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giovedì 26 luglio 2018

Capitani Meravigliosi - 1


Di personaggi chiamati "Capitan Marvel" ce ne sono stati più di uno. La loro storia è complessa e si dipana nel corso di decenni. Quello che oggi conosciamo come SHAZAM nasceva negli anni 40 sotto il marchio Fawcett Comics (due anni dopo l'esordio editoriale di Superman) e inizialmente si chiamava Capitan Thunder. Nome che fu presto accantonato perché echeggiava le generalità di un altro personaggio edito da un'etichetta concorrente. L'eroe diventò così Capitan Marvel (Shazam era solo la parola magica che pronunciava per trasformarsi, e il nome del mago che lo aveva investito dei suoi poteri). Capitan Marvel nasceva dichiaratamente come emulo dell'Uomo d'Acciaio di casa DC, cui si contrapponeva per la sua natura magica invece che fantascientifica (Superman è un alieno, Capitan Marvel è un adolescente terrestre scelto come campione da forze esoteriche). Sorprendentemente, negli anni quaranta, le vendite di Capitan Marvel superarono quelle di Superman (fu anche il primo supereroe a diventare protagonista di un serial in live action). La DC Comics fece causa per plagio alla Fawcett Comics e la disputa legale sarebbe durata molti anni. Una prima sentenza vide prevalere la Fawcett, ma la DC ricorse in appello, e per la Fawcett, indebolita anche dalla crisi che negli anni 50 fece crollare le vendite dei fumetti di supereroi, le cose si misero male. Capitan Marvel chiuse così i battenti, generando un vuoto legale di cui sarebbe giovata la Marvel Comics, registrando il nome dell'eroe e garantendosene il futuro utilizzo. Quando, anni dopo, il personaggio fu acquisito dalla DC ed entrò a far parte del suo parco testate, il nome Capitan Marvel non poteva più essere usato. Ed ecco nascere "Il potere di Shazam", titolo di testata per l'eroe che nelle storie continuava a chiamarsi Marvel, ma sempre più di rado. 
Ma di Capitan Marvel, non solo targati Marvel Comics, ce ne sarebbero stati altri...

lunedì 2 luglio 2018

Shirtless Bear-Fighter


Sul filo del trash... e del trend mash-up. Orsi, porci e umani... senza troppe distinzioni. E un eroe in costume. Il più antico costume della storia.

venerdì 15 giugno 2018

LEGION: e due (in attesa del tre)



Si è conclusa anche la seconda stagione di LEGION, serie Tv ideata da Noah Hawley, di cui è già stata confermata la terza stagione. Una sorpresa, considerando quante serie cadono ogni giorno sotto la mannaia dell'audience ridotta, e pensando che LEGION tutto è tranne che uno spettacolo convenzionale che muove le masse. Certo, all'origine di tutto ci sono i fumetti, gli X-Men e i loro miti, e la Marvel. LEGION fa parte di quell'universo parallelo televisivo in cui si specchiano gli attualmente popolarissimi cinecomics (intendendo qui per “cinecomics” quanto prende spunto dal genere supereroistico, mai così trend nell'industria dello spettacolo in live action). Di LEGION sorprende questa sua resistenza alle logiche di mercato (non sempre sono gli ascolti a determinare la longevità di una serie TV) e il coraggio di una scelta estetica e narrativa sicuramente non abituale per il mondo degli eroi con poteri.


La chiave di lettura surreale scelta da Hawley è il vero punto di forza di LEGION. Una catena di elementi citazionisti (la storia potrebbe benissimo svolgersi ai margini del mondo narrativo degli X-Men cinematografici, e Charles Xavier esistere fuori scena) e di atmosfere psichedeliche che (impossibile non reiterare questo concetto) ricordano spesso lo stile di David Lynch. Ma ricorda anche esperienze televisive storiche, come la serie britannica “Il Prigioniero” della seconda metà degli anni sessanta del secolo scorso. Serie enigmatica e ricca di sottotesti simbolici, viaggio nella mente del protagonista che non forniva mai risposte intelligibili, e che all'epoca, soprattutto con la sua conclusione, anticipò gli shock di cult futuri come LOST.



Vedere LEGION come una qualsiasi altra serie dedicata ai supereroi sarebbe un errore. Anzi, non è neppure possibile, dal momento che scardina in fretta ogni aspettativa convenzionale. Non si tratta solo di fotografia, colori, trovate visive di notevole impatto, quanto della domanda su cui tutta la narrazione si fonda. E cioè: quanto vediamo, i personaggi che incontriamo, sono tutti reali? O sono parte del delirio di David Haller, manifestazioni della sua schizofrenia? E i poteri mutanti, i mutanti stessi, esistono? O sono anch'essi una rappresentazione allegorica della tante personalità di David, compreso il suo antagonista, il mefistofelico Re delle Ombre?



