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giovedì 26 luglio 2018
Capitani Meravigliosi - 1
Di personaggi chiamati "Capitan Marvel" ce ne sono stati più di uno. La loro storia è complessa e si dipana nel corso di decenni. Quello che oggi conosciamo come SHAZAM nasceva negli anni 40 sotto il marchio Fawcett Comics (due anni dopo l'esordio editoriale di Superman) e inizialmente si chiamava Capitan Thunder. Nome che fu presto accantonato perché echeggiava le generalità di un altro personaggio edito da un'etichetta concorrente. L'eroe diventò così Capitan Marvel (Shazam era solo la parola magica che pronunciava per trasformarsi, e il nome del mago che lo aveva investito dei suoi poteri). Capitan Marvel nasceva dichiaratamente come emulo dell'Uomo d'Acciaio di casa DC, cui si contrapponeva per la sua natura magica invece che fantascientifica (Superman è un alieno, Capitan Marvel è un adolescente terrestre scelto come campione da forze esoteriche). Sorprendentemente, negli anni quaranta, le vendite di Capitan Marvel superarono quelle di Superman (fu anche il primo supereroe a diventare protagonista di un serial in live action). La DC Comics fece causa per plagio alla Fawcett Comics e la disputa legale sarebbe durata molti anni. Una prima sentenza vide prevalere la Fawcett, ma la DC ricorse in appello, e per la Fawcett, indebolita anche dalla crisi che negli anni 50 fece crollare le vendite dei fumetti di supereroi, le cose si misero male. Capitan Marvel chiuse così i battenti, generando un vuoto legale di cui sarebbe giovata la Marvel Comics, registrando il nome dell'eroe e garantendosene il futuro utilizzo. Quando, anni dopo, il personaggio fu acquisito dalla DC ed entrò a far parte del suo parco testate, il nome Capitan Marvel non poteva più essere usato. Ed ecco nascere "Il potere di Shazam", titolo di testata per l'eroe che nelle storie continuava a chiamarsi Marvel, ma sempre più di rado.
Ma di Capitan Marvel, non solo targati Marvel Comics, ce ne sarebbero stati altri...
lunedì 2 luglio 2018
Shirtless Bear-Fighter
Sul filo del trash... e del trend mash-up. Orsi, porci e umani... senza troppe distinzioni. E un eroe in costume. Il più antico costume della storia.
venerdì 15 giugno 2018
LEGION: e due (in attesa del tre)
La chiave di lettura surreale scelta da
Hawley è il vero punto di forza di LEGION. Una catena di elementi
citazionisti (la storia potrebbe benissimo svolgersi ai margini del
mondo narrativo degli X-Men cinematografici, e Charles Xavier
esistere fuori scena) e di atmosfere psichedeliche che (impossibile
non reiterare questo concetto) ricordano spesso lo stile di David
Lynch. Ma ricorda anche esperienze televisive storiche, come la serie
britannica “Il Prigioniero” della seconda metà degli anni
sessanta del secolo scorso. Serie enigmatica e ricca di sottotesti
simbolici, viaggio nella mente del protagonista che non forniva mai
risposte intelligibili, e che all'epoca, soprattutto con la sua
conclusione, anticipò gli shock di cult futuri come LOST.
Vedere LEGION come una qualsiasi altra
serie dedicata ai supereroi sarebbe un errore. Anzi, non è neppure
possibile, dal momento che scardina in fretta ogni aspettativa
convenzionale. Non si tratta solo di fotografia, colori, trovate
visive di notevole impatto, quanto della domanda su cui tutta la
narrazione si fonda. E cioè: quanto vediamo, i personaggi che
incontriamo, sono tutti reali? O sono parte del delirio di David
Haller, manifestazioni della sua schizofrenia? E i poteri mutanti, i
mutanti stessi, esistono? O sono anch'essi una rappresentazione
allegorica della tante personalità di David, compreso il suo
antagonista, il mefistofelico Re delle Ombre?
LEGION, quindi, si propone in apparenza
coma una storia supereroistica, ma può essere letto come un viaggio
sciamanico alla ricerca di sé e dei propri veri obiettivi. Uno
spettacolo che travalica il genere e coraggiosamente osa rompere gli
argini, aspirando a essere qualcosa d'altro, qualcosa di più. In che
misura ci riesca può essere oggetto di conversazione. Tutt'ora, a
seconda stagione conclusa e terza in preparazione, non ci sono
risposte definitive. Non ce n'è bisogno. L'ambiguità e la
simbologia di base sono il vero cuore dello show. Entrambe le realtà,
quella vera e quella sognata (sempre che sia così) vanno comunque
bene. Sono due modi diversi di narrare e intendere il medesimo
concetto. La ricerca della propria identità, il bisogno ancestrale
di trovare un avversario, anche costruendolo da una propria costola
se necessario, pur di avere un diavolo da incolpare per le nostre
disgrazie. LEGION riesce a essere una criptica metafora esistenziale,
e per questo merita attenzione. Un esperimento dissidente nella
contemporanea ubriacatura da supereroi in live action. Un cocktail
visivo e concettuale che non ci aspettavamo, ma che a due stagioni
dall'inizio continua a essere effervescente, spingendoci a volerne
ancora.
