Visualizzazione post con etichetta Edificio 17A. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Edificio 17A. Mostra tutti i post

domenica 25 agosto 2013

Salvatore Rizzuto Adelfio [1951-2013]



Edificio 17A – Il lungo sonno

Non so cosa sia successo. Sono andato via con la testa. Troppo fentanil, che è più potente della morfina. Quanto potente? Cento volte di più. Forse le due sostanze si sono incontrate e accumulate . Nessuno sa darmi spiegazioni. Nessuno. Tutti a preoccuparsi per me. Tutti a controllare che io fossi sveglio. Ricordo: l'incontro con una strana persona. Un'assemblea. Un gatto che girava su se stesso. Il nulla. Mi venivano in mente: l'immagine di mio fratello seduto sulla poltrona che c'è in camera. Mi parlavano anche Claudia e Filippo. Filippo che ho voluto abbracciare, che cercavo continuamente. Avrei voluto alzarmi. Ma tutti, compreso Giuseppe l'infermiere, anche lui presente nella stanza, si opponevano. Solo alle venti sono riuscito ad alzarmi. Ho mangiucchiato qualcosa. Mio fratello va via insieme a Filippo. Filippo per dare da mangiare a Giuggiola e Santino, i nostri due mici. Poi ritorna. Sempre accompagnato da Pino in macchina. Anche Claudia se ne torna a casa. Resto da solo con Filippo. Apro il Gohonzon. Faccio fatica a concludere la preghiera. Mi metto a scrivere queste note con continui flash. Non capisco se sono fatti realmente accaduti o sono cose che ho sognato in questi giorni. Interrompono la scrittura. Riprendo non riuscendo a capire del tutto. In fondo, questo mi ha spinto a fare cinque anni di analisi. Solo che adesso è diverso. Non mi fa più paura. Posso affrontarlo. Vivo battagliando continuamente. Se vinco o perdo è secondario. L'importante è come vivo questo. Io cerco di viverle da vero guerriero.

Palermo, 21 agosto 2013

Il lungo sonno è l'ultimo capitolo che Salvatore, mio compagno di vita per tredici anni, mi ha chiesto di rivedere prima che il veloce progredire della malattia mettesse fine a questa avventura letteraria. Un diario di vitalità e una testimonianza di dignità che merita una conclusione, sia pure non scritta dal suo autore principale.
Salvatore nella sua vita è stato mille cose. Tutte diverse. Ma non si è mai pianto addosso. Non più di cinque minuti, almeno. Non parlerò, per questo, del suo rapido declino, ma di quella luce che fino all'ultimo ha continuato a rischiarare quanti erano vicino a lui, nonostante la fine del viaggio fosse ormai vicina. Con questo diario, Salvatore ha mostrato a tutti il vero significato della parola resistenza, e l'inarrestabile forza di una creatività che non si arrende neppure davanti alla disfatta. Salvatore ha comunque vinto sulla malattia. Facendole le boccacce, osservandola, e crescendo in umanità fino all'ultimo giorno a dispetto di tutto. Guardandosi indietro, non poteva essere che così. Una mente come la sua, un cuore come il suo, che tanto hanno dato alla città di Palermo, vivono in queste pagine come in ogni iniziativa presa in una vita vissuta intensamente come pochi sono riusciti a fare.
Un guerriero del quotidiano, e un uomo capace di suscitare esplosioni artistiche in tutti coloro che lo avvicinavano, come un allegro contagio. Salvatore è stato questo: un meraviglioso catalizzatore di vita. Ci auguriamo tutti che continui a esserlo per quanti lo hanno conosciuto attraverso queste pagine.


Saluto l'amore della mia vita, il mio migliore amico, con una delle più note poesie di Eugenio Montale. Parole appropriate per una persona immensa come lui.

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.


Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.



venerdì 16 agosto 2013

Edificio 17A - Il mare


Vieni a vedere il mio mare
io lo tengo nel cassetto.
Una conchiglia, due stelle
tre gocce di mare blu
un cavalluccio marino
e un sasso colore del sol
una manciata di sabbia...
...cantava Milva, in una vecchia canzone del 1961. Il mare a me, invece, lo hanno portato dentro due bottiglie. Conchiglia, sabbia e collanina marinara comprese. L'incredibile Piero è stato l'artefice di questo montaggio. Il mare rinchiuso in una bacinella blu con in fondo una conchiglia. Accanto la sabbia ancora umida chiusa in un contenitore per gelati. La crema solare come al mio solito l'ho rifiutata. Odio le creme, gli oli solari e tutto ciò che unge. Sì, è stato un attimo, ed ero al mare. E facevo ciaff ciaff con i piedi dentro la bacinella blu. Le foto di rito. Che vai a mare e non ti fai una foto da mostrare agli amici su facebook? E foto sia. Piero mi massaggia i piedi e mi riconduce al mare finto, e nello steso tempo, vero che ha portato per me.
Smontato il set ci ridiamo un po' su. E' quello che succede sempre quando si fanno gesti poetici.

