Voi lo sapevate, vero? E mi lasciavate nella mia ignoranza. Le Sirene: un mito molto più sfaccettato di quanto credessi. Da Omero ad Andersen e a Rumiko Takahashi. Un canto lungo secoli.
Per inciso: "Quando le donne avevano la coda" era un film commedia fantasy del 1970 per la regia di Pasquale Festa Campanile su sceneggiatura, tra gli altri, di Lina Wertmuller. Il soggetto di questa commedia preistorica era nientemeno che di Umberto Eco. Non si finisce mai di imparare, e di scoprire peccati di gioventù. Ma qui si scherza, e quando si può si divulga. Le Sirene sono un'icona che arriva fino a noi da più culture. E le loro caratteristiche non sono da dare per scontate...
“The Replacement Gods” (“Gli
dei di rimpiazzo”) è un documentario americano del 2012
prodotto dalla Little Lights Studios, studio cinematografico senza
scopo di lucro per la divulgazione religiosa presso i giovani, che
tratta dei fumetti di supereroi e della loro ingombrante (e ovvia)
parentela con le mitologie antiche, l'esoterismo, le simbologie
bibliche. L'approccio è protestante e, benché il film non contenga
alcun riferimento esplicito, si direbbe espressione della Chiesa
Avventista del Settimo Giorno, cui è legato anche Light Channel
Italia, che ne ha curato per l'appunto l'edizione italiana.
Un film di 95 minuti molto denso.
Discutibile e interessante nello stesso tempo. Affascinante per la
ricchezza dei contenuti e spiazzante per le improvvise cadute di
tono. E' curioso notare (da liberi pensatori) come l'argomento alla
base del documentario (che, ricordiamo, parla dei supereroi, della
loro genesi e soprattutto della loro funzione) non è prettamente
“protestante”, ma ha radici comuni al cattolicesimo più antico.
Peccato che questo non sia un apprezzamento positivo o ecumenico.
Quel che viene spontaneo commentare è che il mondo cattolico, con
tutte le sue resistenze e pregiudizi, si esprimeva con determinati
toni e messaggi nel Medioevo, agli inizi della sua storia
istituzionale. Qui ci troviamo, invece, in presenza di un titolo del
2012. E la cosa, per chi ha un approccio laico alla vita e ai
fumetti, è abbastanza disturbante.
E' il caso di premettere che le
critiche (che ci saranno) non sono rivolte alla fede Avventista in
sé, ma ai toni e ai contenuti di questo film (benché sia lecito
supporre che siano stati approvati e allineati con le linee generali
della confessione cui appartengono). Per capire subito di cosa stiamo
parlando, basta un riassunto del tema principale del documentario
prodotto dal Little Light Studios (e reperibile anche in italiano su
Youtube). Il senso di tutto è che i fumetti di supereroi sono
strumenti diabolici, volti a perpetuare (così come le antiche
mitologie) un inganno nei confronti del genere umano, e indurlo a
venerare falsi dei, in modo da confondere le acque e sviare
dall'accoglienza di Cristo (soprattutto nella sua seconda venuta).
E' inquietante scoprire come le parole
di Sant'Agostino in De Civitate Dei, agli albori della chiesa
cattolica, siano state riciclate in ambito protestante riportando di
fatto indietro il tempo (e il modo di intendere la spiritualità) di
secoli. Per Agostino, le divinità dei pantheon pagani (buone o
cattive che fossero) non erano semplicemente delle figure simboliche
di forze della natura e di emozioni umane. Erano entità reali, ma di
natura demoniaca, il cui ruolo era quello di farsi adorare al posto
dell'unico vero Dio e di screditarne l'esistenza. Non a caso, in
molte narrazioni di genere horror a tema demoniaco, le presenze
diaboliche portano nomi di antiche divinità. Persino nel celebre
romanzo e film “L'Esorcista”, il demone protagonista è
Pazuzu, un tempo divinità assiro-babilonese dei venti e delle
tempeste. La patristica e i padri della chiesa riscrissero
pazientemente le mitologie pagane per creare il nemico di cui la
propaganda della nascente istituzione ecclesiastica aveva bisogno.
Per questo, oggi, vedere un film come “Gli Dei di Rimpiazzo”
è un'esperienza bizzarra. Interessante e irritante nello stesso
tempo.
Il documentario si apre e si chiude nel
modo peggiore possibile. Lo spezzone iniziale è un documento d'epoca
che ci riporta alla nascita del comics code americano, alla crociata
contro i fumetti dello psichiatra Fredric
Werthame al
suo “La Seduzione dell'Innocente”. Al termine di quella
sequenza, lo spettatore è indotto a pensare che il filo del discorso
verrà ripreso. Invece no. Termina lì, quasi fosse un'epigrafe posta
a memento per i posteri. In sostanza, per il film, quanto contestato
ai fumetti da Fredric Wertham era vero e legittimo. E sembra
suggerire che sarebbe una posizione da recuperare in questi anni bui.
La tirata finale, invece, è tra le più scontate in ambito religioso
(tanto da livellare praticamente qualsiasi confessione cristiana), e
conclude la disamina affermando che uno solo è il supereroe che
dovremmo tutti adorare e che ci salva, e cioè l'unico e solo Gesù
Cristo.
Un documentario di propaganda
religiosa, dunque, ma non privo di spunti di interesse. I rapporti
tra la nascita dei supereroi e le antiche mitologie è curato e
supportato da fonti che destano la curiosità dello spettatore. Non
lesina neppure l'inserimento di interviste o citazioni di opere di
Alan Moore e Grant Morrison, e il loro rapporto con l'occulto.
Peccato che alla fine scopra i giochi con l'affermazione puerile e
dichiaratamente propagandista che niente di buono può venire da
storie a fumetti scritte da chi è abituato a flirtare con i demoni.
