mercoledì 3 aprile 2019

Shazam! (o il ritorno dei cinecomics)



Una parola per definire “Shazam”, il cinecomic di David F. Sandberg uscito oggi nelle sale italiane, potrebbe essere “imprevisto”. Ma anche “divergente”. Non “differente”, ma “divergente”. Cioè qualcosa che prende una strada diversa rispetto a una direzione comune. E' anche un film che probabilmente dividerà il pubblico. Anzi, in parte ha già cominciato a farlo, separando chi ha avuto l'occasione di vederlo in anteprima tra entusiasti e delusi che lo hanno etichettato come un prodotto nato vecchio, riconducibile a un modello ritenuto superato, stantio. Almeno per quanto riguarda il cinema fantastico e nella fattispecie i cinecomics supereroistici. Qualcuno (ho già dimenticato chi) lo ha classificato come un film dove si respira l'aria del cinema degli anni 90, concludendo che i soli spettatori che potranno apprezzarlo saranno forse i nostalgici di quel periodo.

E' vero? Beh, forse sì. E' vero.
E' un male?
No. Non necessariamente.

Cerchiamo di capirci. “Shazam” è un film prevedibile in ogni suo atto. E' un film che attinge a una tradizione avventurosa e fantasiosa che deve molto al marchio Disney (attualmente impegnato altrove, con un'etichetta concorrente). E sì, possibilmente rispolvera anche criteri e guizzi di un modo di fare cinema dei primi anni 90, per linguaggio ed estetica. Un film tratto da un fumetto di supereroi come si facevano una volta. Senza pensare a tessere tele in cui dovrebbero convergere altri progetti filmici, ma mirando unicamente a portare a casa un prodotto decente, che duri lo spazio di una serata, senza aspirare a essere ricordato per più di qualche ora.

Sì, diciamolo pure. Quello di Sandberg è un filmetto senza pretese.

Perché, allora, “Shazam” mi ha divertito come un bambino? La sua prevedibilità, per una volta, non mi ha annoiato, ma mi ha fatto conservare fino alla fine del film una sensazione piacevolissima, facendomi uscire dal cinema contento come non mi era successo con il recente “Captain Marvel” e ancora meno con l'acclamato “Aquaman”. Come mai?

In modo paradossale, la risposta potrebbe nascondersi proprio nel tema centrale del film. Vale a dire in quel bambino nascosto nel corpo di un adulto con superpoteri che non sa nascondere (né vuole farlo) la sua identità infantile. Forse tutto sta in quel concetto cardine, perché poche cose nella vita sono più puerili (e ridicole) di un bambino che gonfia il petto e fa smorfie per sembrare adulto. Mentre di un bambino vero si può magari apprezzare la simpatia, la spontaneità, la vivacità.

La chiave anni 90, che potremmo anche chiamare “disneyana”, fonde l'avventura fantastica con la commedia, e realizza un compito diligente in cui il cinefumetto parla finalmente la vera lingua delle tavole disegnate senza pretendere di mimetizzarsi per sembrare altro. E sia chiaro che il linguaggio del fumetto non è necessariamente sciocco o ingenuo. Nel caso di “Shazam”, parliamo di fantasia, di contenuti fiabeschi, di supereroi. Un terreno minato dove tentare di essere adulti a ogni costo può portare a derive perniciose. Per una volta, un cinecomic rinuncia ad aderire a quello che è un trend non dichiarato, ma ormai pesantemente codificato dal cinema degli ultimi anni. Quello di voler sembrare un prodotto che parla a tutti, a tutte le età, e facendolo realizza un pasticcio ibrido in cerca di un target indefinibile. “Shazam”, invece, se ne frega allegramente, e la butta in burla, ma conservando il tono dell'avventura di formazione. Per questo ogni twist, per quanto prevedibile, è accolto con affetto e la linea ironica che a tratti prevale su quella più seriosa (nel film non mancano momenti moderatamente horror) centra il bersagli. Ci fa sentire come se avessimo infine vinto a una gara un pupazzo che ci stava particolarmente a cuore e che finalmente possiamo abbracciare. Bentornati, anni 90. Bentornata, ingenuità felice. E bentornata confezione cinematografica diligente ma senza pretese.