[Disegno di Chiara Mazzola]









lunedì 5 agosto 2013

Sade: L'uomo che non dorme



E condividiamo anche questo. L'uomo che non dorme (mai abbastanza, per essere precisi). Qui beccato mentre riposa sul divanetto di una stanza d'ospedale, e sogna sonni migliori. Scattata da Sade, questa foto può a buon titolo essere annoverata nel diario del nostro Salvatore. Buon riposo.

venerdì 5 luglio 2013

Edificio 17A – WOW



Ancora nottata di febbre. Delirio Incluso. Intorno alle nove e mezzo di mattina riesco, dopo diversi tentativi, ad alzarmi dal letto. Tutto è inzuppato di sudore. Io e il letto. Con movimenti da bradipo mi sono mosso per fare il minimo indispensabile. Alzarmi e arrivare nel soggiorno. Finire di asciugare l'ultimo sudore. Svuotare le due sacche che raccolgono l'urina. Mangiare due pesche. Bere diversi bicchieri d'acqua. Poi ho acceso la televisione, solo perché ha una fruizione passiva. Mi sono preparato un bicchiere d'acqua questa volta con zucchero e sale. Minchia no, "Non c'è pace fra gli ulivi" con Amedeo Nazzari, no. E negli altri canali non c'era proprio nulla di interessante. Ho trovato le forze per cambiare stanza e accendere il computer. Vai con Facebook. La prima cosa che ho visto è stato il disegno di Kanjano. No, i salti non li posso fare, li avrei fatti fosse stato un altro giorno. Ho provato qualcosa fra il moto di gioa e la sorpresa. Il "Grande", con il quale mi definisci... se tu mi vedessi in questo momento non so se lo riscriveresti. Resisto, come credo faresti tu. Naturalmente, per risparmiare fatica, queste parole me le rigioco (come sto facendo). E alla fine il ringraziamento, di cuore, per il tuo disegno.

[Disegno di Kanjano]






 

lunedì 20 maggio 2013

Edificio 17A - Santi, santini e sanità




Nella sala d'attesa del reparto c'è un supporto di marmo in cima al quale c'è un busto di bronzo. Non è un luminare della sanità. E' uno degli omaggi che i fedeli vanno seminando ovunque, anche nei luoghi pubblici. Padre Pio. Al suo posto preferirei Bakunin o Szymbosca. Ma non credo mi farebbero posare il busto.
Dal collo del frate pendono due ex-voto e diversi rosari. Come in un altarino qui e là sono esposti dei santini. Madonna, San Giuseppe, Santa Rosalia. Un Gesù dal cui cuore escono dei raggi luminosi. Altri santi che non riconosco. Un insieme il cui posto più corretto non è proprio qui. Il santino di Santa Rosalia è pubblicità di un servizio di ambulanze privato che usa il nome della patrona di Palermo. Un'altra ditta ha i biglietti da visita con Santa Rita. Fede, speranza e pubblicità.
[Disegno di Elena Ferrara]





giovedì 2 maggio 2013

Edificio 17A - La prima doccia


Nelle condizioni in cui sono, una doccia è una fatica enorme. Da solo non ci sarei riuscito. Filippo mi aiuta amorevolmente. Dobbiamo imparare non solo a pulirmi, ma stare attenti ai vari tubicini che mi permettono di eliminare le urine. Ho lavato per bene con acqua e sapone il mio fiore rosso. Messo completamente a nudo. Rosso e morbido, accettava il trattamento. Quando l'ho risciacquato sembrava lo stessi innafiando. Poi, finito il lavaggio, mi sono asciugato e ho applicato la placchetta che sostiene il sacchetto per le feci. Ho cambiato anche gli altri due sacchetti per l'urina. Con qualche difficoltà per quello della nefrostomia. Essendo nuovi a questo ci sono stati piccoli intoppi. Alla fine, io e Filippo eravamo esausti. Credo che abbiamo superato abbastanza bene questa prima prova. Stanchissimi ma soddisfatti.


sabato 27 aprile 2013

Edificio 17A - Non si uccidono così anche i malati?

