In queste ore il Coming Out di
Willwoosh, il popolare Guglielmo Scilla, giovane astro del web che ha
contribuito a dare forma allo strumento Youtube come mezzo di
intrattenimento, è – com'era prevedibile – oggetto di
discussione.
In alcuni casi, i commenti dovrebbero
essere superflui. Dovrebbero, insomma, essere dati per scontati. Ma
viviamo nell'era dei social, dove a ogni singolo starnuto fa eco non
un convenzionale “Salute”, ma qualcosa di spesso farraginoso e
imponderabile. In altre parole, non necessario.
Ed è questo il punto di cui parlerò.
Di cosa è necessario e di cosa non lo è.
Il commento in primo piano è: «Lo
sapevano tutti. Non era necessario.»
Un commento che si palesa non soltanto
tra il pubblico “generalista”, ma anche nell'ambito del mondo
LGBT, non nuovo a divisioni interne e ad atteggiamenti variegati.
Il mio commento personale, invece, è:
«Anche se fosse?»
Personalmente, sarò ingenuo, ma non lo
sapevo. Non ci pensavo. Non mi interessava saperlo. Anzi, in verità
da qualche parte del mio cervello immaginavo il contrario, ma senza
dare all'argomento una particolare rilevanza. Quello che invece mi
chiedo è: perché avrebbe dovuto essere scontato?
Forse per la caratteristica di Willwoosh, comune a tanti altri comici più anziani di lui, di essersi fatto conoscere presentando spesso ruoli “in drag”? O perché qualcuno ritiene che emanasse gaytà nel gestire (io non l'ho mai notata)? Ma la domanda rimane quella: che cosa dovrebbe cambiare?
Forse per la caratteristica di Willwoosh, comune a tanti altri comici più anziani di lui, di essersi fatto conoscere presentando spesso ruoli “in drag”? O perché qualcuno ritiene che emanasse gaytà nel gestire (io non l'ho mai notata)? Ma la domanda rimane quella: che cosa dovrebbe cambiare?
Dire “tutti sapevano... è la
scoperta dell'acqua calda”, che fosse vero o no, significa
decentrare completamente il bersaglio e banalizzare il tutto.
Svuotare il coming out del suo significato politico e sottovalutare
l'effetto mediatico del gesto quando a farlo è un personaggio noto e
popolare.
Per questo, io voglio ringraziare
Guglielmo Scilla. Ha compiuto un gesto costruttivo. Sì, a
prescindere che qualcuno lo sapesse già o no. E' di questa seconda
istanza che non m'importa. Sì, francamente, miei cari, me ne
infischio della vostra onniveggenza gaya.
Qualche anno fa, alla morte di Lucio
Dalla, partì la consueta mascoliata social a base di celebrazioni e
detrazioni. Di Dalla, infatti, si sapeva DAVVERO da tempo immemore
della sua omosessualità, e qualcuno gli rimproverò aspramente di
non aver mai fatto coming out. Da un estremo all'altro, in sostanza.
Io stesso ci pensai su. Ricordai il mio vivere nel centro storico di
Palermo con la mia immagine di gay dichiarato, ricevendo segni di
rispetto o insulti a seconda dei casi, ma senza la protezione della
fama e forse anche del benessere economico di cui disponeva il noto
cantautore. Il coming out di un personaggio popolare contribuisce a
lasciare una traccia nell'immaginario, a spezzare i pregiudizi
attraverso la visione di una persona pubblica nella sua complessità
di artista e di individuo. Insomma, è un gesto con una forte valenza
sociale e non è mai il caso di minimizzarlo. Lucio Dalla scelse di
non farlo, e una volta defunto fu oggetto di inutili recriminazioni
postume. Inutili in quanto nessuno, nemmeno un vip, un personaggio di
spettacolo, è obbligato a fare qualcosa che non vuole fare, e questo
a prescindere che le sue ragioni siano condivisibili. E' invece
apprezzabile quando lo fa. E ridurre tutto al banale “lo
sapevamo già” è solo indice di miopia sociale. Quello
“sticazzi” (pure legittimo) gratta solo la superficie di un
discorso complesso che ha profonde radici storiche. Un discorso che
culmina nei moti di Stonewall e che continua a crescere, tra
conquiste e passi indietro, in un mondo che sotto questo aspetto non
ha ancora raggiunto l'età matura. Fingere che il coming out non sia
importante è a mio avviso sbagliato e controproducente. Una
retromarcia verso quella mentalità ipocritamente normalizzante che
tende in realtà a spazzare la polvere sotto il tappeto per non
essere costretti a guardarla e ammettere che esiste un problema.
Certo, ormai siamo tutti uguali,
abbiamo tutti gli stessi diritti, nessuno subisce discriminazioni,
certe parole non sono più usate con l'intento di offendere,
nessuno... nessuno ci fa più caso.
Beh, chi afferma questo o è in
malafede o ha qualche problema.
Mi torna in mente quel fumetto di
Zerocalcare sulla “Città del decoro” in cui, parlando
d'altro, il fumettista romano dipinse un quadretto tipico del senso
comune italiota.
«Io ho tanti amici così... che per
primi schifano a questi. Loro sono bravi. Se ne stanno nascosti, come
le Tartarughe Ninja nelle fogne. Non come questi che si fanno
vedere!»
Quando l'ironia dice tutto. Non cadiamo
nella trappola che la lotta per i diritti sia finita, che il coming
out (di tutti, famosi e no) non sia necessario. Non banalizziamo
episodi mediatici come questo, o avremo fatto l'ennesimo passo
indietro. Uno dei tanti che l'Italia ha fatto e sta continuando a
fare negli ultimi anni.
E per questo: Grazie, Guglielmo. Per la
tua spontaneità, per la tua leggerezza, per il tuo essere da oggi
una persona ancora più vera.