Diciamolo. La televisione non è stato
di sicuro il suo palcoscenico preferito, ma dal pubblico della mia generazione è ricordato prima di ogni altra cosa per il suo bizzarro
(e faraonico) adattamento teatrale dell'Orlando Furioso di Ludovico
Ariosto. Spettacolo risultato da un adattamento del poeta Edoardo
Sanguineti, che modificò i versi di Ariosto in modo che gli attori
potessero recitarli in prima persona, e della mente teatrale
“tecnologica” di Ronconi, avezzo già da allora a usare
macchinari, carrucole e pannelli mobili per realizzare quelli che
oggi chiameremmo “effetti speciali”. Non si può nascondere.
L'Orlando Furioso portato in televisione (cinque puntate) era
qualcosa di insostenibile. Inutile. Pomposo. Pretenzioso. Pare che il
risultato fosse diverso in teatro (Ronconi realizzò lo spettacolo
nel 1969 e lo portò in tourné molto a lungo, ma l'adattamento
televisivo arrivò nel 1975), dove la manifestazione acquistava il
valore aggiunto dell'happening, con il pubblico coinvolto
nell'azione, a spingere macchinari, ad azionare strumenti che
avrebbero fatto volare l'ippogrifo e così via. Un'alchimia da scienziato pazzo dell'arte scenica, con effetti magari non del tutto riusciti, ma che difficilmente si potevano ignorare per complessità e potenza.
Un esperimento (discutibile quanto si
vuole) che rivisto oggi (in età adulta) non mancava di fascino, e
che Ronconi in seguito ritentò, portando in scena un altro lavoro
letterario (stavolta un romanzo moderno) e cioè Quer
pasticciaccio brutto di via Merulana di Carlo Emilio Gadda.
Luca Ronconi, insomma, era un regista
discusso e discutibile, ma cui sicuramente non difettava una
personalità che si farà ricordare. Capace di osare, di giocare, di
inventare... e di far recitare i versi di Ariosto a un'attrice del
calibro di Edmonda Aldini.
Non è poco. Anzi, è una grande impronta.
Non è poco. Anzi, è una grande impronta.
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