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domenica 28 giugno 2015

Linea 103: Dopo il Pride...




Palermo. Linea 103. Il giorno dopo del Pride LGBT 2015.


Quello scalcinato Talk Show su quattro ruote chiamato Linea 103, "format di approfondimento" che si colloca nell'area dell'estrema destra più ignorante, mi ha veramente rotto i coglioni. 


Un tempo era "vietato parlare al conducente". Ora il conducente ha la "velina" (nei panni di maturi signori, spesso pensionati che evidentemente fanno avanti e indietro sulla vettura perché non hanno altri hobby). Ho già parlato più volte di loro: li chiamo "grilli sparlanti". Ma sono più simili a scimmie urlatrici. Non solo. Ti tirano anche addosso le loro feci.

Come sa bene chi frequenta la linea, il fatto che la vettura sia spesso quasi vuota, trasforma la linea in un salotto ambulante dove si sente di tutto e di più. Normalmente commenti su calcio e... "politica", inframezzati da osservazioni razziste, maschiliste, omofobe. 

E' il 28 Giugno 2015, il mattino dopo del Pride.

La vettura percorre via Roma, e si commenta quel che resta del Pride (anzi... "a festa ri gay" a sentire i pensatori). In realtà, niente di peggio o diverso da quel che si trova al mattino in Vucciria dopo una notte di eterissima (?) Movida. Bottiglie di birra, rifiuti... Ok, non va bene. Come non andrebbe bene dappertutto. Ma questa è un'altra storia. Qui invece sembra essere tutta colpa "ra festa ri froci". L'autista di turno è lo stesso che vorrebbe riaprire i forni crematori per i Rom. Che cosa ti vuoi aspettare? Che sia tenero con una massa di froci festanti che bevono e ballano? Pensi che le sue cellule grige siano in grado di assimilarli alle masse che popolano la Palermo by night con risultati identici? Ovviamente no.

C'è pure un sidekick aggiunto, che sta più indietro. Vicino a me. Troppo. E parla. Parla. Anzi, strilla.

«Un ci manca nenti... su gay... su vastasi... su alcolizzati... e macari puru trocati!»

Mi piacerebbe dire che non è da me. Ma non è vero. Io mi sforzo di apparire bonario, ma sono un tipo irruento. Forse addirittura violento. Mi costa fatica mantenere il controllo. Anche stavolta ho dovuto fare uno sforzo. Ma all'ennesimo raglio non ci ho visto più. Restando seduto, ho voltato la testa e ho detto al "signore" che "i gay l'aviani tutte... ma che iddu parrava assai". E iddu: "Ma parro giusto". A quel punto gli ho detto chiaro e tondo che mi aveva appena insultato quattro volte. E quando ha mostrato di non capire (ma va?!) l'ho cordialmente invitato ad andare per la sua strada e ad allontanarsi da me. Ha trotterellato fino al posto del conducente, ancora impegnato a cinguettare di bottiglie di birra abbandonate e di... "qualche malattia grave". Più vicino alla materia di cui era fatto, probabilmente si è sentito rincuorato. Avere scoperto di essere stato vicino a un gay, alcolizzato, magari pure drogato, doveva averlo sconvolto assai. Poi, per grazia di Dio, è sceso ed è andato a fare in culo dove gli tocca.

Sono stufo. 
E mi rivolgo direttamente all'azienda Amat di Palermo.

Stufo che chiunque si senta in diritto di sparare stronzate, dando per scontato di parlare di creature mostruose e mitologiche che sicuramente non possono nascondersi vicino a lui, perché le riconoscerebbe. Stanco di sentire inneggiare a forni crematori per rom e immigrati... Stanco di sentire tanta ignoranza, odio, pregiudizio esprimersi senza che nessuno intervenga per condannare la puzza di fogna che avvolge quel bus che sono costretto a prendere (da abbonato) per ragioni pratiche. 
Se questa gente ha il coraggio di sparare le sue stronzate è perché nessuno interloquisce. Nessuno manifesta dissenso. Vedere o sentire qualcosa di sbagliato e non intervenire, è un po' come legittimare. Invito l'azienda AMAT di Palermo a conversare con i suoi dipendenti autisti, a ripristinare un religioso silenzio intorno al conducente (che per inciso, tanto è impegnato a ripetere che il ruolo della donna è quello di lavare i piatti, da saltare sistematicamente fermate regolarmente richieste dai passeggeri) e a rendere le linee dei luoghi confortevoli per chiunque paghi il biglietto. Non solo per ignoranti reazionari in vena di blaterare ad alta voce come fossero in taverna. 

Le opinioni sono le loro. Io non ho nessun dovere di doverle ascoltare mentre viaggio.

Una postilla.
 Per rispondere al cialtrone incontrato sul bus stamattina, quello che diceva che "le hanno tutte... gay... alcolizzati... vastasi... magari drogati... Tutte le hanno!" rispondiamo: No. Qualcosa ci manca. La tua ignoranza. La tua cattiveria. Tutti i tuoi pregiudizi. Che vuoi farci? Siamo esseri imperfetti. E meglio PORCO (e gay) CHE FASCISTA!




domenica 17 maggio 2015

Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia


17 Maggio... Giornata Internazionale contro l'Omofobia e la Transfobia.

Una di quelle date stabilite come promemoria, una sorta di agenda morale, fatta per ricordarci temi etici o eventi storici tragici, affinché si rifletta, almeno per un giorno, su argomenti che... evidentemente, hanno ancora bisogno di una nota in agenda.

Almeno per un giorno.


