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martedì 11 luglio 2023

Cittacotte 2023: Potevononesserci


 
Palermo, 10 luglio 2023

Pochi giorni al Festino di Palermo 2023. Anzi, poche ore, prima che il centro storico si affolli come di consueto per celebrare la sua ricorrenza patronale. Il miracolo di Rosalia Sinibaldi, vergine eremita morta in solitudine su Monte Pellegrino, le cui ossa condotte nel 1625 per le strade del capoluogo siciliano scacciarono la peste che affliggeva la città.

Le tradizioni contano. E nelle tradizioni ne germogliano altre, non meno importanti in quanto espressione dei tempi che cambiano e degli individui che osservano il fluire degli eventi secondo la loro peculiare sensibilità. Sono molti anni che Cittacotte, la bottega di Vincenzo Vizzari sita sul Cassaro a pochi passi da piazza Marina, dice la sua sull'importante ricorrenza palermitana. Sulla figura istituzionale di Santa Rosalia e contestualmente sull'attualità dal punto di vista di chi la città la vive senza filtri. La Santuzza del mastro della terracotta, rinnovata ogni anno, è diventata nel tempo un termometro artistico di ansie sociali. Voce muta, ma eloquente, di realtà scomode che nel gridare «Viva Palermo e Santa Rosalia!» fanno echeggiare nel cuore della festa pulsioni non omologate.


Potevononesserci, il titolo dell'installazione di questo 2023 proposta da Vincenzo Vizzari nella vetrina della sua bottega, suona ambiguo, quasi provocatorio. In modo coerente, del resto, con le tante anime della sua Santuzza, multiforme e complicata come la città di cui è simbolo.

Dopo Memento Mori, ultima composizione in ordine di tempo, e allegoria di una sofferta risurrezione dalle proprie ceneri, Potevononesserci parla ai corpi per elevare le anime e condurle a una dimensione trasgressiva, mai così anticonformista. Rosalia, stavolta, sorge da una distesa di ex voto, testimonianze materiali di grazie ricevute dai fedeli, ma anche ricordi di una tribolazione da lasciarsi alle spalle, paesaggio notturno su cui la Santuzza torna a splendere come un nuovo sole.

Stavolta, grazie all'arte di Vincenzo Vizzari, Rosalia si ammanta di più codici. Un palinsesto culturale che si innalza dalle esperienze passate per annunciare il possibile futuro. Rosalia è vista come una sorta di gorgone, Medusa dalle chiome di serpente, cui in questo caso si sostituiscono gli edifici storici di Palermo, ma in una versione sinuosa - serpeggiante, appunto – probabile espressione dei pensieri della Santa. Lo sguardo di Rosalia è incantato. Più che mutare in pietra chi incrocia il suo sguardo come la Medusa, sembra pietrificata a sua volta. E il suo viso esprime stupore, ma anche una silenziosa sfida, mentre le labbra appena schiuse accennano quello che potrebbe evolvere in un sorriso trionfale. Una mitologia rovesciata, specchiata, che contempla se stessa e si reinventa, proprio come Palermo, città contraddittoria, che alterna pulsioni autolesioniste a irrefrenabili esplosioni creative.

Potevononesserci, senza spazi tra le parole, quasi un'unica formula magica, si presta a più letture. “Avrei potuto non essere qui” alludendo alle traversie della bottega dell'artista artigiano, sempre più isolata in un quartiere storico ormai caratterizzato in prevalenza dalle attività di ristorazione. Ma anche “Sono ancora qui, nonostante tutto”. Una città, degli abitanti, sopravvissuti per un altro anno al generale degrado, ai fallimenti della politica, a un mondo che brucia sempre più velocemente. E infine: “Non potevo mancare”. Affermazione di fedeltà alla città di Palermo da parte della Santa che altro non è che un simbolo di ottimismo e resistenza alle avversità.