LEGION, quindi, si propone in apparenza coma una storia supereroistica, ma può essere letto come un viaggio sciamanico alla ricerca di sé e dei propri veri obiettivi. Uno spettacolo che travalica il genere e coraggiosamente osa rompere gli argini, aspirando a essere qualcosa d'altro, qualcosa di più. In che misura ci riesca può essere oggetto di conversazione. Tutt'ora, a seconda stagione conclusa e terza in preparazione, non ci sono risposte definitive. Non ce n'è bisogno. L'ambiguità e la simbologia di base sono il vero cuore dello show. Entrambe le realtà, quella vera e quella sognata (sempre che sia così) vanno comunque bene. Sono due modi diversi di narrare e intendere il medesimo concetto. La ricerca della propria identità, il bisogno ancestrale di trovare un avversario, anche costruendolo da una propria costola se necessario, pur di avere un diavolo da incolpare per le nostre disgrazie. LEGION riesce a essere una criptica metafora esistenziale, e per questo merita attenzione. Un esperimento dissidente nella contemporanea ubriacatura da supereroi in live action. Un cocktail visivo e concettuale che non ci aspettavamo, ma che a due stagioni dall'inizio continua a essere effervescente, spingendoci a volerne ancora.


Perché sì, perché forse, se i mutanti, se i supereroi esistessero, le cose andrebbero in modo molto diverso da come appaiono nei fumetti. L'esistenza sarebbe tutt'altro che semplice o schematica, i confini tra bene e male quanto mai sfumati. Magari diventerebbe un labirinto etico e allucinatorio in cui vaghiamo senza più un preciso punto di riferimento. O forse, supereroi a parte, è già così. E la fantasia di potere cui i fumetti ci hanno abituato non è più una fuga o una possibilità di riscatto.
Se mai lo è stata. Forse è piuttosto una prigione.



venerdì 8 giugno 2018

Vieni fuori... Immortal Hulk!



L'uomo, nel complesso, è meno buono di quanto immagina o vorrebbe essere.”

Con questa citazione di Carl G. Jung si apre il primo numero della nuova serie Marvel intitolata “Immortal Hulk”. L'immortale Hulk, che va ad aggiungersi a una collezione già numerosa di aggettivi che nel corso dei decenni hanno preceduto il nome del gigante verde: Incredibile, Selvaggio, Indistruttibile... Persino “Fichissimo” (in inglese, Totally Awsome). E sono solo aggettivi di testata, che a contare gli appellativi del Golia di smeraldo ci sarebbe da confondersi.

Il personaggio di Hulk è cambiato tante volte per continuare gattopardescamente a essere sempre se stesso. Gli Hulk più o meno lucidi o intelligenti, per quanto gradevoli da leggere (soprattutto quando al timone delle storie c'era qualcuno come Peter David), cedevano puntualmente la scena al ritorno dell'elemento più archetipico. Hulk è simbolo di ciò che lo crea all'inizio della sua avventura: un'arma devastante, una bomba, una potenza che non può essere contenuta, la collera irrazionale dell'essere umano, la sua tendenza a cedere sempre e comunque alla violenza e alla distruzione. In parte Frankestein (sia creatura che creatore), in parte Jekill-Hyde. Hulk ha sempre avuto delle parentele con la narrativa del terrore, e non a caso in principio, a causare la sua metamorfosi non erano gli sbalzi di umore, ma semplicemente il cadere della notte. Hulk si manifestava con le tenebre, e la sua fronte (un tempo) era alta quanto quella della maschera di Boris Karloff nel film che lo rese celebre.

Hulk, nella persona del suo alter ego Bruce Banner, è morto parecchie volte. E sempre rocambolescamente resuscitato, come da copione supereroistico dove il decesso è simile a una brutta influenza, fastidiosa, persistente, ma che prima o poi passerà. Non c'era dunque niente di scioccante nel vedere Banner morire durante il (evitabilissimo) evento Civil War II. Ucciso da una freccia scoccata dall'arciere Occhio di Falco, istruito da Banner stesso affinché mettesse fine alla minaccia del mostro verde qualora le cose si stessero mettendo male. La legge di Murphy si è puntualmente confermata, e Banner (e così il suo Hulk) è rimasto morto per qualche tempo, sostituito da un giovane Hulk più scanzonato, Amadeus Cho, il fichissimo giovanotto verde. Ma le ferie sono terminate, ed era ora che l'Hulk canonico tornasse in scena. Eccolo quindi rispuntare durante la saga degli Avengers intitolata “No Surrender”, dove ci viene spiegato che Hulk è sempre stato immortale. Tutte le volte, dal principio. Per questo torna sempre. Banner muore... ma Hulk la notte successiva tornerà ad emergere, e a rigenerare anche il corpo del suo debole alter ego.


