venerdì 14 luglio 2017

Cittacotte: PER TERRA E PER MARE...



PERTERRAEPERMARE.

Letteralmente.

A stendere le braccia tra la terra e il mare è stata la Santuzza, ieri, inaugurando la nuova vetrina creata per questo 2017 da mastro Vincenzo Vizzari nella sua bottega “Cittacotte” in via Vittorio Emanuele 120 a Palermo. E potremmo dire: ce n'era bisogno. Oggi più che mai.

Santa Rosalia, patrona del capoluogo siciliano celebrata nella ricorrenza estiva del Festino e condotta in effige, come nella leggenda che la vede protagonista, per le strade della città, su un carro che di anno in anno ha perso ogni fascino in un progressivo decadere del gusto.
Eppure, ogni anno, basta l'estro di Vizzari a confezionare riletture della Santuzza in chiavi non scontate. A volte provocatorie, ma sempre animate da un messaggio che arriva forte e chiaro. Sociale più che mistico. Poetico più che agiografico. Talmente personale e intelligente da diventare iconico a sua volta, producendo un ramo del Festino vissuto sottotraccia da molti palermitani come un appuntamento imperdibile. Perché non c'è solo perizia artigianale nelle opere di Vizzari. Ma una forza interiore dirompente. E chi se non la Santuzza, celebrata in questi giorni estivi da una città intenta a gozzovigliare, sarebbe potuta essere portavoce di un grido a favore dell'accoglienza?


Ogni disvelamento di una nuova composizione esposta presso Cittacotte ha sempre luogo con piccoli, agili accorgimenti teatrali. E ad accompagnare l'alzata della tela, stavolta, è stato il rumore ipnotico e minaccioso del mare, accompagnato dal campionamento di suoni provenienti realmente da barconi di migranti. Voci disperate. Rumoreggiare di una massa di esseri umani in agoscia, invocazioni, sono l'atroce e vera colonna sonora di quelle mani che chiedono grazia, emergendo sia dall'acqua che sta per inghiottire i corpi sia dal barcone, che non mostra direttamente i profughi, ma anche qui solo le loro mani protese verso l'alto, prigionieri sottocoperta di qualcosa che suggerisce la bolgia di un inferno dantesco. Le figure intere non sono meno potenti. Una tragedia in tre atti riassunta in un'unica composizione plastica. Sulla sinistra, un uomo piange con il volto nascosto tra le mani. I piedi ancora sulla terra, un istante prima di imbarcarsi verso una flebile speranza di sopravvivenza. L'unica figura umana visibile per intero sul barcone sventola un fazzoletto, aggrappata a un brandello di imbarcazione che ricorda la sagoma di una zattera che lo regge a malapena. Poi ci sono i profughi in mare, che affondano a poca distanza dalla riva, sforzandosi di tenere un bambino fuori dall'acqua. Almeno affinché respiri per qualche istante ancora. A terra, un pugno di uomini seminudi si sforzano di tirare in secco l'imbarcazione con delle corde. Non ci sono tratti marcatamente distintivi tra migranti e soccorritori. Nessuna etnia definita, come a sottolineare l'insensatezza di etichette davanti alla tragedia umana.


E su tutto, Santa Rosalia. Una Rosalia che forse si lancia nel vuoto dal suo antico rifugio su monte Pellegrino. Forse volerà, sorretta dai gabbiani che la attorniano. Forse precipiterà, decretando la caduta di Palermo e la morte della sua anima morale, giù in mare, in compagnie di quelle vittime che non è riuscita a salvare. Ma il gesto della mano e l'espressione angosciata dicono tutto. Un'esortazione ancestrale a restare umani. L'urlo di un'empatia che si rifiuta di lasciarsi soffocare da ignoranza e fascismi. Una Palermo che sprofonderebbe nel Mediterraneo piuttosto che continuare a esistere senza la pietà umana.

PERTERRAEPERMARE è il titolo di questa composizione di Vincenzo Vizzari per il Festino 2017. Forse la più esplicitamente politica. Per coloro che per “politica” intendono la vita della gente, da qualunque parte essa provenga, e la mettono al primo posto. L'iscrizione nel cielo che fa da sfondo alla scultura leggiamo le parole: “L'umanità è la migliore delle religioni”. Frase pronunciata nella realtà da un migrante giunto in un centro accoglienza siciliano, e che Vizzari ha deciso di far sua, scolpendola e accostandola coraggiosamente alla figura della santa patrona di Palermo.
Contro i facili populismi e gli slogan ignoranti, contro gli “aiutiamoli a casa loro” (si sarebbe potuta dire la stessa cosa degli ebrei che tentavano di fuggire dalla Germania nazista, ma la giornata della memoria è diventata solo un'altra data sul calendario).


Nello stesso tempo, quella di quest'anno è comunque una Rosalia anche metafisica. Forse più degli altri anni, in quanto riconducibile al senso di carità sommerso da ciarpame ormai riconducibile più alla superstizione che al senso religioso. Una Santuzza che ha compreso il senso di appartenenza all'umanità, e che ricusa il suo ruolo di vessillo in una città che chiude le sue mura ai bisognosi. Una Rosalia che lancia un appello accorato. Un grido umano e artistico che vibra nella vetrina di Cittacotte, e che meriterebbe (come ogni anno) molta visibilità in più.


Viva Palermo e Santa Rosalia.


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