Planet Manga porta in Italia un Gengoroh Tagame inedito sotto tutti i punti di vista. Con "Il marito di mio fratello" (Otouto no otto) il maestro del bara manga sadomaso più estremo, stavolta dà vita a un tenerissimo racconto istruttivo sull'accoglienza dell'estraneo, sulla caduta dei pregiudizi e sul ruolo chiave che in questo possono (o dovrebbero) avere le nuove generazioni, soprattutto i bambini. Occhi innocenti in grado di vedere oltre le sovrastrutture, capaci di mostrare ai propri genitori la forma più spontanea di rispetto e amore. Forse un po' di miele che cola. Ma ci sporca tanto volentieri.
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giovedì 26 ottobre 2017
lunedì 9 ottobre 2017
Ultimate Spider-Man e Ultimates alla Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio
"Ultimate Spider-Man" da nr. 1 a 40 e "Ultimates" - Prima Stagione completa. Brian Michael Bendis e Mark Bagley il primo, Mark Millar e Bryan Hitch il secondo. All'inizio degli anni 2000, la Marvel lanciò la linea "Ultimate". Un'etichetta che proponeva una serie di remake delle avventure dei suoi personaggi di punta secondo i linguaggi del nuovo millennio. In questo caso Spider-Man e gli Avengers ripartivano da zero, e le loro storie sviluppavano atmosfere e snodi narrativi citazionisti, ma sotto molti aspetti indipendenti dalle loro controparti classiche. Queste due serie sono entrate a far parte della Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio, e presto potrete leggerli gratuitamente. Una realtà palermitana che continua a crescere, in un ambiente che va somigliando sempre più al nostro amato, vecchio Altroquando. Grazie a chi ci sostiene e lo rende possibile.
Per sostenere la biblioteca autogestita potete donare libri e fumetti (contattateci alla mail altroquandopalermo@gmail.com) o fare una piccola donazione monetaria sul nostro conto Paypal: http://paypal.me/altroquandopalermo
Ma potete anche scegliere di acquistare un titolo ancora assente dallo scaffale e farlo pervenire alla nostra associazione. Grazie a tutti per l'affetto e la solidarietà che dimostrate. Ci sarà sempre un Altroquando.
martedì 3 ottobre 2017
E intanto la biblioteca cresce...
Oggi, mentre sono preso dalle mie cose, il citofono suona in modo imperioso, tanto che sul momento mi sembra un grido.
- Pronto?
- Ci sono due colli. Qualcuno scenda a ritirarli.
Due colli? Non sentivo questa frase dai tempi delle consegne in fumetteria. Alla fine, chiarito anche il suono del citofono che sembrava un urlo.
E' arrivato Dylan Dog. In due colli. Direttamente da Bergamo. Un dono per la Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio all'associazione Altroquando.
GRAZIE. Di cuore. Alla faccia di chi ritiene morto e sepolto Altroquando e il sogno di Salvatore a Palermo. Altroquando e il suo fondatore vivono ancora, e crescono grazie a voi anche in altre parti di Italia. Siete grandi.
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- Pronto?
- Ci sono due colli. Qualcuno scenda a ritirarli.
Due colli? Non sentivo questa frase dai tempi delle consegne in fumetteria. Alla fine, chiarito anche il suono del citofono che sembrava un urlo.
E' arrivato Dylan Dog. In due colli. Direttamente da Bergamo. Un dono per la Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio all'associazione Altroquando.
GRAZIE. Di cuore. Alla faccia di chi ritiene morto e sepolto Altroquando e il sogno di Salvatore a Palermo. Altroquando e il suo fondatore vivono ancora, e crescono grazie a voi anche in altre parti di Italia. Siete grandi.
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lunedì 18 settembre 2017
In scaffale... alla biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio
Presto la biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio, riorganizzata e riarredata, aprirà i battenti.
Nel frattempo, diamo un primo sguardo ad alcuni dei volumi che potrete trovare in scaffale e leggere gratuitamente.
"Kobane Calling" di Zerocalcare. Il reportage a fumetti che narra del viaggio di Zerocalcare nelle vicinanze della città assediata di Kobane, tra Siria e Turchia, raccogliendo le testimonianze di vita dei difensori curdi che si oppongono allo Stato Islamico. Attualità e dramma filtrati dall'umorismo graffiante dell'autore italiano. Un atto di poesia e di testimonianza storica che restituisce umanità alla percezione della politica internazionale.
Nel frattempo, diamo un primo sguardo ad alcuni dei volumi che potrete trovare in scaffale e leggere gratuitamente.
"Kobane Calling" di Zerocalcare. Il reportage a fumetti che narra del viaggio di Zerocalcare nelle vicinanze della città assediata di Kobane, tra Siria e Turchia, raccogliendo le testimonianze di vita dei difensori curdi che si oppongono allo Stato Islamico. Attualità e dramma filtrati dall'umorismo graffiante dell'autore italiano. Un atto di poesia e di testimonianza storica che restituisce umanità alla percezione della politica internazionale.
"L'INCAL" di Jodorowsky e Moebius. Oltre la fantascienza. Oltre il fumetto. La metafisica sardonica di Alejandro Jodorowsky e il talento visionario di Moebius. Lo psicomago cileno e l'artista francese danno vita a un cult che trascende i generi. In un futuro ipertecnologico, dove tutto si compra e dove l'etica è ormai un sogno lontano, lo scalcinato detective John Difool si trova invischiato in un intrigo più grande di lui. Più grande dello stesso pianeta. Più grande di tutto. Un oggetto misterioso (ma si tratta di un oggetto?) dai poteri miracolosi. E' l'inizio di un viaggio allucinatorio e meraviglioso, psichedelico ed epico. Che soltanto il sodalizio artistico di Jodo e Moebius poteva produrre.