Essere cinici è facile. Io stesso lo divento di frequente, e spesso mi lascio andare all'insofferenza per quelle che a volte appaiono come feste comandate. Ma esistono argomenti che investono la vita, la dignità delle persone. Ed esistono scelte cruciali per tutti gli individui, sulle quali i comuni cittadinie e soprattutto quanti li governano, non possono permettersi di glissare. Scegliere se restare umani, vivere secondo cultura, e quindi continuare a progredire, o secondo natura, quel concetto tanto spesso chiamato in causa in modo superficiale ed errato per troncare discorsi scomodi e continuare a sguazzare nella propria beata, comoda ignoranza. Oggi, l'Italia ha bisogno di note in agenda come questa. Uno dei pochissimi paesi in Europa a non aver legiferato adeguatamente (diciamo pure che ci ha nemmeno lontanamente provato) sulle unioni civili e (non sia mai) su una legge che sancisca una volta per tutte che discriminare, offendere e aggredire a causa dell'orientamento sessuale è un reato.


Una giornata, dunque, per ricordarsi che ancora oggi tante persone omosessuali e transessuali sono discriminate, perseguitate, dileggiate. Una nota in agenda che tornerà il prossimo anno, come tante altre, mentre molti tra noi sperano che nel frattempo il clima sia cambiato.
Noi di Altroquando vogliamo celebrare questa giornata con un sorriso e il linguaggio, a noi caro, dei fumetti. Lo facciamo ricordando una pagina dell'opera di Grant Morrison The Invisibles, che vede protagonisti la bellissima drag queen Lord Fanny e il giovanissimo, irrequieto Dane.

Dane e Fanny sono appostati in auto durante una missione. Dane, che inizialmente aveva un atteggiamento decisamente omofobo, ha finalmente superato i suoi limiti e sta iniziando ad accettare affettivamente Fanny come persona. Nell'attesa, per fare conversazione, le dice: «Sei Ok, sai? Solo mi chiedo una cosa. Tu sei un uomo, giusto? E vorresti essere una donna. Allora perché non ti operi e risolvi la situazione?»

Fanny, quasi distrattamente, con l'ironia che la contraddistingue risponde: «Oh, beh, caro... Perché dovrei operarmi? Non sono mica malata! In fondo non è un pezzetto di carne in più a impedire a una ragazza di essere una vera ragazza.»



Tutti uguali davanti alla legge. Tutti pacificamente diversi ognuno a loro modo.
Questa è solo una possibile idea di giustizia.
Annotiamocela.








domenica 18 maggio 2014

Verso il Palermo Pride 2014 (...e Altroquando è ancora qui)


2014: nella nostra Palermo torna il Pride, per il quinto anno di seguito, dopo il partecipatissimo evento nazionale dello scorso 2013. Festa che ricorda il primo atto di dignità e ribellione del popolo lgbt avvenuta nel locale americano Stonewall, nel 1969. Manifestazione politica, volta a compattare le diversità e a sottolinearne il valore, nella costante rivendicazione di diritti fondamentali, ancora ignorati se non calpestati in Italia come in altri paesi, in un insensato braccio di ferro con un progresso civile che sembra invece riguardare altre aree del mondo.


Il Pride torna ancora una volta a Palermo, quindi, e sarebbe ingenuo non attendersi il consueto codazzo di polemiche, detrazioni, provocazioni. Noi di Altroquando (un tempo fumetteria sul Cassaro, oggi associazione culturale volta a integrare il mondo fumettistico con contenuti sociali tra cui l'identità lgbt) saremo anche stavolta in strada, a marciare con tutti gli altri, a contribuire, nel nostro piccolo, alla buona riuscita di un evento che ha sia la funzione di una festa, sia di un atto politico, sia di un termometro dello stato di salute di una democrazia. Il Pride è (o dovrebbe essere) anche strumento di maturazione, confronto, volto a sdoganare, con la sua ciclicità, più realtà umane solitamente sommerse nel corso dell'anno.

 

Sin dal 2010, noi di Altroquando ci siamo distinti per una pacifica polemica con il Pride di Palermo. Quello riguardante il simbolo scelto. Quell'asterisco troppo simile (identico!) alla Star of Life, logo internazionale dei paramedici, colorato di rosa dalle associazioni paramediche femminili statunitensi (e oggetto di fitto merchandising). La sovrapposizione tra un simbolo che da decenni è associato al mondo della sanità ci ha sempre dato un certo fastidio, e le cose – in cinque anni – non sono cambiate. Sono, forse, peggiorate, ed è per questo, che per essere presenti, anche oggi, come già nello scorso 2013, adotteremo una “controfigura” dell'asterisco scelto dal collettivo che organizza il Palermo Pride. Un asterisco con il medesimo colore, il medesimo numero di punte, ma differente nella sua sagoma. Chi ha pensato che la polemica si estinguesse con l'assenza nel nostro fondatore, il compianto Salvatore Rizzuto Adelfio, si sbagliava. Siamo ancora qui, con la nostra opinione “inutile” (come in tanti hanno voluto definirla) e continueremo a ricordarla Pride dopo Pride. Francamente, non ci soddisfa sentirci dire che l'asterisco che noi non apprezziamo è applaudito dalle masse. Ce ne strasbattiamo che qualcuno lo ha proiettato sulla facciata della cattedrale. Avrebbe fatto lo stesso con la Pukka se questa fosse stata adottata come simbolo del Palermo Pride. Inoltre, ricordiamoci che in Italia migliaia di persone continuano a sostenere Sivlio Berlusconi nonostante tutto. Migliaia di persone acquistano i dischi di Gigi D'Alessio. Migliaia di persone fanno sbancare al botteghino i cinepanettoni con Boldi e De Sica, e migliaia di persone visualizzano su Youtube i video di Rosario Muniz. Pertanto, da soggetti abituati a fare della politica il loro mestiere, gradiremmo delle argomentazioni un po' più articolate del banale “viva cu vince!”. Ci spiace, non consideriamo la voce del popolo come la voce di dio. Ma andiamo oltre. Riteniamo la polemica sulla forma dell'asterisco ormai consumata alla luce di un altro fatto, a nostro parere più grave. Ed è questo secondo punto (per noi, oggi, divenuto il primo) che intendiamo portare avanti. Per questo riproponiamo, senza cambiare una virgola, un intero paragrafo del nostro post dell'anno scorso. Ormai una lettera aperta a chi cura il Palermo Pride e alla città tutta.