Perché sì, perché forse, se i
mutanti, se i supereroi esistessero, le cose andrebbero in modo molto
diverso da come appaiono nei fumetti. L'esistenza sarebbe tutt'altro
che semplice o schematica, i confini tra bene e male quanto mai
sfumati. Magari diventerebbe un labirinto etico e allucinatorio in
cui vaghiamo senza più un preciso punto di riferimento. O forse,
supereroi a parte, è già così. E la fantasia di potere cui i
fumetti ci hanno abituato non è più una fuga o una possibilità di
riscatto.
Se mai lo è stata. Forse è piuttosto
una prigione.
venerdì 8 giugno 2018
Vieni fuori... Immortal Hulk!
“L'uomo, nel complesso, è meno
buono di quanto immagina o vorrebbe essere.”
Con questa citazione di Carl G. Jung si apre il primo numero della nuova serie Marvel intitolata “Immortal Hulk”. L'immortale Hulk, che va ad aggiungersi a una collezione già numerosa di aggettivi che nel corso dei decenni hanno preceduto il nome del gigante verde: Incredibile, Selvaggio, Indistruttibile... Persino “Fichissimo” (in inglese, Totally Awsome). E sono solo aggettivi di testata, che a contare gli appellativi del Golia di smeraldo ci sarebbe da confondersi.
Il personaggio di Hulk è cambiato
tante volte per continuare gattopardescamente a essere sempre se
stesso. Gli Hulk più o meno lucidi o intelligenti, per quanto
gradevoli da leggere (soprattutto quando al timone delle storie c'era
qualcuno come Peter David), cedevano puntualmente la scena al ritorno
dell'elemento più archetipico. Hulk è simbolo di ciò che lo crea
all'inizio della sua avventura: un'arma devastante, una bomba, una
potenza che non può essere contenuta, la collera irrazionale
dell'essere umano, la sua tendenza a cedere sempre e comunque alla
violenza e alla distruzione. In parte Frankestein (sia creatura che
creatore), in parte Jekill-Hyde. Hulk ha sempre avuto delle parentele
con la narrativa del terrore, e non a caso in principio, a causare la
sua metamorfosi non erano gli sbalzi di umore, ma semplicemente il
cadere della notte. Hulk si manifestava con le tenebre, e la sua
fronte (un tempo) era alta quanto quella della maschera di Boris
Karloff nel film che lo rese celebre.
Hulk, nella persona del suo alter ego
Bruce Banner, è morto parecchie volte. E sempre rocambolescamente
resuscitato, come da copione supereroistico dove il decesso è simile
a una brutta influenza, fastidiosa, persistente, ma che prima o poi
passerà. Non c'era dunque niente di scioccante nel vedere Banner
morire durante il (evitabilissimo) evento Civil War II. Ucciso
da una freccia scoccata dall'arciere Occhio di Falco, istruito da
Banner stesso affinché mettesse fine alla minaccia del mostro verde
qualora le cose si stessero mettendo male. La legge di Murphy si è
puntualmente confermata, e Banner (e così il suo Hulk) è rimasto
morto per qualche tempo, sostituito da un giovane Hulk più
scanzonato, Amadeus Cho, il fichissimo giovanotto verde. Ma le ferie
sono terminate, ed era ora che l'Hulk canonico tornasse in scena.
Eccolo quindi rispuntare durante la saga degli Avengers intitolata
“No Surrender”, dove ci viene spiegato che Hulk è sempre
stato immortale. Tutte le volte, dal principio. Per questo torna
sempre. Banner muore... ma Hulk la notte successiva tornerà ad
emergere, e a rigenerare anche il corpo del suo debole alter ego.
Al Ewing e Joe Bennett firmano dunque
l'inizio di un nuovo ciclo, Immortal Hulk, in cui (se il buon
giorno si vede dal mattino) dovremo vedere la diade Banner-Hulk
schiattare e risorgere più volte, seguendo un ritmo da storia
dell'orrore. Perché questo sembra essere il progetto. Riscoprire nel
personaggio di Hulk tutto il potenziale inquietante e buio, lasciando
da parte i lampi colorati del superomismo per concentrarsi sulla
paura e quanto di destabilizzante possa emergere dal rapporto
simbiotico tra Banner e il mostro che non gli permette di morire
definitivamente.