Al Ewing e Joe Bennett firmano dunque l'inizio di un nuovo ciclo, Immortal Hulk, in cui (se il buon giorno si vede dal mattino) dovremo vedere la diade Banner-Hulk schiattare e risorgere più volte, seguendo un ritmo da storia dell'orrore. Perché questo sembra essere il progetto. Riscoprire nel personaggio di Hulk tutto il potenziale inquietante e buio, lasciando da parte i lampi colorati del superomismo per concentrarsi sulla paura e quanto di destabilizzante possa emergere dal rapporto simbiotico tra Banner e il mostro che non gli permette di morire definitivamente.

Il primo episodio ha una regia interessante, ma anche un po' spiazzante. Diciamo che la “novità”, quell'immortalità che c'è sempre stata (ma non era mai stata chiaramente diagnosticata), porta a galla ulteriori ombre sul personaggio e sotto certi aspetti, nel tentativo di rinnovarlo, rischia di annacquarlo. Va benissimo rivedere un Hulk quasi Frankensteinizzato (orribile parola!) e dal profilo molto più truce del solito. Va bene scorgere nel suo linguaggio e nella sua nuova mimica qualcosa che ricorda la crudeltà di Mr. Fixit, sua precedente, celebre incarnazione. A lasciare perplessi è l'alone da spirito della vendetta, più vicino a Ghost Rider che al Golia Verde. Le similitudini (che ci sono sempre state) con il Solomon Grundy della concorrente DC Comics. Persino qualche elemento comune al rapporto del demone Etrigan con il suo ospite umano Jason Blood, ma anche alcune dinamiche del bizzarro e poco noto Resurrection Man.

Rassegnandosi al fatto che nulla si crea e nulla si distrugge (come l'Immortale Hulk), ma che tutto si trasforma in qualcosa d'altro, o comunque qualcosa di diverso ma simile... possiamo dire che la partenza di Immortal Hulk sia un antipasto interessante e che tutto si giocherà sui numeri immediatamente successivi. Il dubbio che permane è la necessità di questa “nuova” caratteristica (jolly molto semplice da utilizzare per riportarlo in scena), in realtà suggerita da sempre, e in qualche modo tanto efficace in quanto lasciata vaga e tenuta sottotraccia. Se l'intento è quello di ammantare di ossessione il mostro che risiede in Banner, come nell'essere umano tipicizzato che rappresenta, tutto sta al tono delle storie a venire. La vera battaglia, il vero scontro tra titani, sarà con le consuetudini commerciali della narrazione supereroistica, che ha sempre attirato Hulk verso un centro di gravità più colorato e più pop. Più un rumoroso kaiju che un mostro realmente inquietante. Ma siamo qui per seguire l'esperimento. Ed eventualmente, divertirci. Anche se un giorno, forse inevitabilmente, l'ampolla fumigante potrebbe scoppiare in faccia sia ai lettori che agli autori. Tanto il risultato sarebbe comunque un faccione verde.

giovedì 17 maggio 2018

Adam Warlock, un messia stregone


In principio... fu un bozzolo disegnato da Jack Kirby. Poi fu una creatura dalle pelle d'oro senza nome e senza scopo. Quindi... venne un cristo fantascientifico. Anzi, supereroico. Ancora più di tanti suoi predecessori. Fece qualche miracolo e se ne andò. Dunque venne Jim Starlin, le gemme dell'infinito... e Thanos. E un Mago che sfidò lo Stregone. L'evoluzione di Adam Warlock, il messia del cosmo Marvel, attraverso le sue incarnazioni e resurrezioni, in un ciclo mistico che l'essere umano non smette mai di narrare a se stesso.


lunedì 30 aprile 2018

Logo Mono: Ripensando a Infinity War


Un vlog (non una recensione) a ruota (più o meno) libera sul cinecomic del momento: “Avengers – Infinity War”. La costruzione del Marvel Cinematic Universe ha raggiunto il suo apice. Se una fetta di pubblico applaude, l'altra sembra molto perplessa. Perché? Forse è il caso di tirare qualche somma e chiedersi che cosa si propone davvero un progetto di universo cinematografico condiviso.

mercoledì 11 aprile 2018

Super Ergo Sum #18 - La sindrome di Zelig


Zelig, personaggio e film usciti dalla fantasia di Woody Allen. Una sindrome psichiatrica che indica un disturbo ambientale. E magari un termine per descrivere una tipologia di personaggio molto presente nel cosmo dei supereroi. Cattivi o buoni, robotici o umani, gli zelig sono tra noi. Sono i mimi, gli empatici. Coloro che rubano l'identità di altri e attingono da una fonte di poteri e personalità interminabile. Un nome su tutti? Che ne dite di... Rogue?

domenica 8 aprile 2018

Torna LEGION (la seconda stagione)



L'inizio della seconda stagione conferma tutte le premesse di "Legion". E cioè che ci troviamo davanti a un titolo di origine Marvel decisamente atipico per approccio ed estetica al modo di raccontare i supereroi (o a essere fiscali, i mutanti). Collocato fuori dal canone cinematografico degli X-Men (ma neppure tanto, perché alcuni riferimenti sarebbero perfettamente in linea, ma sono soltanto mantenuti ai margini del non detto), "Legion" è una serie TV che meriterebbe un'attenzione maggiore e che dimostra il vero potenziale che il genere supereroistico avrebbe se solo si mollassero gli ormeggi dell'intrattenimento più collaudato. 


