L'apocalisse era nell'aria. Si sentiva
arrivare, eppure non ce ne siamo accorti.
Dopo oltre un anno di attesa, due
puntate dallo stile molto differente, come tono e mezzi, da quello della prima (sperimentale) stagione, Skypocalyse annuncia la
sua definitiva chiusura. Lo fa battendo sul consueto tamburo, Youtube
Italia, con un video in cui Mattia Ferrari (Victorlaszlo88), Mattia
Pozzoli (Matioski) e Davide Rovelli spiegano per sommi capi le
ragioni del deragliamento del progetto. Troppa gente coinvolta,
troppi conflitti, progetto divenuto ingestibile e troppo stress per
giustificare uno sforzo immane.
Un peccato... è il commento più
ovvio, ma anche più pertinente.
Che qualcosa non stesse funzionando
come sperato, si intravedeva tra le maglie di un'attesa divenuta
troppo lunga. Ma era stato suggerito anche da uno sviluppo della
web serie che – in verità – non ci stava convincendo del tutto.
Noi di Altroquando stavamo aspettando
con ansia la ripresa della seconda stagione (interrotta mesi fa dopo
il debutto online dei primi due episodi). Lo attendevamo accarezzando
a nostra volta il proposito di dedicare a Skypocalyse un post
molto più festoso di quello che ci troviamo a scrivere oggi. Invece
c'è toccato in sorte comporre un coccodrillo. Mannaggia! Il
dispiacere è grande. Anche perché l'idea di partenza della web
serie c'era piaciuta un sacco e aveva destato tutta la nostra
simpatia, citandola persino in un nostro (ormai vecchio) video.
Per i pellegrini distratti, riassumiamo
brevemente la storia del progetto. La web serie nasce circa tre anni
fa da un'idea condivisa da un pugno di youtuber italiani tra cui
Yotobi, Victorlaszlo88 e Matioski. In seguito, Karim Musa (Yotobi) si
defilò in parte per dedicarsi ad altro, e il progetto fu preso in
mano da Ferrari e Pozzoli, decollando con un'esplosione di goliardia
degna di Renzo Arbore e una galleria di personaggi che non è facile
dimenticare. Lo spunto è semplice e funzionale. Un'epidemia zombi ha
falcidiato la popolazione mondiale, ma per qualche ragione Internet è
ancora funzionante. Un gruppo di giovani nerdacchiosi, in contatto
tra loro su Skype, si scambiano informazioni e passano il tempo come
possono. Questo finché nuovi, misteriosi figuri cominciano a fare il
loro ingresso nel gruppo di conversazione, fatalmente chiamato
“Skypocalypse”...
Quel che c'era di affascinante nella
prima stagione di Skypocalypse, anzi, nel suo format
originale, era proprio la dimensione claustrofobica dei personaggi
che comunicavano attraverso le rispettive webcam, impossibilitati ad
avventurarsi nel mondo esterno senza rischiare la vita. Pensato come
espediente per far interagire e recitare insieme soggetti residenti
in zone geografiche distanti tra loro, questo rigido schema mediatico
funzionava alla grande. Il limite tecnico era una sorta di
benedizione che permetteva di ideare soluzioni “fuori scena” e
confronti “a distanza” di forte impatto emotivo. Una nuova
frontiera narrativa che sorpassava a destra l'ormai frusto meccanismo
del found footage, e conduceva la narrazione e le soluzioni di
fantasia a espedienti di matrice teatrale o radiofonica, ibridandoli
con lo strumento visivo messo a disposizione dalla rete. In parole
povere, Skypocalypse doveva tutto al suo format originale. Un
teatrino allucinato dove venivano buttate in scena citazioni nerd a
mai finire, personaggi estremamente caratterizzati (non mi riesce di
non citare di nuovo le creature di Arbore e le sue invenzioni come
Alto Gradimento). Il tutto tenuto insieme da una trama
orizzontale che si andava dipanando lentamente, mentre l'azione si
realizzava fuori dallo schermo (o dal monitor, in questo caso) e la
suspence cresceva insieme al divertimento. Il divertimento del poter
immaginare ciò che non si vedeva, il divertimento di potersi
immedesimare con uno qualunque dei personaggi confinati davanti al computer, il trip mentale di un
microcosmo demenziale racchiuso tra le mura virtuali di un gruppo di
conversazione su Skype. Quest'idea di base, straordinaria proprio
perché gravida di qualcosa di potenzialmente sovversivo rispetto ai
consueti canoni della fiction, aveva finito con l'inquinarsi proprio
con la premiere della seconda stagione. Un dittico di puntate che
sarebbe (oggi sappiamo) stato il canto del cigno della serie per la sconfinata
delusione dei fans. Un ponte (sospeso?) tra il vecchio e il nuovo,
tecnicamente più curato, ma sostanzialmente dissonante con il filo
conduttore (leggero, ma di grande appeal) della prima stagione. Lo
spazio donato agli esterni e alle riprese “non in webcam”, non
aggiungeva, a nostro parere, davvero molto alla sostanza già nota.
