Visualizzazione post con etichetta The Walking Dead. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta The Walking Dead. Mostra tutti i post

giovedì 27 ottobre 2016

Io e la folla: una riflessione (molto pedante) su The Walking Dead



Torniamo a parlare un momento di The Walking Dead.
Tranquilli. Nessuno spoiler di nessun genere. Solo una riflessione, dopo tredici anni di serie a fumetti e sei stagioni della versione televisiva (di cui è appena iniziata la settima).
Qui non faremo nessuna distinzione tra l'originale cartaceo e la versione in live action, ma una considerazione generale, emersa spontaneamente durante (questo sì) la visione dei più recenti episodi della serie TV.

Con The Walking Dead, l'autore Robert Kirkman ha portato nella serialità lo zombi romeriano. Lo “zombi famelico” diciamo. Quello che non nasce da un sortilegio Vudù, in qualità di automa di carne al servizio di uno stregone. Bensì gli zombi del mito cinematografico moderno, quelli antropofaghi (visto che, come è spiegato in Dawn of the Dead di George A. Romero “non sono cannibali, i cannibali mangiano i loro simili. Loro mangiano noi”).


Sfondiamo una porta già aperta se non del tutto scardinata. I film di Romero, per quanto la saga si sia protratta per più film, sono da considerare parabole politiche concluse nello spazio di ogni singola pellicola. Insomma, non sono gravate dal peso di una reale continuità. E anche se volessimo essere fiscali e vedercela ugualmente, non importerebbe, perché ogni film ha un suo meccanismo compiuto al suo interno. Non è così per The Walking Dead (fumetto e serie TV) dove l'idea basica concepita da Romero è adattata per viaggiare sui binari di un prodotto seriale a lungo termine. Diciamo pure che, nella saga di Kirkman, gli zombi, ben presto, si trasformano in un rumore di fondo, una scenografia, un contesto. Non sono protagonisti, sono un pretesto per seguire la storia di sopravvivenza di un pugno di esseri umani in un mondo imbarbarito e senza più regole a causa dell'epidemia. Non a caso (frase citata fino alla nausea) George Romero stesso ha definito The Walking Dead una soap opera in cui ogni tanto appaiono gli zombi.

Volendo, The Walking Dead, come dinamiche, non è troppo distante dal classico “I sopravvissuti”, storica serial  della televisione britannica che raccontava proprio le vicende di un gruppo di superstiti a un'epidemia globale che aveva ridotto ai minimi termini la razza umana facendo collassare ogni ordine sociale. In quel caso non c'erano vaganti affamati di carne viva, i morti non si rialzavano. Chi era morto restava morto, e il grosso guaio era solo l'inselvatichimento della razza umana residua, divisa tra chi sceglieva una pacifica ricostruzione e chi aveva intrapreso la strada della prevaricazione (vi ricorda nulla?).

Pensandoci bene, il punto debole potrebbe essere un altro, e la serializzazione rivelarsi un autogoal logico per la saga immaginata da Robert Kirkman.

Quanti anni sono passati (nel fumetto e nella serie) dall'inizio dell'apocalisse zombesca? Anche a voler condensare molto gli eventi, un po' di tempo è trascorso. E allora? Da dove continuano ad arrivare queste mandrie infinite di vaganti? C'è anche da chiedersi quanto sia verosimile che, presso le comunità più organizzate di sopravvissuti non si sia riusciti a edificare strutture difensive adeguate (puntualmente, i vaganti a un certo punto buttano giù tutto e mangiano tutti senza troppa difficoltà, solo con la pressione del numero). Perché non vengono pianificati metodi di regolare bonifica del territorio, volti a eliminarli in massa (in situazioni estreme anche usando esplosivi o il fuoco o mille possibili trappole)? Ma soprattutto, perché non si estinguono? Una volta compreso il meccanismo di trasformazione, i morti sono colpiti al cervello affinché non si trasformino. Eppure, là fuori, continuano a esistere folle di zombi che arrivano da ogni parte. Ok, prendiamo per buono che la loro putrefazione è molto lenta, anzi arriva a un certo punto e si arresta. Cosa che gli permette di non sciogliersi in poltiglia dopo qualche settimana. Ma le mosche, gli insetti, i vermi, non se li mangiano? La natura è piena di creaturine rosicchiacadaveri contro le quali gli zombi non avrebbero nessuna difesa. E non cominciamo a dire che ne arrivano sempre di nuovi dal mare. Magari da oltre oceano, camminando sul fondo. Perché le correnti e i gorghi renderebbero impossibile un tale esodo di massa, e un fracco di pesci predatori ne farebbero polpette. Invece no, esiste un'orda anonima di zombi che si trova lì, inesauribile, solo perché funzionale alla storia. Ma razionalmente non potrebbero restare così numerosi con il trascorrere del tempo. Dopo qualche anno, specialmente. Il loro numero dovrebbe essere sensibilmente diminuito, e non presentare più mandrie come quelle che vediamo di frequente nella serie TV o nel fumetto.