L'annuncio del film sui "Nuovi Mutanti" suggerisce una chiave di lettura horror del mito fumettistico, ma la verità è che questa strada è già stata aperta da "Legion". Il tema della psicosi e della schizofrenia fornisce una chiave allucinatoria per parlare di poteri strani, di complotti labirintici e per portare in scena personaggi visivamente bizzarri, senza chiarire mai del tutto se quello cui assistiamo ha una valenza metaforica, se è reale o frutto di uno dei deliri della personalità frammentata del protagonista. Su tutto aleggia inoltre l'ombra di David Lynch (ma anche di Jodorowsky), premendo il pedale della surrealtà e del viaggio psichedelico più che su quello del superomismo. La memoria torna alla serie britannica degli anni 60 "Il Prigioniero", pur con le sue differenze, per il senso di enigma e di sogno disperato che riusciva a comunicare. Determinanti, in questo, gli ammiccamenti ai fans più attenti, con la rivisitazione delle nayadi di Stepford (personaggi inquietanti creati da Grant Morrison durante la sua run) e il filo conduttore del Re delle Ombre che getta una luce ambigua su ogni parte del racconto.
"Legion" è un prodotto coraggioso, che merita molto pubblico in più, e che ci auguriamo decolli e continui a crescere.




martedì 23 gennaio 2018

Super Ergo Sum #17 - Superproblemi... e Decostruzione


Ed ecco, infine, il capitolo #17 di Super Ergo Sum. Il più sfigato. Il più fetente. Infatti si parla di problemi (anzi, SUPERproblemi). Del loro perché, per come... e del successivo fenomeno chiamato decostruzionismo dei supereroi. Stavolta, per introdurre l'argomento si è scomodato addirittura Giorgio Gaber. E... beh... siate indulgenti. Ognuno di noi ha i suoi problemi.

venerdì 1 dicembre 2017

Doomsday Clock #1: ...è il seguito di Watchmen?


Qualche riflessione sull'inizio di "Doomsday Clock", di Johns e Frank. La rinascita del cosmo DC partita con "Rebirth" entra nel vivo, e si parla di (blasfemo) seguito del capolavoro di Alan Moore: Watchmen. Raffreddiamo il bollenti spiriti, esaminiamo le premesse di questo primo capitolo e cerchiamo di capire dove potrebbe portarci nei mesi a venire...

venerdì 29 settembre 2017

A proposito di supereroi, di messia e di stregoni...


L'idea di supereroe inteso come versione laica e commerciale della concezione di messia, è antica quanto il fumetto supereroistico stesso. Superman per primo è la rappresentazione più classica di una creatura superiore venuta dal cielo e cresciuta da una famiglia umile per “salvare” l'umanità. Gli autori Jerry Siegel e Joe Shuster, entrambi ebrei, scelsero per il loro personaggio kryptoniano il nome di Kal-El, che in ebraico sarebbe traducibile come “Voce di Dio” (insomma, il riferimento al Verbo è praticamente dichiarato). Un messia più vicino alle aspettative del popolo ebreo del tempo di Cristo, che attendeva un condottiero che li guidasse a un riscatto terreno più che un maestro morale. La storia del fumetto supereroistico è zeppa di letture mistiche simili, tralasciando le versioni più satiriche, come il “Son of God” di Neil Adams, che riprendeva proprio la figura di Gesù ammantandola di rimandi al Capitan Marvel-Shazam della Fawcett (e in seguito della DC Comics). Tuttavia, negli anni settanta la Marvel sbaragliò tutti con il personaggio di Adam Warlock. Mentre attendiamo di scoprire quale trasfigurazione ci verrà mostrata dal Marvel Cinematic Universe (abbiamo visto il suo bozzolo in una delle scene post credits del secondo film dedicato ai Guardiani della Galassia), ripercorriamone brevemente gli esordi cartacei.




Warlock (all'epoca chiamato genericamente “Lui”) nasce sulle pagine dei Fantastici Quattro a opera di Stan Lee e Jack Kirby, ed è un essere creato artificialmente da un'enclave di scienziati che mirano a produrre una versione perfezionata della vita senziente. La situazione, però, sfugge loro di mano, e il risultato è per l'appunto... Lui. Definito misteriosamente per un po' “La creatura della chiusa 41”. Un giovanotto biondo dalla pelle dorata e dai poteri enormi quanto indecifrabili. Compare per la prima volta in forma prenatale, chiuso in un bozzolo che in seguito diventerà il suo caratteristico rifugio ogni qual volta ha bisogno di rigenerarsi. Poi in forma umanoide per poche vignette alla fine del racconto, quando neutralizza (in modo veterotestamentario e anche un po' sprezzante) gli scienziati che hanno avuto l'arroganza di crearlo per scopi non all'altezza del suo potenziale, e abbandona il pianeta giudicandolo troppo immaturo per ospitare un essere evoluto come... Lui.