Il logo (praticamente identico a un simbolo internazionale legato ai frangenti più spiacevoli della vita) è soltanto un campanello d'allarme. La nostra scelta di modificarne la sagoma è stata dettata solo dalla volontà di essere presenti con una “controfigura” che possa aprire un nuovo dialogo per i Pride futuri. Infatti, non possiamo nascondere che il Palermo Pride (bellissima novità cittadina degli ultimi anni) ha una struttura mediatica che non ci persuade. E' l'unico Pride in tutto il mondo ad avere (e a conservare in modo pertinace) un logo (peraltro semanticamente sbagliato) sempre uguale e immutabile, laddove tutte le altre città ne producono uno nuovo ogni anno.
Nato (lo sappiamo bene) con l'intento di essere un Pride fortemente politicizzato e inclusivo, quello di Palermo si è presto lasciato sedurre dalle sirene del facile consenso popolare, e il suo logo è diventato una sorta di brand commerciale, difeso ossessivamente ed esibito da tanti con la stessa passione con cui altrove si sfoggia il logo della Nike. Eppure il Pride LGBT dovrebbe essere la manifestazione-festa anticonformista per eccellenza, mutevole e in continuo sviluppo. Invece ci ostiniamo a sventolare e a dipingere sulle nostre facce, ogni anno, lo stesso identico simbolo. Forse per il bisogno ancestrale di sentirsi parte di un clan, di una crew. Pulsioni che richiamano alla mente il tipico provincialismo del nostro Sud, sempre ansioso di distinguersi, ma - sembrerebbe - non di maturare davvero. Il Pride dovrebbe simboleggiare un valore liberatorio con un milione di facce, e proprio per questo, in quanto politicamente caratterizzato, dovrebbe tendere ad andare controcorrente e non ostinarsi a sguazzare in un ripetitivo trend. Bocciare sul nascere la proposta di organizzare un concorso contest per le scuole d'arte di Palermo, alla ricerca di un nuovo logo da adottare di anno in anno (diventando, nello stesso tempo, presenti presso realtà accademiche dove di norma gli argomenti LGBT non esistono) ha lasciato il posto alla facile sbornia dell'omologazione.

Quel che vorremmo vedere, è la forza di un cambiamento, il coraggio di andare oltre, la possibilità di interagire con realtà finora escluse.
Detto questo, viva il Pride. Buon lavoro a tutti gli operatori. E come in tutti gli anni passati, ci si vede in piazza.



martedì 5 novembre 2013

Il Condom Assassino (il film... e i nostri sottotitoli in italiano)

Non è facile trovarlo, ma la visione vale la fatica della ricerca. E' "Kondom des Grauens" ("Killer Condom" il titolo per l'edizione internazionale) tratto ovviamente da "Il Condom Assassino", divertente romanzo a fumetti di Ralf Konig, edito in Italia da Mare Nero. Il film è una produzione tedesca del 1996, diretto da Martin Walz e interpretato, tra gli altri, da Udo Samel (bravo attore dal curriculum di tutto rispetto, presente anche in "Palermo Shooting" di Wim Wenders) che incarna il personaggio dell'ispettore Luigi Mackeroni in modo semplicemente perfetto. Il film, che racconta la lotta di un rude poliziotto siculo-americano gay contro un misterioso e vorace preservativo carnivoro, fu distribuito sul mercato internazionale dalla famigerata Troma, che lo diffuse anche nel nostro paese direttamente in videocassetta con sottotitoli in inglese. Inutile dire che reperirlo non è facilissimo.
Oggi, dopo qualche giorno di fatica del sottoscritto, i sottotitoli italiani di questo bizzarro film hanno visto la luce. Finalmente ho potuto gustarlo, e posso dire che il giudizio è positivo. La pellicola è briosa, Udo Samel carismatico quanto sexy e tutto il cast affiatato. La curiosità più succulenta consiste nel fatto che il "mostro" e parte delle scenografie portano addirittura la firma illustre di H.R. Giger, artista noto anche per essere il "creatore" del mitico Alien.
La pellicola ripropone abbastanza fedelmente le situazioni e i personaggi visti nel fumetto di Konig, ma si prende nello stesso tempo delle significative libertà, approfondendo l'origine della creatura (cosa che nel fumetto rimane avvolta nel mistero) e impostando il racconto come un pamphlet contro l'omofobia, sia pure attraverso la lente della commedia grottesca. Sforzo apprezzabile anche oggi, visti i tempi di intransigenza cattolica e di moralismo d'accatto, che fanno risultare questo film degli anni 90 una pellicola incredibilmente attuale. L'ambiente gay e del sesso estremo è descritto con toni surreali e farseschi che infondono alle trasgressioni mostrate un tocco di divertita innocenza.
Una menzione particolare merita il protagonista, l'attore Udo Samel, volto noto del cinema tedesco. Bravo, intenso, ironico e affascinante. Leggete il fumetto, vedete il film, e non riuscirete più a immaginare un detective Mackeroni diverso. Il portale del cinema "MyMovies", nella biografia dedicata all'attore, a proposito di "Killer Condom" si esprime così: "...nel 1996 prende parte a uno dei film peggiori di tutta la storia del cinema: Killer Condom / storia di un preservativo assassino (sob!)". Il tono del commento, compreso quell'irritante "sob!" tra parentesi, tradisce un sottotesto decisamente snob per non dire omofobo (successivamente, viene detto che l'attore per "ripulire" la sua immagine torna a girare film d'autore). Ne emerge anche una discreta superficialità. E' evidente che chi scrive non ha idea di chi sia Ralf Konig, dell'importanza del suo ruolo nell'ambito della cultura fumettistica (non solo a tema gay) e dei contenuti sociali celati nell'opera. Viene sottovalutato il messaggio metaforico del racconto grottesco (la paura dell'Aids, la paura del sesso, il fanatismo puritano, l'odio irrazionale contro i diversi) per arenarsi in un atteggiamento intellettualoide che equipara "Killer Condom" a prodotti molto più modesti come "Il ritorno dei pomodori assassini". Triste.
"Kondom des Grauens" non sarà un capolavoro, ma è un film godibilissimo, che diverte e si fa ricordare.
Consigliato, in questo periodo zeppo di remake inutili e pomposi action movie statunitensi.




