domenica 3 novembre 2019

Go Home - A casa loro


Finalmente visto "Go Home - A casa loro" di Luna Gualano.

Punto fermo: lo zombi cannibale canonizzato da George Romero è una metafora politica. Emiliano Rubbi, autore della sceneggiatura, e Luna Gualano, regista, questo lo sanno benissimo. E traspare da ogni singola inquadratura di questo film indipendentissimo, realizzato grazie a un crowdfunding, girato in economia e proiettato nelle sale italiane per soli tre giorni.


L'innesco è semplice e molto forte. A Roma, un centro d'accoglienza profughi è oggetto di una manifestazione organizzata da gruppi di estrema destra che ne richiede lo sgombero. Scoppiano delle risse e nella mischia qualcuno lancia un candelotto di... qualcosa. Come da manuale, le cause che scatenano l'apocalisse zombi sono vaghe e ininfluenti. Quello che conta è la presenta dei morti antropofaghi e la loro insensata, famelica violenza (non troppo diversa da quella dei vivi) che assedieranno il centro in cui Enrico, un militante di destra xenofobo, troverà rifugio per non finire sbranato.


Il film di Gualano e Rubbi merita tantissimo dal punto di vista delle intenzioni, e della fantasia (volta a fare di necessità virtù) con cui porta in scena l'orrore. Anzi, diversi tipi di orrore. Magari pecca di un eccessivo didascalismo, e finisce col predicare ai convertiti, tuttavia ha molte cartucce da sparare. A differenza dei personaggi assediati del film, che in questo caso sono completamente disarmati. Il climax angosciante del dramma della costrizione, in cui tutti i feticci dello zombi movie si presentano puntualmente, è scandito anche dalle differenze e dalle divisioni interne. La solidarietà non si può mai dare per scontata, neppure tra chi condivide disgrazie amarissime. Neppure davanti a una catastrofe che mette in pericolo tutti azzerando ruoli che a quel punto sarebbero marginali. Anche questo un punto nevralgico tenuto a battesimo dal grande Romero. Gli zombi sono una massa brutale mossa solo da una fame mostruosa, ma sono le divisioni interne il reale pericolo e la miccia che farà esplodere tutto. Il ruolo emblematico di Enrico, il giovane razzista messosi in salvo grazie all'aiuto della gente che odia e che vorrebbe vedere sgombrata, non è da dare per scontato. Chi si aspetta un comune racconto di redenzione potrebbe trovarsi davanti a qualcosa di inatteso. E pessimista, in perfetta chiave romeriana. Una parabola nerissima, dove gli effetti splatter, per forza maggiore, glissano spesso sul versante visivo e si affidano soprattutto a un validissimo comparto sonoro. Girato in due centri sociali della capitale, il film si avvale anche del commento musicale di band della scena romana tra cui Il Muro del Canto. Per i mezzi a disposizione, nel complesso, un film da applaudire. E davanti al quale rabbrividire per numerosi motivi. Perché ormai lo sappiamo. Quando gli zombi sono tanti e premono contro le porte, prima o poi entreranno. E allora... sarà un bagno di sangue.


mercoledì 30 ottobre 2019

Watchmen - La serie TV: prime sensazioni...


Watchmen 1x02. Non sono ancora sicuro di aver capito dove Damon Lindelof abbia intenzione di andare a parare. Ma la narrazione carbura, e dopo l'impressione di disorientamento suscitata dal primo episodio, posso dire di essere entrato nel racconto quanto basta per voler scoprire che cosa succederà in seguito. Confermo la mia sensazione iniziale. E cioè che (almeno finora) questa serie TV sembra voler giocare con ambientazione e temi dell'opera di Alan Moore e Dave Gibbons per prendere una direzione completamente autonoma. E se questo dovesse essere confermato, sarebbero solo buone notizie. Più che un vero seguito si direbbe una storia che prende spunto da un determinato scenario. Un contesto fortemente riscritto (e del resto è passato tempo dal finale del graphic novel) e desideroso di giocare con le aspettative per parlare d'altro. Ammiccando ai feticci noti, ma lasciandoli a margine, mentre personaggi e situazioni prendono piede. Le atmosfere sono inquietanti e di fumettistico, nonostante tutto, per adesso c'è ben poco. E anche questo, direi, non è affatto un male. Non resta che da dire: vedremo, vedremo...

