“Captain Marvel” è l'ultimo
tassello del grande gioco cinematografico che dovrebbe vedere il suo
punto d'arrivo in “Avengers: Endgame” (nomen omen), prima di una
nuova (e a questo punto, direi, incerta) nuova fase. La quarta, nella
quale molti fans sperano e proiettano (soprattutto nel fatidico
numero) il ritorno in live action di un brand fumettistico finora al
centro di letture insoddisfacenti.
Il film dedicato a Carol Danvers
(questo il nome civile della protagonista) è a mio parere fortemente
imparentato con il predecessore Ant-Man (il primo), e come questo si
presenta al pubblico con la forma di una grande sintesi narrativa. Un
gioco di specchi e rimandi (forse anche troppi) che cerca da un lato
di accontentare i conoscitori della materia, da un altro di
confezionare un prodotto commerciale che possa piacere un po' a
tutti.
Ci riesce? Ni.
Già a proposito di “Ant-Man” la
Marvel-Disney aveva scelto di puntare sull'identità più
contemporanea del personaggio, e cioè Scott Lang, il ladro dal cuore
d'oro, piuttosto che riscaldare la storia del brillante scienziato
che sperimenta la sua scoperta su se stesso (Henry Pym).
L'introduzione sullo schermo dell'Ant-Man originale con il ruolo di
maturo mentore ha funzionato discretamente, e la vicenda del
frastornato avventuriero catapultato in un complotto da fantascienza
risultava più vendibile facendo sì che la sceneggiatura del film si
scrivesse praticamente da sola, sfornando un prodotto fantastico per
famiglie senza particolari lodi, ma più che digeribile.
In “Captain Marvel” l'intento è
simile, ma la materia è ancora più complessa. Anche in questo caso
il personaggio storico (l'alieno Mar-Vell, inviato come spia
dall'impero Kree sulla terra per operare in segreto) aveva vissuto un
arco narrativo lunghissimo e glorioso. Le sue gesta erano connesse a
parecchi snodi delle saghe cosmico marvelliane. Era stato (Udite!
Udite!) uno dei principali avversari dell'oggi popolarissimo Thanos,
e alla fine aveva concluso la sua corsa morendo, a sorpresa, non
tanto da eroe... quanto da essere umano, stroncato da una malattia
che affligge tante persone comuni. Un'eredità narrativa pesante,
quindi, per Carol, già Miss Marvel (controparte femminile dello
storico eroe maschio), poi evoluta in Warbird (il nome Miss era e
resta ridicolo) e poi in Binary, la stella umana, sulle pagine degli
X-Men. Se Scott Lang, come Ant-Man, s'era già guadagnato una
discreta fama nei fumetti, la lunga e contorta carriera di Carol non
aveva aiutato a farla emergere presso il pubblico più vasto. Troppe
identità, troppe ripartenze, fino alla scelta di assumere (appena
nel 2012) il nome di battaglia dell'eroe al cui fianco si era
battuta, esordendo nei lontani anni 60. Un codice palinsesto di
personaggi, di riscritture, di caratterizzazioni e di diverse origini
che si sovrapponevano.
Ma il problema non è neppure questo.
Il film diretto da Anna Boden e Ryan Fleck è un giocattolone che
presenta un gioco di specchi, in qualche caso barando anche un po'. E
per quanto si sforzi (a tratti riuscendoci pure) di essere simpatico,
presenta ormai la pesantezza di un ingranaggio di cui conosciamo
troppo bene il funzionamento per sorprenderci davvero. Inoltre, cerca
di reinventare la storia di origini affidandosi a un sistema di
flashback, ma soprattutto di falsi indizi che potrebbero essere il
punto di forza del film, ma nello stesso tempo rischiano di essere il
suo tallone d'Achille.
“Captain Marvel” è un film fatto
di nomi. Nomi che non vengono pronunciati (o mi sono distratto io?)
se non quando il racconto è avanzato. Di nomi di battaglia che non
esistono se non nel titolo della pellicola (nessuno pronuncerà frasi
come «Io sono...» ed è meglio così). E di trabocchetti narrativi
nascosti in bella vista, che se chiamati per nome, appunto, sarebbero
rivelatori sin dall'inizio per i “veri credenti” (espressione
coniata da Stan Lee e nel film apertamente citata, in quello che è
il primo dei camei postumi del grande architetto della Marvel).
L'apparizione inattesa (io non sapevo neanche che sarebbe stata
presente nel film) di Annette Bening in un doppio ruolo, fa parte di
questo gioco di specchi ed è uno degli elementi che probabilmente
farà più discutere i fans. Quasi sicuramente per le ragioni
sbagliate.