Ma siccome nelle storie Marvel niente è mai come sembra (gli scienziati dell'enclave, per esempio, non sono davvero morti e continueranno a fare pasticci), Lui ricompare in un episodio di Thor. La terra non era pronta a riceverlo, ma si sa che cos'è che tira più di una fune di bastimento. E in questo caso si identifica con la dea Sif, della quale Lui si invaghisce, rapendola alla maniera di King Kong (anche lo scimmione gigante era venerato come un dio) per farne la sua compagna (in modo innocente, ma anche un po' troglodita). Thor, che in quel periodo era affetto da una sindrome asgardiana che lo mandava in berserk oltre misura, gliele suona di santa ragione (rivelando che gli immensi poteri della creatura sono estremamente variabili, e si riducono o si espandono a seconda delle esigenze della trama), inducendolo a rinchiudersi nel suo bozzolo protettivo e a fuggire di nuovo nello spazio.

Qui inizia il casino mistico vero e proprio.

Pare, si dice, si mormora, che lo sceneggiatore Roy Thomas fosse rimasto affascinato da “Jesus Christ Superstar”, il musical di Andrew Lloyd Webber reso celebre in tutto il mondo dal film di Norman Jewison del 1973. L'opera rock di Webber era però popolarissima negli Stati Uniti già nel 1972, e Thomas si mise in testa di portare sulle pagine dei fumetti il supereroe messianico definitivo. La scelta cadde su Lui, personaggio già esistente, ma ancora bisognoso di una vera caratterizzazione (fino a quel momento era stato poco più di un espediente narrativo per innescare le avventure di altri eroi) che fu recuperato e trasformato in... Warlock.

Lo scenario scelto fu la Contro-Terra, un mondo parallelo creato dall'Alto Evoluzionario (detto anche “Grande Evoluzionista” viste le traduzioni ballerine dell'Editoriale Corno). Personaggio già canonizzato nell'universo Marvel, apparso su più testate (Thor, Hulk) e presentato come genetista supremo, dedito alla sperimentazione e creazione di varie forme di vita. La Contro-Terra era sostanzialmente un mondo parallelo identico alla terra se non per alcune differenze storiche (pieno quindi di doppelganger di personaggi iconici, ciascuno con una sua variante). Qualcosa che oggi, per comodità espositiva, potremmo paragonare all'universo gemello della serie televisiva “Fringe”. Prima ancora, nell'episodio di Thor intitolato “I generatori di vita”, avevamo incontrato un'altra creazione dell'Alto Evoluzionario. Una genia di animali antropomorfi (esattamente come ne “L'isola del dottor Moreau” di Wells, ma più evoluti) e il loro crudele leader, un lupo (e sì!) chiamato genericamente Uomo Bestia (Uomo Lupo era già preso).

La sintesi evangelica ideata da Roy Thomas e realizzata graficamente dal grande Gil Kane fu praticamente questa. L'Alto Evoluzionario ha creato sia gli animaluomini (New-Men) che la Contro-Terra. L'intento dell'Alto Evoluzionario era risparmiare al pianeta fotocopia le tribolazioni della terra originale, ma tutto è mandato in vacca (praticamente per dispetto) dall'Uomo Bestia e dalla sua stirpe di animali antromorfi, che subito dopo si rifugiano sulla Contro-Terra per impadronirsene secondo i canoni più consueti della narrazione supereroistica. Davanti a questa deriva, il genetista vorrebbe disfare il proprio lavoro, ma qui subentra Lui, che in seguito assumerà il nome di Adam Warlock. Warlock (che nel frattempo ha rubato la divisa di Capitan Marvel-Shazam, tagliando via maniche e gambali per stare più fresco) ferma la mano del Creatore e si offre come protettore del pianeta (comodamente separato dalla vera terra e quindi dalla continuity ufficiale di casa Marvel), per salvare capra e cavoli dalle mire del lupacchiotto. L'Alto Evoluzionario-Dio padre (putativo, in questo caso, quanto San Giuseppe) accetta di partecipare a questa performance in cosplay basata sul Vangelo, e invia Warlock sul pianeta, donandogli il nome con cui sarà conosciuto e una delle gemme dell'infinito (incastonata sulla fronte di Lui come su quelle del dio Vishnu nell'iconografia induista) che in futuro si rivelerà molto importante (soprattutto quando il personaggio sarà preso in mano da Jim Starlin).