"MAUS" di Art Spiegelman. Il racconto di un sopravvissuto, il padre di Art Spiegelman, che ha attraversato l'inferno della Shoah passando per il campo di concentramento di Majdanek e poi di Auschwitz. Un'opera fondamentale, a suo tempo premiata con il Pulitzer, che porta la narrazione storica e la testimonianza personale nel media fumetto con una potenza mai raggiunta prima. La trasfigurazione in animali antropomorfi (topi gli ebrei, gatti i nazisti, suini i polacchi) conferisce alla cronaca di questa oscura pagina di storia una dimensione allegorica e universale che trascende il tempo e lo spazio. Da questo romanzo a fumetti è iniziato lo sdoganamento del media, portando l'opera di Spiegelman a essere forse l'esempio di nona arte più famoso presso il pubblico mainstream.
"STURIELLET" di Andre Pazienza. Un'antologia che raccoglie le storie brevi realizzare da Pazienza per le riviste "Zut" e "Tango". Storielline brevi, agrodolci, al gusto di vetriolo, che alternano episodi grotteschi di vita vissuta al resoconto, filtrato dall'ironia, di fatti di cronaca degli anni 80. Incontri epici con figure celebri, diario di trip assurdi e irriverenti sberleffi alla società del tempo. Uno dei tanti modi possibili per accostarsi (o riscoprire) una parte del lavoro di un artista che ha lasciato (troppo presto) un'impronta enorme sul panorama del fumetto d'autore italiano.
"Il pasto nudo" di William S. Burroughs. Uno dei romanzi più sperimentali e sfaccettati di Burroughs. Pubblicato prima in Francia alla fine degli anni 50 e successivamente in America in una versione precedente custodita da Allen Ginzberg. Facciamo la conoscenza degli stati immaginari di Anexia e Terra Libera e l'uso della telepatia per il controllo delle menti, mentre scorrono le vicende surreali e le riflessioni dell'autore protagonista. Una narrazione non lineare e allucinata per parlare di manipolazione culturale e mediatica.
TEATRO MADRE – di Nino Gennaro.
L'opera di un artista corleonese, Nino Gennaro (conosciuto anche come Fufo dai suoi amici), che ha lasciato una forte impronta nella realtà culturale palermitana, sua città d'azione, e non solo. Scrittore, poeta, drammaturgo, artista provocatore e voce delle istanze LGBT nella Sicilia degli anni 70 e 80, mentre l'Italia viveva fermenti culturali che sarebbero diventati storia. Nino Gennaro scomparve prematuramente a causa dell'HIV a soli quarntasette anni, lasciando un patrimonio letterario e teatrale rimasto a lungo inedito. Per usare le sue parole «forse dopo che sarai morto ti pubblicheranno... In Italia funziona così.»
Chi ricorda i suoi primissimi happening a piazza Pretoria, a Palermo, rammenta anche l'idea innovativa del “Teatro Madre”, e la presenza fuori dagli schemi di Nino Gennaro, che aveva trasformato la sua omosessualità, e il suo carattere esuberante in un veicolo eversivo per l'arte e l'attivismo sociale. “Teatro Madre”, pubblicato da Editoria & Spettacolo nella collana Percorsi, raccoglie un'interessante porzione della produzione teatrale di Gennaro, e rappresenta la testimonianza di una personalità artistica di spicco che visse nella nostra Sicilia in un tempo in cui la creatività spontanea non disponeva degli strumenti attuali per mettersi in vetrina, inventandosi e presentandosi al suo pubblico senza mediazioni né filtri censori. Realizzando di fatto la sintesi di artista e personaggio in un individuo unico e irripetibile.
L'opera di un artista corleonese, Nino Gennaro (conosciuto anche come Fufo dai suoi amici), che ha lasciato una forte impronta nella realtà culturale palermitana, sua città d'azione, e non solo. Scrittore, poeta, drammaturgo, artista provocatore e voce delle istanze LGBT nella Sicilia degli anni 70 e 80, mentre l'Italia viveva fermenti culturali che sarebbero diventati storia. Nino Gennaro scomparve prematuramente a causa dell'HIV a soli quarntasette anni, lasciando un patrimonio letterario e teatrale rimasto a lungo inedito. Per usare le sue parole «forse dopo che sarai morto ti pubblicheranno... In Italia funziona così.»
Chi ricorda i suoi primissimi happening a piazza Pretoria, a Palermo, rammenta anche l'idea innovativa del “Teatro Madre”, e la presenza fuori dagli schemi di Nino Gennaro, che aveva trasformato la sua omosessualità, e il suo carattere esuberante in un veicolo eversivo per l'arte e l'attivismo sociale. “Teatro Madre”, pubblicato da Editoria & Spettacolo nella collana Percorsi, raccoglie un'interessante porzione della produzione teatrale di Gennaro, e rappresenta la testimonianza di una personalità artistica di spicco che visse nella nostra Sicilia in un tempo in cui la creatività spontanea non disponeva degli strumenti attuali per mettersi in vetrina, inventandosi e presentandosi al suo pubblico senza mediazioni né filtri censori. Realizzando di fatto la sintesi di artista e personaggio in un individuo unico e irripetibile.
Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov. Un capolavoro senza tempo della narrativa russa, leggibile a più livelli. Un'esplosione di divertimento, riflessione storica, satira. Satana giunge nella Mosca del XX secolo e lì si confronta con le corruzioni e ipocrisie della società russa del tempo, e con le sue resistenze culturali che afflissero in vita lo stesso autore. Parallelamente, una rinarrazione "revisionista" della passione di Cristo, e una storia di stregoneria che toglie il fiato per potenza visionaria. Un classico che tutti dovrebbero leggere, in grado di parlare a molte tipologie diverse di lettori.