Il problema vero di questo “Captain
Marvel” è il tentativo di riassumere tanto lavorando sottotraccia,
con il risultato che il film decolla davvero solo quando il racconto
ha cominciato a scoprire le sue carte, dando una sensazione di cesura
forse troppo netta. Come se si stesse assistendo a due film in uno.
La prima parte risulta confusa e soffre di una schematicità che
rischia di far sembrare il primo tempo l'episodio pilota di una serie
televisiva arrivata fuori tempo massimo. La seconda parte si giova
della spinta avuta dai vari twist, ma la ricetta Marvel è tiranna, e
la formula matematica che ormai sappiamo a memoria non regalerà
nessuna ulteriore sorpresa. La protagonista è carismatica, ma il suo
carattere è più descritto che realmente mostrato, e vederla
trasfigurarsi nelle sue varie incarnazioni fumettistiche non basta a
soddisfare lo spettatore Marvel della primissima ora. Non quelli più
stanchi, almeno, e ormai assetati di un linguaggio cinematografico
che sia sempre più cinema e meno fumetto, a prescindere dai tributi
alle letture passate. E i buchi di trama, le trovate cacciate dentro
a forza (una su tutte bella ingombrante) si accettano più per
compiacenza con la festa cartoonistica in corso che per suggestione.
Per questo, “Captain Marvel”, pur
essendo nel complesso un film gradevole, risulta solo un trait
d'union con l'imminente “Avengers: Endgame”, che completerà il
puzzle già in parte composto da “Infinity War”. Un interludio,
un riscaldamento, in attesa dell'atto finale dello spettacolo
generale. Per questo i film Marvel (il termine cinecomic è troppo
generico) vanno considerati film molto particolari, e non sono (non
possono essere) omologabili con altro cinema. Non si tratta nemmeno
di etichettare cinema vero e cinema finto. Si tratta di generi, di
regole di gioco e di attitudine a un tipo di intrattenimento
(assolutamente non obbligatorio) sotto certi aspetti inedito. Per
questo, concluso il grande giocattolo composto da pezzi che si
incastrano (più o meno) bene tra loro, e l'arazzo cinematografico
che rilegge un media diverso, si potrà fare un passo indietro e
contemplare l'opera nel suo insieme. E allora, a mente fredda, magari
a distanza di anni e lontani da inutili tifoserie da stadio, dire in
che misura lo spettacolo multiplo ha funzionato. I film della fase
successiva avranno bisogno di parecchia inventiva e di una discreta
capacità di osare, o essere benevoli con questo trend commerciale
diventerà davvero difficile.
Se lo consiglio? Diciamo che non lo
sconsiglio. E lo faccio per partito preso. Una blogger cinefila che
stimo molto ha recensito positivamente “Aquaman” definendo il
film di James Wan uno dei più stupidi che abbia mai visto, ma
affermando che l'ha tanto divertita proprio grazie alla regia kitsch
dello stesso Wan. Personalmente, non ho condivido il suo
divertimento, ma riconosco che i motivi per apprezzare un film
possono essere vari. E soprattutto nell'ambito dei film “sciocchi”
non è neppure il caso di starci a pensare troppo. L'importante è
non dimostrarsi più sciocchi dei film facendo partire inutili zuffe
o gare di competenze che non esistono. E “Captain Marvel” nel suo
marasma, nella sua prevedibilità, un paio di cosette le azzecca.
Almeno per i fans Marvel di vecchia data. Per il pubblico
generalista, onestamente, non saprei.
P. S. Stavolta nel cinema non è
successo niente di insopportabile, in confronto ho affrontato visioni
davvero apocalittiche. Rimane il fatto triste che il pubblico in sala
si dimostra puntualmente di una maleducazione stratosferica. E il
tormentone «Maledettiiiiiiii!» urlato, ha ormai rotto tre quarti di
minchia.
Ciao Filippo, bell'analisi
RispondiEliminaPersonalmente ho davvero apprezzato il film dall'ambientazione terrestre in poi.
Per carità nel complesso l'ho apprezzato, ma la prima parte mi ha entusiasmato meno del resto.
È comunque il solito film Marvel pronto da aprire e gustare, ne piu ne meno
La grande curiosità ora sta nel vedere come si inserirà il personaggio nell'universo MCU.
Non faccio spoiler, dico solo che la scena a metà dei titoli di coda mi ha stra-gasato. Vedremo.....
Riguardo la fase 4, dita incrociate 😎😎😎