Inizia così l'avventura messianica di Adam Warlock, con un ciclo di storie supereroistiche ambientate fuori dal cosmo Marvel canonico, in lotta con la Bestia che si annida tra gli uomini. Una lieta novella fatta di super-risse che poco hanno a che vedere con gli insegnamenti etici cristiani, mostrando la corda di un parallelismo religioso eccessivamente dichiarato. Ma la serie intitolata “The Power of Warlock” ha vita breve e chiude per la scarsità delle vendite.


La saga della Contro-Terra terminerà sulle pagine dell'Incredibile Hulk (in trasferta per l'occasione sul mondo parallelo), e lo farà nel modo più stucchevole possibile. Sempre Roy Thomas, in questo caso in collaborazione con Gerry Conway, conclude la saga metafisica di Adam Warlock con una narrazione ai limiti del parodistico, ripercorrendo quasi pedissequamente le ultime pagine dei Vangeli. In un certo senso, Hulk rivestirà un ruolo simile a quello di Giuda, sia pure sotto il controllo del malvagio diavolo-Uomo Bestia. Partecipiamo a una rappresentazione supereroistica dell'ultima cena, ascoltiamo l'invito a ripetere il rituale in memoria del supermessia, e assistiamo soprattutto alla cattura e all'esecuzione di Warlock su un macchinario simile a una croce egizia. Nemmeno l'urlo «Alto Evoluzionario, perché mi hai abbandonato?!» ci viene risparmiato. E Warlock, come ogni Gesù Cristo che si rispetti, muore, ma solo per tre giorni. Risorge infatti dal suo bozzolo più potente che mai e dotato di una nuova forma di consapevolezza astrale. Fa involvere l'Uomo Bestia riportandolo alla sua natura lupesca, ne debella definitivamente la minaccia e vola via nello spazio (come aveva già fatto anni prima sulle pagine dei Fantastici Quattro) verso un nuovo, enigmatico destino.

Qualche tempo dopo, Jim Starlin avrebbe recuperato il personaggio di Warlock mettendo “tra parentesi” la sua parabola messianica sulla Crontro-Terra, facendo evolvere le sue avventure in una direzione cosmica e trasformandolo in un personaggio schizofrenico, in lotta con la sua futura evoluzione malvagia: il Magus, fondatore di un culto spaziale totalitario. Una metaformosi concettuale che conserva le implicazioni mistiche, ma spostandole su un piano più filosofico, e mettendo in scena un conflitto allegorico sulla destinazione finale cui un grande potere può condurre. Il bene e il male rappresentati come il conflitto interiore (e non solo) di un unico personaggio, impegnato a salvare l'universo non da un demone giunto dall'esterno, ma da se stesso.
La precedente visione messianica di Roy Thomas aveva finito con l'impantanarsi in una serie di parallelismi biblici fin troppo evidenti per essere realmente intriganti, sconfinando alla fine nella citazione più banale. Paradossalmente, toccando forse il punto più basso nell'interpretazione metafisica dell'icona supereroistica. A quel punto Warlock doveva veramente morire e risorgere a nuova vita. Editorialmente parlando. Il personaggio ha conservato da allora il suo ruolo misticheggiante, ma secondo una sensibilità più sfumata, potremmo dire più “new age”, più fantasy e di conseguenza funzionale. Uno dei casi supereroistici più bizzarri e mutevoli che l'evoluzione marvelliana ci ha donato nel corso della sua lunga storia editoriale.




martedì 16 maggio 2017

Sense8... e due.


Sense8 si conferma una delle variazioni sul tema degli X-Men più riuscite, dove tutte le tematiche allegoriche più profonde sono affrontate. Anni luce lontano dall'esito in discesa di Heroes, mostra con fierezza le sue radici letterarie e l'origine del concetto (e della metafora) di mutante. E cioè "More Than Human" (Nascita del Superuomo) di Theodore Sturgeon. Romanzo fondativo da cui discendono icone (a fumetti e cinematografiche) oggi popolarissime, e dove troviamo la prima vera apparizione del personaggio cardine di Jean Grey. Nella seconda stagione della serie Netflix, incontriamo anche una nuova declinazione di Magneto, antagonista emblematico e altra faccia della medaglia. Tra l'altro in una forma molto inconsueta. Certamente, Sense8, per motivi estetici e di ritmo, non è uno spettacolo che può essere apprezzato da tutti. Particolare, visionario, forse un poco discontinuo, ma con un cuore enorme. Un momento alto di spettacolo, proprio per questo di nicchia, che non è solo intrattenimento per chi sa leggere tra le righe, e dialoghi superlativi. Brave, sorella Wachowski. Bravo J. Michael Straczynski. E bravo tutto il cast.

lunedì 15 maggio 2017

Secret Empire: Rivelazioni, cambiamenti e post-verità...


