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lunedì 10 settembre 2012

Batman di Shanghai


Mentre impazza ovunque la batmania sull'onda dell'ultimo capitolo della trilogia cinematografica diretta da Christopher Nolan, emergono nuovi tasselli legati alla mitologia dell'Uomo Pipistrello, così come piccoli omaggi, video amatoriali, corti sperimentali e quant'altro. The Bat Man of Shanghai è un corto animato prodotto dal Wolf Smoke Studio, laboratorio di animatori cinesi che ha realizzato questa bizzarra versione dell'eroe e del suo mondo come una sorta di plot (trasmesso da Cartoon Network e presentato nell'ambito del Comic-Con ) che potrebbe diventare una vera e propria serie qualora la Warner Bros (detentrice dei diritti sul personaggio per l'uso sullo schermo) non avesse nulla da ridire.


Il risultato è veramente interessante. L'azione è ambientata negli anni trenta, in una coloratissima Shanghai dove Batman, Catwoman e Bane si contendono una preziosa reliquia. L'estetica orientale, le arti marziali, le trasfigurazioni fisiche e il ritmo serrato, fanno di questo cortometraggio una chicca preziosa per tutti gli appassionati del Cavaliere Oscuro. Mai così sfuggente e surreale. Un piccolo trip spettacolare e psichedelico che va ad allungare le ormai innumerevoli rivisitazioni di quello che è ormai un vero e proprio mito moderno.




giovedì 30 agosto 2012

Batman: Puppet Master


Gotham: sono trascorsi pochi mesi dalla morte del procuratore distrettuale Harvey Dent, e l’opinione pubblica, come pure le forze di polizia, sono ancora convinte che a ucciderlo sia stato lo stesso Batman. Nel frattempo, una nuova mente criminale sta tramando per prendere il controllo della malavita. Il misterioso Scarface, che nessuno sembra avere mai visto. Quando qualcuno causa un’evasione di massa dal manicomio di Arkham, l’Uomo Pipistrello è costretto a tornare in azione per fermare la furia omicida del serial killer noto come Mr Zsasz. Ma il disegno criminale è più machiavellico di quanto sembra, e lo scontro finale si consumerà durante un teso incontro tra Scarface, il suo tremebondo segretario e l’enigmatico agente speciale che afferma di chiamarsi Edward Nigma, risoluto a catturare Batman una volta per tutte…


Batman: Puppet Master è un corto amatoriale che riserva molte piacevoli sorprese. Diretto da Bryan Nest con mano sicura e interpretato da un pugno di attori molto convincenti, il breve film si propone non soltanto di riprodurre le atmosfere e l’approccio noir adottato da Christopher Nolan per la sua trilogia cinematografica sull’Uomo Pipistrello, ma si colloca idealmente tra il secondo e terzo film del regista come una sorta di convincente fill-in, ambientato nel medesimo mondo.



L’obbiettivo è a nostro avviso pienamente centrato. La rivisitazioni di personaggi iconici segue la chiave metropolitana e hard boiled già usata da Nolan per raccontare le figure del Joker e dello Spaventapasseri. Lo stesso protagonista è a suo modo abbastanza convincente. I mezzi, per quanto ridotti, sono usati con perizia. Insomma, un piccolo gioiello tra quei prodotti che in rete siamo ormai abituati a chiamare fanmade.
Un esempio di come la passione e la conoscenza dell’argomento (ma anche delle tecniche, non dimentichiamo) possa assottigliare il confine tra il gioco e la prestazione professionale.
Buona visione.






mercoledì 30 maggio 2012

Di nozze gay, supereroi e di piccola omofobia quotidiana...


Cos’è veramente l’omofobia? Come potremmo definirla? Siamo sicuri che sia tanto facile tenerla fuori dalla nostra vita, come pure il razzismo, il sessismo e tante altre “cattive abitudini” sociali, dure da estirpare? Vogliamo parlarne? Sicuramente a molti non interessa. Molto più facile liquidare spinose questioni con un «Ma va laaaaaà!» di ghediniana memoria, e andare dritti per la propria strada. Per quanti vivono sulla propria pelle un clima sfavorevole, incerte trasformazioni culturali e uscite pubbliche infelici, la cosa può apparire sotto una luce ben diversa. Soprattutto se sono avvezzi a occuparsene in modo quotidiano, mettendoci la propria faccia, il proprio impegno, la propria reputazione.

La notizia è vecchia, e non particolarmente entusiasmante. La Marvel ha annunciato che il suo personaggio omosessuale di rappresentanza (lo potremmo chiamare così) Northstar (Alpha Flight, X-Men), presto convolerà a giuste nozze con il suo compagno di vita. Un matrimonio gay che casa Marvel sta pubblicizzando facendo risonare la consueta grancassa mediatica, e suscitando (ma tu guarda!) una marea di reazioni eterogenee, tra chi plaude al lieto evento e chi teme un’influenza negativa sulle menti più acerbe (con buona pace delle carneficine consumate dal popolarissimo Punisher, come ha giustamente fatto notare in rete l’attore gay George Takei).