Dovrei fare una vita tranquilla. Riposarmi. Cercare di distrarmi. Invece ogni giorno c'è qualcosa che devo fare in quanto malato. Girare per uffici a sbrigare pratiche burocratiche. Andare in un ambulatori di analisi cliniche per fare degli esami. Ritornare nell'Edificio 17A per richiedere la cartella clinica. Fare un consulto con l'oncologo che mi manda per ulteriore approfondimento dall'ematologo. Chiedere di anticipare la visita di controllo. Ritornare alla ASL per far correggere la richieste dei sacchetti per la colonstomia, hanno sbagliato a fare i conti e il farmacista mi ha chiesto di farli rifare. Arrivare a casa distrutto come se avessi fatto una maratona. Incapace anche di controllare quasi i movimenti del corpo.
Da lunedì si ricomincia. 

venerdì 26 aprile 2013

Edificio 17A - Gioia e burocrazia


Pino, mio fratello, mi ha portato in giro tutta la giornata. Siamo andati a trovare Ciccio, ancora ricoverato in Chirurgia Oncologica, felicissimo di vedermi. Ci siamo abbracciati. Lui, così magro, mi faceva ancora più tenerezza. Abbiamo parlato tenendoci per mano. I suoi grandi occhi erano sorridenti e alle volte si inumidivano per la commozione. Mi ha fatto trovare una caciotta di caciocavallo fresco prodotta a Godrano. Ho incontrato anche Caterina con la quale ci siamo abbracciati a lungo, come vecchi amici che si rivedono dopo molti anni. Ho incontrato anche la caposala Rosi. Ha gradito molto i miei ringraziamenti.
Poi, Pino mi ha detto “Andiamo dalla zia Nunzia”. Io pensavo a una nostra vecchia zia. Invece era Da zia Nunzia, una trattoria. Per la prima volta ho mangiato da solo con mio fratello. Abbiamo chiacchierato e mangiato una pasta con vongole e cozze molto buona, accompagnata da un vinello bianco e fresco. Guardo Pino con uno sguardo diverso. Uno dei tanti cambiamenti. Lo guardo e invidio la sua forza.
Il giro è continuato alla Asl. Per esenzione ticket e altre pratiche che si fanno di solito nei casi come il mio. Mi sono messo a parlare con una signora che era lì per il padre: rottura del femore. La cosa strana è che mentre prima erano gli altri a rivolgermi la parola, adesso sono io a rompere il ghiaccio. Ho bevuto due bottigliette di acqua da mezzo litro. E' vero che in questo periodo bevo molto più del solito, ma penso abbia aiutato anche la pasta. Sbrigato tutto, ci siamo diretti verso il mio medico di base.
Ritirate diverse ricette e moduli. Infine, Pino mi ha riportato indietro. Arrivato a casa mi sentivo un rottame. Tutta una giornata passata fuori. Mi ha stancato moltissimo. Ma la rifarei tutta.

lunedì 22 aprile 2013

Edificio 17A – La nuvola nera

 

Ci sono giorni bui. Senza un motivo scatenante. Così. Guardo fuori dalla finestra. Guardo il cielo. E piango. Una maledetta nuvola nera mi avvolge. E piango. Vorrei nasconderlo a tutti. Allora litigo per la carta che manca in bagno. O per la mozzarella presentatami per due giorni consecutivi. Per quanto forte mi faccia, alle volte cedo a questa nuvola nera. Ma la strada da percorrere deve essere un'altra. Pino si accorge che non sono come al solito. Mi cerca con i suoi occhi bruni. China leggermente il capo e mi chiede affettuosamente: “Toti. Chi c'è?”.
Il lungo tenero abbraccio con Filippo.
Tori Amos, nelle cuffiette mi sussurra “Can't stop loving”. Forse, dico io “all this”.
Non posso smettere di amare tutto questo

Can't stop what's coming
Can't stop what is on it's way
...
Can't stop loving
Can't stop what is on its way

martedì 16 aprile 2013

Edificio 17A - Il leone


Giuseppe era qui quando sono arrivato. Un omone simpatico. Da me chiamato il leone. Operato, è già uscito. Scherzava tutto il giorno con tutti. Parlava di pranzi pantagruelici e di enormi bevute che avvenivano nel reparto. Naturalmente tutto puro desiderio. Il massimo reale che si poteva concedere era la pasta con il pomodoro portata dalla moglie. Lo incontro nella sala d'attesa in una delle mie tante passeggiate.