Altri sottotitoli ITA by Altroquando per film a tematica LGBT inediti in Italia:

- Cachorro
- Chuecatown
- Bearcity


lunedì 12 agosto 2013

Lettera dell'attore Stephen Fry contro le Olimpiadi a Mosca.



Lettera dell'attore Stephen Fry contro le Olimpiadi a Mosca. 

“Gentile Primo Ministro, M Rogge, Lord Coe e membri del Comitato Olimpico Internazionale,Scrivo nella più sincera speranza che tutti quelli di voi con un minimo di spirito olimpico e amore per lo sport terranno a mente la macchia sui cinque Anelli Olimpici che venne lasciata quando gli stessi Giochi Olimpici di Berlino del 1936 proseguirono sotto l’esultante egida di un tiranno che, appena due anni prima, aveva tramutato in legge un decreto che isolava e perseguiva una minoranza sociale la cui unica colpa era quella di essere venuti al mondo. Nel suo caso, egli probì agli ebrei di ricoprire ruoli pubblici o accademici, si assicurò che la polizia fosse pronta a chiudere un occhio sopra ogni eventuale pestaggio, furto o umiliazione che venisse loro inflitto, bruciò e vietò libri scritti dagli stessi ebrei. Dichiarò che essi “inquinavano” la purezza e la tradizione di quello che doveva essere tedesco, che essi stessi erano una minaccia per lo stato, per i bambini e per il futuro del Reich. Incolpò loro simultaneamente per i crimini del Comunismo che si escludevano a vicenda e per voler controllare i capitali internazionali e le banche. Li incolpò di voler rovinare la cultura con il loro liberalismo e diversità. Il comitato olimpico del tempo prestò nessuna attenziona a questo male e diede il via alle note Olimpiadi di Berlino, con il solo risultato di fornire un palco ad un glorioso Führer e accrescere il suo prestigio in casa e all’estero. Gli diede confidenza. Tutti gli storici sono d’accordo su questo. Quello che poi egli fece con tale confidenza è noto a tutti noi.

Putin sta ripetendo questi crimini insani in maniera subdola, questa volta contro la comunità LGBT russa. Pestaggi, assassinii e umiliazioni sono ignorati dalla polizia. Ogni forma di difesa o di sana discussione dell’omosessualità è contro la legge. Ogni affermazione, per esempio, che Tchaikovsky fosse gay e che la sua arte e la sua vita riflettono la sua sessualità e sono di ispirazione per altri artisti gay verrebbe punita con la galera. Semplicemente non è abbastanza dire che gli olimpionici gay potrebbero o non potrebbero essere sicuri nel loro villaggio. Il Comitato Olimpico Internazionale deve, nella maniera più assoluta, prendere una ferma posizione a nome di tutta l’umanità che è chiamato a rappresentare contro tali leggi barbare e fasciste che Putin è riuscito a spingere nella Duma. Non ci dimentichiamo che gli eventi olimpici erano soliti essere non solo di natura atletica, ma includevano anche competizioni a livello culturale. Lo sport, ammettiamolo, è cultura. Lo sport non vive in una bolla al di fuori della società e della politica. L’idea che lo sport e la politica non siano connessi è peggiore dell’ipocrisia, peggiore della stupidità. È malvagiamente e volutamente sbagliato. Tutti sanno che la politica è legata a tutto per il significato stesso del termine “politica” dal grego “fare con il popolo”.

Un divieto assoluto ai Giochi Olimpici russi del 2014 a Sochi è semplicemente necessario. Fateli da qualche altra parte, in Utah, Lillyhammer, ovunque voi vogliate. Ad ogni costo, Putin non può essere visto come se avesse l’approvazione di tutto il mondo civilizzato.

Egli sta facendo della popolazione gay un capro espiatorio, proprio come Hitler fece con gli ebrei. Non possiamo permettergli di farla franca. So di cosa parlo. Ho visitato la Russia, ho fronteggiato il deputato che introdusse la prima di queste leggi, nella sua città di San Pietroburgo. Ho guardato in faccia quell’uomo e, di fronte ad una telecamera, ho provato a ragionare con lui, contraddirlo, fargli capire quello che stava per fare. Ciò che vidi in ritorno fu quello che Hannah Arendt chiamò, memorabilmente, “la banalità del maligno”. Un uomo stupido ma, così come tanti altri tiranni, uno con un naturale istinto per sfruttare una popolazione scontenta dando loro capri espiatori. Putin forse non è così brutale e stupido come il deputato Milonov ma i loro istinti sono gli stessi. Può anche affermare che i “valori” della Russia non sono i “valori” dell’occidente ma questo è in totale disaccordo con la filosofia di Pietro il Grande e contro le speranze di milioni di russi, quelli che non sono nella morsa di quella mistura tossica fatta della violenza delle teste rasate e religioni bigotte, quelli che stanno agonizzando mentre vedono la democrazia retrocedere e il sorgere di nuove autarchie, proprio nella stessa madre terra che già ne ha sofferto così tanto (e la cui musica, letteratura e teatro, tra l’altro, amo con passione).