Di realmente nuovo e innovativo non c’è molto. Giusto l’atto ufficiale del matrimonio, e forse neppure quello. Non dimentichiamo che già in passato, la fiaccola dell’amore omosessuale nei fumetti di supereroi è stata tenuta alta dalla coppia Apollo e Midnighter (controfigure delle icone DC Batman e Superman sulla serie Authority). L’amore dei due eroi era sempre stato mostrato dagli autori (Warren Ellis per primo, Mark Millar e altri in seguito) come passionale, fedele e irriducibile. Fino a un matrimonio, già celebrato qualche anno fa, e persino l’adozione di una bambina, Jenny Quantum, cresciuta in modo illuminato dalla coppia di superpapà. Perché allora tanto scalpore per il matrimonio targato Marvel? Probabilmente proprio perché la parola su cui pesa l’accento non è matrimonio… ma Marvel Comics. Un colosso editoriale oggi proprietà della Disney, le cui scelte fanno un botto più consistente delle trasgressioni operate dalla Wildstorm in passato. Oltretutto, la Marvel ha sempre scelto personaggi secondari e defilati cui far portare la bandiera rainbow, forse con l’unica eccezione della versione Ultimate di Colosso degli X-Men (nessuno mi cancellerà dalla memoria la reazione di un lettore imbecille su un popolare forum di fumetti italiano: «Colosso checca?! Nooo! Come posso identificarmi con lui? Io sono ETERO!»). Oppure come componente ambigua di personaggi non proprio positivi, vezzo discutibile che la fiction occidentale si porta dietro da tempo immemorabile (vedi Daken, il malvagio figlio di Wolverine).
A seguito dell’annuncio Marvel, la storica concorrente DC ha subito colto la palla al balzo per allinearsi, anticipando che un suo noto eroe avrebbe presto fatto coming out.

Le noti dolenti iniziano adesso.


Gli espedienti commerciali, il rincorrersi tra marchi editoriali che ammiccano più o meno all’attualità, ci sono sempre stati, e sono da intendere più come specchio dei tempi che come vero atto trasgressivo. Quel che ci suscita fastidio e un senso di malessere è la povertà estrema di alcuni commenti, decisamente fuori luogo, apparsi su questo o quel blog dedicato al mondo delle nuvole parlanti. Ci asterremo in questa sede dall’accanirci contro un avversario preciso (niente nomi, quindi). Non ci interessa far salire nessuno sulla forca, ma sviscerare un atteggiamento paradigmatico che merita critiche decise. Quel che ci preme è ribadire la condanna di un’uscita oggettivamente offensiva, e analizzare in senso generale l’humus da cui questa ha tratto origine.

Come avevamo cominciato?
Ah sì! Che cos’è propriamente l’omofobia?
Per qualcuno, omofobia è trovarsi davanti un omosessuale e insultarlo apertamente a causa del suo orientamento. Sputando, dandogli del pervertito, della femmina mancata, o addirittura confondendo il suo orientamento sessuale con la pedofilia, cosa ben diversa.

Per qualcuno, omofobia è incontrare un omosessuale e saltargli addosso, magari in gruppo, rompergli il naso o peggio e mandarlo all’ospedale, perché ci disgusta e non possiamo fare a meno di dimostrarlo con l’unico linguaggio che conosciamo: la violenza.

Per qualcuno, omofobia è discriminare le persone omosessuali sul lavoro, rendendo irrespirabile l’aria dell’ufficio con una condotta inadeguata, o facendogli passare avanti soggetti che a nostro avviso meritano di più in quanto esemplari più validi della razza umana.

Per qualcuno, omofobia è ritenere che la condizione delle persone lgbt sia una malattia, che vada curata o perlomeno nascosta, che la loro visibilità sia diseducativa nei confronti dei bambini, che il matrimonio e la famiglia riguardino solo uomo e donna in quanto capaci di riprodursi e mettere al mondo altri omofobi, ignoranti, maleducati e reazionari, sorvolando sulla capacità effettiva di essere buoni genitori e sul valore insindacabile degli affetti.

Omofobia è tutte queste cose, ma la sua radice ha un significato ben preciso che è… pauradegliomosessuali. Una paura che può manifestarsi in moltissimi modi, alcuni dei quali sfumati, composti, ipocriti.


Per questo, a nostro modesto parere, scrivere pubblicamente che “non si dovrebbe intaccare il dna editoriale di un personaggio per farlo diventare gay” è inaccettabile. Ma soprattutto troviamo veramente triste (e nessuna eco retorica, usata per risponderci, cambierà questo fatto) che l’annuncio di casa DC di rendere gay un personaggio già noto abbia scatenato tanta paura in alcuni lettori. I fumetti, con i quali noi lavoriamo e viviamo, sono una bellissima cosa. Un mondo dove può trovare spazio lo svago, la cultura, la creatività e la gioia di tutti. Ma pensiamo sia profondamente immaturo auspicare, anzi esigere, un’immobilità del proprio immaginario editoriale a dispetto di una questione sociale tanto grave, delicata e bisognosa di un forte cambiamento. Sia chiaro, siamo adulti, o almeno ci piace pensare di esserlo. Ce ne freghiamo di Crisi sulle terre infinite che cambiano lo status quo degli eroi, del demone Mefisto che azzera la continuity e baggianate del genere.