Titans: Chella Man è Jericho


Titans. Siamo oltre metà stagione, ormai, ed è sempre più evidente come l'obiettivo della serie DC Universe sia focalizzarsi sui personaggi, e fare prevalere la loro caratterizzazione sull'andamento della trama principale, che in ogni caso procede e si fa sempre più intricata. Abbiamo infine fatto la conoscenza di Jericho. Personaggio creato nei fumetti da Marv Wolfman e George Perez, qui interpretato da Chella Man alla sua prima prova attoriale. Sì, perché Chella è principalmente uno youtuber, un modello e un artista figurativo, ma credo si possa dire che, in una manciata di episodi, la sua prova di esordio sia tutt'altro che da disprezzare. Sordo nella vita, così come il personaggio che interpreta nella serie è muto, Chella Man è oggi uno dei primi attori transgender a interpretare un ruolo dal sesso definito, aprendo una buona volta la porta al fatto che i performers dall'identità sessuale fluida o in transizione, in genere condannati da Hollywood a recitare sempre e soltanto se stessi, possano rivestire qualunque parte esattamente come gli interpreti cisgender. 
Così come il suo corrispettivo a fumetti, Jericho è un personaggio tragico, figlio del principale avversario della squadra di cui si trova a far parte. Ma "Titans", la serie, segue una cronologia alternata, e presenta tanti aspetti ingannevoli (soprattutto per chi conosce i retroscena dei comic book) e tante cose sono ancora da chiarire. Con i suoi alti e bassi, ad ogni modo, "Titans" si sta confermando una serie molto interessante. Abbastanza diversa dalle letture live action dei fumetti supereroistici cui siamo stati abituati. E propone innovazioni che spingono a tenere d'occhio ogni sviluppo.


giovedì 17 ottobre 2019

E Titans continua...


Titans...
Ok, voglio Krypto. Lo so, probabilmente mi friggerebbe il gatto. Ma posso sempre provare a farli andare d'accordo.
A parte questo: Wow! Wow! Wow! Il modo di presentare Conner mi è piaciuto molto. Ed è interessante come i poteri di Superman (o di qualcuno simile a Superman) possano risultare inquietanti a seconda di come vengono raccontati. La serie Titans sta proponendo una buona caratterizzazione di eroi non sovraesposti quanto altri, e finora questo è il suo pregio maggiore. Insomma, per come la vedo io, continua a funzionare. E non vedo l'ora di sapere cosa succederà adesso.


venerdì 11 ottobre 2019

Coming Out Day 2019

Oggi è il coming out day. Personalmente, non ho avuto questo problema né in famiglia né sul lavoro. Semmai l'ho avuto con me stesso, con cui ho giocato a nascondino per lunghi anni prima di comprendermi e accettarmi. E scoprire che era tutto molto più facile di quanto pensassi. Lo celebro con questa (per me fantastica) foto di un attore e personaggio che amo molto (sì, anche in quel senso). Sembra che David Harbour sia del tutto consapevole di essere diventato un'icona sexy per gli orsi gay, e che abbia preso a giocare in rete ammiccando anche a questi ammiratori. A giudicare dalla terza stagione di "Stranger Things", direi che ne sono consapevoli anche sceneggiatori e registi (a buon intenditore...). Un augurio di vita migliore a chi continua a porsi problemi. Che magari a volte esistono, ma che hanno bisogno di essere affrontati per poter scomparire.




lunedì 7 ottobre 2019

The Head Hunter [di Jordan Downey]

"The Head Hunter"(Il cacciatore di teste) è un bizzarro film (Fantasy? Horror?) diretto dal regista Jordan Downey nel 2018. Un film pressoché muto (i dialoghi ci sono, ma ridotti a un osso di pochi centimetri) che punta gran parte della sua durata (breve, dura poco più di un'ora) sull'atmosfera e la presenza, in sostanza, di un solo personaggio protagonista (l'attore norvegese Christopher Rygh). Un cavaliere vive isolato in una casupola in mezzo ai boschi dove, tempo prima, la figlioletta è stata uccisa da una creatura soprannaturale. La sua vita è scandita dall'attesa della vendetta e da una costante lotta contro i mostri che infestano quelle lande. Forse orchi, forse troll o altro (il film è molto avaro di spiegazioni). Qualcuno gli segnala la presenza dei mostri per mezzo di messaggi inviati su pergamena, quasi dei bollettini che segnalano la presenza di banditi ricercati, come i cartelli "wanted" del far west.
Il cavaliere, però, non è un cacciatore di taglie, ma di teste, che conserva come trofei, impalandole su pioli dentro la sua casa o su bastoni nel campo circostante. Le sue battaglie contro le creature mostruose sono tutte tenute rigorosamente fuori scena. Quella che ci viene narrata è la sua quotidianità, tra uno scontro sanguinoso e l'altro. Il cavaliere torna ogni volta con una nuova testa mostruosa da aggiungere alla sua macabra collezione. Cura le proprie ferite con erbe e pozioni magiche (veramente magiche!) e attende l'incontro finale con il suo antico nemico. Giorno dopo giorno, i suoi rituali diventano per noi familiari. Finché qualcosa non andrà storto. Tremendamente storto...


"The Head Hunter", con la sua narrazione minimalista, i suoi lunghi silenzi e lo sconcertante finale, potrebbe dare l'idea di un cortometraggio allungato oltre misura. Eppure sarebbe ingeneroso giudicarlo così. Il film di Jordan Downey, che si era fatto notare nel 2013 con l'horror comedy "Thankskilling", con protagonista un tacchino demoniaco, è un vero dipinto vivente. Un film dove i silenzi, la fotografia, i dettagli, il sangue e l'attesa dell'inevitabile, contribuiscono a plasmare un'esperienza cinematografica totalizzante, che non ha bisogno delle parole per essere completa. Un piccolo gioiello da ammirare con attenzione.