Il primo episodio ha una regia
interessante, ma anche un po' spiazzante. Diciamo che la “novità”,
quell'immortalità che c'è sempre stata (ma non era mai stata
chiaramente diagnosticata), porta a galla ulteriori ombre sul
personaggio e sotto certi aspetti, nel tentativo di rinnovarlo,
rischia di annacquarlo. Va benissimo rivedere un Hulk quasi
Frankensteinizzato (orribile parola!) e dal profilo molto più truce
del solito. Va bene scorgere nel suo linguaggio e nella sua nuova
mimica qualcosa che ricorda la crudeltà di Mr. Fixit, sua
precedente, celebre incarnazione. A lasciare perplessi è l'alone da
spirito della vendetta, più vicino a Ghost Rider che al Golia Verde.
Le similitudini (che ci sono sempre state) con il Solomon Grundy
della concorrente DC Comics. Persino qualche elemento comune al
rapporto del demone Etrigan con il suo ospite umano Jason Blood, ma
anche alcune dinamiche del bizzarro e poco noto Resurrection Man.
Rassegnandosi al fatto che nulla si
crea e nulla si distrugge (come l'Immortale Hulk), ma che tutto si
trasforma in qualcosa d'altro, o comunque qualcosa di diverso ma
simile... possiamo dire che la partenza di Immortal Hulk sia
un antipasto interessante e che tutto si giocherà sui numeri
immediatamente successivi. Il dubbio che permane è la necessità di
questa “nuova” caratteristica (jolly molto semplice da utilizzare
per riportarlo in scena), in realtà suggerita da sempre, e in
qualche modo tanto efficace in quanto lasciata vaga e tenuta
sottotraccia. Se l'intento è quello di ammantare di ossessione il
mostro che risiede in Banner, come nell'essere umano tipicizzato che
rappresenta, tutto sta al tono delle storie a venire. La vera
battaglia, il vero scontro tra titani, sarà con le consuetudini
commerciali della narrazione supereroistica, che ha sempre attirato
Hulk verso un centro di gravità più colorato e più pop. Più un rumoroso kaiju che un mostro realmente inquietante. Ma siamo qui per seguire
l'esperimento. Ed eventualmente, divertirci. Anche se un giorno,
forse inevitabilmente, l'ampolla fumigante potrebbe scoppiare in
faccia sia ai lettori che agli autori. Tanto il risultato sarebbe
comunque un faccione verde.
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giovedì 17 maggio 2018
Adam Warlock, un messia stregone
In principio... fu un bozzolo disegnato da Jack Kirby. Poi fu una creatura dalle pelle d'oro senza nome e senza scopo. Quindi... venne un cristo fantascientifico. Anzi, supereroico. Ancora più di tanti suoi predecessori. Fece qualche miracolo e se ne andò. Dunque venne Jim Starlin, le gemme dell'infinito... e Thanos. E un Mago che sfidò lo Stregone. L'evoluzione di Adam Warlock, il messia del cosmo Marvel, attraverso le sue incarnazioni e resurrezioni, in un ciclo mistico che l'essere umano non smette mai di narrare a se stesso.
lunedì 30 aprile 2018
Logo Mono: Ripensando a Infinity War
Un vlog (non una recensione) a ruota (più o meno) libera sul cinecomic del momento: “Avengers – Infinity War”. La costruzione del Marvel Cinematic Universe ha raggiunto il suo apice. Se una fetta di pubblico applaude, l'altra sembra molto perplessa. Perché? Forse è il caso di tirare qualche somma e chiedersi che cosa si propone davvero un progetto di universo cinematografico condiviso.
mercoledì 11 aprile 2018
Super Ergo Sum #18 - La sindrome di Zelig
Zelig, personaggio e film usciti dalla fantasia di Woody Allen. Una sindrome psichiatrica che indica un disturbo ambientale. E magari un termine per descrivere una tipologia di personaggio molto presente nel cosmo dei supereroi. Cattivi o buoni, robotici o umani, gli zelig sono tra noi. Sono i mimi, gli empatici. Coloro che rubano l'identità di altri e attingono da una fonte di poteri e personalità interminabile. Un nome su tutti? Che ne dite di... Rogue?
domenica 8 aprile 2018
Torna LEGION (la seconda stagione)
L'inizio
della seconda stagione conferma tutte le premesse di "Legion".