Ma che scherziamo? Perché il progetto (in verità più una vaga ipotesi) di rendere omosessuale un personaggio già popolare suscita così tanta paura? Al punto da definire il proposito “sbagliato e diseducativo”?  L’eventualità dà talmente fastidio da non capire che – qualora dovesse succedere – non sarebbe che un (peraltro blando) segnale di una mutazione culturale in atto? Davvero non comprendiamo quanto questa affermazione suoni ferocemente offensiva nei confronti di chi ogni giorno vive più forme di discriminazione sulla propria pelle? La società, se mai farà un passo avanti, dovrà comunque guardarsi bene dal rendere omosessuale un eroe che hai sempre conosciuto come etero, perché è sempre stato così, e per te non c’è niente che conti di più. Ma ti rendi conto dell’enormità di quello che dici? Non credi di stare manifestando un pochino di… immotivata paura?

Certo, se Batman o Lanterna Verde, domani, rivelassero di essere omosessuali qualche bimbominchia si taglierebbe metaforicamente le vene. Ed è triste. Lo ripeteremo fino all’esaurimento. Triste. E anche questa è a suo modo paura dell’omosessualità. Una paura del cambiamento, una paura di qualcosa di diverso che entra in casa nostra e altera il nostro angolo di  mondo perfetto. Una forma di paura non meno violenta di altre, in quanto ferisce la sensibilità di chi aspetta un segnale positivo da una vita.


Omofobia è trincerarsi nella propria posizione, incapaci di comprendere di aver detto una bestialità, ricorrendo al tormentone di chi fino a ieri occupava un ruolo chiave in parlamento, e dire comodamente: «Sono stato frainteso!»
Il che suona più o meno come: «I cretini che non capiscono niente siete voi.»
E anche per questo ringraziamo.

L’omofobia può essere inconsapevole, strisciante, e per questo tanto più pericolosa. Non ci accorgiamo di aver alzato una barriera ideologica (affinché non ci tocchino i nostri amati fumetti, ricordiamo) tra noi e una categoria già bistrattata su più fronti. Di scusarsi per lo strafalcione, ovviamente, non se ne parla. E’ stato un fraintendimento, ed è molto più pratico agire da passivi-aggressivi, e urlare all’esagerazione e all'attacco immeritato. Magari approfittando della buona fede di amici blogger, reclutati e trasformati – per mera amicizia – in picchiatori informatici che tirassero acqua al nostro mulino (cosa che ci ha fatto infuriare ancora di più, allargando e aggravando non poco l’incidente). Del resto, siamo in Italia, e quando qualcuno dice una vaccata, se si scusa… è frocio, no?! Meglio usare la formula dello psiconano, andare a testa alta e chiamare alle armi quanti sappiamo ci daranno ragione.
Come dicevamo, siamo in Italia…
Personalmente, ricordiamo ancora il coglione di qualche anno fa, sul noto forum, e la migliore delle risposte indignate che ricevette riguardo il Colosso versione gay che tanto gli dava fastidio in quanto minava la sua possibilità di immedesimazione.
«Suppongo, allora, che eviti di leggere fumetti e romanzi che abbiano per protagonisti delle donne. Come potresti identificarti, se no?»
Santo subito.

L’omofobia è una bruttissima cosa proprio perché i suoi confini non sono netti, e spesso si sconfina in sciocchezze estremamente pericolose, fornendo ghiotti spunti alle menti reazionarie, per ignoranza più che per convinzione. Ciò non toglie che è sempre meglio parlarne, e che glissare su determinate questioni perché si ritengono non abbastanza macroscopiche non aiuterà nessuno a crescere. Se poi, nella circostanza contingente, secondo qualcuno la parola omofobia dovesse risultare proprio così stretta… Va bene, potremmo usarne molte altre. Ma non nascondiamoci dietro un dito, vi prego.

Nessuna delle parole scelte in alternativa sarebbe un complimento.

mercoledì 25 aprile 2012

Superman vs Hulk


Se la domanda tormentone più famosa (tra i supernerd divoratori di fumetti) degli anni settanta è stata «E' più forte Hulk o la Cosa?», una contrapposizione ancor più chiacchierata ha sempre riguardato i principali titani delle due targhe supereroistiche più famose del mondo: Hulk, il Golia Verde della Marvel e Superman, l'unico, vero Uomo d'Acciaio. Se pure il duello, raccontato nell'ormai storica saga Marvel contro DC,  sembra essersi concluso a favore dell'ultimo figlio di Krypton (ma sappiamo che l'Hulk intelligente è sempre stato più debole di quello bestiale), nell'immaginario dei fans la battaglia continua. L'incredibile Hulk, nella sua versione più selvaggia, è simbolo di una forza primordiale inarrestabile. Superman rappresenta il vertice massimo del superomismo controllato, e l'evoluzione perfetta di una creatura aliena simile a un dio.