La presenza dell'attore Zachary Levi è sicuramente uno dei punti vincenti del film, rodatissimo attore di commedia in grado di far trasparire il bambino dentro il titano per tutta la durata dello spettacolo. Favorito, nell'edizione italiana, dalla simpatica performance di Maurizio Merluzzo, qui perfettamente in parte. Non serve parlare della rivincita di un prodotto targato DC-Warner contro l'avanzata del Marvel Cinematic Universe. O almeno non dovrebbe importare. Chi non conosce il personaggio si troverà davanti a un film fantastico (per ragazzi? Ma sì, non è mica una parolaccia!) leggero e gradevole. Un film che ovviamente presenta dei cliché, e uno schematismo sentimentale che a qualcuno potrebbe risultare telefonato. Ma dopotutto, è davvero una cosa così negativa? Viviamo in un periodo storico in cui la semplificazione eccessiva di problemi complessi sembra pagare. Allora perché non affidarsi anche a valori positivi altrettanto schematici? Se il messaggio è quello della famiglia che si sceglie, e della solidarietà che rende forti, ben venga. Ne abbiamo bisogno come del pane fresco. E perché no, se l'odio semplificato vince nella comunicazione, forse può farlo anche uno schema semplice che parla al cuore. Per una volta gli appassionati dei fumetti ritroveranno una notevole fedeltà alle fonti, soprattutto alla riscrittura delle origini del personaggio firmata in anni recenti da Geoff Johns e Gary Frank (e se venite a trovarmi alla Biblioteca Salvatore RizzutoAdelfio, potrette leggerlo gratuitamente). Una sola vera, grossa ma indolore, variante. E stavolta ad applaudire in sala sono i bambini. E hanno ragione a farlo. Quasi dispiace non avere il coraggio di farlo con loro. Persino i titoli di coda risultano accattivanti e degni di essere visti fino alla fine. Una scena middle-credits che introduce un altro grande avversario che a quel punto nessuno si aspetta, e un'ultima scena post credits che ironizza sulla battuta finale di un altro cinecomic che attualmente va per la maggiore.


Tutto questo non sarà perfetto. Anzi, non lo è di certo. Ma funziona. Personalmente accolgo con piacere un film che non fa nulla per piacere a tutti. Cerca solo di essere quello che è. Tanto non piacerà a tutti lo stesso. E lo sa. Ne è magari fiero. Il cinecomic è servito. Anzi, il cinecomic è tornato. Tornato quello di una volta, e già mi sembra di sentire la trita cantilena di chi mi dice che dovrei mettermi al passo con i tempi. Ma non importa, l'ultima persona che mi ha detto qualcosa del genere aveva più di trent'anni, e non ha ancora imparato che giovani si diventa con fatica. Prima si è soltanto degli arroganti pischelli. E che la giovinezza che merita di essere conservata, anzi conquistata con l'esperienza, è uno stato d'animo, non un linguaggio o un trend cui omologarsi. Ci vogliono forza e tempo per guadagnare quella leggerezza.
Per questo, oggi, sono contento di aver visto “Shazam”.

P. S. Il solito post scriptum. Con tutto il rispetto e la solidarietà che ho per chi invita a frequentare le sale cinematografiche “perché è meglio”... io vi voglio bene, ma non capisco come facciate a sopportarlo. Io se pago il biglietto desidero vedere il film, non l'illuminatissima casella Gmail del giovanotto seduto davanti che la consulta per tutto il tempo. Lo spettacolo del suo osso sacro peloso quando si alzava o sedeva era già più interessante.



martedì 26 marzo 2019

Rughe [di Paco Roca]


Rughe” di Paco Roca è un coraggioso viaggio nel territorio impervio della vecchiaia. Quando i punti fermi della vita si incrinano e il morbo di Alzeimher mina tutte le certezze. Una storia leggera e commovente su una condizione poco esplorata dal fumetto. Perché il passato è una ricchezza. E la memoria si identifica con l'essere umano. Ma anche quel senso di umanità che sopravvive nonostante tutto.

martedì 19 marzo 2019

I Supereroi Extralarge




«Quelli discriminano!»
Prendiamo spunto da una battuta del film “Deadpool 2” e esploriamo il mondo dei supereroi sovrappeso. Non i villain. Quelli non mancano e alcuni sono pure star. Gli eroi, invece, bisogna andarseli a cercare. Perché è raro imbattersi in supereroi cicciottelli? Qual è la loro storia e che cosa c'è (forse) dietro alla loro visibilità sommersa. Partiamo in un viaggio alla scoperta degli XXL-Men e Women.