La Palermo viva, serpeggiante, che cresce dalla testa di Rosalia, invita alla ragione, a meditare sulla storia per non ripeterne gli errori, e possibilmente al cambiamento. Da sinistra a destra, gli edifici mutano colore, dai toni lividi a quelli più accesi fino a raggiungere lo splendore dell'oro. Il movimento suggerito dalle sagome richiama i quattro elementi. Terra, aria, acqua e fuoco, in una progressione che esalta il ciclo della vita e i colori dell'arcobaleno. Quel rainbow che è simbolo del sereno dopo la tempesta, ma anche del movimento LGBTQ+, e che si riflette sul viso androgino di Rosalia come il proposito di prevalere sull'arretratezza culturale. Gli ex voto dal colore triste fanno da collana alla Santuzza, vestigia di un passato fatto di privazioni e diritti negati. Eppure, Palermo stessa non è più corona. E' parte di lei, e fiammeggia colorata per lambire vette più alte. La fiamma del filosofo Eraclito, il divenire universale, in questo caso ispirato dall'ordine che scaturisce direttamente dalla saggezza di Rosalia. Una mente nobile, cresciuta dall'humus di più culture intrecciate, che aspira a essere pluralista e accogliente.

Un augurio e una promessa di resistenza, che non ci lascia, e ci cammina accanto, perché non può fare a meno di esserci. E' noi, è Palermo, e la sua irriducibile fantasia.

«Viva Palermo e Santa Rosalia!»


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martedì 12 luglio 2022

Cittacotte 2022: Memento Mori

 


Era dal 2019 che la bottega Cittacotte, in via Vittorio Emanuele 120 a Palermo, non inaugurava una nuova vetrina.

Colpa della pandemia da Covid-19 che tante tradizioni e consuetudini sociali ha falciato per ben tre anni, e che ancora ci accompagna verso un futuro incerto e tutto da ricostruire.

L'ultima composizione creata dall'estro di Vincenzo Vizzari in occasione del Festino, festa patronale palermitana, del 2019 era stata “Fraternidad”. Inno alla solidarietà in cui Santa Rosalia congiugeva le mani con un migrante sopra un globo di edifici storici che rimandava dalla città di Palermo a tutto il mondo. Poi un lungo silenzio. Necessario, inevitabile, dettato dalle norme restrittive e da una saggia prudenza.



Memento Mori”, nuova vetrina inaugurata lunedì 11 luglio in occasione del Festino del 2022 interrompe finalmente la lunga pausa, e presenta un progetto artistico che in verità aveva cominciato a prendere forma proprio nel 2019, alla vigilia della grande emergenza che tante vite avrebbe stroncato costringendo tutti gli altri a un forzato isolamento. «Uno spunto quasi profetico,» riflette oggi Vincenzo Vizzari, considerando il tema della sua ultima creazione. L'intuizione di tempi funesti, ma anche la ricerca di rinnovate energie volte alla ricostruzione.

Memento Mori” (Ricordati che devi morire), formula reiterata da certe tradizioni religiose in cui si rammenta ai fedeli la caducità della vita e il giudizio divino che seguirà il trapasso, ma anche – in termini laici – un invito a vivere l'esistenza e a goderne le gioie proprio perché limitata nel tempo.

Stavolta la composizione di Vincenzo Vizzari si presenta dietro un sipario nero, bizzarra contaminazione di allusioni etniche, con i riferimenti alla Santuzza, e di cultura pop. Il teschio sinistro visto nella locandina del film “Inferno” di Dario Argento, in cui protagonista era la morte stessa, ma incoronato di rose come la santa patrona, e sovrastante una croce, simbolo di pena ma anche di resurrezione. Disvelata l'opera, le luci prevalgono sulle tenebre descrivendo un loop ideale di fine e principio, da cui ancora una volta Rosalia emerge trionfante.



Due, infatti, sono le possibili letture. Due le direzioni interpretative, dal basso o dall'alto. Una la visione globale che veicola il messaggio definitivo dell'opera. In “Memento Mori”, Rosalia è tutt'uno con il suo manto, corpo e anima di Palermo, e al suo interno scopriamo il melange di architetture che riassumono una città dai tanti volti storici. La morte incombe sulle case, rappresentata da più teschi fusi con le strutture. Una città che guarda un cimitero, e a una fossa comune a forma di punto interrogativo, che suggerisce l'incertezza del domani, ma anche l'ambiguità di quelle ossa, che forse giacciono, ma forse stanno ribollendo per uscire, sollevarsi e tornare a vivere.