L'artista Michael Habajan ha realizzato al riguardo uno splendido cortometraggio in computer grafica che sta giustamente spopolando su Youtube. Niente chiacchiere, solo Hulk, solo Superman, e uno scontro senza esclusione di colpi in una zona desertica. La qualità dell'animazione è molto buona, così gli effetti e la caratterizzazione dei personaggi (il volto di Superman è ovviamente quello del compianto Christopher Reeve). I fans possono così avere un assaggio del devastante combattimento tra le due potenti icone. Botte da orbi, raggi termici, salti e voli spettacolari. Un piccolo gioiello di perizia tecnica e un tributo alla passione di noi tutti.




martedì 20 dicembre 2011

Superman: Brainiac


Superman ha affrontato molte volte Brainiac, uno dei suoi più letali avversari. Eppure stavolta sembra esserci qualcosa di diverso. Brainiac è tornato, più spaventoso che mai. Alieno. Robotico. Diabolica creatura tecnologica, collezionista di mondi cui carpisce le conoscenze per evolversi a livelli sempre superiori di esistenza. Ma chi è veramente Brainiac? E che ruolo ha giocato nella distruzione del pianeta Krypton?


Geoff Johns, attuale talentuoso architetto del cosmo DC, dopo aver ridefinito Superman e il cast dei suoi comprimari, prende in mano uno dei villain più antichi e carismatici della mitologia sorta intorno all'Uomo di Acciaio, e lo reinventa con la consueta intelligenza, riuscendo a modernizzarne la figura in un modo imprevedibile.

Brainiac, essere alieno che miniaturizza intere civiltà per conservarle come reliquie in bottiglia, ha subito nel corso dei decenni numerosi restyling sia formali che concettuali. Nato per essere un alieno coluano geniale e spietato, Brainiac è ricordato sopratutto nella sua successiva versione di androide superevoluto, scienziato sintetico animato da un'umanissima sete di potere. La lettura pre-Crisis ci mostrava un Brainiac ancor più palesemente tecnologico, un computer umano interfacciato  con la propria astronave e descritto come una vera e propria intelligenza artificiale. Ulteriori versioni del personaggio lo presentarono, invece, come un'incorporea essenza aliena in grado di possedere corpi ospiti come funzionali droni di carne. Un villain longevo e popolare, quindi, appesantito però da un eccessivo numero di riscritture che avevano finito col generare una certa confusione circa l'identità e le motivazioni del personaggio.
L'intuizione di Geoff Johns per questo ciclo di storie, pubblicate in patria su Action Comics e intitolato proprio Brainiac, rappresenta l'uovo di Colombo per definire una volta per tutte uno dei nemici storici del primo supereroe. Per Johns, Superman ha interferito molte volte nei piani di Brainiac, ma non lo aveva mai incontrato veramente. Brainiac è tutto... e niente. Un'entità extraterrestre talmente aliena da sfuggire a una distinzione netta tra essere organico e tecnologico. Tutti i Brainiac affrontati dall'Uomo di Acciaio non erano che avatar mossi da un'intelligenza nascosta lontano, da qualche parte nello spazio. Un glaciale alieno affamato di conoscenza la cui fisicità si esprime attraverso organismi e meccanismi di ogni tipo. Dunque Superman non si era mai trovato faccia a faccia con il suo nemico. Mai, fino a oggi. Con un astuto espediente narrativo, Johns non rinnega le precedenti versioni del personaggio, ma le integra in una nuova invenzione fantascientifica che rende Brainiac una creatura misteriosa e sfuggente, ma sopratutto un villain mai così inquietante e minaccioso. Una rilettura dai toni quasi sconfinanti nell'horror, che il rinnovato universo DC del dopo Flashpoint faticherà a eguagliare in efficacia. Il disegnatore Gary Frank non delude, offrendo ancora una volta una caratterizzazione fisica di Superman basata sulle fattezze del compianto attore Christopher Reeve. Un Uomo di Acciaio umano ed espressivo che fa piacere rivedere in azione. Una lettura che mira a esaltare gli aspetti più terrestri del protagonista, mentre Brainiac, alieno totale, del tutto inattaccabile dalle logiche terrestri, incarna la nemesi perfetta per l'ultimo figlio di Krypton, divenuto oggi un campione dell'umanità.


 Johns e Frank riescono a realizzare un racconto epico, che possiamo annoverare tra i prodotti supereroistici di qualità più matura. Una saga pensata per collocarsi senza troppi problemi nella continuity ed essere al contempo una lettura indipendente che consegna alla storia quella che potrebbe essere la versione definitiva del rapporto dell'Uomo di Acciaio con la sua nemesi venuta dallo spazio. Il suo stesso retaggio alieno, ormai distante e freddo, simbolo di qualcosa che Superman avrebbe potuto essere, ma non è mai diventato per cultura.