"Sorgo rosso". La saga di un clan familiare distillatore di vino di sorgo che rivela la potenza narrativa del premio nobel per la letteratura cinese Mo Yan. La Cina feudale, le sue tradizioni e i suoi intrighi. I suoi amori, i sotterfugi, i briganti, le sfide e la via dei cani inselvatichiti, mentre avanza la guerra sino giapponese e le sue atrocità. Visionario, feroce, meraviglioso, sconvolgente e incantevole. Un capolavoro di un grande narratore contemporaneo.
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Ma potete anche scegliere di acquistare un titolo ancora assente dallo scaffale e farlo pervenire alla nostra associazione. Grazie a tutti per l'affetto e la solidarietà che dimostrate. Ci sarà sempre un Altroquando.
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venerdì 15 settembre 2017
Sul Coming Out di Willwoosh
In queste ore il Coming Out di
Willwoosh, il popolare Guglielmo Scilla, giovane astro del web che ha
contribuito a dare forma allo strumento Youtube come mezzo di
intrattenimento, è – com'era prevedibile – oggetto di
discussione.
In alcuni casi, i commenti dovrebbero
essere superflui. Dovrebbero, insomma, essere dati per scontati. Ma
viviamo nell'era dei social, dove a ogni singolo starnuto fa eco non
un convenzionale “Salute”, ma qualcosa di spesso farraginoso e
imponderabile. In altre parole, non necessario.
Ed è questo il punto di cui parlerò.
Di cosa è necessario e di cosa non lo è.
Il commento in primo piano è: «Lo
sapevano tutti. Non era necessario.»
Un commento che si palesa non soltanto
tra il pubblico “generalista”, ma anche nell'ambito del mondo
LGBT, non nuovo a divisioni interne e ad atteggiamenti variegati.
Il mio commento personale, invece, è:
«Anche se fosse?»
Personalmente, sarò ingenuo, ma non lo
sapevo. Non ci pensavo. Non mi interessava saperlo. Anzi, in verità
da qualche parte del mio cervello immaginavo il contrario, ma senza
dare all'argomento una particolare rilevanza. Quello che invece mi
chiedo è: perché avrebbe dovuto essere scontato?
Forse per la caratteristica di Willwoosh, comune a tanti altri comici più anziani di lui, di essersi fatto conoscere presentando spesso ruoli “in drag”? O perché qualcuno ritiene che emanasse gaytà nel gestire (io non l'ho mai notata)? Ma la domanda rimane quella: che cosa dovrebbe cambiare?
Forse per la caratteristica di Willwoosh, comune a tanti altri comici più anziani di lui, di essersi fatto conoscere presentando spesso ruoli “in drag”? O perché qualcuno ritiene che emanasse gaytà nel gestire (io non l'ho mai notata)? Ma la domanda rimane quella: che cosa dovrebbe cambiare?
Dire “tutti sapevano... è la
scoperta dell'acqua calda”, che fosse vero o no, significa
decentrare completamente il bersaglio e banalizzare il tutto.
Svuotare il coming out del suo significato politico e sottovalutare
l'effetto mediatico del gesto quando a farlo è un personaggio noto e
popolare.
Per questo, io voglio ringraziare
Guglielmo Scilla. Ha compiuto un gesto costruttivo. Sì, a
prescindere che qualcuno lo sapesse già o no. E' di questa seconda
istanza che non m'importa. Sì, francamente, miei cari, me ne
infischio della vostra onniveggenza gaya.
Qualche anno fa, alla morte di Lucio
Dalla, partì la consueta mascoliata social a base di celebrazioni e
detrazioni. Di Dalla, infatti, si sapeva DAVVERO da tempo immemore
della sua omosessualità, e qualcuno gli rimproverò aspramente di
non aver mai fatto coming out. Da un estremo all'altro, in sostanza.
Io stesso ci pensai su. Ricordai il mio vivere nel centro storico di
Palermo con la mia immagine di gay dichiarato, ricevendo segni di
rispetto o insulti a seconda dei casi, ma senza la protezione della
fama e forse anche del benessere economico di cui disponeva il noto
cantautore. Il coming out di un personaggio popolare contribuisce a
lasciare una traccia nell'immaginario, a spezzare i pregiudizi
attraverso la visione di una persona pubblica nella sua complessità
di artista e di individuo. Insomma, è un gesto con una forte valenza
sociale e non è mai il caso di minimizzarlo. Lucio Dalla scelse di
non farlo, e una volta defunto fu oggetto di inutili recriminazioni
postume. Inutili in quanto nessuno, nemmeno un vip, un personaggio di
spettacolo, è obbligato a fare qualcosa che non vuole fare, e questo
a prescindere che le sue ragioni siano condivisibili. E' invece
apprezzabile quando lo fa. E ridurre tutto al banale “lo
sapevamo già” è solo indice di miopia sociale. Quello
“sticazzi” (pure legittimo) gratta solo la superficie di un
discorso complesso che ha profonde radici storiche. Un discorso che
culmina nei moti di Stonewall e che continua a crescere, tra
conquiste e passi indietro, in un mondo che sotto questo aspetto non
ha ancora raggiunto l'età matura. Fingere che il coming out non sia
importante è a mio avviso sbagliato e controproducente. Una
retromarcia verso quella mentalità ipocritamente normalizzante che
tende in realtà a spazzare la polvere sotto il tappeto per non
essere costretti a guardarla e ammettere che esiste un problema.
Certo, ormai siamo tutti uguali,
abbiamo tutti gli stessi diritti, nessuno subisce discriminazioni,
certe parole non sono più usate con l'intento di offendere,
nessuno... nessuno ci fa più caso.