E' vero che Rosalia ha la morte nel cuore. La sua espressione, però, rimane enigmatica. Dolente, ma quasi sensuale, come se quelle ossa la nutrissero e le dessero forza. Una lettura dell'opera verso il basso suggerisce il disfacimento della città, vittima delle sciagure, dell'incuria, condannata a un inesorabile tracollo. La lettura verso l'alto, parla invece di spoglie mortali che alimentano una vitalità indomabile, da cui la Santuzza si rigenera e alza il capo incoronato di fiori verso il cielo stellato, resa potente da tutte quelle anime che non saranno dimenticate. La visione globale comprende entrambe le interpretazioni, in una narrazione circolare di vita, morte e perenne rinascita. Un oroboro che si alimenta di se stesso e vede coincidere nella propria fine un eterno nuovo inizio. Circolarità poetica amara, ma in fondo ottimista, giacché solo vivendo si può continuare a sperare e a costruire qualcosa di migliore, anche dopo tre anni di pandemia, decenni di generica indifferenza e pertinace degrado. Una bellezza che resiste nonostante tutto, che serba i ricordi e onora i suoi morti.

Ricordati che devi morire, ma fallo per vivere. Al meglio, anche per chi non c'è più. Un augurio poetico per Palermo e il Festino del 2022, che trova nell'estro artistico di Vincenzo Vizzari e nella sua preziosa bottega delle terracotte un pilastro culturale che andrebbe coltivato come un fiore in serra. Auguriamoci di non dovere attendere troppo a lungo per vedere nuove creazioni.















 

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domenica 14 luglio 2019

Festino 2019 - Cittacotte: Fraternidad



Esistono tradizioni popolari e tradizioni di quartiere. Le prime, più diffuse, sono spesso oggetto (oltre che di studio ufficiale) di commercio e attenzione mediatica. Le seconde, a volte più riposte, coinvolgono aree più ristrette, ma sopravvivono puntualmente e contribuiscono all'identità di quelle più celebrate.

E' tradizione ormai ultradecennale quella che si accompagna alla festa patronale del Festino a Palermo. La presentazione della nuova vetrina di Cittacotte, bottega di via Vittorio Emanuele 120, in cui mastro Vincenzo Vizzari, artigiano della terracotta, propone annualmente una sua personale visione di Rosalia, la santuzza di Palermo. In molti casi trasfigurata in modi fantasiosi quando non trasgressivi, ed elogiata nel tempo da custodi della sicilianità come Rosario La Duca e molti altri. Una tradizione di quartiere che conserva, anno dopo anno, una forza artistica dirompente, una creatività non omologata, e per questo meritevole di maggiore attenzione. Forse anche di una forma di istituzionalizzazione all'interno del Festino.

“Fraternidad”, tema di quest'anno, svelato Sabato 13 Luglio 2019, riprende il tema attualissimo dell'accoglienza, del superamento dell'odio e dell'integrazione. Ma anche dell'accettazione di un'identità già esistente. Nascosta, ignorata, e tuttavia presente. Sulle note della canzone di Sergio Endrigo “Girotondo intorno al mondo” (ogni composizione è puntualmente svelata con una costruzione d'impianto quasi teatrale), il sipario si solleva su una Rosalia che rifiuta il monopolio patronale sulla città, e si tiene per mano con San Benedetto il Moro, frate francescano del XVI secolo, nato in Sicilia da genitori africani giunti come schiavi. Divenuto frate giovanissimo, Benedetto ha fama di santo saggio e miracoloso, sostenitore e consigliere dei poveri. Una leggenda racconta che partecipò alla ricerca delle ossa di Rosalia quando questa ancora non era stata proclamata patrona di Palermo. Benedetto divenne compatrono della città accanto alla Santuzza nel 1713, ma sebbene amatissimo e ricordato a livello popolare, oggi è poco noto alle grandi masse e solo di recente la sua figura è stata recuperata, diventando un nuovo simbolo di accoglienza.

Con “Fraternidad”, Vincenzo Vizzari contribuisce a questo recupero e al disvelamento di un santo patrono, antico e parallelo, da molti oggi ignorato. Palermo ha di fatto due santi patroni. Da tempo immemorabile, pertanto, ha un'identità culturale ibrida, composita e pertanto ricca, sepolta da secoli di iconografia commerciale che hanno lasciato emergere la sola Rosalia. Una Rosalia che nell'opera di Vizzari divide fieramente lo scranno con Benedetto, tenuto per mano e presentato con aria quasi sfrontata dalla Santuzza. Quasi a dire: «Ti meravigli, Palermo? Eppure c'è sempre stato. Il tuo volto è anche questo. E' ora che ti guardi allo specchio. E' ora che ti accetti e fai pace... con te stesso.»