 
  
«Superman... non capisco perché ti chiamino così,» afferma Brainiac. «Non sei esattamente un Uomo. E non c'è niente di  superiore in te.»
Brainiac dice la verità. Superman è ormai un terrestre, forgiato dall'educazione ricevuta dagli umili e altruisti coniugi Kent, e la sua superiorità consiste nell'essere il simbolo di quanto di migliore può evolversi in un essere umano buono e gentile. Questo è il mito di Superman, o almeno così ci appare oggi. E Brainiac, nella nuova lettura proposta da Geoff Johns è senz'altro il male assoluto, un vuoto oscuro dove accanto al potere e alla conoscenza non c'è posto per sentimenti come la comprensione o la pietà. Una superiorità autoreferenziale, gelida e indipendente che a differenza di molti avversari del passato riesce a fare davvero paura.



[Articolo di Filippo Messina]


Questa recensione è stata pubblicata anche su FantasyMagazine.


lunedì 12 dicembre 2011

Superman - Tarzan: Figli della Giungla


La caduta di una fiammeggiante navetta spaziale interrompe un ammutinamento e impedisce l’abbandono in mare dei coniugi Greystoke, inermi e in attesa di un figlio. Il piccolo alieno all’interno della navicella è allevato dalle scimmie, e cresce per diventare un possente signore della giungla, scoprendo in sé, giorno dopo giorno, poteri straordinari, mentre il giovane John Clayton Greystoke Jr., nato e cresciuto nella terra dei suoi antenati, diventa uno spirito inquieto, sognatore, ossessionato da un’incomprensibile sensazione di incompletezza...


Superman – Tarzan: Figli della Giungla è una miniserie appartenente alla linea DC definitva Elseworlds (Altrimondi), dove personaggi iconici sono mostrati sotto luci che divergono dalla continuità ufficiale. Snodi narrativi spesso causati da eventi storici alterati che producono ucronie più o meno suggestive, racconti immaginari (nel senso di “apocrifi”) tra i quali non mancano esempi molto popolari. Nel caso di questo Figli della Giungla, miniserie in tre parti del 2002 che la Bao Publishing propone in un unico volume, ci troviamo di fronte a un divertissement destinato a un pubblico giovane e di bocca buona, leggero e senza alcuna vera pretesa di profondità. Le matite di Carlos Meglia (disegnatore argentino oggi scomparso, che ricordiamo soprattutto come cocreatore, insieme a Carlos Trillo, di Cybersix) conferiscono alla vicenda della Scimmia d’Acciaio (o Pelle-di-Fuoco, come le stesse scimmie decidono di chiamarlo) un tocco cartoonistico che ne accentua la natura disimpegnata, basata sulla blanda provocazione di un melange letterario-fumettistico più che su una trama pensata per essere solida. Lo sceneggiatore Chuck Dixon se la cava con il mestiere di sempre, ma senza sforzarsi più di tanto, e lasciando all’espressività delle illustrazioni di Meglia il compito di condurre il gioco fino al suo prevedibile finale.

L’idea di interpolare i contesti di due personaggi cardine dell’immaginario popolare, quali sono Superman e Tarzan, fornisce lo spunto per qualche breve riflessione sull’evoluzione dell’eroe nella cultura pulp. Spesso dimentichiamo che proprio Tarzan, il signore della giungla uscito dalla penna di Edgar Rice Burroughs, è uno degli antesignani dei moderni supereroi, e ne porta incisi i caratteri fondamentali sulla sua pelle di carta, letteraria prima e fumettistica (e cinematografica) in seguito.

Tutti gli eroi, soprattuto quelli con poteri, hanno origini traumatiche. All’origine delle loro scelte c’è quasi sempre un dramma, la perdita dei genitori in modo violento (Batman), lo sradicamento forzato dal proprio contesto naturale (la distruzione del pianeta Krypton o il naufragio dei coniugi Greystoke sulle coste dell’Africa). Tarzan, tra l’altro, rappresentava uno dei primi esempi di ibridazione uomo-animale con esiti eroici. Se in altra narrativa fantastica, un essere umano con caratteristiche bestiali era sinonimo di minaccia e paura,  la Scimmia Bianca, signore della giungla, rappresentava  invece una sorta di superuomo con reminiscenze illuministe. Un essere umano potenziato dall’apprendimento di attitudini primordiali, agile come un primate che volteggia tra i rami degli alberi (là dove personaggi pulp successivi, proprio a partire da Superman, avrebbe potuto direttamente volare). Un essere che unisce l’intelligenza e astuzia umane alla forza di chi è abituato a combattere fin dall’età più tenera, conosce rimedi e malizie sconosciute agli uomini civilizzati, ed è persino in grado di chiamare in aiuto altri animali.