E cioè che ci troviamo davanti a un titolo di origine Marvel
decisamente atipico per approccio ed estetica al modo di raccontare i
supereroi (o a essere fiscali, i mutanti). Collocato fuori dal canone
cinematografico degli X-Men (ma neppure tanto, perché alcuni
riferimenti sarebbero perfettamente in linea, ma sono soltanto
mantenuti ai margini del non detto), "Legion" è una serie
TV che meriterebbe un'attenzione maggiore e che dimostra il vero
potenziale che il genere supereroistico avrebbe se solo si mollassero
gli ormeggi dell'intrattenimento più collaudato.
L'annuncio del film
sui "Nuovi Mutanti" suggerisce una chiave di lettura horror
del mito fumettistico, ma la verità è che questa strada è già
stata aperta da "Legion". Il tema della psicosi e della
schizofrenia fornisce una chiave allucinatoria per parlare di poteri
strani, di complotti labirintici e per portare in scena personaggi
visivamente bizzarri, senza chiarire mai del tutto se quello cui
assistiamo ha una valenza metaforica, se è reale o frutto di uno dei
deliri della personalità frammentata del protagonista. Su tutto
aleggia inoltre l'ombra di David Lynch (ma anche di Jodorowsky),
premendo il pedale della surrealtà e del viaggio psichedelico più
che su quello del superomismo. La memoria torna alla serie britannica
degli anni 60 "Il Prigioniero", pur con le sue differenze,
per il senso di enigma e di sogno disperato che riusciva a
comunicare. Determinanti, in questo, gli ammiccamenti ai fans più
attenti, con la rivisitazione delle nayadi di Stepford (personaggi
inquietanti creati da Grant Morrison durante la sua run) e il filo
conduttore del Re delle Ombre che getta una luce ambigua su ogni
parte del racconto.
"Legion"
è un prodotto coraggioso, che merita molto pubblico in più, e che
ci auguriamo decolli e continui a crescere.
martedì 23 gennaio 2018
Super Ergo Sum #17 - Superproblemi... e Decostruzione
Ed ecco, infine, il capitolo #17 di Super Ergo Sum. Il più sfigato. Il più fetente. Infatti si parla di problemi (anzi, SUPERproblemi). Del loro perché, per come... e del successivo fenomeno chiamato decostruzionismo dei supereroi. Stavolta, per introdurre l'argomento si è scomodato addirittura Giorgio Gaber. E... beh... siate indulgenti. Ognuno di noi ha i suoi problemi.
venerdì 1 dicembre 2017
Doomsday Clock #1: ...è il seguito di Watchmen?
Qualche riflessione sull'inizio di "Doomsday Clock", di Johns e Frank. La rinascita del cosmo DC partita con "Rebirth" entra nel vivo, e si parla di (blasfemo) seguito del capolavoro di Alan Moore: Watchmen. Raffreddiamo il bollenti spiriti, esaminiamo le premesse di questo primo capitolo e cerchiamo di capire dove potrebbe portarci nei mesi a venire...
venerdì 29 settembre 2017
A proposito di supereroi, di messia e di stregoni...
Warlock (all'epoca chiamato genericamente “Lui”) nasce sulle pagine dei Fantastici Quattro a opera di Stan Lee e Jack Kirby, ed è un essere creato artificialmente da un'enclave di scienziati che mirano a produrre una versione perfezionata della vita senziente. La situazione, però, sfugge loro di mano, e il risultato è per l'appunto... Lui. Definito misteriosamente per un po' “La creatura della chiusa 41”. Un giovanotto biondo dalla pelle dorata e dai poteri enormi quanto indecifrabili. Compare per la prima volta in forma prenatale, chiuso in un bozzolo che in seguito diventerà il suo caratteristico rifugio ogni qual volta ha bisogno di rigenerarsi. Poi in forma umanoide per poche vignette alla fine del racconto, quando neutralizza (in modo veterotestamentario e anche un po' sprezzante) gli scienziati che hanno avuto l'arroganza di crearlo per scopi non all'altezza del suo potenziale, e abbandona il pianeta giudicandolo troppo immaturo per ospitare un essere evoluto come... Lui.
Ma siccome nelle storie Marvel niente è
mai come sembra (gli scienziati dell'enclave, per esempio, non sono
davvero morti e continueranno a fare pasticci), Lui ricompare in un
episodio di Thor. La terra non era pronta a riceverlo, ma si sa che
cos'è che tira più di una fune di bastimento. E in questo caso si
identifica con la dea Sif, della quale Lui si invaghisce, rapendola
alla maniera di King Kong (anche lo scimmione gigante era venerato
come un dio) per farne la sua compagna (in modo innocente, ma anche
un po' troglodita). Thor, che in quel periodo era affetto da una
sindrome asgardiana che lo mandava in berserk oltre misura, gliele
suona di santa ragione (rivelando che gli immensi poteri della
creatura sono estremamente variabili, e si riducono o si espandono a
seconda delle esigenze della trama), inducendolo a rinchiudersi nel
suo bozzolo protettivo e a fuggire di nuovo nello spazio.