E come spesso accade nelle opere di mastro Vizzari, il globo, il mondo su cui i due santi siedono, è plasmato negli scorci di una Palermo trasfigurata, volta a suggerire la natura inevitabilmente cosmopolita della città, che emerge in un rinnovato giardino dell'Eden. La conca d'oro, su cui si staglia significativamente la maestà dei palmizi.

A far corona ai due santi patroni, un girotondo di sagome che evocano il dipinto “La danza” di Matisse. Non angeli, stavolta, ma esseri umani, in una visione sognante per un domani migliore.
Un appello accorato al superamento dell'odio, alla luce di una nuova consapevolezza sulle proprie origini culturali e spirituali. Due santi e due anime, artistiche e umane, per un'utopia che merita di essere rincorsa.

Viva Palermo. Viva Santa Rosalia. Viva San Benedetto.

Bravo Vincenzo Vizzari.






martedì 11 dicembre 2018

CITTACOTTE Natale 2018: Christmas Reflection



Christmas Reflection”.
Fermi tutti. Una domanda è d'obbligo.
La scelta del titolo (in lingua inglese) di questa nuova installazione natalizia a opera di Vincenzo Vizzari, che inaugura la nuova vetrina (o piccolo palcoscenico, se vogliamo) della bottega Cittacotte sul Cassaro di Palermo, è casuale o meditata?
Sì, perchè la parola “reflection” in inglese è diversa dall'italiano “riflesso”. Certo, il suo primo signficato rimanda a un'immagine riprodotta su una superficie - per l'appunto - riflettente. Ma è traducibile anche come “riflessione”, nel senso di “meditazione”.

La vetrina natalizia di quest'anno, maestosa riproduzione in terracotta dipinta d'argento dei maggiori edifici storici palermitani, è caratterizzata da un gioco di specchi laterali e superiori che creano, a colpo d'occhio, l'illusione di un prisma scintillante. L'effetto è quello di una fortezza luminosa, somma di tante altre costruzioni. Regale e splendida, ma... presenta qualcosa che è anche un'illusione. O se preferiamo, un sogno. Deluso? Tramontato? Recuperabile? E' tutto da vedere.
Il progetto dell'installazione (pensato dal mastro Vizzari con intenti spettacolari che vanno sempre oltre il solo virtuosismo artigianale) è integrato in modo significativo dal gioco di specchi. Questi ultimi, infatti, non si limitano a moltiplicare le forme della città, ma in qualche modo catturano anche le immagini del Cassaro reale, con la sua verità quotidiana, il suo movimento, la sua prosaica verità.

Christmas Reflection” realizza dunque un doppio messaggio. La presentazione campanilista (idealmente nobile, ma anche un po' ipocrita) di una città ammantata di luci, ma fatta soprattutto di ombre. E di riflessi vivi che chiedono attenzione, dietro la facciata splendida di decantata capitale europea. Una “riflessione” su ciò che appare e ciò che è. Su ciò che vorrebbe (o potrebbe) essere e una cruda realtà urbana, riflessa in un'arte che smaschera l'amarezza della contraddizione, ma con piglio sognante. Tutto sommato speranzoso.


Un invito alla riflessione, dunque. E a osservare la propria città alla luce di cosa potrebbe essere.

Christmas Reflection” inaugura anche una seconda nuova vetrina di Cittacotte, impreziosita da una cornice di legno che ricorda giustamente un teatrino dei pupi. Perché questo è Cittacotte. Bottega di artigianato, negozio di souvenir, laboratorio artistico e spazio espositivo di una cifra stilistica, quella di Vincenzo Vizzari, che Palermo deve imparare a valorizzare, e tenersi ben stretta.



Su un Cassaro, via Vittorio Emanuele, ormai in continuo mutamento a misura di turista, dove il volto storico della città si appanna ogni anno di più, soffocato da anonime realtà commerciali, Cittacotte realizza una forma di resistenza culturale. Per questo dobbiamo tenerci cara questa bottega e chi la tiene viva.