La serializzazione del tema richiede dunque una cospicua sospensione dell'incredulità. Così come la richiede pensare che un cadavere putrefatto (spesso in stato avanzato) abbia ancora denti abbastanza sani da mordere senza che gli caschi la mascella, riducendo il tentato morso solo a uno shock da schifo totale, un disgustoso massaggio gengivale.

Se applicare le regole della fisica ai supereroi annienta le loro ragioni d'essere alla base, così l'andamento naturale delle cose dovrebbe quantomeno ridurre drasticamente il numero dei vaganti, minando alle fondamenta l'intera saga.

Ovviamente, stiamo solo scherzando. E' tutto un gioco, e dobbiamo accettarlo per quello che è.


mercoledì 26 ottobre 2016

The Walking Dead: Negan... e le dinamiche di una serie TV (No Spoiler)


I cosiddetti cliffhanger sono una tradizione consolidata nei serial televisivi. A proposito di The Walking Dead, quello che aveva lasciato in sospeso il pubblico nel finale della sesta stagione, era particolarmente macabro. L'episodio si concludeva con un'efferata uccisione fuori scena (o almeno parzialmente in scena), celando l'identità della vittima. In sostanza, quel che è stato dato in pasto al pubblico del serial è stato un prolungato gioco di totomorte (durato mesi). Chi è il personaggio del cast che ci ha lasciato (ci sta lasciando, ci lascerà) tra la fine della sesta e l'inizio della settima stagione? Si è arrivati al paradosso di contare gli alberi sullo sfondo e confrontare i fotogrammi nel tentativo di identificare la posizione della vittima.


Non un vero e proprio twist, quindi. Piuttosto un crescendo di suspance che (pensa un po') ha parecchi precedenti nell'ambito delle soap opera. Molti anni fa, in Guiding Light (in Italia, Sentieri) una volta avevamo visto una petroliera piena di personaggi amatissimi esplodere senza sapere chi fosse riuscito a mettersi in salvo e chi no. Eppure la regia aveva, con un montaggio allusivo, suggerito chiaramente che uno dei protagonisti non ce l'avrebbe fatta. L'episodio successivo mostrava l'arrivo in ospedale di qualcuno che restava celato al pubblico, ma che il medico di turno riceveva con un'espressione angosciata, dimostrando di conoscerlo bene. Il resto della puntata procedeva lentamente, mostrando poco per volta i personaggi superstiti tornare a chi li amava. Poco per volta, appunto. Fino alla rivelazione finale, per esclusione. Il colpo più basso. Qualcosa che per i fan della soap più longeva della storia della televisione (e della radio) fu un vero trauma.

L'inizio della settima stagione di The Walking Dead ricicla questa stessa dinamica. Adattata al format e ai suoi tempi, ovviamente. Non c'è nulla di male o di cui meravigliarsi. George Romero stesso ha definito The Walking Dead "una soap opera dove ogni tanto compaiono degli zombi". E' vero. Come è vero che esiste un pubblico a cui le soap opera piacciono (in modo del tutto legittimo) e che anche quelle possono essere di qualità scadente o discreta.

In The Walking Dead, però, si gioca sporco. E si trolla. Di brutto.


Il vero twist è questo. Giocare con le aspettative del pubblico. Influenzarle. Instillare un dubbio. Dare una certezza. O far credere di averla data. E poi sconvolgere tutto. In modo gattopardesco, direi. Ma adesso sto dicendo troppo, e mi sono ripromesso di non fare spoiler.

E' chiaro che The Walking Dead, con questa premiere, sta cercando di rilanciarsi e riconquistare parte del pubblico perso per noia negli ultimi tempi. Negan (interpretato da un Jeffrey Dean Morgan, il Comico del Watchmen cinematografico, perfettamente in parte) è un villain fuori dal tempo. Un boss mafioso che utilizza metodi medievali, e certe perversioni (soprattutto psicologiche) sono da ricondurre, a mio parere, al clima sanguinoso e crudele che ha fatto la fortuna di Game of Thrones.

E' questo il futuro dello show? Una cupezza che mira a minare ogni certezza dello spettatore, provocandolo con gesti di malvagità estrema presi in prestito da un'altra dimensione narrativa? Anche qui non ci sarebbe niente di male. L'intrattenimento, in questo primo episodio, c'è stato. Come ci saranno le inevitabili critiche. Rimane il fatto che The Walking Dead, la serie televisiva (il fumetto segue un cammino tutto suo... forse!) continua a fare discutere e a suscitare attese. Per la ABC, che produce lo show, questo non è sicuramente poco.