Qui inizia il casino mistico vero e proprio.
Qui inizia il casino mistico vero e proprio.
Pare, si dice, si mormora, che lo
sceneggiatore Roy Thomas fosse rimasto affascinato da “Jesus
Christ Superstar”, il musical di Andrew Lloyd Webber reso
celebre in tutto il mondo dal film di Norman Jewison del 1973.
L'opera rock di Webber era però popolarissima negli Stati Uniti già
nel 1972, e Thomas si mise in testa di portare sulle pagine dei
fumetti il supereroe messianico definitivo. La scelta cadde su Lui,
personaggio già esistente, ma ancora bisognoso di una vera
caratterizzazione (fino a quel momento era stato poco più di un
espediente narrativo per innescare le avventure di altri eroi) che fu
recuperato e trasformato in... Warlock.
Lo scenario scelto fu la Contro-Terra,
un mondo parallelo creato dall'Alto Evoluzionario (detto anche
“Grande Evoluzionista” viste le traduzioni ballerine
dell'Editoriale Corno). Personaggio già canonizzato nell'universo
Marvel, apparso su più testate (Thor, Hulk) e presentato come
genetista supremo, dedito alla sperimentazione e creazione di varie
forme di vita. La Contro-Terra era sostanzialmente un mondo parallelo
identico alla terra se non per alcune differenze storiche (pieno
quindi di doppelganger di personaggi iconici, ciascuno con una sua
variante). Qualcosa che oggi, per comodità espositiva, potremmo
paragonare all'universo gemello della serie televisiva “Fringe”.
Prima ancora, nell'episodio di Thor intitolato “I generatori di
vita”, avevamo incontrato un'altra creazione dell'Alto
Evoluzionario. Una genia di animali antropomorfi (esattamente come ne
“L'isola del dottor Moreau” di Wells, ma più evoluti) e
il loro crudele leader, un lupo (e sì!) chiamato genericamente Uomo
Bestia (Uomo Lupo era già preso).
La sintesi evangelica ideata da Roy
Thomas e realizzata graficamente dal grande Gil Kane fu praticamente
questa. L'Alto Evoluzionario ha creato sia gli animaluomini (New-Men)
che la Contro-Terra. L'intento dell'Alto Evoluzionario era
risparmiare al pianeta fotocopia le tribolazioni della terra
originale, ma tutto è mandato in vacca (praticamente per dispetto)
dall'Uomo Bestia e dalla sua stirpe di animali antromorfi, che subito
dopo si rifugiano sulla Contro-Terra per impadronirsene secondo i
canoni più consueti della narrazione supereroistica. Davanti a
questa deriva, il genetista vorrebbe disfare il proprio lavoro, ma
qui subentra Lui, che in seguito assumerà il nome di Adam Warlock.
Warlock (che nel frattempo ha rubato la divisa di Capitan
Marvel-Shazam, tagliando via maniche e gambali per stare più fresco)
ferma la mano del Creatore e si offre come protettore del pianeta
(comodamente separato dalla vera terra e quindi dalla continuity
ufficiale di casa Marvel), per salvare capra e cavoli dalle mire del
lupacchiotto. L'Alto Evoluzionario-Dio padre (putativo, in questo
caso, quanto San Giuseppe) accetta di partecipare a questa
performance in cosplay basata sul Vangelo, e invia Warlock sul
pianeta, donandogli il nome con cui sarà conosciuto e una delle
gemme dell'infinito (incastonata sulla fronte di Lui come su quelle
del dio Vishnu nell'iconografia induista) che in futuro si rivelerà
molto importante (soprattutto quando il personaggio sarà preso in
mano da Jim Starlin).
Inizia così l'avventura messianica di
Adam Warlock, con un ciclo di storie supereroistiche ambientate fuori
dal cosmo Marvel canonico, in lotta con la Bestia che si annida tra
gli uomini. Una lieta novella fatta di super-risse che poco hanno a
che vedere con gli insegnamenti etici cristiani, mostrando la corda
di un parallelismo religioso eccessivamente dichiarato. Ma la serie
intitolata “The Power of Warlock” ha vita breve e chiude
per la scarsità delle vendite.
La saga della Contro-Terra terminerà
sulle pagine dell'Incredibile Hulk (in trasferta per l'occasione sul
mondo parallelo), e lo farà nel modo più stucchevole possibile.