Rifletti, Palermo.




venerdì 13 luglio 2018

Cittacotte: Nuovomondo




NUOVOMONDO

Nuova apertura del sipario, nuovi applausi, un nuovo mondo e una nuova Santa Rosalia. Ulteriore capitolo, in questa Estate 2018, per la tradizione palermitana che ormai da molti anni impegna mastro Vincenzo Vizzari e la sua bottega Cittacotte in via Vittorio Emanuele 120, in occasione della festa patronale del Festino. Una santa patrona sempre trasfigurata secondo sensibilità artistiche mutevoli, che attingono al surrealismo come alla cultura pop e alla tendenza che oggi potremmo definire mash-up, l'ibridazione di icone di origine eterogenea.

Un “Nuovomondo” che potremmo considerare un augurio, un auspicio. Ma anche una sfida ai tempi bui che viviamo, e che apre a una luce di speranza dopo le prove degli anni passati, dove la Santuzza appariva schiacciata sotto il peso di una Palermo in pieno degrado, soffocata dai rifiuti e dal caos, ma anche scintilla che si appellava al senso di solidarietà dei palermitani per la tragedia dei migranti, esortante a ritrovare una perduta (oggi anche schernita) umanità.


Nuovomondo, si discosta dalle prove degli anni precedenti. Ma senza fare passi indietro. Scegliendo stavolta colori pastello alle tinte forti (in senso sia plastico che emotivo) delle trascorse rappresentazioni. Affidandosi a un registro più intimista e classico e proponendo un ponte concettuale tra passato e un auspicabile futuro. Il fondale, con Monte Pellegrino separato dalla santa dal mare, non va sottovalutato. Suggerisce un viaggio, un percorso, e il superamento di un limite. Quel mare, stavolta calmo, ma anche deserto in modo inquietante, pare collegarsi sottotraccia all'opera precedente, intitolata “Per Terra e per Mare...”. Quasi a dire che l'apparente quiete nasconde in realtà una profonda tristezza. Rammarico per quello che dovrebbe essere e non è. Lo leggiamo negli occhi chiari di Rosalia, stavolta ritratta con il volto di Franca Florio, figura storica ed emblematica della memoria siciliana. Moglie dell'armatore Florio, donna di cultura (quella cultura che oggi è spesso spregiata a favore delle pulsioni meno ponderate). Amante dell'arte e adorata per il suo fascino e la sua intelligenza da artisti come Gabriele D'Annunzio, Ruggero Leoncavallo, Giacomo Puccini. Protagonista, in questo 2018, con il ritorno in patria del celebre ritratto realizzato dal pittore Giovanni Boldini, opera che l'artista modificò più volte tra il 1901 e il 1924.

Il ritorno del quadro a Palermo, esposto la scorsa Primavera a Villa Zito, la storia della lunga genesi del dipinto con le sue svariate trasformazioni, il noto amore di Franca Florio per la bellezza, la natura e le arti, la sua relazione con il mare e l'imprenditoria a questo legata, nelle mani dell'artista Vincenzo Vizzari realizzano un simbolo complesso che cuce letteralmente i fasti perduti della Belle Epoque palermitana con una speranza di cambiamento e di pace. Coronato da un manto floreale fatto di pomelie, gelsomini e rose. Fiori molto diversi tra loro, eppure perfettamente integrati come cornice di un esempio di bellezza intelligente (o bellezza dell'intelligenza, se vogliamo). Le farfalle sono da sempre simbolo di rinascita, e non potevano mancare nella rappresentazione di un nuovo mondo ideale. Magari posate su una mano accogliente, che si protende per proteggere una città-pianeta tuttora compressa, chiusa, a suo modo blindata e soffocata pur nella sua potenziale bellezza. Protetta, da un gesto morbido che la sfiora senza però toccarla. Una simbologia ambigua, che unita allo sguardo malinconico e sostanzialmente rivolto atrove della santa patrona, sembra esprimere anche un lamento. Lamento per una bellezza ancora prigioniera, non del tutto redenta, che si presenta gloriosa ma metallica, bellicosa e spietata come una palla di cannone. Forse incandescente, magari sul punto di esplodere, che Rosalia non osa toccare, meditando sul nuovo mondo che verrà. Chiedendosi chi mai saprà riconoscere la vera bellezza, e realmente oserà liberarla, andando oltre la fierezza ottusa di un fortino ancora chiuso in se stesso.