Beh, chi afferma questo o è in
malafede o ha qualche problema.
Mi torna in mente quel fumetto di
Zerocalcare sulla “Città del decoro” in cui, parlando
d'altro, il fumettista romano dipinse un quadretto tipico del senso
comune italiota.
«Io ho tanti amici così... che per
primi schifano a questi. Loro sono bravi. Se ne stanno nascosti, come
le Tartarughe Ninja nelle fogne. Non come questi che si fanno
vedere!»
Quando l'ironia dice tutto. Non cadiamo
nella trappola che la lotta per i diritti sia finita, che il coming
out (di tutti, famosi e no) non sia necessario. Non banalizziamo
episodi mediatici come questo, o avremo fatto l'ennesimo passo
indietro. Uno dei tanti che l'Italia ha fatto e sta continuando a
fare negli ultimi anni.
E per questo: Grazie, Guglielmo. Per la
tua spontaneità, per la tua leggerezza, per il tuo essere da oggi
una persona ancora più vera.
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mercoledì 13 settembre 2017
Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio... ormai manca poco.
sabato 9 settembre 2017
Sogni Lucidi: Incubo e Spasimo
Diario del Capitano, data bestiale
09.09.2017
E' un po' che non parlo dei sogni
lucidi. Il fenomeno in base al quale è possibile acquistare durante
il sonno la consapevolezza di sognare e prendere in qualche modo il
controllo del proprio viaggio onirico. Come dico sempre, sono un
pessimo discepolo di questa pratica, che prevederebbe esercizi,
meditazione e la scrittura regolare di un diario dei sogni. Inoltre,
era qualche mese che non vivevo più esperienze simili. Dopo una fase
di intensa attività onirica, il tutto si era dissolto come neve al
sole e i miei sogni erano tornati a essere evanescenti e
inafferrabili.
Senza preavviso, la scorsa notte è
successo di nuovo.
Stavolta non è stato esattamente
piacevole, ma comunque interessante.
Il sogno consisteva nel mio incontro
con una persona cara che non è più tra noi. Un camminare insieme
per luoghi che erano un delizioso ibrido di realtà e fantasia.
L'incantevole rudere della chiesa dello Spasimo a Palermo, nella
dimensione del mio sogno, si apriva su un'icantevole spiaggia sotto
la luce di un incipiente tramonto. Dettagli buffi, ma affascinanti,
consistevano in contaminazioni contemporanee tra i resti di una
chiesa costruita nel XVI secolo. Come residui di una Disneyland di
epoca classica, anche questa decaduta e recante i segni del tempo.
Rammento una statua in pietra, simile per aspetto allo stile greco,
ma raffigurante Mickey Mouse. Un Topolino bianco sasso che si
stagliava a pochi passi dalla spiaggia. Evidente gancio alle mie
attività quotidiane legate al mondo dei fumetti e della cultura pop.
La passeggiata con la persona a me cara
si snodava per questo ambiente che mutava ogni volta che si girava un
angolo. Lo Spasimo-Disneyland diventava a tratti un'abitazione
moderna con vista sul mare. Praticamente una sintesi tra monumento
storico e confort molto piacevole, almeno in ambito onirico. A un
tratto, però, le cose cambiavano. Mi ritrovavo solo, e guardandomi
il polso notavo qualcosa di strano. Portavo il mio orologio intorno
al polso destro (cosa che non è nelle mie abitudini) e il quadrante
era completamente rovesciato. Notavo questa stranezza anche nel sogno
e iniziavo a slacciare il cinturino per guardare meglio l'orologio,
conscio che significava qualcosa.
La disciplina meditativa che accompagna
la ricerca dei sogni lucidi prevede l'uso di un totem di riferimento.
Un oggetto che si conosce bene, con un preciso funzionamento, che
dovrebbe segnalarci con le sue possibili variazioni che ci troviamo
immersi in un sogno. Il mio nano gestalt, però, quello che in
posizione orizzontale acquista le sembianze di un uccello, non era
con me. In qualche modo l'orologio ne stava prendendo il posto, ma
non mi sono subito reso conto del significato dell'avvertimento.
Lo scenario era ormai diventato una
grande casa con terrazzo e ormai fuori imbruniva. Ormai ero rimasto
solo a percorrere quello scenario, e molto presto, il sogno si
sarebbe trasformato in un incubo. Andavo per uscire sul terrazzo e mi
trovavo davanti a una scena inquietante. Due persone di mia
conoscenza (non vicinissime e non frequentazioni abituali) si
trovavano immobili ai lati del terrazzo. Dritti e fermi come statue.
Erano loro, potevo riconoscerli, ma nello stesso tempo non lo erano.
Nei loro visi riconoscevo delle distorsioni molto simili a quelle che
si possono vedere nelle immagini meme relative alla creepypasta
Zalgo. Occhi simili a pozzi neri incavati e sanguinanti, lineamenti
impietriti in espressioni prime d'emozione. Per farla breve, diciamo
che la sensazione era quella di trovarsi di fronte a due zombi per il
momento immobili, ma che sembravano prepararsi ad attaccarmi.
Iniziavo a sentire dardeggiare la sensazione sgradevole di minaccia e
tornavo in fretta sui miei passi per sottrarmi alla vista di quelle
creature. Quindi, un lampo. Ricordavo di aver guardato l'orologio e
il suo quadrante rovesciato in modo del tutto improbabile.