Tarzan è il capostipite di tutti gli eroi-bestia che sarebbero giunti a conquistare le pagine delle riviste a fumetti. Personaggi con totem ispirati al primitivo mondo degli animali. Uomini pipistrello, uomini ragno, donne gatto, uomini falco e chi più ne ha più ne metta. Importa poco che le abilità di Tarzan siano dovute al caso e al contesto in cui è cresciuto (sorvolando sulla questione del DNA umano, che di sicuro non gli è stato d’intralcio). Tarzan è di fatto uno dei primi, seminali, supereroi, in grado di compiere imprese impossibili ai “normali” uomini cresciuti in un contesto ordinario. Un supereroe descritto nei limiti che l’immaginario della sua epoca consentiva per un’accettabile sospensione dell’incredulità. Tra l’eroe di ieri e quello di oggi non c’è poi tanta distanza. Superman sviluppa i suoi poteri in quanto il suo organismo alieno muta sotto il differente sole terrestre, ed è influenzato nelle sue scelte dalla cultura pacifica e altruista dei coniugi Kent. Tarzan riversa il suo potenziale umano in un addestramento estremo, legato ai misteri del mondo animale, crescendo a sua volta come un essere fuori dal comune per entrambi i mondi di cui è diventato la sintesi.

Prendere i due eroi e far loro scambiare i posti, è pertanto un’intuizione che riconduce entrambi i personaggi alle loro radici comuni nell’immaginario collettivo, e si prestava a un gioco di rielaborazione che forse avrebbe meritato più concentrazione. L’effetto sovversivo, invece, rimane tutto in superficie, puramente formale, e il racconto si risolve in uno dei tanti Elseworlds cui siamo da tempo abituati, e da cui i lettori più maturi possono tenersi lontani senza temere di perdere alcunché. Il rimpasto di personaggi di contorno, come le fidanzate storiche Lois Lane e Jane Porter, lascia il tempo che trova, e la variazione sul tema (anzi, la contaminazione dei canovacci, alla maniera del teatro latino) scorre via per essere presto dimenticata.
Il mercato odierno, come quello di un decennio fa, in cui questa miniserie è stata originariamente pubblicata, presenta certamente prodotti molto più deludenti, ed è probabile che un pubblico di ragazzi possa apprezzare il gioco fumettistico messo in atto da Dixon e Meglia. Ma sono le matite del secondo, indimenticabile creatore di caratteri in apparenza ironici e spigolosi, eppure a tutto tondo, a tenere banco in questa realtà alternativa, tra navicelle aliene, liane, scimmie e kryptonite.


Questa recensione è stata pubblicata anche su Fumettidicarta.

[Articolo di Filippo Messina]

giovedì 1 dicembre 2011

"Se non si possono ordinare... arrivano comunque?"



In data 30 Novembre, abbiamo ricevuto da parte del distributore la seguente comunicazione:

    Gentile Cliente,
    Con la presente comunichiamo che l’Editorial Planeta, con decisione unilaterale, ha imposto ad Alastor la sospensione delle attività di distribuzione del proprio materiale nel periodo restante della sua gestione, dicembre 2011.
    Non appena avremo ulteriori informazioni sarà nostra cura darvene comunicazione.

    Alastor srl
    L’ufficio commerciale



Di più non sappiamo. Sembra un comportamento alla Tafazzi. Nell'editoria in generale questo è il periodo in cui si fanno offerte, si propongono strenne, mentre dalle nostre parti un editore ritira la distribuzione al proprio esclusivista. Editore che detiene i diritti solo fino al 31 dicembre 2011.
    Un collega ha suggerito la prossima domanda tormentone che ci faranno i clienti:
 «Credo di essermi perso un pezzo... Se non si possono ordinare arrivano comunque?»

    Tutto quello che sappiamo di certo è scritto qui. Il resto sono solo ipotesi.




                                                                                    Lo staff di AltroQuando

DC Comics Reboot: Osservazioni - Parte 5


Ed ecco un'altra infornata di numeri uno attinti dal faraonico reboot messo in atto dalla DC Comics già da qualche mese. In America, l'evento chiamato The New 52 sta prevedibilmente tenendo banco. Noi leggiamo i titoli che ci incuriosiscono di più, e forniamo concise impressioni senza nessuna pretesa di completezza. Al nuovo editore italiano detentore dei diritti DC, la RW-Lion, spetterà il compito, l'anno prossimo, di tenere a battesimo questo evento, facendoci finalmente scoprire quali e quante di queste serie vedremo approdare nel nostro paese.


Batman - The Dark Knight nr. 1 - 

Potremmo dire che il Cavaliere Oscuro (che dà il titolo a questa ulteriore testata dedicata all'Uomo Pipistrello) è assistito più che discretamente nell'attuale rilancio DC. Infatti un po' tutte le nuove serie a lui dedicate sono generalmente godibili. Lo sceneggiatore Paul Jenkins e il disegnatore David Finch, pur senza particolari guizzi creativi, dimostrano di saper attingere al mito di Batman in modo diligente, fornendoci una lettura magari non memorabile (almeno in questo primo albo), ma che ha il sapore di una qualità una spanna sopra la media. 