Sono gay. Sono ebreo. Mia madre ha visto cadere più di una dozzina di parenti sotto l’anti-semitismo di Hitler. Ogni volta che in Russia (e ciò accade constantemente) un adolescente gay è costretto a suicidarsi, una ragazza lesbica violentata a fini “correttivi”, uomini e donne gay picchiati a morte dai nuovi delinquenti Nazi mentre la polizia russa se ne sta a guardare, il mondo si riduce e io, tra tutti, mi ritrovo a piangere ancora una volta nel vedere la storia che si ripete.

“Tutto quello di cui il male ha bisogno per trionfare sono uomini buoni che non facciano nulla”, così scrisse Edmund Burke. Uomini e donne del COI, siete voi quei “buoni” che permettono al male di trionfare?

Le Olimpiadi Estive del 2012 sono state uno dei momenti più gloriosi della mia vita e quella del mio Paese. Ci fossero i Giochi Olimpici russi, ciò macchierebbe per sempre l’intero movimento e spazzerebbe via tutta quella gloria. I Cinque Anelli ne rimarrebbero macchiati per sempre, imbrattati e rovinati agli occhi del mondo civilizzato.

Vi sto supplicando di resistere all pressioni del pragmatismo, dei soldi, della codardia oleosa dei diplomatici e innalzarvi risolutamente e con fierezza per l’umanità del mondo, come il vostro movimento è chiamato a fare. Sventolate la vostra bandiera olimpica con orgoglio proprio come noi uomini e donne gay sventoliamo la nostra bandiera arcobaleno con lo stesso orgoglio. Siate abbastanza coraggiosi da essere all’altezza dei giuramenti e dei protoccolli del vostro moviento, che ci terrei a ricordarvi di seguito:

Regola 4: Cooperare con le oganizazioni pubbliche o private competenti e le autorità nell’intento di mettere lo sport al servizio dell’umanità e di conseguenza di promuovere la pace.
Regola 6: Agire contro ogni forma di discriminazione che possa turbare il Movimento Olimpico
Regola 15: Incoraggiare e supportare le iniziative atte ad unire lo sport con la cultura e l’istruzione

Mi rivolgo specialmente a lei, Primo Ministro, uomo di cui ho il più alto rispetto. Nonostante leader di un partito a cui mi sono opposto e che ho instintivamente respinto per quasi tutta la mia vita, ha mostrato un determinato, appassionato e chiaro impegno in fatto di diritti della comunità LGBT e ha aiutato a spingere la legge per i matrimoni gay in entrambe le camere del nostro parlamento nonostante la veemente opposizione di parecchi membri della sua stessa fazione. Per questo l’ammirerò per sempre, nonostante tutte le altre differenze che possano esserci tra noi due. Alla fine, credo fermamente che lei sappia quando qualcosa è sbagliato o giusto. La prego, adesso agisca sulla base di quell’istinto.