Adesso ero consapevole di trovarmi in un sogno, e che il pericolo era irreale. Permaneva però un senso di angoscia per niente piacevole. Decidevo pertanto che volevo svegliarmi per uscire da quello scenario prima che l'incubo degenerasse. Ricordo di aver preso una cartella (molto simile a una cartella di plastica che uso nella realtà) e di averla scaraventata sul pavimento con l'intenzione di produrre uno shock che potesse svegliarmi. Niente. Allora mi inoltravo nella casa. Casa che aveva preso ad assomigliare sempre più al mio vero appartamento. Accendevo la luce nell'ingresso, battevo le mani, ma senza produrre suoni. Allora ho cominciato a schiaffeggiarmi ordinandomi di svegliarmi. Niente. Il sonno resisteva nonostante ormai fossi del tutto consapevole di stare sognando. Continuavo a muovermi per casa toccando di tutto alla ricerca di stimoli che mi agganciassero alla realtà, e finalmente vedevo accendersi la luce nella cucina, e sentivo i passi e la presenza di mia sorella intenta a preparare il caffè come ogni mattina. Ma non era ancora realtà. Solo il sogno che imboccava un sentiero di ritorno verso il risveglio.
Adesso ero consapevole di trovarmi in un sogno, e che il pericolo era irreale. Permaneva però un senso di angoscia per niente piacevole. Decidevo pertanto che volevo svegliarmi per uscire da quello scenario prima che l'incubo degenerasse. Ricordo di aver preso una cartella (molto simile a una cartella di plastica che uso nella realtà) e di averla scaraventata sul pavimento con l'intenzione di produrre uno shock che potesse svegliarmi. Niente. Allora mi inoltravo nella casa. Casa che aveva preso ad assomigliare sempre più al mio vero appartamento. Accendevo la luce nell'ingresso, battevo le mani, ma senza produrre suoni. Allora ho cominciato a schiaffeggiarmi ordinandomi di svegliarmi. Niente. Il sonno resisteva nonostante ormai fossi del tutto consapevole di stare sognando. Continuavo a muovermi per casa toccando di tutto alla ricerca di stimoli che mi agganciassero alla realtà, e finalmente vedevo accendersi la luce nella cucina, e sentivo i passi e la presenza di mia sorella intenta a preparare il caffè come ogni mattina. Ma non era ancora realtà. Solo il sogno che imboccava un sentiero di ritorno verso il risveglio.
Pochi istanti dopo questa tappa,
finalmente, mi sono svegliato.
Bizzarra esperienza. Acquistare
consapevolezza nella fase onirica, ma faticare a uscirne. Una cosa
che ancora non mi era capitata. I sogni lucidi sono strani, ambigui,
e non sempre facili da gestire.
Soprattutto da uno studente
indisciplinato come me.
martedì 5 settembre 2017
Quattro Dita (Three Fingers) di Rich Koslowski
Riscopriamo una perla del fumetto indipendente americano che ha fatto una fugace apparizione (grazie alle edizioni Prospettiva Globale) anche in Italia nell'ormai lontano 2008. Un "documentario a fumetti" profondo e cattivo. Graffiante e tragico. Divertente e shockante. Rich Koslowski realizza un capolavoro del fumetto ibridando più stili e dando alla sua opera una direzione satirica che affonda le zanne nell'industria di Hollywood e più generalmente denuncia senza mezzi termini la società dei consumi, il mondo dello spettacolo e il monopolio culturale del marchio Walt Disney. Un fumetto che forse è arrivato il momento di riscoprire, magari con un'opportuna ristampa.
lunedì 28 agosto 2017
Biblioteca autogestita: i lavori procedono e intanto si cresce
Un sincero ringraziamento ai ragazzi che ieri, in mezzo a tanti altri libri e fumetti che pian piano sveleremo e catalogheremo, hanno donato alla Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio dei pezzi importanti della storia del fumetto italiano. Andrea Pazienza, grande commentatore degli anni 80 e rappresentante di un capitolo importante per la nona arte (e tutta l'arte in generale). Davvero grazie. Potrete leggerli gratuitamente presso la nostra biblioteca, attualmente in fase di riorganizzazione, con la riapertura al pubblico il prossimo autunno. Stay tuned. Ci sarà sempre un Altroquando.
Per informarsi su Andrea Pazienza, segnalo gli interessanti video di Carlo Procaccini.
lunedì 7 agosto 2017
Where the Dead Go to Die
"Where the Dead Go to Die" (Dove i morti vanno a morire) è un film d'animazione del 2012 diretto da Jimmy Screamerclauz. Un film del quale dopo la visione è impossibile non discutere. Ma del quale è nello stesso tempo difficilissimo parlare, partendo dal fatto che di sicuro non è un prodotto consigliabile. Beh, non a tutti, di sicuro. E non perché gli manchino spunti di interesse. Proviamo a partire dalla scelta di animare la pellicola con una computer grafica obsoleta, da filmato in stile vecchia consolle anni 90. E' uno dei primi elementi affrontati dalle rare recensioni che si trovano in italiano, e quasi tutti tendono a presentare questo aspetto come un possibile deterrente dalla visione.
Un... possibile deterrente. Uno solo. Il primo. Di tanti.
In realtà, l'animazione grezza (ammesso che si possa definire tale. Vintage forse, ma usata in modo talmente psichedelico da ammaliare) è ciò che rende "possibile" il film, e che contribuisce a renderlo uno dei prodotti più estremi e malati in cui ci si possa imbattere. Sì, perché benché si stia parlando di un film d'animazione, qui siamo dalle parti di "A serbian film" per gli orrori, il disagio e le provocazioni deliranti che somministra.
Un... possibile deterrente. Uno solo. Il primo. Di tanti.
