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mercoledì 14 settembre 2011

All Star Batman e Robin

Quando un personaggio ha molti anni di storie alle spalle, è normale che si facciano diverse interpretazioni degli eventi cardine della sua vita. Quando il personaggio è una leggenda come Batman, questo è praticamente la regola. Tuttavia, i grandi autori che si trovano a percorrere a ritroso il cammino del tempo, reinterpretando storie già raccontate, in genere rispettano le tematiche di fondo di quelle storie, soprattutto per mantenere una sorta di coerenza narrativa ed evitare di distorcere l’essenza dei protagonisti. Però capita che autori particolarmente carismatici decidano di seguire il corso della loro fantasia, tenendo in ben poco conto l’opera dei loro predecessori. È questo il caso di Frank Miller.


A questo punto devo fare una piccola parentesi: non mi piace per niente Frank Miller. Non tanto come disegnatore, ruolo in cui riesce a trovare soluzioni innovative e di un certo effetto, quanto come scrittore. È incontestabile che abbia uno stile di narrazione molto personale, che affronti con disinvoltura anche tematiche piuttosto delicate, soprattutto per un mondo come quello del fumetto che ancora oggi risente degli strascichi di anni di proibizionismo narrativo. Tuttavia, il suo modo di raccontare non incontra il mio gusto. Non mi sono mai piaciuti gli eccessi, ma soprattutto non sopporto il machismo testosteronico di cui Miller ha fatto il suo cavallo di battaglia, soprattutto quando questo è del tutto fuori contesto. Non ho niente da ridire sull’esaltazione che si ritrova negli spartani di 300, perché non è affatto lontana dalla realtà storica e dalla tradizione narrativa di quell’episodio. Posso ancora comprendere questo tipo di narrazione in un’opera come Sin City, dalle atmosfere prettamente noir, dove la violenza, il turpiloquio e la degradazione sono le basi portanti della storia. Ma non riesco ad accettarla in una storia di Batman.


In All star Batman e Robin leggiamo una rivisitazione degli eventi che portano il Cavaliere oscuro ad avere la sua prima spalla. Quando Bruce Wayne vede il piccolo Dick Grayson in mezzo ai cadaveri dei suoi genitori, non può non rivedere se stesso in quella fatidica notte che cambiò per sempre la sua vita. Così, decide che il ragazzo va preso sotto la sua protezione, per essere addestrato a combattere il crimine al suo fianco. Questo è sostanzialmente l’impianto narrativo della storia. Ma al di là dei momenti tragici e di qualche riflessione psicologica di un certo livello, c’è poco altro che colpisce, nell’opera, e certamente non in senso positivo. Sicuramente è interessante vedere le considerazioni di Batman quando da un lato vede che il ragazzo ha il talento che gli servirebbe avere al fianco nella sua crociata, ma dall’altro si rende conto che in questo modo lo condannerà alla sua stessa vita infelice e solitaria. Bello e intenso, a tal proposito, è anche l’acceso scambio di battute tra Batman e il maggiordomo Alfred, che gli fa notare come imporre le sue scelte di vita a un ragazzino di dodici anni possa essere una decisione discutibile. Al di là di questo, però, vediamo degli atteggiamenti dell’eroe che si fa fatica a riconoscere come suoi. Siamo abituati ad un Batman che si muove come un’ombra terrificante e silenziosa, che nessuno vede o sente finché non ha colpito. Qui invece, annuncia il suo arrivo con una risata ghignante, giustificandola come un altro degli artifici volti a incutere terrore nei criminali. Siamo abituati ad un Batman cupo e silenzioso fino al mutacismo patologico, freddo e riflessivo, mai preda di emozioni di alcun tipo. Qui invece, lo vediamo esaltarsi in una corsa di auto, sfidare i poliziotti solo per il gusto di mostrare la sua superiorità, ostentare le tecnologie della sua attrezzatura solo per impressionare il piccolo Dick. Insomma, un Batman spocchioso e arrogante, pieno di sé, esaltato dal mito della sua stessa maschera. Tutti tratti di un carattere che poco si accosta alla figura del vero Batman. A qualcuno potrà anche piacere questa interpretazione, ma a mio modo di vedere questo non è il Batman che ho imparato a conoscere e amare in tanti anni di storie.

Discorso a parte meritano i meravigliosi (come al solito) disegni di Jim Lee, che non delude mai i suoi fan e ci regala tavole di grande intensità e dinamismo pur non tralasciando quella cura dei dettagli che lo contraddistingue da sempre. Spettacolare in tal senso l’enorme splash page a sei facciate che raffigura il primo ingresso di Dick nella Batcaverna. In definitiva, se dovessi dare dei numeri, direi che le ragioni per voler tenere in mano il volume All star Batman e Robin sono 20% storia e 80% disegni, nonostante io sia un convinto sostenitore che un fumetto deve essere prima di tutto ben scritto, poi ben disegnato, e non il contrario.