Vostro, in disperata speranza di umanità

Stephen Fry“

Putin sta ripetendo questi crimini insani in maniera subdola, questa volta contro la comunità LGBT russa. Pestaggi, assassinii e umiliazioni sono ignorati dalla polizia. Ogni forma di difesa o di sana discussione dell’omosessualità è contro la legge. Ogni affermazione, per esempio, che Tchaikovsky fosse gay e che la sua arte e la sua vita riflettono la sua sessualità e sono di ispirazione per altri artisti gay verrebbe punita con la galera. Semplicemente non è abbastanza dire che gli olimpionici gay potrebbero o non potrebbero essere sicuri nel loro villaggio. Il Comitato Olimpico Internazionale deve, nella maniera più assoluta, prendere una ferma posizione a nome di tutta l’umanità che è chiamato a rappresentare contro tali leggi barbare e fasciste che Putin è riuscito a spingere nella Duma. Non ci dimentichiamo che gli eventi olimpici erano soliti essere non solo di natura atletica, ma includevano anche competizioni a livello culturale. Lo sport, ammettiamolo, è cultura. Lo sport non vive in una bolla al di fuori della società e della politica. L’idea che lo sport e la politica non siano connessi è peggiore dell’ipocrisia, peggiore della stupidità. È malvagiamente e volutamente sbagliato. Tutti sanno che la politica è legata a tutto per il significato stesso del termine “politica” dal grego “fare con il popolo”.
Un divieto assoluto ai Giochi Olimpici russi del 2014 a Sochi è semplicemente necessario. Fateli da qualche altra parte, in Utah, Lillyhammer, ovunque voi vogliate. Ad ogni costo, Putin non può essere visto come se avesse l’approvazione di tutto il mondo civilizzato.
Egli sta facendo della popolazione gay un capro espiatorio, proprio come Hitler fece con gli ebrei. Non possiamo permettergli di farla franca. So di cosa parlo. Ho visitato la Russia, ho fronteggiato il deputato che introdusse la prima di queste leggi, nella sua città di San Pietroburgo. Ho guardato in faccia quell’uomo e, di fronte ad una telecamera, ho provato a ragionare con lui, contraddirlo, fargli capire quello che stava per fare. Ciò che vidi in ritorno fu quello che Hannah Arendt chiamò, memorabilmente, “la banalità del maligno”. Un uomo stupido ma, così come tanti altri tiranni, uno con un naturale istinto per sfruttare una popolazione scontenta dando loro capri espiatori. Putin forse non è così brutale e stupido come il deputato Milonov ma i loro istinti sono gli stessi. Può anche affermare che i “valori” della Russia non sono i “valori” dell’occidente ma questo è in totale disaccordo con la filosofia di Pietro il Grande e contro le speranze di milioni di russi, quelli che non sono nella morsa di quella mistura tossica fatta della violenza delle teste rasate e religioni bigotte, quelli che stanno agonizzando mentre vedono la democrazia retrocedere e il sorgere di nuove autarchie, proprio nella stessa madre terra che già ne ha sofferto così tanto (e la cui musica, letteratura e teatro, tra l’altro, amo con passione).
Sono gay. Sono ebreo. Mia madre ha visto cadere più di una dozzina di parenti sotto l’anti-semitismo di Hitler. Ogni volta che in Russia (e ciò accade constantemente) un adolescente gay è costretto a suicidarsi, una ragazza lesbica violentata a fini “correttivi”, uomini e donne gay picchiati a morte dai nuovi delinquenti Nazi mentre la polizia russa se ne sta a guardare, il mondo si riduce e io, tra tutti, mi ritrovo a piangere ancora una volta nel vedere la storia che si ripete.
“Tutto quello di cui il male ha bisogno per trionfare sono uomini buoni che non facciano nulla”, così scrisse Edmund Burke. Uomini e donne del COI, siete voi quei “buoni” che permettono al male di trionfare?
Le Olimpiadi Estive del 2012 sono state uno dei momenti più gloriosi della mia vita e quella del mio Paese. Ci fossero i Giochi Olimpici russi, ciò macchierebbe per sempre l’intero movimento e spazzerebbe via tutta quella gloria. I Cinque Anelli ne rimarrebbero macchiati per sempre, imbrattati e rovinati agli occhi del mondo civilizzato.
Vi sto supplicando di resistere all pressioni del pragmatismo, dei soldi, della codardia oleosa dei diplomatici e innalzarvi risolutamente e con fierezza per l’umanità del mondo, come il vostro movimento è chiamato a fare. Sventolate la vostra bandiera olimpica con orgoglio proprio come noi uomini e donne gay sventoliamo la nostra bandiera arcobaleno con lo stesso orgoglio. Siate abbastanza coraggiosi da essere all’altezza dei giuramenti e dei protoccolli del vostro moviento, che ci terrei a ricordarvi di seguito:
Regola 4: Cooperare con le oganizazioni pubbliche o private competenti e le autorità nell’intento di mettere lo sport al servizio dell’umanità e di conseguenza di promuovere la pace.Regola 6: Agire contro ogni forma di discriminazione che possa turbare il Movimento OlimpicoRegola 15: Incoraggiare e supportare le iniziative atte ad unire lo sport con la cultura e l’istruzione
Mi rivolgo specialmente a lei, Primo Ministro, uomo di cui ho il più alto rispetto. Nonostante leader di un partito a cui mi sono opposto e che ho instintivamente respinto per quasi tutta la mia vita, ha mostrato un determinato, appassionato e chiaro impegno in fatto di diritti della comunità LGBT e ha aiutato a spingere la legge per i matrimoni gay in entrambe le camere del nostro parlamento nonostante la veemente opposizione di parecchi membri della sua stessa fazione. Per questo l’ammirerò per sempre, nonostante tutte le altre differenze che possano esserci tra noi due. Alla fine, credo fermamente che lei sappia quando qualcosa è sbagliato o giusto. La prego, adesso agisca sulla base di quell’istinto.
Vostro, in disperata speranza di umanità
Stephen Fry“

venerdì 17 maggio 2013

Giornata Internazionale Contro l'Omofobia e la Transfobia 2013



Ideata da Louis-Georges Tin, curatore del Dictionnaire de l’homophobie (Presses Universitaires de France, 2003), la prima Giornata internazionale contro l'omofobia ha avuto luogo il 17 maggio 2005, a 15 anni esatti dalla rimozione dell'omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicata dall'Organizzazione mondiale della sanità.

[Wikipedia]

"Dobbiamo tutti impegnarci per eliminare l'omofobia, che ancora oggi impedisce la pari opportunità di esercitare diritti e doveri che sono la base della democrazia." (Billie Jean King)

"L'omofobia è razzismo, è indispensabile fare un passo ulteriore per tutelare tutti gli aspetti dell'autodeterminazione degli individui, sportivi compresi." (Cesare Prandelli)

"L’omosessualità o sodomia è considerata dalla Chiesa un peccato contro natura condannato da Dio nella Bibbia, ma papi, cardinali e sacerdoti l’hanno praticata e la praticano." Claudio Rendina

 

 "In Italia l’omosessualità è accettata solo su un palco, nella realtà i gay vengono bastonati in piazza. Vorrei che questi artisti invece di mettersi il lucidalabbra facessero uscire il messaggio che si può vivere l’omosessualità, tabù in Italia, in maniera naturale." Fabri Fibra

"L’omosessualità logora chi non ce l’ha." Franco Grillini

"Cerco di dirlo così come mi viene, mi scusino eventuali pignoli o suscettibili. Leggere sulle prime pagine le parole “contro natura”, pronunciate dal papa a proposito delle unioni omosessuali, mi fa rivoltare le viscere. La natura umana è così complicata e ricca che estrarne un pezzo e appenderlo al lampione del Giudizio Divino equivale ad amputarla." Michele Serra





lunedì 21 gennaio 2013

AltroQuando: un fiore per il Palermo Pride 2013



Sia chiaro una volta per tutte: non siamo malati.