Auspichiamo, tra tanti possibili cambiamenti in un mondo che più che nuovo arranca nei suoi errori passati, che l'arte di Vincenzo Vizzari possa infine toccare le corde delle sensibilità giuste e guadagni, oltre a ispirare sempre riflessione, uno spazio dove le sue opere possano essere ammirate e studiate come meritano.


Viva Palermo e Viva Santa Rosalia.

venerdì 14 luglio 2017

Cittacotte: PER TERRA E PER MARE...



PERTERRAEPERMARE.

Letteralmente.

A stendere le braccia tra la terra e il mare è stata la Santuzza, ieri, inaugurando la nuova vetrina creata per questo 2017 da mastro Vincenzo Vizzari nella sua bottega “Cittacotte” in via Vittorio Emanuele 120 a Palermo. E potremmo dire: ce n'era bisogno. Oggi più che mai.

Santa Rosalia, patrona del capoluogo siciliano celebrata nella ricorrenza estiva del Festino e condotta in effige, come nella leggenda che la vede protagonista, per le strade della città, su un carro che di anno in anno ha perso ogni fascino in un progressivo decadere del gusto.
Eppure, ogni anno, basta l'estro di Vizzari a confezionare riletture della Santuzza in chiavi non scontate. A volte provocatorie, ma sempre animate da un messaggio che arriva forte e chiaro. Sociale più che mistico. Poetico più che agiografico. Talmente personale e intelligente da diventare iconico a sua volta, producendo un ramo del Festino vissuto sottotraccia da molti palermitani come un appuntamento imperdibile. Perché non c'è solo perizia artigianale nelle opere di Vizzari. Ma una forza interiore dirompente. E chi se non la Santuzza, celebrata in questi giorni estivi da una città intenta a gozzovigliare, sarebbe potuta essere portavoce di un grido a favore dell'accoglienza?


Ogni disvelamento di una nuova composizione esposta presso Cittacotte ha sempre luogo con piccoli, agili accorgimenti teatrali. E ad accompagnare l'alzata della tela, stavolta, è stato il rumore ipnotico e minaccioso del mare, accompagnato dal campionamento di suoni provenienti realmente da barconi di migranti. Voci disperate. Rumoreggiare di una massa di esseri umani in agoscia, invocazioni, sono l'atroce e vera colonna sonora di quelle mani che chiedono grazia, emergendo sia dall'acqua che sta per inghiottire i corpi sia dal barcone, che non mostra direttamente i profughi, ma anche qui solo le loro mani protese verso l'alto, prigionieri sottocoperta di qualcosa che suggerisce la bolgia di un inferno dantesco. Le figure intere non sono meno potenti. Una tragedia in tre atti riassunta in un'unica composizione plastica. Sulla sinistra, un uomo piange con il volto nascosto tra le mani. I piedi ancora sulla terra, un istante prima di imbarcarsi verso una flebile speranza di sopravvivenza. L'unica figura umana visibile per intero sul barcone sventola un fazzoletto, aggrappata a un brandello di imbarcazione che ricorda la sagoma di una zattera che lo regge a malapena. Poi ci sono i profughi in mare, che affondano a poca distanza dalla riva, sforzandosi di tenere un bambino fuori dall'acqua. Almeno affinché respiri per qualche istante ancora. A terra, un pugno di uomini seminudi si sforzano di tirare in secco l'imbarcazione con delle corde. Non ci sono tratti marcatamente distintivi tra migranti e soccorritori. Nessuna etnia definita, come a sottolineare l'insensatezza di etichette davanti alla tragedia umana.


E su tutto, Santa Rosalia. Una Rosalia che forse si lancia nel vuoto dal suo antico rifugio su monte Pellegrino. Forse volerà, sorretta dai gabbiani che la attorniano. Forse precipiterà, decretando la caduta di Palermo e la morte della sua anima morale, giù in mare, in compagnie di quelle vittime che non è riuscita a salvare. Ma il gesto della mano e l'espressione angosciata dicono tutto. Un'esortazione ancestrale a restare umani. L'urlo di un'empatia che si rifiuta di lasciarsi soffocare da ignoranza e fascismi. Una Palermo che sprofonderebbe nel Mediterraneo piuttosto che continuare a esistere senza la pietà umana.