Secret Empire. E' appena iniziato. E gli albi a fumetti... bruciano. Come la bocca di Marilyn Monroe in un famoso film? No, come le streghe a Salem. Una solenne incazzatura dei lettori americani, rivolta più che alla qualità della saga in sé (ancora alle prime battute), a ogni accenno di tiepida, ovviamente temporanea sovversione. Esistono dei tabù e dei punti fermi da non toccare anche nei fumetti? O esistono semplicemente dei trucchi mediatici volti a farci sbavare come cani di Pavlov? Il fuoco di un rogo, dopotutto, lo si vede anche da lontano, e fa una gran pubblicità. Ma niente si crea e niente si distrugge. E il segreto del titolo è davvero un segreto per i lettori di vecchia data? Proviamo ad azzardare qualche piccola riflessione.

martedì 17 gennaio 2017

Sherlock Holmes è un supereroe?


Abbiamo visto che gli eroi con superpoteri discendono da miti, leggende e poemi cavallereschi. Ma anche dalla letteratura popolare, nutrita dall'immaginario collettivo del suo tempo. Spesso scoviamo antenati insospettabili frugando tra le pieghe della fantasia. Sherlock Holmes, l'investigatore per antonomasia, non sarà uno di questi? E se la risposta fosse sì, perché? Ragioniamo sulla natura del più celebre degli investigatori privati, sulla sua storia e sulle riletture più recenti, passando dai fumetti (anche supereroistici) fino all'acclamata serie britannica interpretata da Benedict Cumberbatch. E' lecito domandarsi: Sherlock Holmes è un supereroe?

La cover del tema di Sherlock è eseguita da The Radical Array Project
Canale The Radical Array Project: https://www.youtube.com/channel/UC-wYklxb1kBxs90ZfXGs45w

giovedì 5 gennaio 2017

Vedute: Jason Pearson


Quello di Jason Pearson, tra i disegnatori “non canonici” (ammesso che dire così oggi abbia ancora senso) attivi nell'ambito supereroistico, è uno degli stili che amo di più. Per chi è cresciuto conoscendo e adorando le anatomie spettrali di Steve Ditko su l'Uomo Ragno delle origini, in seguito canonizzato dal più regolare e realistico John Romita Sr., il disegno di Pearson ha un sapore che mixa la nostalgia con la voglia di trasgredire. Un tratto quasi umoristico, ma virato di oscurità ed epicità. In grado di presentare nella medesima tavola personaggi dai lineamenti essenziali e pose di grande impatto visivo. Un piglio grottesco e nello stesso tempo eroico. A volte ai limiti del parodistico, ma senza mai sconfinare nella vera e propria caricatura. Personalmente, adoro il suo Wolverine tracagnotto, quasi goffo ma inquietante e bestiale come non mai. Basta osservarlo per avere la sensazione di ascoltarne il ringhio. Così come ho adorato la sua Tempesta, algida e minimalista (ma proprio per questo efficacissima) del suo primo Annual degli X-Men. I volti spesso deformati in smorfie esagerate che rievocano quasi antiche pose da cinema espressionista. 

Una Emma Frost altezzosa e ironica come una diva del muto. Un Wolverine posseduto dalla Covata (anche se è solo una simulazione) che sostanzialmente mostra il volto estremo della ferocia che già porta in sé. Un Ciclope quadrato, leader tutto d'un pezzo. E' un po' come se la matita di Pearson grattasse via dagli eroi in tuta la patinatura eroica, e mostrasse anche il senso del buffo, del sardonico, che può trasparire dalle loro imprese sopra le righe. Un rompere la buccia supereroistica per affondare i denti nella polpa. Un gusto forse non per tutti, ma sicuramente forte.








sabato 10 settembre 2016

The ONE - L'ultima parola sui supereroi [di Rick Veitch]


Rick Veitch, un fumettista underground innamorato dei supereroi. Talmente estroso e in gamba da subentrare al timone di Swamp Thing subito dopo il celebrato ciclo del bardo Alan Moore, e di andare via (dalla testata e dalla casa editrice) quando si vede bocciare un progetto considerato troppo ardito per i tempi. Autore di opere iconoclaste, stravaganti, profonde, divertenti. E di The One, che si propone (a metà degli anni 80) come "l'ultima parola sui supereroi". Per lo stesso Alan Moore, che firma la prefazione all'edizione in volume, The One e Veitch hanno anticipato l'ondata di rinascimento supereroistico che vede il suo picco di maggiore visibilità in Watchmen. Ma The One, pur parlando di supereroi, va molto oltre. Quando il fumetto è figlio dei suoi tempi, ma è capace anche di crescere e camminare sulle sue gambe, senza data di scadenza. Ed è satira, fantasia, divertimento. E ci parla di noi, di quanto potremmo o dovremmo essere migliori. 

mercoledì 27 luglio 2016

Civil War II (...Bis, Revival, Cosplayer?)