Sempre Roy Thomas, in questo caso in collaborazione con Gerry Conway,
conclude la saga metafisica di Adam Warlock con una narrazione ai
limiti del parodistico, ripercorrendo quasi pedissequamente le ultime
pagine dei Vangeli. In un certo senso, Hulk rivestirà un ruolo
simile a quello di Giuda, sia pure sotto il controllo del malvagio
diavolo-Uomo Bestia. Partecipiamo a una rappresentazione
supereroistica dell'ultima cena, ascoltiamo l'invito a ripetere il
rituale in memoria del supermessia, e assistiamo soprattutto alla
cattura e all'esecuzione di Warlock su un macchinario simile a una
croce egizia. Nemmeno l'urlo «Alto Evoluzionario, perché mi hai
abbandonato?!» ci viene risparmiato. E Warlock, come ogni Gesù
Cristo che si rispetti, muore, ma solo per tre giorni. Risorge
infatti dal suo bozzolo più potente che mai e dotato di una nuova
forma di consapevolezza astrale. Fa involvere l'Uomo Bestia
riportandolo alla sua natura lupesca, ne debella definitivamente la
minaccia e vola via nello spazio (come aveva già fatto anni prima
sulle pagine dei Fantastici Quattro) verso un nuovo, enigmatico
destino.
Qualche tempo dopo, Jim Starlin avrebbe
recuperato il personaggio di Warlock mettendo “tra parentesi” la
sua parabola messianica sulla Crontro-Terra, facendo evolvere le sue
avventure in una direzione cosmica e trasformandolo in un personaggio
schizofrenico, in lotta con la sua futura evoluzione malvagia: il
Magus, fondatore di un culto spaziale totalitario. Una metaformosi
concettuale che conserva le implicazioni mistiche, ma spostandole su
un piano più filosofico, e mettendo in scena un conflitto allegorico
sulla destinazione finale cui un grande potere può condurre. Il bene
e il male rappresentati come il conflitto interiore (e non solo) di
un unico personaggio, impegnato a salvare l'universo non da un demone
giunto dall'esterno, ma da se stesso.
La precedente visione messianica di Roy
Thomas aveva finito con l'impantanarsi in una serie di parallelismi
biblici fin troppo evidenti per essere realmente intriganti,
sconfinando alla fine nella citazione più banale. Paradossalmente,
toccando forse il punto più basso nell'interpretazione metafisica
dell'icona supereroistica. A quel punto Warlock doveva veramente
morire e risorgere a nuova vita. Editorialmente parlando. Il
personaggio ha conservato da allora il suo ruolo misticheggiante, ma
secondo una sensibilità più sfumata, potremmo dire più “new
age”, più fantasy e di conseguenza funzionale. Uno dei casi
supereroistici più bizzarri e mutevoli che l'evoluzione marvelliana
ci ha donato nel corso della sua lunga storia editoriale.
martedì 16 maggio 2017
Sense8... e due.
Sense8 si conferma una delle variazioni sul tema degli X-Men più riuscite, dove tutte le tematiche allegoriche più profonde sono affrontate. Anni luce lontano dall'esito in discesa di Heroes, mostra con fierezza le sue radici letterarie e l'origine del concetto (e della metafora) di mutante. E cioè "More Than Human" (Nascita del Superuomo) di Theodore Sturgeon. Romanzo fondativo da cui discendono icone (a fumetti e cinematografiche) oggi popolarissime, e dove troviamo la prima vera apparizione del personaggio cardine di Jean Grey. Nella seconda stagione della serie Netflix, incontriamo anche una nuova declinazione di Magneto, antagonista emblematico e altra faccia della medaglia. Tra l'altro in una forma molto inconsueta. Certamente, Sense8, per motivi estetici e di ritmo, non è uno spettacolo che può essere apprezzato da tutti. Particolare, visionario, forse un poco discontinuo, ma con un cuore enorme. Un momento alto di spettacolo, proprio per questo di nicchia, che non è solo intrattenimento per chi sa leggere tra le righe, e dialoghi superlativi. Brave, sorella Wachowski. Bravo J. Michael Straczynski. E bravo tutto il cast.
lunedì 15 maggio 2017
Secret Empire: Rivelazioni, cambiamenti e post-verità...