Questa affermazione iniziale, aggressiva e per qualcuno (non tutti, temiamo) forse datata, ha una sua ragion d'essere che sarà presto chiara. Parliamo del Pride, anzi, del Palermo Pride LGBT, che dal 2010 la nostra città, amata e ferita, ospita con un successo che fino a pochi anni fa quasi nessuno osava sperare. Lo sforzo concentrato di più associazioni lgbt, pur con qualche fisiologica incertezza, è riuscito a produrre un piccolo miracolo catartico. Se Palermo oggi è un po' cresciuta oltre l'orizzonte del suo provincialismo cronico è anche grazie all'impegno di tutti questi uomini e donne, capaci di sfidare la secolare immobilità cittadina e persino i propri limiti. Perché il Pride è una festa per tutti e nello stesso tempo una marcia per dei diritti fondamentali. Occasione per ricordare la resistenza alle arbitrarie persecuzioni della polizia da parte degli avventori del club gay americano Stonewall nell'ormai lontano 1969, e continuare - oggi più che mai - a reclamare un'uguaglianza sociale tuttora inesistente nel nostro paese. Il Pride è uno strumento di lotta politica in quanto evento popolare, fatto per coinvolgere, nel tempo, i cuori prima ancora delle menti con la sua componente gioiosa, contribuendo a plasmare una cultura delle differenze e quindi della crescita culturale e civile. Un evento che in questo 2013 avrà la qualifica di nazionale e rappresenterà un'ennesima tappa per il movimento lgbt siciliano.


Detto questo, è il momento di spendere qualche parola sul ruolo di AltroQuando nelle vicende legate al Pride, e spiegare in sintesi le ragioni del nostro parziale allontanamento. Una dissidenza che, sia ben chiaro, riguarda solo alcuni aspetti formali e certi atteggiamenti circoscritti, non la sostanza della manifestazione e tanto meno le sue finalità profonde. Pertanto, AltroQuando appoggerà oggi come ieri il Palermo Pride, e contribuirà come può alla sua promozione. Solo, lo farà a modo proprio, con un approccio personale.

Perché?

Perché i simboli per noi sono importanti e vanno considerati con cura. Fare attivismo politico sottovalutando (o gestendo con superficialità) la componente mediatica, è a nostro avviso un errore serio che nei lunghi tempi potrebbe presentare il conto. Ed è proprio in questo che troviamo un retrogusto amaro nella bella avventura che il Pride lgbt di Palermo ha iniziato tre anni fa. Un evento politico pienamente riuscito, ma bacato da un dettaglio che, per quanto all'apparenza insignificante, è per noi campanello d'allarme di una debolezza formale che non riusciamo proprio a digerire.

Ci disturba il fatto che di tutto l'atlante degli asterischi sia stato scelto proprio quello. Quello che per tre anni ha spopolato su striscioni, spille, sulla pelle dipinta dei partecipanti in festa. Ignari o indifferenti del suo significato basico. Sì, giacché è la Storia (quella con la maiuscola) a fare della croce uncinata l'orrido ricordo di un'immensa tragedia, e non certo il simbolo buddista che oggi, in occidente, sono pochissimi a ricordare. Parliamo di quell'asterisco, oggi color fuxia, quello che già dagli anni sessanta è stato adottato per essere la Star of Life, simbolo internazionale dei paramedici presente su ogni ambulanza del pianeta, in ogni ambulatorio, sul camice di ogni infermiere, di ogni ausiliario addetto al trasporto delle salme, spesso anche nelle insegne delle farmacie. Colorato di rosa negli Stati Uniti come marchio dell'impegno femminile nelle forze paramediche, con sfondo rainbow dagli infermieri gay durante i Pride americani, ma sempre e comunque riferito al mondo degli operatori sanitari, di cui rappresenta il simbolo per antonomasia ormai da decenni.


Nel 2010, mentre il primo, fortunato Pride palermitano prendeva forma, ci accorgemmo dell'ambiguità inopportuna del simbolo che stava venendo acclamato e consultammo a nostra volta un grafico professionista (la cui schietta opinione sul logo scelto terremo per noi, per non scatenare inutili risse). Chiedemmo più volte che la silhouette dell'asterisco fosse modificata, in modo che si allontanasse dal suo omologo blu sui mezzi di soccorso pubblico, ma evidentemente... non riuscimmo a essere abbastanza persuasivi.

La questione non si esaurisce semplicemente qui. Innanzitutto perché un simbolo dovrebbe unire,  non dividere in base alle emozioni che suscita, ma anche per via dell'approccio dialettico al problema. D'accordo, eravamo... siamo una minoranza. Ma la verità non può essere ridotta a una mera questione di gradimento. Non è che quel logo non ci piaccia. In realtà, ci offende, in quanto troppo vicino per forma e rimandi concettuali (è da sempre identificato con la sintesi grafica del caduceo: il bastone di Ermes con i serpenti attorcigliati, vessillo della scienza farmaceutica) a temi inerenti la salute che stridono ideologicamente con le lotte per i diritti lgbt.
Ma come? ci siamo detti. Abbiamo trascorso decenni a gridare che non siamo malati... e per il Pride di Palermo, la prima volta che la nostra città ospita la manifestazione, si sceglie proprio un simbolo con echi storici e culturali così dissonanti? Né ci consola (anzi, ci irrita) sentirci rispondere che tanto nessuno sembra farci caso. Per la nostra mentalità, chi si propone di fare politica e si avvede che il proprio uditorio ha un immaginario collettivo così fragile, dovrebbe prendersi il disturbo di svegliarlo, non mettersi comodo sulla generale distrazione. Ci spiace doverlo dire, ma questo atteggiamento ci ricorda più una strategia di marketing volta a vendere un prodotto che una campagna mirata alla maturazione sociale della propria gente. 

