosi, dunque, è difficile (oltre che inutile) tentare di stabilire chi sia stato ispiratore per l'altro. Probabilmente trovano origine in un meccanismo sociologico che gli antropologi chiamano poligenesi e convergenza, sarebbero cioè sorti da idee radicate nell'inconscio collettivo di tutti e portate a maturazione in modo autonomo, secondo sensibilità e influenze culturali indipendenti.


Detto questo, possiamo contemplare le differenze tra i due mostri in apparenza così simili. Abbiamo da un lato Swamp Thing, un essere intelligente e potentissimo, sostanzialmente l'avatar del mondo vegetale, memore dei suoi trascorsi umani e in grado di esercitare il suo controllo su tutte le piante del pianeta. Dall'altro, l'Uomo-Cosa, che pur essendo una creatura di fango, pur vivendo nella palude ed essendone sostanzialmente parte, è qualcosa di diverso. Muto, in apparenza privo di intelletto, ma caratterizzato da una forte empatia che lo attira in modo irresistibile verso le emozioni umane più forti, l'Uomo-Cosa è più simile a un catalizzatore di eventi, una sorta di deus ex machina involontario, la cui qualità principale suona simile a un'ordalia: tutto ciò che prova paura brucia al tocco dell'Uomo-Cosa.

Creato da Gerry Conway, Roy Thomas e Gray Morrow in un breve racconto sulle pagine di Savage Tales nr. 1, il Cosone continuò ad apparire in ruoli secondari per approdare poi sulla rivista Adventure into Fear e conquistare una propria personalità più definita grazie allo sceneggiatore Steve Gerber. Gerber, in quegli anni, era un po' il demiurgo del sottogenere orrorifico marvelliano (Tales of Zombie, pubblicata per intero in Italia sempre sul Corriere della Paura) e accompagnò il personaggio fino alla fine degli anni ottanta, affermando che la sua vena riguardo al mostro della palude s'era ormai esaurita.


 L'infernale Uomo-Cosa, presentato dalla Panini Comics in edizione cartonata, rappresenta il saluto definitivo al personaggio da parte dello sceneggiatore scomparso nel 2008. Un progetto rimasto congelato per oltre tre decadi, disegnato in modo splendido e non scontato da Kevin Nowlan, e un'inattesa sorpresa nostalgica per quanti, in Italia, ricordano le poche, saltuarie apparizioni del mostro fangoso marvelliano. Per salutare l'Uomo-Cosa, Gerber aveva deciso di dare un seguito a una sua vecchia storia degli anni settanta intitolata Il Canto-Pianto del Morto Vivente. Protagonista del racconto era il tormentato Brian Lazarus, aspirante scrittore psicotico le cui allucinazioni (timori, depressione e senso di inadeguatezza) avevano la tendenza a materializzarsi in spettri tangibili e pericolosi (che si tratti di un potere o di mera rappresentazione surreale non importa). Una mente così travagliata non può che attirare come un magnete una creatura fatta di pura empatia, ma anche suscitare la solidarietà di qualcuno troppo umano per tirarsi indietro. Il Canto-Pianto firmato da Gerber e John Buscema nel 1974 si concludeva in modo tutto sommato consolatorio, ma per Steve Gerber il personaggio di Lazarus sembrava avere ancora qualcosa di irrisolto. Eccolo dunque tornare, dopo decenni, dove tutto è successo, ancora vittima dei suoi incubi, forse ancora più ossessionato. Ed ecco riemergere il mostro della palude, irrimediabilmente coinvolto nello psicodramma che ha luogo a pochi passi dal suo habitat naturale.

Il racconto recupera lo stile d'annata di Gerber, quello introspettivo e macabro che aveva reso affascinanti le storie dello zombie Simon Garth, e sorprende il lettore moderno con la sua forza emotiva, resa in modo magnifico dalle matite di Nowlan, capace di alternare toni realistici a vere esplosioni di incantevole follia visiva. La caratterizzazione grafica del Man-Thing attinge ai tratti essenziali del personaggio per reinventarlo quasi del tutto, facendone un grottesco pinocchio vegetale, triste, confuso e furioso al punto giusto, coinvolto in un'odissea psicanalitica dagli esiti incerti. Il volume Panini è completato dalla pubblicazione del primo racconto (finora inedito in Italia) dedicato da Steve Gerber alla vicenda di Brian Lazarus e dalla riproposta delle origini del mostro nella storia in bianco e nero del 1971. Una confezione in apparenza discutibile, in quanto il sommario è ordinato a ritroso per presentare come primo titolo la storia del 2012. Rispettando però l'ordine di lettura scelto dall'editore, la sensazione che se ne ricava è tutt'altro che spiacevole. Leggere di Lazarus e dei suoi incubi, lasciando nel mistero i riferimenti generici all'esperienza vissuta nella palude anni prima, risulta molto suggestivo. La stessa cosa succede leggendo, a seguire, il Canto Pianto del 1974, riscoprendo le matite di Buscema, il linguaggio già maturo del giovane Gerber, per concludere con il breve racconto che illustra (in un efficace bianco e nero) la genesi del personaggio principale. Una bizzarra macchina del tempo a fumetti, ovviamente ispirata da ragionamenti commerciali, ma che finisce con il regalare al lettore non più giovanissimo un'agrodolce sensazione di appagante nostalgia.

Si può fare pace con l'Uomo-Cosa di Steve Gerber (da queste parti, in fondo, non è che si fosse visto molto) e seppellire definitivamente nella palude ogni possibile paragone con lo Swamp Thing della DC Comics e le sue implicazioni forse più intellettuali.
Una sola perplessità riguarda il titolo del racconto pubblicato in America nel 2012 e tradotto alla lettera nel nostro paese: Infernal Man-Thing. L'Uomo-Cosa, in definitiva, è una figura malinconica, silenziosa, emotiva. Anche il suo tocco ustionante si attiva solo quando qualcuno ha ragione di temerlo, e generalmente lo fa perché la sua coscienza urla assetata di espiazione. Pertanto, perché Infernale Uomo-Cosa? L'inferno quieto della palude non è in fondo tra i peggiori immaginabili, né il suo abitante si può annoverare tra i demoni più terribili.
Ma in fondo va bene anche così. Tutto ciò che appare orrido agli occhi è sempre stato accostato al diavolo e agli inferi. Gli inferi dell'animo umano, in questo caso, in cui il mostro si avventura come negli anfratti della grande macchia verde di cui è parte. Perché la palude dell'Uomo-Cosa è pura allegoria del cuore umano. E la sua mostruosa sentinella è emblema dell'eterna ricerca di equilibrio tra uomo e natura, tra animale e vegetale. E di un irriducibile senso di giustizia siglato con il fuoco purificatore.

 


Questa recensione è stata pubblicata anche su FantasyMagazine.


[Articolo di Filippo Messina]

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