Red Hood and the Outlaws nr. 1 –  

La storia di Jason Todd, ex Robin (che sono una trafila nonostante i soli cinque anni di attività dell’Uomo Pipistrello) che ha intrapreso una sua personale crociata contro il crimine, inizia a essere riscritta. Come? Si spera che nel caos testosteronico, magari negli albi seguenti, diventi più chiaro. Quel che emerge da questo primo numero è la lettura maschilista e stucchevole del personaggio di Starfire (in precedenza membro dei Titans e compagna di Dick Grayson), qui trasformata in una pin up volante che pratica il free love con chiunque le aggrada. Sembra un prodotto pensato per adolescenti in piena esplosione ormonale.


Blue Beetle nr. 1 - Lo sceneggiatore Tony Bedard riscrive l'origine dele terzo Blue Beetle, Jaime Reyes, marcando la relazione tra lo scarabeo e l'attività secolare del corpo delle lanterne verdi. Un reboot vuoto, dove i personaggi proprio non riescono a bucare la pagina e il ritmo del racconto risulta troppo fiacco per interessare veramente. Inoltre, riavvio a parte, sulla caratterizzazione dell'eroe protagonista pesa un opprimente senso di già visto. Evitabile.


Frankenstein - Agent of SHADE  nr. 1 – Dalla rivisitazione del mostro di Frankenstein operata da Grant Morrison nel 2005 sulla miniserie Sette Soldati della Vittoria, arriva questa nuova testata con protagonista il mostruoso Frank. Una versione più sofisticata e militarmente addestrata della celebre creatura uscita dalla penna di Mary Shelley. Scienza impazzita, agenzie segrete che si occupano di misteri occulti, mostri, mostri e ancora mostri. Il risultato è un’imitazione sbiadita di Hellboy (c’è persino un compagno di squadra anfibio), lontana anni luce dal carisma della serie firmata da Mike Mignola.  Una menzione d'onore per la versatilità del nostrano Alberto Ponticelli. Ma detto questo, ogni altro commento è inutile.


Justice League International nr. 1 - In un mondo dove la gente diffida dei supereroi, i governi della terra decidono di fondare una propria squadra governativa, sotto il proprio diretto controllo, affidata alla discutibile leadership di Booster Gold.  Una carrellata di personaggi noti e meno noti, ma poco mordente e poco interesse. Noiosetto.


 Continuando a leggere...


Justice League nr. 3 – Questa nuova JLA continua a ispirarci una certa simpatia. E’ ormai chiaro che la DC ha scelto questa serie per introdurre e definire i nuovi caratteri di alcuni personaggi di punta. Entra in scena Wonder Woman disegnata da Jim Lee, e la folla impazzisce. L’amazzone eredita qualcosa della caratterizzazione della Zarda del Supreme Power di Strackzinski (ma senza la feroce follia). La lettura è sempre piacevole e stimola a seguire la testata.

Teen Titans nr. 2 – 

Si respira ancora aria “Ultimate”. La riscrittura dei titani a opera di Lobdell potrà fare storcere il naso ai puristi, ma tutto sommato, in questo nuovo universo dove i superumani hanno uno status vicino a quello dei mutanti Marvel, le figure di Tim Drake, Wonder Girl e di Superboy (che trova in questa testata la sua personale origine rinnovata) non mancano di simpatia. Teniamolo d’occhio e vediamo come evolve. 

In definitiva...


Possiamo concludere che, a nostro modesto parere, il temuto (e atteso) reboot della DC Comics non è quell'abominio che alcuni paventavano, né uno sfavillante rinascimento, e neppure un male necessario. Alcune serie (e relative innovazioni) sembrano destinate a far discutere più di altre (come il nuovo Superman, per look e caratterizzazione, e probabilmente anche i Titans), ma il loro successo è praticamente certo. I pezzi da novanta della Distinta Concorrenza (leggi: Superman, Batman, Lanterna Verde e compagnia) sono trattati piuttosto bene, ed è scontato che in Italia li vedremo tutti. La stessa cosa è incerta per quei personaggi che nel nostro paese hanno fatto solo sporadiche e limitate apparizioni. Non conoscendo nel dettaglio i programmi del nuovo editore, ci sentiremmo di suggerire attenzione per la bella serie contemporanea di Animal Man, per Resurrection Man, e di dare una chance anche all'attuale Swamp Thing, magari sotto un'etichetta comune. Tutto il resto è mera speculazione. Ma è stato divertente, e qualcuna di queste serie continueremo a leggerla ancora per un po'. Sia tradotta in italiano che in lingua originale.



giovedì 17 novembre 2011

DC Comics Reboot: Osservazioni - Parte 4


Bentornati nel nostro spazio dedicato a The New 52, l'evento che dallo scorso Settembre sta ridefinendo il cosmo DC Comics, facendo ripartire daccapo tutte le 52 testate della "distinta concorrenza" nel segno di un auspicabile svecchiamento, non sempre riuscito, ma sicuramente curioso per noi appassionati di fumetto. Ecco, quindi, una nuova infornata di titoli e osservazioni a caldo.