Civil War, l'evento orchestrato nel 2006 dallo sceneggiatore Mark Millar che ha scosso il mondo dei supereroi Marvel è oggi materia di un revival, tuttora in corso di uscita negli Stati Uniti. Pregi e difetti di un'operazione che - come già la trascorsa Secret Wars - si propone di rilanciare il Marvel Universe, prendendo - a sorpresa - le distanze dalle ormai popolarissime versioni cinematografiche. Ma è tutto oro quel che luccica? Quali differenze ci sono tra queste due "guerre civili". Scopriamolo insieme.

venerdì 10 giugno 2016

Rebirth: una prima occhiata alle singole serie...


Lo so. Da qualche parte, sui social, avevo detto che non ne avrei più parlato. Ma sono un risaputo brunello. Quindi...

Insomma, Rebirth, il crossover che rilancerà il DC Universe e che vede come grande architetto lo sceneggiatore Geoff Jhones, procede... lentamente sulle singole serie, ma si fa sentire un po' di più su Flash (come si poteva immaginare dal prologo) e Wonder Woman.

Se Green Arrow inizia a recuperare qualcosa del suo rapporto sentimentale (azzerato dagli eventi di Flashpoint e dai New 52) con Black Canary, il vecchio Superman (quello che ha avuto un figlio da Lois Lane) inizia a fare i conti con una realtà che non sembra seguire le regole che credeva di aver riconosciuto. Dal canto suo, sulla sua serie personale, Batman ha ben altre gatte da pelare, e la vicenda lasciata in sospeso al termine del prologo è ancora in alto mare. O meglio, si collega direttamente alla storyline di Flash, probabilmente una delle sorprese più riuscite di questa ennesima (e sicuramente non ultima) revisione di uno dei cosmi supereroistici più famosi al mondo. Carmine di Giandomenico è in ottima forma, e ci regala un velocista scarlatto carismatico, scattante e umanissimo. Il suo tratto non realistico, libero, ma lontano da facili derive grottesche, si presta molto a interpretare il mondo ipercinetico di Barry Allen, e mostra un biglietto da visita che è una festa per gli occhi nella storia sceneggiata da Joshua Williamson. Una trama densa di riferimenti iconici che ripercorrono l'origine di Barry e i suoi principali traumi. Quindi Wally ora è tornato. Un altro Wally seguirà il suo destino, e il passato ritornerà a mordere (o accarezzare) le chiappe di tutti i personaggi. E' sulle pagine di Flash che s'infittisce il mistero della spilla smiley ritrovata da Batman nella Bat-Caverna (in realtà è stata “sputata” dallo stesso fulmine in cui era apparso per pochi istanti Wally West). Per il resto, dovremo aspettare le prossime uscite.


Così per Wonder Woman (nuovamente affidata allo sceneggiatore Greg Rucka), che ci appare in crisi. E sappiamo che questa non è una parola da prendere alla leggera in casa DC. Confusa, spaesata, tormentata da ricordi che non comprende, e dalla frase che continua a ripetersi ossessivamente, e cioè che “il passato continua a cambiare”. Wonder Woman, forse più di altri personaggi DC, ha subito modifiche retrospettive, e il rimaneggiamento dei New 52 non è stato esattamente da poco. La sua prima avventura sotto l'ombrello di Rebirth è fortemente onirica, non può non esserlo. Diana è una creatura mitologica la cui origine è stata più volte riscritta. Bizzarro vederle fare qualcosa che forse non ha mai fatto prima... o che almeno, io non le avevo mai visto fare: legare se stessa con il suo lazo che induce a dire solo la verità. Le risposte sono tante. Sono tutte vere. Ma qualcuna forse è più vera delle altre. Chissà.


Insomma, a piccoli passi, inizia a svilupparsi questo “raddrizzamento” della continuity. Pare che molto riguarderà la memoria dei personaggi, che riacquisteranno gradualmente i ricordi di cosa è successo prima degli eventi che hanno modificato il corso della loro storia, ma senza riplasmare il loro mondo come avvenuto alla fine di Flashpoint. Non per ora, almeno. La direzione sembra questa. L'idea non è da buttare se funzionale a ripristinare concetti cestinati con troppa leggerezza (e tuttora rimpianti da molti lettori di vecchia data). Ma i risultati a lungo termine restano ancora tutti da scoprire.  


martedì 7 giugno 2016

Crisi e Rinascita... anzi, REBIRTH (l'ennesima)

C'è grossa Crisis... e allora: Rebirth! Ripercorriamo le trasformazioni editoriali del cosmo DC attraverso le principali saghe che ne hanno riplasmato la continuity per meglio osservare l'attuale DC Universe Rebirth. Evento che rilancerà uno dei più famosi e amati universi supereroistici dopo l'avventura (finita male?) dei New 52. Crisi cosmiche, interventi (forse) divini, enigmi e teorie. Ma ricordate: niente si crea e niente si distrugge. Qui si ricicla tutto. Un video che mi ha letteralmente sfiancato. Per inciso... Alfred Hitchcock appariva nei suoi film. Nei miei video appare qualcun altro, che alle mie spalle ha fatto uno sbadiglione spettacolare. Non l'ho censurato. Buona visione, from Altroquando with Love.