[Articolo di Filippo Longo]




Questa recensione è stata pubblicata anche su Cose Preziose



lunedì 28 marzo 2011

Batman: Spirale Crescente


La vita di Batman potrebbe essere a una svolta. Silver St. Cloud, la donna che ne conosce il segreto, è tornata a Gotham City. E’ bella, saggia, coraggiosa, innamorata. E adesso è anche libera. Il suo ritorno accende un’inattesa luce di speranza nel mondo cupo del Cavaliere Oscuro. Per la prima volta, Bruce Wayne inizia a considerare di allentare la stretta di Batman sulla città. La dimostrata abilità e dedizione di alleati vecchi e nuovi prospetta la possibilità di una vita meno frenetica, in cui l’ossessione può lasciare spazio anche all’amore e a momenti di insperata felicità. L’apparizione di Baphomet, un nuovo e misterioso eroe, sembra fare la differenza affinché l’Uomo Pipistrello possa rompere finalmente gli indugi e iniziare a vivere un’esistenza più umana e appagante. Ma quali saranno le conseguenze di questo imprevisto cambiamento? Che cosa ne pensa una donna chiamata Selina Kyle? E quale sarà la reazione della città di Gotham?

 

Con Batman: Spirale Crescente, il popolare regista Kevin Smith torna a occuparsi dell’Uomo Pipistrello dopo Batman: Cacofonia, che Smith stesso considera un prologo a quella che sarà la sua ultima parola sulla mitologia del Cavaliere Oscuro. Kevin Smith, autore di pellicole molto particolari come Clerks e Dogma, dimostra ancora una volta una solida conoscenza del personaggio e del suo mondo. Riporta in scena il personaggio chiave di Silver St. Cloud, creato nella seconda metà degli anni settanta dallo sceneggiatore Steve Englehart, e porta alle estreme conseguenze quei semi di cambiamento che trent’anni fa avevano in parte ridefinito il tono delle storie dedicate all’Uomo Pipistrello. Spirale Crescente è una saga dal sapore classico e dalla lettura scorrevole, capace di offrire ai tanti fans di Batman dei momenti piacevolmente trasgressivi. L’intento è quello di osservare da vicino le debolezze di Bruce Wayne, il suo lato più umano e fallace, in costante lotta con un’ossessione che lo condanna alla solitudine e che non accenna ad abbandonarlo neppure tra le braccia dell’amata. La mente di Batman, qui descritta da un gustoso monologo interiore, non era mai sembrata così vulnerabile, amletica e a tratti persino infantile.

Kevin Smith ricorre al suo collaudato linguaggio da caserma, ma con misura e discreti tempi teatrali, realizzando un dialogo sorprendente e credibile. I consueti comprimari del batverso ci sono tutti, amici e nemici, caratterizzati con pochi, efficaci tratti che ne fanno emergere il potenziale iconico. La discesa nell’intimità di Bruce Wayne avviene per gradi, aprendo una porta dopo l’altra, e lanciando nelle stanze buie uno sguardo indagatore a volte dissacrante. Da segnalare la demenziale (ma riuscita) gag che rivela un’imbarazzante debolezza del Cavaliere Oscuro nel corso di una delle sue prime sortite. Kevin Smith tende un filo tra passato e presente, usando riferimenti a vecchie storie per evocare personaggi e relazioni, ma soprattutto per riassumere uno stile e il suo progressivo mutamento nel corso del tempo. Un affettuoso omaggio alla revisione operata sul Cavaliere Oscuro proprio sul finire degli anni settanta, di cui la bella Silver è l’emblema, e che ricondusse l’eroe e le sue avventure all’originale tono dark.

Spirale Crescente è anche una storia piena di azione, di scontri spettacolarmente illustrati da Walt J. Flanagan, già con Smith in Batman: Cacofonia, ma si fonda soprattutto sull’evoluzione psicologica del suo protagonista, lungo un cammino di apparente maturazione che potrebbe, alla fine, dimostrarsi un miracolo come una trappola. Una Silver St. Cloud affascinante e sboccata, un Alfred in vena di confidenze sulla sua vita sentimentale, e ovviamente il Joker, Poison Ivy, Catwoman...
Insomma: Batman. Ma un Batman come non lo si è mai visto prima. Ironico e tragico. Riconoscibile ma sfuggente. Divertente e terrificante.
Auguriamoci di vedere presto la conclusione di questa saga (sono previsti in tutto due volumi) che Kevin Smith sta attualmente realizzando. Il colpo di scena su cui si fonda Spirale Crescente non fa prigionieri. E non ne farebbero neppure i lettori, se Smith non si affrettasse a fornire delle risposte alle tante domande che ci ha lasciato.