Secret Empire. E' appena iniziato. E gli albi a fumetti... bruciano. Come la bocca di Marilyn Monroe in un famoso film? No, come le streghe a Salem. Una solenne incazzatura dei lettori americani, rivolta più che alla qualità della saga in sé (ancora alle prime battute), a ogni accenno di tiepida, ovviamente temporanea sovversione. Esistono dei tabù e dei punti fermi da non toccare anche nei fumetti? O esistono semplicemente dei trucchi mediatici volti a farci sbavare come cani di Pavlov? Il fuoco di un rogo, dopotutto, lo si vede anche da lontano, e fa una gran pubblicità. Ma niente si crea e niente si distrugge. E il segreto del titolo è davvero un segreto per i lettori di vecchia data? Proviamo ad azzardare qualche piccola riflessione.
martedì 17 gennaio 2017
Sherlock Holmes è un supereroe?
La cover del tema di Sherlock è eseguita da The Radical Array Project
Canale The Radical Array Project: https://www.youtube.com/channel/UC-wYklxb1kBxs90ZfXGs45w
giovedì 5 gennaio 2017
Vedute: Jason Pearson
Quello di Jason Pearson, tra i
disegnatori “non canonici” (ammesso che dire così oggi abbia
ancora senso) attivi nell'ambito supereroistico, è uno degli stili
che amo di più. Per chi è cresciuto conoscendo e adorando le
anatomie spettrali di Steve Ditko su l'Uomo Ragno delle origini, in
seguito canonizzato dal più regolare e realistico John Romita Sr.,
il disegno di Pearson ha un sapore che mixa la nostalgia con la
voglia di trasgredire. Un tratto quasi umoristico, ma virato di
oscurità ed epicità. In grado di presentare nella medesima tavola
personaggi dai lineamenti essenziali e pose di grande impatto visivo.
Un piglio grottesco e nello stesso tempo eroico. A volte ai limiti
del parodistico, ma senza mai sconfinare nella vera e propria
caricatura. Personalmente, adoro il suo Wolverine tracagnotto, quasi
goffo ma inquietante e bestiale come non mai. Basta osservarlo per
avere la sensazione di ascoltarne il ringhio. Così come ho adorato
la sua Tempesta, algida e minimalista (ma proprio per questo
efficacissima) del suo primo Annual degli X-Men. I volti spesso
deformati in smorfie esagerate che rievocano quasi antiche pose da
cinema espressionista.
Una Emma Frost altezzosa e ironica come una
diva del muto. Un Wolverine posseduto dalla Covata (anche se è solo
una simulazione) che sostanzialmente mostra il volto estremo della
ferocia che già porta in sé. Un Ciclope quadrato, leader tutto d'un
pezzo. E' un po' come se la matita di Pearson grattasse via dagli
eroi in tuta la patinatura eroica, e mostrasse anche il senso del
buffo, del sardonico, che può trasparire dalle loro imprese sopra le
righe. Un rompere la buccia supereroistica per affondare i denti
nella polpa. Un gusto forse non per tutti, ma sicuramente forte.
sabato 10 settembre 2016
The ONE - L'ultima parola sui supereroi [di Rick Veitch]
Rick Veitch, un fumettista underground innamorato dei supereroi. Talmente estroso e in gamba da subentrare al timone di Swamp Thing subito dopo il celebrato ciclo del bardo Alan Moore, e di andare via (dalla testata e dalla casa editrice) quando si vede bocciare un progetto considerato troppo ardito per i tempi. Autore di opere iconoclaste, stravaganti, profonde, divertenti. E di The One, che si propone (a metà degli anni 80) come "l'ultima parola sui supereroi". Per lo stesso Alan Moore, che firma la prefazione all'edizione in volume, The One e Veitch hanno anticipato l'ondata di rinascimento supereroistico che vede il suo picco di maggiore visibilità in Watchmen. Ma The One, pur parlando di supereroi, va molto oltre. Quando il fumetto è figlio dei suoi tempi, ma è capace anche di crescere e camminare sulle sue gambe, senza data di scadenza. Ed è satira, fantasia, divertimento. E ci parla di noi, di quanto potremmo o dovremmo essere migliori.
mercoledì 27 luglio 2016
Civil War II (...Bis, Revival, Cosplayer?)
Civil War, l'evento orchestrato nel 2006 dallo sceneggiatore Mark Millar che ha scosso il mondo dei supereroi Marvel è oggi materia di un revival, tuttora in corso di uscita negli Stati Uniti. Pregi e difetti di un'operazione che - come già la trascorsa Secret Wars - si propone di rilanciare il Marvel Universe, prendendo - a sorpresa - le distanze dalle ormai popolarissime versioni cinematografiche. Ma è tutto oro quel che luccica? Quali differenze ci sono tra queste due "guerre civili". Scopriamolo insieme.
venerdì 10 giugno 2016
Rebirth: una prima occhiata alle singole serie...
Lo so. Da qualche parte, sui social,
avevo detto che non ne avrei più parlato. Ma sono un risaputo
brunello. Quindi...