PERTERRAEPERMARE è il titolo di questa composizione di Vincenzo Vizzari per il Festino 2017. Forse la più esplicitamente politica. Per coloro che per “politica” intendono la vita della gente, da qualunque parte essa provenga, e la mettono al primo posto. L'iscrizione nel cielo che fa da sfondo alla scultura leggiamo le parole: “L'umanità è la migliore delle religioni”. Frase pronunciata nella realtà da un migrante giunto in un centro accoglienza siciliano, e che Vizzari ha deciso di far sua, scolpendola e accostandola coraggiosamente alla figura della santa patrona di Palermo.
Contro i facili populismi e gli slogan ignoranti, contro gli “aiutiamoli a casa loro” (si sarebbe potuta dire la stessa cosa degli ebrei che tentavano di fuggire dalla Germania nazista, ma la giornata della memoria è diventata solo un'altra data sul calendario).


Nello stesso tempo, quella di quest'anno è comunque una Rosalia anche metafisica. Forse più degli altri anni, in quanto riconducibile al senso di carità sommerso da ciarpame ormai riconducibile più alla superstizione che al senso religioso. Una Santuzza che ha compreso il senso di appartenenza all'umanità, e che ricusa il suo ruolo di vessillo in una città che chiude le sue mura ai bisognosi. Una Rosalia che lancia un appello accorato. Un grido umano e artistico che vibra nella vetrina di Cittacotte, e che meriterebbe (come ogni anno) molta visibilità in più.


Viva Palermo e Santa Rosalia.


martedì 12 luglio 2016

CITTACOTTE: Estate 2016: L'incantesimo del fuoco


Un fistinu racchiuso in un piccolo spazio, angusto eppure enorme. Scoppiettante, luminoso. Sullo sfondo i fuochi (un piccolo schermo) salutano la resurrezione della Santuzza. Rosalia, mostrata defunta, sepolta dai peccati di una città sofferente, nella precedente vetrina (“Pietas”, estate del 2015) e avvolta nel gelido sudario della noncuranza, è risorta. E' la nuova vetrina (tradizione palermitana ormai di lunghissima data) che mastro Vincenzo Vizzari ha inaugurato ieri sera presso la sua popolare bottega “Cittacotte” in corso Vittorio Emanuele, a un passo da piazza Marina.

Una Rosalia che infrange il velo minimalista e la plastica staticità che l'avevano vista soccombere lo scorso anno, per rinascere, nuova luce di speranza, in un caleidoscopio di pop art e tradizione siciliana, contaminate con immaginari variegati e una spruzzata di kitsch che rendono la santuzza internazionale e figlia di un'iconografia che affonda le radici nel nostro Sud, ma senza accettare confini di sorta.

Il sudario dello scorso anno è caduto, abbandonato in un angolo della vetrina. La santa emerge, braccia rivolte al cielo, la bocca spalancata di un neonato che prende il suo primo respiro e forse urla, come Papillon, alla fine del film, dopo l'evasione: «Sono ancora vivo maledetti, bastardi! Sono ancora vivo!»


Il profilo della Palermo storica cinge la statua come un abito, ma anche come il cono di un inferno dantesco che finalmente la lascia emergere. O come un vulcano, che nuovamente attivo erutta la sua vera anima: la santuzza. Non a caso l'opera di mastro Vizzari s'intitola quest'anno “L'incantesimo del fuoco”. Fuoco come dono di Prometeo all'umanità, affinché possa progredire, fuoco per squarciare le tenebre dell'ignoranza. Fuoco come passione che vinca sull'ignavia. Una lingua di fuoco vitale, un'eiaculazione fiorita, dove le infiorescenze color cristallo dell'abito-montagna lasciano il posto a un vivace manto di rose. Cascata di florida opulenza. Una criniera floreale che incorona la santuzza conferendole valenze paniche e dionisiache. Una Palermo che è stanca di giacere, che anela alla vita, e dal gelo della morte vuole accedere alla vitalità danzante del fuoco.

Un augurio, per il festino alle porte e per la città di Palermo tutta. Forse, quella di mastro Vizzari, è una delle poche voci realmente artistiche rimaste, in cui la festa patronale di Palermo è vissuta come spunto creativo per produrre bellezza e metafore non omologate, aldilà delle implicazioni popolari e religiose ormai intrappolate in logiche commerciali che girano a vuoto. Un appuntamento per il quartiere che meriterebbe maggiore attenzione e di essere vissuta come parte integrante di una festa sempre più vicina a una sagra del cibo e avara di genuini spunti culturali.