Questa recensione è stata pubblicata anche su FantasyMagazine.


[Articolo di Filippo Messina]

sabato 24 luglio 2010

BATMAN XXX TRAILERS


Batman, Robin, Catwoman, Batgirl, ma anche il Joker, l'Enigmista e tutti gli altri come non ve li sareste mai aspettati. La notizia è bizzarra ma autentica. The Fifth Annual F.A.M.E. (Fans of Adult Media & Entertainment) Awards ha premiato Batman XXX: A Porn Parody come il migliore nella categoria Parodia alla Convention Exxxotica di Los Angeles 2010. Qui potete visionare due spettacolari trailers.


lunedì 28 giugno 2010

Batman Legends by Aaron Schoenke

Questo corto, sempre del regista Aaron Schoenke, è precedente a "Batman: city of Scars", e si presenta con la forma del finto trailer. Un'ulteriore occasione per vedere come pochi mezzi, uniti a una certa fantasia visiva, possano riuscire a evocare personaggi iconici in modo non meno efficace di certe produzioni blasonate.


sabato 26 giugno 2010

Batman: City of Scars

Un corto di trenta minuti. Budget ridottissimo. Un Batman "fumettistico". Un Joker lercio. Tanti personaggi noti che appaiono a sorpresa. Una curiosità imperdibile per tutti i fans dell'Uomo Pipistrello.

martedì 5 gennaio 2010

Batman: Cos'è successo al Cavaliere Oscuro?

Hanno ammazzato Batman.
Batman è vivo.

Si potrebbe riassumere con questo adagio rivoluzionario la storia che Neil Gaiman, celebrato autore di Sandman, dedica all'Uomo Pipistrello. Che dedica, anzi, a tutti i Batman passati, presenti e futuri, all'archetipo del crociato incappucciato  e alle sue mille varianti storiche.
Cos'è successo al Cavaliere Oscuro?  è un racconto che si colloca idealmente nel solco tracciato dagli eventi editoriali Batman R.I.P. e Crisi Finale, ovvero le due saghe di Grant Morrison che narrano la presunta morte di Bruce Wayne e la scomparsa del suo alter ego da Gotham City.  Così almeno si direbbe a prima vista. In realtà, il racconto di Gaiman trascende totalmente la continuità narrativa, e si propone come una riflessione senza tempo sul mito di Batman, sulla natura del suo eroismo e sul suo legame con l'immaginario collettivo.
Cos'è successo al Cavaliere Oscuro? si presenta anche come l'ulteriore proposta di una formula dimostratasi vincente in casa DC Comics. E' inevitabile il parallelismo con l'apprezzato Cos'è successo all'Uomo del Domani, racconto che Alan Moore (altro grande autore britannico) dedicò a Superman nel 1986, e tuttora ricordato come una delle più epiche storie che siano state dedicate all'Uomo d'Acciaio. Il racconto di Moore fu pubblicata in due parti su Superman #423 e Action Comics #583. Nello stesso modo, in patria, Cos'è successo al Cavaliere Oscuro? è uscito su Batman #686 e Detective Comics #853, e giunge a noi in un volume cartonato arricchito dagli schizzi preparatori di Andy Kubert.
La convergenza con la storia di Superman firmata da Moore, però, si esaurisce qui. Infatti, se il racconto del bardo di Northampton si proponeva come un'affascinante storia immaginaria ("non lo sono tutte?"), il lavoro di Neil Gaiman percorre altre strade, meno lineari, e si presenta come una raffinata dissertazione su segni, significati e i loro rapporti con l'immaginario.