Insomma, Rebirth, il crossover
che rilancerà il DC Universe e che vede come grande architetto lo
sceneggiatore Geoff Jhones, procede... lentamente sulle singole
serie, ma si fa sentire un po' di più su Flash (come si
poteva immaginare dal prologo) e Wonder Woman.
Se Green Arrow inizia a recuperare
qualcosa del suo rapporto sentimentale (azzerato dagli eventi di
Flashpoint e dai New 52) con Black Canary, il vecchio
Superman (quello che ha avuto un figlio da Lois Lane) inizia a fare i
conti con una realtà che non sembra seguire le regole che credeva di
aver riconosciuto. Dal canto suo, sulla sua serie personale, Batman
ha ben altre gatte da pelare, e la vicenda lasciata in sospeso al
termine del prologo è ancora in alto mare. O meglio, si collega
direttamente alla storyline di Flash, probabilmente una delle
sorprese più riuscite di questa ennesima (e sicuramente non ultima)
revisione di uno dei cosmi supereroistici più famosi al mondo.
Carmine di Giandomenico è in ottima forma, e ci regala un velocista
scarlatto carismatico, scattante e umanissimo. Il suo tratto non
realistico, libero, ma lontano da facili derive grottesche, si presta
molto a interpretare il mondo ipercinetico di Barry Allen, e mostra
un biglietto da visita che è una festa per gli occhi nella storia
sceneggiata da Joshua Williamson. Una trama densa di riferimenti
iconici che ripercorrono l'origine di Barry e i suoi principali
traumi. Quindi Wally ora è tornato. Un altro Wally seguirà il suo
destino, e il passato ritornerà a mordere (o accarezzare) le chiappe
di tutti i personaggi. E' sulle pagine di Flash che s'infittisce il
mistero della spilla smiley ritrovata da Batman nella Bat-Caverna (in
realtà è stata “sputata” dallo stesso fulmine in cui era
apparso per pochi istanti Wally West). Per il resto, dovremo
aspettare le prossime uscite.
Così per Wonder Woman (nuovamente affidata allo sceneggiatore Greg Rucka), che ci appare
in crisi. E sappiamo che questa non è una parola da prendere alla leggera in casa DC. Confusa,
spaesata, tormentata da ricordi che non comprende, e dalla frase che
continua a ripetersi ossessivamente, e cioè che “il passato
continua a cambiare”. Wonder Woman, forse più di altri personaggi
DC, ha subito modifiche retrospettive, e il rimaneggiamento dei New
52 non è stato esattamente da poco. La sua prima avventura sotto
l'ombrello di Rebirth è fortemente onirica, non può non
esserlo. Diana è una creatura mitologica la cui origine è stata più
volte riscritta. Bizzarro vederle fare qualcosa che forse non ha mai
fatto prima... o che almeno, io non le avevo mai visto fare: legare
se stessa con il suo lazo che induce a dire solo la verità. Le
risposte sono tante. Sono tutte vere. Ma qualcuna forse è più vera
delle altre. Chissà.
Insomma, a piccoli passi, inizia a
svilupparsi questo “raddrizzamento” della continuity. Pare che
molto riguarderà la memoria dei personaggi, che riacquisteranno
gradualmente i ricordi di cosa è successo prima degli eventi che
hanno modificato il corso della loro storia, ma senza riplasmare il
loro mondo come avvenuto alla fine di Flashpoint. Non per ora,
almeno. La direzione sembra questa. L'idea non è da buttare se
funzionale a ripristinare concetti cestinati con troppa leggerezza (e
tuttora rimpianti da molti lettori di vecchia data). Ma i risultati a
lungo termine restano ancora tutti da scoprire.
martedì 7 giugno 2016
Crisi e Rinascita... anzi, REBIRTH (l'ennesima)
C'è grossa Crisis... e allora: Rebirth! Ripercorriamo le trasformazioni editoriali del cosmo DC attraverso le principali saghe che ne hanno riplasmato la continuity per meglio osservare l'attuale DC Universe Rebirth. Evento che rilancerà uno dei più famosi e amati universi supereroistici dopo l'avventura (finita male?) dei New 52. Crisi cosmiche, interventi (forse) divini, enigmi e teorie. Ma ricordate: niente si crea e niente si distrugge. Qui si ricicla tutto. Un video che mi ha letteralmente sfiancato. Per inciso... Alfred Hitchcock appariva nei suoi film. Nei miei video appare qualcun altro, che alle mie spalle ha fatto uno sbadiglione spettacolare. Non l'ho censurato. Buona visione, from Altroquando with Love.
lunedì 18 aprile 2016
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