 
 
DC Universe Presents: Deadman nr. 1Numero uno di una rivista “ombrello” che parte ospitando un nuovissima miniseria dedicata a Deadman. Lo sceneggiatore Paul Jenkins elabora un lungo monologo interiore per riavviare la vicenda del fantasma Boston Brand e del suo rapporto con l'ambigua divinità Rama Kushna. Il personaggio che ricordavamo non cambia, né muta sostanzialmente l'approccio alle sue avventure. Convenzionale e anche un po' piatto.

Voodoo nr. 1 – Ovvero come riciclare i Wildcats, una volta assimilato l'universo Wildstorm al cosmo DC ufficiale. Atmosfera da spy story scollacciata. Belle pupe con più curve di una strada di montagna, alieni che saltano fuori come babau e una certa superficialità di fondo. Prevedibile e lezioso.

Omac nr. 1 – Un omaggio a Jack Kirby talmente esplicito e compiaciuto da risultare fastidioso. Manierismi grafici riprodotti senza l'inventiva ironica di Leo Ortolani, ma con una pedissequità stucchevole. Un nuovo Omac che per sotto certi aspetti ricorda il marvelliano Hulk, e ammiccamenti a mitologie DC passate che forse sarebbe stato meglio non riesumare. Vagamente antipatico.

Legion of Super-Heroes nr. 1 – La simpatia per personaggi riconoscibili e bizzarri, quali sono molti legionari, si arresta presto davanti alla sostanziale assenza di aria nuova. Non si rileva nessun particolare aggiornamento per quanto riguarda stile e direzioni della serie. Una lettura coerente con il passato che lascia piuttosto indifferenti.


Batman and Robin nr. 1 – Tra le tante testate dedicate all'Uomo Pipistrello, questa, incentrata sul rapporto di Bruce Wayne con suo figlio Damian (nuovo, gelido Robin) e le ambigue dinamiche padre-figlio-mentore-allievo, promette di essere una delle più interessanti. Niente di eccezionale, ma comunque nel solco della tradizione migliore.


Teen Titans nr. 1 – Un vero numero uno. Un vero reboot, che riavvia totalmente la storia dei giovani titani del cosmo DC ridefinendo origini, caratteri e rapporti. Lo sceneggiatore Scott Lobdell sembra ricordare i propri inizi sulle pagine degli X-Men, e il suo approccio ai titani – in questa nuova continuity dove i superumani sono un fenomeno recente e temuto – risulta nostalgico e sovversivo nel medesimo tempo. Piacevole, nella sua freschezza, e meritevole di attenzione.

All Star Western nr. 1 - Un sorprendente ritorno in scena per il pistolero sfigurato Jonah Hex. Una Gotham City ottocentesca, un serial killer misterioso, e un intreccio giallo che coinvolge nell'indagine un medico chiamato Amadeus Arkham, antenato di colui che fonderà il famigerato manicomio criminale. Il western DC ammicca ad altri tasselli della sua popolare mitologia e riesce a suscitare non poca curiosità.


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Supergirl nr. 2 – Le premesse sono confermate. Questa nuova caratterizzazione di Kara Zor-El, più aliena e algida del suo più popolare cugino, è abbastanza accattivante. Kara è giunta sulla terra già adulta, in stato di animazione sospesa, e sarebbe biologicamente più matura di Superman, cresciuto secondo la cultura terrestre. Lo spunto continua a intrigare, e seppure sia difficile che l'effetto novità possa reggere sul lungo termine, la lettura rimane piacevole.

Wonder Woman nr. 2 - Brian Azzarello inizia a riscrivere le origini della principessa amazzone proprio da questo secondo numero, scegliendo di aderire a un tormentone fondamentale della mitologia greca che potrebbe cambiare profondamente lo status quo della protagonista. Una Wonder Woman in chiave dark, che pur non suscitando particolari entusiasmi, continua ad avvincere.
 

Green Lantern nr. 2 - Un numero di transizione che definisce le premesse per una saga dal buon potenziale. Geoff Jhns e Doug Mahnke sono sempre a loro agio nell'universo delle lanterne verdi, e un'inedita versione del villain Sinestro conferisce ulteriore carisma al racconto. I fans di Hal Jordan non resteranno delusi. La qualità si mantiene alta.

 

Swamp Thing nr. 2 – Gli enigmi iniziali sembrano prendere una piega volta a un generale reboot della serie, e per quanto si percepisca una farraginosità di fondo, alcune intuizioni narrative piuttosto efficaci conservano la presa sul lettore. La Cosa della Palude conserva un fascino che non rende mai le sue storie del tutto insignificanti. Induce a continuare la lettura.


E per ora è tutto, gente. Nel frattempo, in America le nuove serie vanno avanti, e si prospettano ulteriori serie e miniserie. Restiamo sintonizzati, mentre l'esordio italiano della nuova DC, sotto il marchio delle nuove edizioni RW-Lion, si avvicina sempre di più. Alla prossima.