Diario del Capitano. Data bestiale 26 Ottobre 2016
“Quelli che ti dicono: “Ma
fregatene”, dicono una stupidaggine (in buona fede, ovviamente).
Perché se uno potesse fregarsene, lo farebbe e basta. Nessuno è
così masochista da stare male quando gli capita qualcosa di
seccante, così per capriccio. Ma non può fregarsene, perché per indole è incapace di
farlo, e ne soffre. Semplicemente questo.”
Queste parole (che io ho riassunto e
ingentilito) sono state pronunziate da Karim Musa, in arte Yotobi, in
una chat live di qualche mese fa. Nel suo caso, si riferiva a dinamiche
negative che riguardavano la sua attività di comico su Youtube. In quel momento stava parlando seriamente, ma
si è espresso con quella
limpidezza tagliente che è propria dei cabarettisti scafati. Ha
comunque detto qualcosa che pensavo da tempo, senza riuscire a
trovare la forma più concisa. Anzi, qualche volta avrò pure
provato a esprimermi al riguardo, ma senza la stessa puntuale
sintesi, che spezza definitivamente le lance del discorso.
George Orwell, in "1984" afferma che "I libri migliori sono quelli che ci dicono cose che già sappiamo". Nel senso che dà una sensazione piacevole, leggere in forma chiara un pensiero che ci si agita dentro, ma che non siamo ancora stati in grado di formalizzare. Sono sicuro di aver scritto altre volte che quando ti dicono, alla siciliana “futtitinni” (“fregatene”), in realtà stanno dicendo “Guarda, non me ne fotte niente dei tuoi problemi. Se te ne fotti anche tu, è pure meglio”. Insomma, è un modo per liquidare un discorso giocando la carta del luogo comune più gettonato. E va bene così. Nessuno è tenuto a sorbirsi i tuoi problemi. Almeno finché non si tratta di gente che ti ha chiesto notizie sulla tua vita e quella di altri, informazioni che vanno a riaprire vecchie ferite, e dopo averti fatto parlare per dieci minuti buoni, ti danno il ben servito con il canonico “fregatene – futtitinni” (ti dirò, io magari stavo pensando ad altro finché non mi ci hai fatto pensare tu. E ora hai pure la faccia di bronzo di dirmi “fregatene”?).
George Orwell, in "1984" afferma che "I libri migliori sono quelli che ci dicono cose che già sappiamo". Nel senso che dà una sensazione piacevole, leggere in forma chiara un pensiero che ci si agita dentro, ma che non siamo ancora stati in grado di formalizzare. Sono sicuro di aver scritto altre volte che quando ti dicono, alla siciliana “futtitinni” (“fregatene”), in realtà stanno dicendo “Guarda, non me ne fotte niente dei tuoi problemi. Se te ne fotti anche tu, è pure meglio”. Insomma, è un modo per liquidare un discorso giocando la carta del luogo comune più gettonato. E va bene così. Nessuno è tenuto a sorbirsi i tuoi problemi. Almeno finché non si tratta di gente che ti ha chiesto notizie sulla tua vita e quella di altri, informazioni che vanno a riaprire vecchie ferite, e dopo averti fatto parlare per dieci minuti buoni, ti danno il ben servito con il canonico “fregatene – futtitinni” (ti dirò, io magari stavo pensando ad altro finché non mi ci hai fatto pensare tu. E ora hai pure la faccia di bronzo di dirmi “fregatene”?).
Per questo aborro tale formula. E non
la uso mai. Perché potrà anche essere usata in buona fede, ma non è d'aiuto. E non è un segnale positivo. E' un'esortazione che lascia trasparire superficialità, e l'insofferenza di chi la proferisce davanti al disagio altrui. Forse
anche mancanza di empatia. Magari pure del minimo sindacale di
diplomazia, perché ci sono cose di fronte alle quali sarebbe preferibile
stare in silenzio, e al limite scuotere la testa o lasciar parlare
gli occhi. E' meglio persino l'allontanarsi in punta di piedi. Se ne
sei capace, ovviamente.
Purtroppo il mondo non è bello, ma è
sicuramente vario. E (altra cosa che dico spesso) questo non è certo
il suo aspetto peggiore. L'assenza di empatia, invece, è una cosa
che mi disturba parecchio, e può mostrare gradazioni diverse e pericolose. Vedo troppo egocentrismo, troppi maestri
di vita improvvisati. Ne ho conosciuti tanti. Troppi, appunto.
Persone incapaci di fermarsi davanti a una resistenza, un rifiuto, la
scelta del prossimo di comportarsi diversamente da quanto hanno
suggerito. Mi danno l'idea di automi. Nell'accezione peggiore del
termine. Creature meccaniche incapaci di comportamenti non previsti
dal loro software di fabbrica. Se qualcosa non va secondo la loro
programmazione, iniziano a dare messaggio di errore. Non capiscono.
Si irritano. Oppure ironizzano. E spesso ti giudicano. A volte hanno
dei comportamenti talmente incomprensibili da farti sentire alieno.
Perché a loro modo vivono meglio di te. Soffrono meno di te. Possono
ferirti mentre tu non puoi.
Potresti fregartene.
Ma questo solo ne sei capace,
ovviamente.