martedì 12 marzo 2019

George R. R. Martin vs Altroquando (Sudario Brando)



Ancora oggi, mi sento dire che assomiglio a G. R. R. Martin. Ma il mio destino nelle opere del maestro non potrebbe che essere il martirio in un cassonetto di spade. Probabilmente.

lunedì 11 marzo 2019

Gli Amori di Altroquando: Capitani Meravigliosi


Seguiamo le tracce dei “capitani meravigliosi” che hanno fatto storia nei fumetti fino ad arrivare a Carol Danvers, attuale detentrice di questo nome e ora protagonista anche di un film. Dalla parola magica Shazam e alle fantasie robotiche di Carl Burgos alle disparate incarnazioni targate Marvel Comics. Gli intrighi degli alieni Kree, i tradimenti, il lascito e gli emuli.

mercoledì 6 marzo 2019

Captain Marvel: il nome (e nel nome) del Capitano



“Captain Marvel” è l'ultimo tassello del grande gioco cinematografico che dovrebbe vedere il suo punto d'arrivo in “Avengers: Endgame” (nomen omen), prima di una nuova (e a questo punto, direi, incerta) nuova fase. La quarta, nella quale molti fans sperano e proiettano (soprattutto nel fatidico numero) il ritorno in live action di un brand fumettistico finora al centro di letture insoddisfacenti.

Il film dedicato a Carol Danvers (questo il nome civile della protagonista) è a mio parere fortemente imparentato con il predecessore Ant-Man (il primo), e come questo si presenta al pubblico con la forma di una grande sintesi narrativa. Un gioco di specchi e rimandi (forse anche troppi) che cerca da un lato di accontentare i conoscitori della materia, da un altro di confezionare un prodotto commerciale che possa piacere un po' a tutti.

Ci riesce? Ni.

Già a proposito di “Ant-Man” la Marvel-Disney aveva scelto di puntare sull'identità più contemporanea del personaggio, e cioè Scott Lang, il ladro dal cuore d'oro, piuttosto che riscaldare la storia del brillante scienziato che sperimenta la sua scoperta su se stesso (Henry Pym). L'introduzione sullo schermo dell'Ant-Man originale con il ruolo di maturo mentore ha funzionato discretamente, e la vicenda del frastornato avventuriero catapultato in un complotto da fantascienza risultava più vendibile facendo sì che la sceneggiatura del film si scrivesse praticamente da sola, sfornando un prodotto fantastico per famiglie senza particolari lodi, ma più che digeribile.

In “Captain Marvel” l'intento è simile, ma la materia è ancora più complessa. Anche in questo caso il personaggio storico (l'alieno Mar-Vell, inviato come spia dall'impero Kree sulla terra per operare in segreto) aveva vissuto un arco narrativo lunghissimo e glorioso. Le sue gesta erano connesse a parecchi snodi delle saghe cosmico marvelliane. Era stato (Udite! Udite!) uno dei principali avversari dell'oggi popolarissimo Thanos, e alla fine aveva concluso la sua corsa morendo, a sorpresa, non tanto da eroe... quanto da essere umano, stroncato da una malattia che affligge tante persone comuni. Un'eredità narrativa pesante, quindi, per Carol, già Miss Marvel (controparte femminile dello storico eroe maschio), poi evoluta in Warbird (il nome Miss era e resta ridicolo) e poi in Binary, la stella umana, sulle pagine degli X-Men. Se Scott Lang, come Ant-Man, s'era già guadagnato una discreta fama nei fumetti, la lunga e contorta carriera di Carol non aveva aiutato a farla emergere presso il pubblico più vasto. Troppe identità, troppe ripartenze, fino alla scelta di assumere (appena nel 2012) il nome di battaglia dell'eroe al cui fianco si era battuta, esordendo nei lontani anni 60. Un codice palinsesto di personaggi, di riscritture, di caratterizzazioni e di diverse origini che si sovrapponevano.