Lui è venuto a farsi togliere i punti. Ultimo legame con Chirugia Oncologica. La sua storia clinica è conclusa. Ora è vestito con giacca e cravatta, da civile.

“E su di me non hai scritto nulla?”

Gli prometto che parlerò anche di lui. E questa è una promessa mantenuta.

sabato 13 aprile 2013

Edificio 17A - Unico credo


- Buonasera fratelli.
Suona falso, questo saluto. Lui vestito tutto di nero. Occhiali da sole scuri. Pelato.
Qualsiasi cosa dica suona ipocrita. Non è un prete. Non è venuto a convertire. Porta sostegno morale ai malati. Il suo sostegno morale ai malati è recitare il rosario nel corridoio. Dopo che sono stati cacciati via parenti e amici dei ricoverati. Lui attacca con la sua voce impostata... ghegheghè. Sgrana le sue avemaria con la stessa dose di noia che ci porta a scaccolarci. Alcuni si affacciano alla porta della stanza e partecipano alla preghiera. Gli altri devono subire.
Non voglio giudicare il credo, ma l'invasione e la mancanza di rispetto per gli altri.
Alla fine. Ha anche la canzoncina dedicata alla Madonna.
Il suo «Buonasera fratelli,» prima di andarsene sembra pronunciato da uno jettatore di professione.

 [Disegno di Filippo Messina]

venerdì 12 aprile 2013

Edificio 17A - Mondo nuovo



Qui tutto è diverso. Incontri le persone e ti sorridono. Mai visti prima, magari. Ma il sorriso fiorisce spontaneo. Abbiamo più rispetto fra di noi. Quasi a riconoscere nell'altro parte di se. Siamo diventati gentili. Anche se solo in questo ambito così ristretto... succede questo. Ti lasci andare a fantasticare un mondo nuovo. Dove i comportamenti positivi sono innati. Ma lo stesso che pochi secondi prima ti aveva sorriso e offerto il caffè, perché non trovavi monetine, appena fuori salito in macchina rivolto ad un altro autista gli urla "Crastu, ca un mi rasti a precedenza, in testa ti sparassi".

 [Disegno di Leo Ortolani]





giovedì 11 aprile 2013

Edificio 17A - Colonia estiva

Da piccolo i miei mi mandavano in una colonia estiva. I posti spesso cambiavano. Altavilla Milicia, Val d'Erice, San Vito lo Capo. Le mie sensazioni erano sempre le stesse. Essere abbandonato per tre mesi. Anche per gli altri bambini la colonia estiva era un piccolo trauma. Sradicati dalla famiglia. Obbligati a condividere la propria vita insieme a degli emeriti sconosciuti. Immersi in un sistema da caserma.
Noi, teneri, sognavamo la fuga. Facevamo piani per evadere. Senza sapere che non avevamo dove andare.
Il mio soggiorno nell'Edificio 17A somiglia molto alla condizione della colonia estiva.
Ma questa volta non sogno evasioni rocambolesche. Aspetto che siano loro a cacciarmi via.
[Disegno di Giuseppe Lo Bocchiaro

mercoledì 10 aprile 2013

Edificio 17A - Lacrime

 Sì, ogni tanto piango. Emotivo lo sono sempre stato. Boris mi definiva melodrammatico. Basta poco a farmi sgorgare lacrime. Oggi affacciato alla finestra mentre fumavo è successo. Mi guardo intorno, vedo passare il personale sanitario o i parenti dei pazienti. Emergono pensieri tristi pensando al passato. Quello che poteva essere e quello che è stato. Stupido, no? Mi soffio il naso. Ho finito la sigaretta. Ritorno in camera. Ascolto il White album dei Beatles. Obladì obladà e mi sono messo cantare:
“Yeah, ob-la-di ob-la-da life goes on brao.
La-la how the life goes on
Yeah, ob-la-di ob-la-da life goes on bra
La-la how the life goes on

And if you want some fun
Take ob-la-di ob-la-da life”
[Disegno di Sergio Algozzino]

martedì 9 aprile 2013

Edificio 17A - Il nome che non si dice



Passeggio lungo il corridoio del reparto di Chirurgia Oncologica. Incontro il chirurgo che mi dice che per il malessere di cui soffro devo fare una rettoscopia.
Il malessere. Il suo stato. La malattia. Tutto pur di non dire un semplice nome. Che dovrebbe essere comune in questo reparto.
- Dottore, il mio malessere è un tumore. Perché non usare questo termine?
- Solo con questo esame gli daremo un nome.
Cattiva bugia. Che non inganna nessuno

[Disegni di Giuseppe Lo Bocchiaro]