In realtà, l'animazione grezza (ammesso che si possa definire tale. Vintage forse, ma usata in modo talmente psichedelico da ammaliare) è ciò che rende "possibile" il film, e che contribuisce a renderlo uno dei prodotti più estremi e malati in cui ci si possa imbattere. Sì, perché benché si stia parlando di un film d'animazione, qui siamo dalle parti di "A serbian film" per gli orrori, il disagio e le provocazioni deliranti che somministra.
Ha ragione chi dice che questa pellicola è un cocktail di Timothy Leary, Clive Barker e Miguel Angel Martin, più tanta altra cultura lisergica ed estrema. Il film è praticamente a episodi, per quanto questi si incastrino ognuno negli altri come scatole cinesi. Un cupo quartiere. Tre famiglie disagiate. Tre bambini (o quattro?). Un cane diabolico di nome Labby, doppiato dallo stesso regista, che si definisce un messaggero di Dio e che induce i protagonisti a compiere nefandezze oltre ogni immaginazione.
Aldilà della grafica volontariamente desueta, ibridata con giochi fotografici allucinatori e un doppiaggio distorto che rende tutto ancora più inquietante, ci troviamo a sprofondare in un pozzo (rappresentato fisicamente nel film come un portale tra dimensioni) di follia, depravazione, violenza, pedofilia, necrofilia, e devastanti modifiche del corpo che pagano un meritato tributo all'ero guro giapponese. Potentissima l'immagine ricorrente del crocifisso con la testa ardente (la potenziale bontà umana la cui capacità di ragionare va però in fumo), come gli uomini ombra, traghettatori tra i mondi, la Morte che non dice il suo nome e lo stesso cane infernale. L'ultimo episodio, il più denso e narrativamente compiuto, è forse quello più atroce. Ciò che emerge chiaramente da "Where the Dead Go to Die" è la negazione nichilista della famiglia, vista come istituzione ipocrita, cieca e sorda alle reali esigenze dei minori. Ma anche l'assenza di un'alternativa valida, e ogni goffo tentativo di fare del bene trasformato puntualmente in un nuovo, grottesco orrore. Non è certo casuale se il film di Screamerclauz (che chiaramente usa uno pseudonimo) sia così poco noto e solo di recente siano stati prodotti dei sottotitoli in italiano per facilitarne la visione (i dialoghi sono lunghi, quasi sempre con un riverbero ultraterreno e difficili da reggere senza provare vertigini). Un film, pertanto, che non si può consigliare. Eccetto magari ai cultori dell'estremo, del cinema indipendente più sperimentale e cattivo, e di quell'animazione non scontata che diventa veicolo per rappresentare un'anima nera che il cinema live action, per quanto sfrontato, non osa toccare così da vicino. Un vero incubo, che resta dentro e induce a riflettere sui tanti simboli malsani che ci hanno trafitto il cervello durante la visione.
Aldilà della grafica volontariamente desueta, ibridata con giochi fotografici allucinatori e un doppiaggio distorto che rende tutto ancora più inquietante, ci troviamo a sprofondare in un pozzo (rappresentato fisicamente nel film come un portale tra dimensioni) di follia, depravazione, violenza, pedofilia, necrofilia, e devastanti modifiche del corpo che pagano un meritato tributo all'ero guro giapponese. Potentissima l'immagine ricorrente del crocifisso con la testa ardente (la potenziale bontà umana la cui capacità di ragionare va però in fumo), come gli uomini ombra, traghettatori tra i mondi, la Morte che non dice il suo nome e lo stesso cane infernale. L'ultimo episodio, il più denso e narrativamente compiuto, è forse quello più atroce. Ciò che emerge chiaramente da "Where the Dead Go to Die" è la negazione nichilista della famiglia, vista come istituzione ipocrita, cieca e sorda alle reali esigenze dei minori. Ma anche l'assenza di un'alternativa valida, e ogni goffo tentativo di fare del bene trasformato puntualmente in un nuovo, grottesco orrore. Non è certo casuale se il film di Screamerclauz (che chiaramente usa uno pseudonimo) sia così poco noto e solo di recente siano stati prodotti dei sottotitoli in italiano per facilitarne la visione (i dialoghi sono lunghi, quasi sempre con un riverbero ultraterreno e difficili da reggere senza provare vertigini). Un film, pertanto, che non si può consigliare. Eccetto magari ai cultori dell'estremo, del cinema indipendente più sperimentale e cattivo, e di quell'animazione non scontata che diventa veicolo per rappresentare un'anima nera che il cinema live action, per quanto sfrontato, non osa toccare così da vicino. Un vero incubo, che resta dentro e induce a riflettere sui tanti simboli malsani che ci hanno trafitto il cervello durante la visione.
Consiglio, invece, la recensione sul canale di Shivaproduzioni: https://youtu.be/zlUV4_DhBDY
giovedì 3 agosto 2017
Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio: Sempre in progress
Nonostante la calura, procedono i lavori di riorganizzazione e arredamento della Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio in via Martin Luther King 6 a Palermo presso il Teatro Mediterraneo Occupato. La mascotte (quella pelosa) si chiama Brock. GRAZIE a Marco Castagna per aver realizzato il logo della biblioteca. Vi ricordiamo che l'accesso alla biblioteca sarà di nuovo possibile dal prossimo autunno, che è un'iniziativa del tutto gratuita e che si basa sulle donazioni. Potete donare libri (narrativa, teatro, poesia, saggistica) e fumetti (purché leggibili a sé stanti o archi narrativi completi). Potete donare libri e fumetti che già possedete, potete scegliere di acquistare appositamente un titolo che manca in scaffale per donarlo. Potete anche donare un euro (simbolicamente) al fondo cassa della biblioteca sul nostro conto Paypal (http://paypal.me/altroquandopalermo). Il ricavato sarà destinato all'acquisto di nuovi libri e fumetti e alla manuntenzione della Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio.
mercoledì 26 luglio 2017
LA CURA DEI LIBRI (sembra facile...)