La storia della grafica è zeppa di simboli nati con un significato e divenuti strada facendo tutt'altro. Ed è in base alla storia se la croce runica, eletta a simbolo delle SS naziste, oggi non può che evocare ricordi sinistri. Se la croce celtica è oggi indiscutibilmente uno dei vessilli della destra estrema, si dovrebbe riflettere prima di riutilizzarla per scopi differenti. Ci sono impronte storiche indelebili, che nessuna dissertazione può lavare via. Esistono, inoltre, simboli assai generici e del tutto innocui. Come, ad esempio, lo stemma sul petto di Superman, che privato della S si rivela un comunissimo scudo araldico, non dissimile da quello di molte famiglie nobiliari anche italiane, e persino dal vecchio logo della Democrazia Cristiana. Tuttavia, nessun simbolo araldico – neppure quello dei Savoia – è mai stato accostato a medici e malati. Questo è toccato in sorte a omosessuali, lesbiche e transessuali per molto, troppo tempo. E così è per  l'asterisco squadrato e a sei punte scelto dall'assemblea che ha dato vita al primo Palermo Pride. Non un piccolo segno di interpunzione, arrotondato dal canonico corpo tipografico, ma un logo associato alla sanità a livello internazionale e visibile con cadenza quotidiana nei luoghi e momenti meno felici della vita. E' vero che la maggior parte delle persone non hanno realizzato subito questa (per noi) sciagurata sovrapposizione. Ma è vero anche che ci sarà sempre, in mezzo alla folla del Pride, qualcuno che ha da poco lasciato un ospedale, messo un infermo su un'ambulanza, visto trasportare la salma di un congiunto da barellieri con quel logo sulla divisa.  Sempre. E' inevitabile. E tale difetto di sensibilità (e di attenzione) è a nostro parere una mancanza non da poco.


Vedendo nel logo ciò che realmente è, noi di AltroQuando abbiamo sofferto per non poter essere più presenti nella promozione dell'evento negli anni trascorsi. Scusateci, ma a noi l'idea di mettere addosso la spilla con la paramedic cross ricolorata, dà i brividi. Lo troviamo macabro e decisamente inopportuno se accostato con le tematiche lgbt. Uno scivolone semantico che si sarebbe potuto evitare, soprattutto quando (come sembra) si vuol fare del logo una costante negli anni per il Pride cittadino. Non ce la sentiamo di esporre materiale promozionale con quel marchio, che oltretutto se girato assume la sagoma crudele di una croce di Sant'Andrea. Qualcuno ci ha detto che ormai è impossibile tornare indietro. Sarà, ma si può ancora andare avanti, e raddrizzare il tiro.
Crediamo profondamente nel significato dei simboli. Pensiamo che la gente vada avvertita, non abbandonata nella propria distrazione. E a dispetto di tutto, vogliamo, oggi più che mai, essere parte di questa festa, di questa lotta, di questo Pride...


Per questo, in attesa del Palermo Pride Nazionale 2013, AltroQuando ha deciso di promuovere la manifestazione a modo proprio, utilizzando materiale alternativo (non usiamo più la parola dissidente, per favore) ed elaborando un asterisco che -  pur richiamando per colore e angoli il logo degli anni passati - possa essere un simbolo pacifico e distante da temi imbarazzanti: un fiore.
Nel corso del 2013, quindi, useremo i nostri strumenti di lavoro (i fumetti) e il nostro asterisco-fiore (anch'esso scelto nell'affollato atlante degli asterischi) per spingere e divulgare le attività preparatorie per il Palermo Pride Nazionale e la manifestazione finale. A modo nostro, senza sentirci costretti a ricordare momenti dolorosi, malattie e accostamenti offensivi. Non ci aspettiamo nulla, se non l'indifferenza che ci ha circondato sin dall'inizio. Eppure saremo qui, a parlare del Pride, a contribuire idealmente alla manifestazione e a incoraggiare tutti e tutte a parteciparvi. Nel nostro piccolo, nel nostro “non professionismo”, con i nostri brutti caratteri che ci fanno, secondo alcuni, tenere il broncio come bambini... Noi ci saremo, come ci siamo sempre stati.
Il Pride, tra le altre cose, è una festa delle differenze. Differenze senza le quali l'umanità non avrebbe potuto evolversi, perché spesso sono le mosche bianche che si azzardano a volare più lontano. Andremo avanti, fieri del nostro essere diversi, fieri di partecipare a un evento come il Pride. Fieri di offrire un fiore a chiunque vorrà accettarlo.






lunedì 3 dicembre 2012

Lanterne Rainbow: Fumetti contro l'omofobia


Da un bellissimo lavoro grafico creato da SerG (http://www.3dserg.be/) che elenca e qualifica ogni simbolo e colore del Corpo delle Lanterne della DC Comics (la più famosa ovviamente è quella verde), compresa l'emozione cui si lega la loro forza. Noi ci siamo limitati ad aggiungere simbolicamente il color fucsia e l'orgoglio, nell'accezione inglese che comprende anche la sfumatura della "dignità". Il simbolo non poteva essere che l'asterisco "dissidente" adottato da noi di AltroQuando, affinché orgoglio, dignità, tolleranza e lotta per i diritti civili, possano legarsi a un marchio che suggerisce pace, come un fiore. E non ricordare troppo da vicino l'ambiente di medici e malati (con i quali, le persone lgbt non hanno direttamente niente a che fare), prendendo le distanze da un logo la cui silhouette - sia pure con un colore differente - vediamo ogni giorno su tutte le ambulanze, su tutti i camici, e nelle circostanze più tristi delle nostre vite. Non essendo riusciti ad avere peso nella scelta del marchio, e provando un senso di repulsione a tenerci vicino qualcosa che giudichiamo sbagliato (e sintomo di un immaginario collettivo fragile, che l'impegno politico dovrebbe piuttosto contribuire a svegliare), per non restare con le mani in mano, abbiamo scelto un asterisco alternativo (sempre sei punte, sempre color fucsia) che rappresenti e sostenga il Pride secondo la nostra visione personale. Per questo adopereremo il linguaggio dei fumetti e della fantasia che a questi si lega. Contro l'omofobia, e per il Palermo Pride, ma con un simbolo che possa essere gaio e festoso anche per noi. Grazie a chi ci sostiene. Fumetti contro l'omofobia (e per il Palermo Pride), va avanti.