Ma il problema non è neppure questo. Il film diretto da Anna Boden e Ryan Fleck è un giocattolone che presenta un gioco di specchi, in qualche caso barando anche un po'. E per quanto si sforzi (a tratti riuscendoci pure) di essere simpatico, presenta ormai la pesantezza di un ingranaggio di cui conosciamo troppo bene il funzionamento per sorprenderci davvero. Inoltre, cerca di reinventare la storia di origini affidandosi a un sistema di flashback, ma soprattutto di falsi indizi che potrebbero essere il punto di forza del film, ma nello stesso tempo rischiano di essere il suo tallone d'Achille.

“Captain Marvel” è un film fatto di nomi. Nomi che non vengono pronunciati (o mi sono distratto io?) se non quando il racconto è avanzato. Di nomi di battaglia che non esistono se non nel titolo della pellicola (nessuno pronuncerà frasi come «Io sono...» ed è meglio così). E di trabocchetti narrativi nascosti in bella vista, che se chiamati per nome, appunto, sarebbero rivelatori sin dall'inizio per i “veri credenti” (espressione coniata da Stan Lee e nel film apertamente citata, in quello che è il primo dei camei postumi del grande architetto della Marvel). L'apparizione inattesa (io non sapevo neanche che sarebbe stata presente nel film) di Annette Bening in un doppio ruolo, fa parte di questo gioco di specchi ed è uno degli elementi che probabilmente farà più discutere i fans. Quasi sicuramente per le ragioni sbagliate.

Il problema vero di questo “Captain Marvel” è il tentativo di riassumere tanto lavorando sottotraccia, con il risultato che il film decolla davvero solo quando il racconto ha cominciato a scoprire le sue carte, dando una sensazione di cesura forse troppo netta. Come se si stesse assistendo a due film in uno. La prima parte risulta confusa e soffre di una schematicità che rischia di far sembrare il primo tempo l'episodio pilota di una serie televisiva arrivata fuori tempo massimo. La seconda parte si giova della spinta avuta dai vari twist, ma la ricetta Marvel è tiranna, e la formula matematica che ormai sappiamo a memoria non regalerà nessuna ulteriore sorpresa. La protagonista è carismatica, ma il suo carattere è più descritto che realmente mostrato, e vederla trasfigurarsi nelle sue varie incarnazioni fumettistiche non basta a soddisfare lo spettatore Marvel della primissima ora. Non quelli più stanchi, almeno, e ormai assetati di un linguaggio cinematografico che sia sempre più cinema e meno fumetto, a prescindere dai tributi alle letture passate. E i buchi di trama, le trovate cacciate dentro a forza (una su tutte bella ingombrante) si accettano più per compiacenza con la festa cartoonistica in corso che per suggestione.


Per questo, “Captain Marvel”, pur essendo nel complesso un film gradevole, risulta solo un trait d'union con l'imminente “Avengers: Endgame”, che completerà il puzzle già in parte composto da “Infinity War”. Un interludio, un riscaldamento, in attesa dell'atto finale dello spettacolo generale. Per questo i film Marvel (il termine cinecomic è troppo generico) vanno considerati film molto particolari, e non sono (non possono essere) omologabili con altro cinema. Non si tratta nemmeno di etichettare cinema vero e cinema finto. Si tratta di generi, di regole di gioco e di attitudine a un tipo di intrattenimento (assolutamente non obbligatorio) sotto certi aspetti inedito. Per questo, concluso il grande giocattolo composto da pezzi che si incastrano (più o meno) bene tra loro, e l'arazzo cinematografico che rilegge un media diverso, si potrà fare un passo indietro e contemplare l'opera nel suo insieme. E allora, a mente fredda, magari a distanza di anni e lontani da inutili tifoserie da stadio, dire in che misura lo spettacolo multiplo ha funzionato. I film della fase successiva avranno bisogno di parecchia inventiva e di una discreta capacità di osare, o essere benevoli con questo trend commerciale diventerà davvero difficile.

Se lo consiglio? Diciamo che non lo sconsiglio. E lo faccio per partito preso. Una blogger cinefila che stimo molto ha recensito positivamente “Aquaman” definendo il film di James Wan uno dei più stupidi che abbia mai visto, ma affermando che l'ha tanto divertita proprio grazie alla regia kitsch dello stesso Wan. Personalmente, non ho condivido il suo divertimento, ma riconosco che i motivi per apprezzare un film possono essere vari. E soprattutto nell'ambito dei film “sciocchi” non è neppure il caso di starci a pensare troppo. L'importante è non dimostrarsi più sciocchi dei film facendo partire inutili zuffe o gare di competenze che non esistono. E “Captain Marvel” nel suo marasma, nella sua prevedibilità, un paio di cosette le azzecca. Almeno per i fans Marvel di vecchia data. Per il pubblico generalista, onestamente, non saprei.