Argomento del giorno: LA CURA DEI LIBRI.
Prendermi cura di (ormai numerosi) libri e fumetti presso la biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio, è opportuno aggiornarsi sulla cura dei libri e soprattutto su come preservarli dai famelici "pesciolini d'argento". Un giro in rete già fiacca le mie speranze. Gli insegnamenti materni sulla canfora, oggi sono sconfessati (contiene nicotina, può far male alla carte, oltre a far bruciare gli occhi). Ci sta che tutti i rimedi consigliati oggi siano naturali. Ma qui c'è da spendere un patrimonio in erboristeria o attivarsi per coltivare una piantagione di alloro in prima persona.
L'alloro (che in teoria andrebbe messo in mezzo a ogni libro, anche se sono migliaia), è solo una delle piante suggerite. La più nota, la più facile da ricordare. E in ogni caso, per ciascuna, il quantitativo necessario sarebbe industriale (parliamo di una biblioteca che sta ancora crescendo, dopotutto). Alla fine della fiera: si accettano informazioni e suggerimenti praticabili. L'intento è proteggere libri e fumetti in modo che durino nel tempo
senza essere sgranocchiati da creaturine che esistono da molto tempo prima di noi e che sicuramente ci sopravviveranno.
Ricordo sempre che per donare libri e fumetti potete contattarmi all'indirizzo altroquandopalermo[at]gmail.com. Per donare piccole cifre (sempre per la crescita della biblioteca) c'è Paypal: http://paypal.me/altroquandopalermo
L'alloro (che in teoria andrebbe messo in mezzo a ogni libro, anche se sono migliaia), è solo una delle piante suggerite. La più nota, la più facile da ricordare. E in ogni caso, per ciascuna, il quantitativo necessario sarebbe industriale (parliamo di una biblioteca che sta ancora crescendo, dopotutto). Alla fine della fiera: si accettano informazioni e suggerimenti praticabili. L'intento è proteggere libri e fumetti in modo che durino nel tempo
senza essere sgranocchiati da creaturine che esistono da molto tempo prima di noi e che sicuramente ci sopravviveranno.
Ricordo sempre che per donare libri e fumetti potete contattarmi all'indirizzo altroquandopalermo[at]gmail.com. Per donare piccole cifre (sempre per la crescita della biblioteca) c'è Paypal: http://paypal.me/altroquandopalermo
mercoledì 19 luglio 2017
Supportare la Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio
Habemus Paypal.
Chiariamo subito. La biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio conta soprattutto sulle donazioni di libri e fumetti. Di cui volete liberarvi (purché siano in buona condizioni) o che scegliete (se potete, se volete) di acquistare appositamente per contribuire alla crescita di una biblioteca di quartiere gratuita, nata come servizio alla città di Palermo.
Titoli mancanti che stiamo cercando e che sarebbero particolarmente benvenuti? Tra la narrativa: "Il profumo" di Patrick Suskind. "Il paradiso degli orchi" di Daniel Pennac (perché da qualche parte si deve cominciare, ma anche i suoi romanzi per ragazzi). Per i fumetti, segnalo: "Dropsie Avenue" e "Vita su un altro pianeta" di Will Eisner, "Il ritorno del Cavaliere Oscuro" di Frank Miller. "In una lontana città" di Jiro Taniguchi e "Gli ultimi giorni di Pompeo" di Andrea Pazienza.
Ma adesso è possibile anche contribuire con 1 euro versato sul conto paypal destinato al fondo cassa della biblioteca: http://paypal.me/altroquandopalermo
Per fondo cassa, qui si intende anche l'acquisto di nuovi titoli mancanti in scaffale. Intanto, i lavoro di ristrutturazione continuano, e in autunno arriveranno gli orari di apertura. Ricordiamo che il servizio è gratuito.
Per informazioni potete sempre contattare Altroquando in privato alla mail altroquandopalermo[at]gmail.com.
venerdì 14 luglio 2017
Cittacotte: PER TERRA E PER MARE...
Letteralmente.
A stendere le braccia tra la terra e il
mare è stata la Santuzza, ieri, inaugurando la nuova vetrina creata
per questo 2017 da mastro Vincenzo Vizzari nella sua bottega
“Cittacotte” in via Vittorio Emanuele 120 a Palermo. E potremmo
dire: ce n'era bisogno. Oggi più che mai.
Santa Rosalia, patrona del capoluogo
siciliano celebrata nella ricorrenza estiva del Festino e condotta in
effige, come nella leggenda che la vede protagonista, per le strade
della città, su un carro che di anno in anno ha perso ogni fascino
in un progressivo decadere del gusto.
Eppure, ogni anno, basta l'estro di
Vizzari a confezionare riletture della Santuzza in chiavi non
scontate. A volte provocatorie, ma sempre animate da un messaggio che
arriva forte e chiaro. Sociale più che mistico. Poetico più che
agiografico. Talmente personale e intelligente da diventare iconico a
sua volta, producendo un ramo del Festino vissuto sottotraccia da
molti palermitani come un appuntamento imperdibile. Perché non c'è
solo perizia artigianale nelle opere di Vizzari. Ma una forza
interiore dirompente. E chi se non la Santuzza, celebrata in questi
giorni estivi da una città intenta a gozzovigliare, sarebbe potuta
essere portavoce di un grido a favore dell'accoglienza?