 
Gotham. Di notte. Una visione in soggettiva e un dialogo enigmatico. Un'auto dal design eloquente si ferma e ne vediamo scendere Selina Kyle, Catwoman, mai così bella. E' l'inizio di quella che scopriremo presto essere la veglia funebre per l'Uomo Pipistrello. Batman, non Bruce Wayne. E' la maschera, non l'uomo dietro essa, a giacere nella bara. O forse è il contrario? In ogni caso, amici e avversari giungono per dargli l'estremo saluto. L'atmosfera è contrita, ma calma. Persino l'abituale sete di sangue del Joker sembra non trovare posto in questa scena. Ma c'è qualcosa che non va, qualcosa di strano. E quel qualcosa si chiama Neil Gaiman.
Già nella veglia di Morfeo, al termine del ciclo di Sandman, Gaiman aveva affrontato il compito non facile di mettere in scena un funerale fantastico. Una veglia che celebrasse la fine (consacrandola) di un’idea poetica. E anche allora, il Cavaliere Oscuro era presente, in mezzo agli altri, per rendere omaggio alla personificazione di tutte le storie del mondo. Per certi versi, Gaiman ricicla in modo felice le intuizioni di quella storia, e colloca la veglia per l’Uomo Pipistrello in una dimensione metafisica, surreale, dove vita e morte, sogno e realtà possono coincidere. Quel che veramente conta è l'amore per le storie e per i personaggi che vivono (e a volte muoiono) in esse. Per il loro protagonista, un eroe ambiguo e polimorfo che la cultura popolare ha ormai consegnato al mito. La veglia è fuori del tempo.

 L'avvicendarsi dei personaggi narranti è spunto per un piccolo e trasognato decamerone che non farà luce sull'effettiva sorte del protagonista, ma che torna utile a Gaiman (e a un ispirato Andy Kubert alle matite) per viaggiare tra diversi decenni e sensibilità fumettistiche, portando in scena sia il Batman dei primordi che la sua versione scanzonata, fino alle rappresentazioni più cupe e attuali. Alla veglia inscenata da Gaiman tutto il mondo di Bruce Wayne implode. Amici e nemici si trasfigurano e sfoggiano un aspetto polimorfo e sfuggente, ma proprio per questo assoluto e ormai riconducibile a una mitologia moderna. Alla fine della corsa, è chiaro a tutti che Batman non esisterebbe senza la sua pittoresca galleria di avversari, compagni di strada in un'avventura che sembra essere terminata con la sua morte. Per mano di chi, forse, non lo sapremo mai. Non ci interessa neppure, preferiamo immaginarlo. Perché nel mondo delle storie, anche in quelle di Batman, tutto può sempre essere messo in discussione. La narrazione corale di Cos'è successo al Cavaliere Oscuro? ci propone così una serie di novelle dai sapori vari e suggestivi, spesso ancorate a modelli letterari in apparenza estranei al mito del pipistrello, eppure perfettamente in armonia con esso. Selina, Alfred, Robin, Harvey Dent, Superman, e gli altri, sfilano davanti al lettore con tutto il carisma della loro iconicità, ma dimostrandosi duttili nelle mani di Neil Gaiman, che ci regala quella che è forse la rilettura più trasgressiva e divertente del Joker che sia stata scritta negli ultimi anni.
Cos'è successo al Cavaliere Oscuro? magari non sarà “la più bella storia di Batman” in assoluto. Ma è senz’altro un potente atto d’amore al personaggio e un tributo alle sue mutazioni in tanti anni di vita editoriale. Un momento di raccoglimento per le nostre letture che furono, che sono state e che potrebbero essere. Una veglia che ha luogo, in realtà, nel cuore stesso del lettore e nei suoi sogni. Sia egli un soggetto maturo, malato di nostalgia, un bambino desideroso di cavalcare fantasie colorate o un giovane del nuovo millennio affascinato dalle ombre e dalle ambiguità morali. Per un Batman che va, ne arriva un altro. Come per la carta omonima dei Tarocchi, la morte è qui simbolo di cambiamento. Si muore per poter vivere, crescendo e inciampando con il resto del mondo. Quegli spari notturni, quelli che hanno stroncato la vita dei coniugi Wayne e segnato il futuro del piccolo Bruce, a un tratto non sembrano più tanto determinanti. Batman è nato ed esiste perché ci sarebbe stato comunque bisogno di lui, e la sua origine è soltanto un pretesto. Lo spunto per raccontare una lunghissima storia che per iniziare ha bisogno di un finale.
Neil Gaiman ha penetrato il concetto di narrazione e ne ha frantumato l’essenza. Cos'è successo al Cavaliere Oscuro? è simile a uno specchio esploso, le cui schegge si disperdono riflettendo fugacemente diversi scorci di realtà. E la fine, quel punto di arrivo senza il quale la storia che ascoltiamo non avrebbe né senso né forza, è probabile che coincida con il principio. Persino il pipistrello, simbolo della paura e dell'agguato, acquista un significato differente. Ali per volare, ma anche mani per costruire un futuro pieno di promesse e di nuovi sogni. Perché le storie, pur avendo una fine, non finiscono mai.


Questa recensione è stata pubblicata anche su Fantasymagazine.

[Articolo di Filippo Messina]