P. S. Stavolta nel cinema non è successo niente di insopportabile, in confronto ho affrontato visioni davvero apocalittiche. Rimane il fatto triste che il pubblico in sala si dimostra puntualmente di una maleducazione stratosferica. E il tormentone «Maledettiiiiiiii!» urlato, ha ormai rotto tre quarti di minchia.

giovedì 28 febbraio 2019

Una biblioteca del fumetto a Palermo




Una biblioteca, dedicata soprattutto al fumetto per di più, è un'idea con la quale Palermo ha forse poca confidenza. Eppure oggi esiste, e porta il nome di Salvatore Rizzuto Adelfio, libraio e attivista che ha lasciato un'impronta non indifferente nella storia cittadina. La biblioteca è sorta presso il TMO – Teatro Mediterraneo Occupato, realtà autogestita divenuta in cinque anni di attività uno dei palcoscenici più vivi della nostra città e volta, con questo ulteriore esperimento, allo sviluppo di nuove iniziative culturali. E se il teatro ha bisogno sempre di nuovi spazi e nuova linfa, le biblioteche, magari propositrici di letture meno convenzionali, non meritano minore attenzione.


Qualcuno a Palermo forse ricorderà Altroquando, celebre fumetteria di via Vittorio Emanuele aperta nell'ormai lontano 1991 da Salvatore Rizzuto Adelfio, diventata per anni punto d'incontro di molti creativi, lettori e operatori culturali della città. E se non si ricorda, dovrebbe. Perché tra le mura di quella libreria, frequentata da personaggi del teatro locale come Umberto Cantone e Davide Enia, futuri artisti del fumetto come Sergio Algozzino e Marco Failla, dove si assemblavano collettivi politici che hanno dato vita a numerose associazioni e manifestazioni, tra cui il primo Pride palermitano, si sono scritte più pagine della storia di questa sonnolenta città. Una storia che non vuol saperne di vedere la parola fine, e non si arrende. Infatti, scomparso Salvatore Rizzuto Adelfio, è stato naturale per l'associazione culturale, in cui Altroquando si è evoluto, e il Teatro Mediterraneo Occupato, unire le forze per dare vita a una biblioteca che ne proseguisse idealmente il cammino. 


Due esperienze che si sono incontrate per comunione di intenti e visioni. Allestita nello spazio adiacente al Teatro, la biblioteca nasce da un patrimonio fumettistico e librario posseduto dallo stesso Salvatore e cresciuto in due anni grazie alle numerose donazioni pervenute da tutta Italia. Il progetto principale consiste nella condivisione gratuita delle letture che spaziano dal fumetto di ogni genere alla narrativa, alla saggistica, al teatro e alla poesia. Ma anche nel proporsi come spazio aperto a più iniziative culturali. In due anni, la biblioteca ha già ospitato performance teatrali, presentazioni di libri, laboratori di cinema, lezioni di storia del fumetto per gli studenti dell'Accademia delle Belle Arti e sessioni di casting per spettacoli e film prodotti a Palermo. Il progetto prevede anche la promozione di una forma di teatro di narrazione che trovi proprio nel media fumetto una nuova fucina di spunti, attingendo a opere variegate per produrre esperienze artistiche intermediali, attraverso l'uso del canale Youtube intitolato ad Altroquando e collaborazioni con le nuove generazioni di attori che frequentano i laboratori del Teatro Mediterraneo Occupato. Un'esperienza che apre un orizzonte inconsueto per Palermo, che mette insieme una biblioteca, un Teatro e la controversa passione per il media fumetto. Ma soprattutto la voglia di produrre cultura oltre gli argini stabiliti.  


La biblioteca è aperta tre pomeriggi la settimana, ma può essere visitata anche su appuntamento.

TMO – Teatro Mediterrano Occupato (Via Martin Luther King 6, Padiglione Fiera n. 1)
Pagina Facebook Biblioteca: https://www.facebook.com/biblioSRApalermo/
Sito web TMO – Teatro Mediterraneo Occupato: http://www.tmopalermo.it/