Ogni disvelamento di una nuova
composizione esposta presso Cittacotte ha sempre luogo con piccoli,
agili accorgimenti teatrali. E ad accompagnare l'alzata della tela,
stavolta, è stato il rumore ipnotico e minaccioso del mare,
accompagnato dal campionamento di suoni provenienti realmente da
barconi di migranti. Voci disperate. Rumoreggiare di una massa di
esseri umani in agoscia, invocazioni, sono l'atroce e vera colonna
sonora di quelle mani che chiedono grazia, emergendo sia dall'acqua
che sta per inghiottire i corpi sia dal barcone, che non mostra
direttamente i profughi, ma anche qui solo le loro mani protese verso
l'alto, prigionieri sottocoperta di qualcosa che suggerisce la bolgia
di un inferno dantesco. Le figure intere non sono meno potenti. Una
tragedia in tre atti riassunta in un'unica composizione plastica.
Sulla sinistra, un uomo piange con il volto nascosto tra le mani. I
piedi ancora sulla terra, un istante prima di imbarcarsi verso una
flebile speranza di sopravvivenza. L'unica figura umana visibile per
intero sul barcone sventola un fazzoletto, aggrappata a un brandello
di imbarcazione che ricorda la sagoma di una zattera che lo regge a
malapena. Poi ci sono i profughi in mare, che affondano a poca
distanza dalla riva, sforzandosi di tenere un bambino fuori
dall'acqua. Almeno affinché respiri per qualche istante ancora. A
terra, un pugno di uomini seminudi si sforzano di tirare in secco
l'imbarcazione con delle corde. Non ci sono tratti marcatamente
distintivi tra migranti e soccorritori. Nessuna etnia definita, come
a sottolineare l'insensatezza di etichette davanti alla tragedia
umana.
E su tutto, Santa Rosalia. Una Rosalia che forse si lancia nel vuoto dal suo antico rifugio su monte Pellegrino. Forse volerà, sorretta dai gabbiani che la attorniano. Forse precipiterà, decretando la caduta di Palermo e la morte della sua anima morale, giù in mare, in compagnie di quelle vittime che non è riuscita a salvare. Ma il gesto della mano e l'espressione angosciata dicono tutto. Un'esortazione ancestrale a restare umani. L'urlo di un'empatia che si rifiuta di lasciarsi soffocare da ignoranza e fascismi. Una Palermo che sprofonderebbe nel Mediterraneo piuttosto che continuare a esistere senza la pietà umana.
E su tutto, Santa Rosalia. Una Rosalia che forse si lancia nel vuoto dal suo antico rifugio su monte Pellegrino. Forse volerà, sorretta dai gabbiani che la attorniano. Forse precipiterà, decretando la caduta di Palermo e la morte della sua anima morale, giù in mare, in compagnie di quelle vittime che non è riuscita a salvare. Ma il gesto della mano e l'espressione angosciata dicono tutto. Un'esortazione ancestrale a restare umani. L'urlo di un'empatia che si rifiuta di lasciarsi soffocare da ignoranza e fascismi. Una Palermo che sprofonderebbe nel Mediterraneo piuttosto che continuare a esistere senza la pietà umana.
PERTERRAEPERMARE è il titolo di questa
composizione di Vincenzo Vizzari per il Festino 2017. Forse la più
esplicitamente politica. Per coloro che per “politica” intendono
la vita della gente, da qualunque parte essa provenga, e la mettono
al primo posto. L'iscrizione nel cielo che fa da sfondo alla scultura
leggiamo le parole: “L'umanità è la migliore delle religioni”.
Frase pronunciata nella realtà da un migrante giunto in un centro
accoglienza siciliano, e che Vizzari ha deciso di far sua,
scolpendola e accostandola coraggiosamente alla figura della santa
patrona di Palermo.
Contro i facili populismi e gli slogan
ignoranti, contro gli “aiutiamoli a casa loro” (si sarebbe potuta
dire la stessa cosa degli ebrei che tentavano di fuggire dalla
Germania nazista, ma la giornata della memoria è diventata solo
un'altra data sul calendario).
Nello stesso tempo, quella di
quest'anno è comunque una Rosalia anche metafisica. Forse più degli
altri anni, in quanto riconducibile al senso di carità sommerso da
ciarpame ormai riconducibile più alla superstizione che al senso
religioso. Una Santuzza che ha compreso il senso di appartenenza
all'umanità, e che ricusa il suo ruolo di vessillo in una città che
chiude le sue mura ai bisognosi. Una Rosalia che lancia un appello
accorato. Un grido umano e artistico che vibra nella vetrina di
Cittacotte, e che meriterebbe (come ogni anno) molta visibilità in
più.
Viva Palermo e Santa Rosalia.
sabato 8 luglio 2017
Maledette Nuvole - FAUST di Quinn e Vigil (il "vero" Spawn?)
sabato 1 luglio 2017
Palermo Pride 2017
Quest'anno ero partito stanco... anche perché da quattro anni vado al Pride da solo. E dopo aver contribuito, nel nostro piccolissimo, a sdoganarlo nella città di Palermo, per me ha un gusto agrodolce. Però una volta sul posto sono stato contagiato dall'atmosfera di festa. E dal fatto che il Pride di Palermo fa parte della mia storia personale come di quella di tutti i fratelli e le sorelle, LGBT e non, con i quali ci raduniamo ogni anno per questa grande manifestazione. Alla signora palermitana che in via Roma ha mormorato alle mie spalle «Ma cosa vorrebbero comunicare?» rispondo con colpevole ritardo: «A lei niente, madame. Solo così si può commentare una domanda che pretende di avere già in sé una risposta. Perché la sua non è una domanda. E' un giudizio. E dei più ipocriti. Se proprio vuole una risposta circostanziata, se davvero ha voglia di comprendere, inizi studiando un po'. Informandosi da dove ha origine questa festa e questa voglia di uguaglianza senza aver più timore di nulla.»
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