Piuttosto dava sentore di uno snaturamento sospetto. Non siamo del
tutto convinti da alcune delle ragioni discusse nel video di
commiato. Il vecchio meccanismo – dicono gli autori – andava
superato giacché certi personaggi non avrebbero avuto senso come
semplici apparizioni in webcam, e così il conflitto tra i personaggi
non avrebbe potuto essere risolto senza l'abbandono del confronto via
Skype. Sarà, ma si potrebbe ribattere che certi personaggi non
avrebbero funzionato per come si è scelto di scriverli (più come
personaggi action che figure enigmatiche che operano dietro le
quinte, insomma) e non per il format in sé. Quello che abbiamo
definito “limite benedetto” del format originale, era
sicuramente un banco di prova notevole, da affrontare più come una
sfida che come problema. Del resto, The Blair Witch Project
non piace a tutti, ma il conflitto c'è, e in qualche modo si
risolve, e la strega qualcosa di brutto combina davvero, anche se non
la si vede mai. Lo comprende la fetta di pubblico che ha seguito i
dialoghi, laddove gli altri (che si sono dati di gomito per tutto il
film) si chiederanno per sempre cosa significava la scena finale
della pellicola. Per Skypocalypse il discorso poteva non
essere diverso. Era partito osando, e – secondo noi – avrebbe
potuto continuare a osare sempre di più, giocando con il suo limite
e sfuttandolo per centellinare un concentrato di fantasia il cui
gusto ubriacava lo spettatore inducendo dipendenza.
Lo ammettiamo. La partenza del
nuovo corso non ci aveva persuaso. Troppa “normalità”. Troppa
azione convenzionale, per quanto filmata e montata con maggiore
perizia, sottraeva ampi pezzi di anima alla serie, rendendola
qualcosa dal sapore molto più omologato e prevedibile rispetto ai
suoi esordi. Non possiamo fare a meno di chiederci se, tentando di
crescere, Skypocalypse non abbia finito col collassare, come
un bambino che non ha ancora imparato a stare in piedi e cerca a un
tratto di mettersi a correre. Non ci permettiamo, ovviamente, di
formulare alcun giudizio o ipotesi sulle ragioni che hanno condotto
chi stava al timone a rinunciare al progetto. Esprimiamo tutto il
nostro rammarico per il potenziale rimasto inespresso, e speriamo in
un ripensamento, magari alla luce di qualcosa di simile a un reboot.
Qualcosa che possa riportare lo stesso Skypocalypse a una
dimensione forse più umile sul versante tecnico, ma anche più
stabile e più dirompente dal punto di vista dei contenuti.
Proponiamo ai deus ex machina della web serie di riflettere su
questo. E, qualora possibile, di non considerare la rinuncia agli
esterni o alle trasferte o alle location spaziose, un passo indietro.
E' già talmente difficile far fare passi avanti ai nostri pensieri,
alla nostra fantasia. E con la prima, leggera e travolgente, stagione
di Skypocalypse, ce l'avevate fatta. Potete farlo ancora.
Sicuramente.
Skypocalypse, nel bene e nel
male, fa oggi parte dell'immaginario di Youtube Italia, e questo non
è un caso. Per alcuni (come il sottoscritto) è stata una serie più
incisiva di Freaks!, nella sua freschezza e con tutte le
pecche naif della prima stagione. Ha creato un suo cosmo che sarebbe
davvero un peccato enorme lasciar cadere nel vuoto.
Vediamoci su Skype, ragazzi. Là,
magari, troviamo una soluzione insieme. Anche all'apocalisse, perché
no? Lasciatevi contagiare dall'entusiasmo che avevate all'inizio.
Solo così non sarà mai finita.
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