Il concetto di inversione (cioè mettere Lucifero al posto di Cristo
e rendere il primo un eroe e il secondo un malvagio protettore dello
status quo) avrebbe (qualora affrontato in modo più distaccato)
potuto prestarsi a un'affascinante lettura metaforica (e politica) di
rovesciamento dei ruoli precostituiti. Batman, esempio di eroe
moderno che fa della simbologia demoniaca un lampante ribaltamento
tra luce e tenebre, tra bene e male, dovrebbe essere uno dei punti
cardine di questa analisi religiosa. Succede, però, che “Gli
Dei di Rimpiazzo” finisce con il disinnescarsi da solo, quando
(esaminando le pellicole dedicate all'Uomo Pipistrello nel corso
degli anni) confonde con ingenuità disarmante il personaggio di
Joker con quello dell'Enigmista, come se fossero un unico villain. E
lo fa più volte, con uno scivolone che non sfugge ai lettori
abituali, rivelando una falla molto grossa nella conoscenza e
nell'attenzione degli autori nei confronti del media di cui stanno
discutendo. Né parliamo di un errore da poco, giacché se ho una
tesi da dimostrare, e sono in grado di citare la Bibbia, la Cabbala,
antiche leggende e testi esoterici, dovrei dimostrare di conoscere i
rapporti e le identità di banali personaggi dei fumetti. Ancora più allarmante è l'uso parziale e manipolatorio delle interviste tratte da più documentari preesistenti. La testimonianza farlocca (un semplice scherzo, in realtà) di Warren Ellis sulle presunte pratiche negromantiche di Grant Morrison, estratta dal film "Talking with Gods", è proposta fuori contesto, come un atto d'accusa talmente serio e inquisitorio da dare i brividi.
Questi elementi causano un clamoroso autogoal. Infatti, tutto
ciò che si è ascoltato nei minuti precedenti si appanna, diventa
dubbio. Posso e devo fidarmi delle notizie fornite da una fonte così dichiaratamente faziosa, apparentemente erudita, ma pronta a scivolare così platealmente su una buccia di banana?
Alla resa dei conti, “Gli Dei di
Rimpiazzo” è un documentario pensato per denunciare un
complotto mistico in cui i fumetti di supereroi giocherebbero un
ruolo importantissimo. Far credere ai giovani che Cristo è malvagio,
rendere la sua divinità irriconoscibile come lo fu per chi lo
inchiodò alla croce, e alimentare l'attesa di un messia più
terreno, più pragmatico, che salvi fisicamente e non spiritualmente.
I temi trattati restano stimolanti dal punto di vista storico e
antropologico, ma non può che far balzare il cuore in gola per la
profonda arretratezza del messaggio di base, l'incapacità di
accettare l'innocenza dei sogni, delle simbologie popolari più
ingenue e la loro fondamentale inoffensività. Sembra, a tratti, di
essere veramente tornati ai tempi del dottor Wertham, e si prova
disagio per il fatto di non riuscire a smettere di guardare, di
ascoltare. Sì, perché “Gli Dei di Rimpiazzo”, nonostante
la consistente falla di credibilità, dimostra una forza
affabulatoria non da poco, e i vari parallelismi possono essere
seguiti e apprezzati da chi ama i supereroi senza leggervi nessun
contenuto volto a influenzare la nostra personale visione religiosa.
“Gli Dei di Rimpiazzo” è un
documentario che va visto. Magari criticato. Ma non evitato per
preconcetto. Anzi, va conosciuto proprio per scoprire quanti punti di
vista differenti possano esistere sulla Nona Arte e sulla figura,
oggi sfruttatissima, del supereroe. Il film commette anche l'errore
di predicare ai convertiti (il tono dello speaker è sempre da
sermone e dà molto, troppo per scontato di stare parlando a un
pubblico credente) e di utilizzare in modo strumentale (e forse anche
un poco scorretto) testimonianze più o meno dirette di due mostri
sacri del mezzo: Moore e Morrison, qui presentati (sebbene tra le
righe) quasi come profeti del Male e sabotatori dell'opera di
rivelazione dell'unico vero Dio. Peccato, aggiungerei, che gli autori
abbiano completamente dimenticato l'opera “Promethea” di
Alan Moore e il suo particolare concetto di Apocalisse. Ne avremmo
visto e sentite delle belle. Ma forse, Promethea
e i suoi miracoli è troppo buona, troppo saggia, troppo donna per
figurare come messia nero. Probabilmente è per lo stesso motivo che
il personaggio di Wonder Woman, presente nel documentario, non è
approfondito più di tanto. Eppure sarebbe stato uno spunto per
parlare del nascente femminismo, delle streghe e del loro rapporto
con i segreti della natura, osteggiate dal maschio detentore del
potere tanto in famiglia quanto presso l'ordine costituito. Ma
parliamo di un'opera di propaganda, e non possiamo aspettarci che sia
quello che non è. Possiamo prendere ciò che offre di accattivante,
e cioè le concatenazioni tra mito e fumetto contemporaneo, con la
sacrosanta raccomandazione di controllare le fonti e approfondire per
conto proprio. Non sia mai di confondere un personaggio con un altro,
servendo su un piatto d'argento al nostro uditorio una ricca porzione
di dubbi su quanto detto prima e dopo.
“Gli Dei di Rimpiazzo” è un
documentario non mainstream, non contiene niente di politicamente
corretto. E' schierato, è quello che è: un veicolo di propaganda
religiosa. E va fruito con questa consapevolezza. Pertanto, guardate
il film, pensateci su, discutetene con i vostri amici. Una cosa è
sicura. Lo spunto di conversazione (o dibattito) è molto
consistente.