Devo ammettere che ero abbastanza prevenuto sulla serie Netflix dedicata a "The Punisher". Il debutto del personaggio, stavolta con il volto dell'attore John Bernthal, nella seconda stagione dedicata a "Daredevil" era stato molto convincente. Ma puntava tutto sulla scelta di affidargli un ruolo da antagonista e non, a differenza dei tre film precedenti, da protagonista assoluto. Questo permetteva un'introduzione graduale di Frank Castle e un crescendo che permetteva di empatizzare con il personaggio nonostante gli aspetti estremi. Dimostrazione che gli adattamenti seriali di stampo televisivo, quando parliamo di alcune trasposizioni dai fumetti al live action, funzionano meglio (almeno per gli appassionati delle controparti cartacee) se centellinate sul piccolo schermo che sintetizzate su quello grande. Ma the Punisher è un personaggio difficile da adattare. Troppe le parentele con icone cinematografiche abusate, tra cui troviamo i vari giustizieri della notte, Rambo e relativa progenie. Una cosa - pensavo - è vedere intrecciare la sua storia a quella del diavolo di Hell's Kitchen, con un parallelismo tra due differenti visioni di giustizia. Altro è narrarlo da solo, abbandonandolo alla consueta orgia di violenza. Beh, forse (dico forse) non è così. Almeno dalle prime tre puntate, la strada imboccata sembra prendere le distanze dal modello sparatutto che avevo paventato. Ed è possibile che proprio questo diventi l'elemento che deluderà alcuni fans di Frank Castle, che magari attendevano qualcosa di diverso. L'azione e la violenza (che non mancano, eh!) si fanno attendere e sono dosate nel corso di una narrazione noir dove ha molta importanza una battaglia mentale, fatta di sotterfugi, interazioni, rivelazioni, e dove gioca un grosso ruolo l'arrivo del personaggio fondamentale di Micro.
L'alternanza temporale e gli inserti onirici che rappresentano l'origine (più complessa di quello che sembrava) e l'ossessione di Frank Castle, permettono ancora una volta di calarsi nella mente di un personaggio sfaccettato, e non di un'ottusa macchina di morte (che in ogni caso esiste, e quando scatta fa veramente paura). Un Punisher, dunque, riflessivo e misurato, ma in senso buono, se la serie conserverà questa scelta ritmica (anche se è probabile che a un certo punto inizieranno le mitragliate e tutto bruci, bisogna vedere con quale conto alla rovescia). Un Punisher, oltretutto, più marvelliano di quelli visti finora. E non soltanto per la presenza di Karen Page o l'inserimento del già citato Micro. Una serie di inside joke e riferimenti potrebbero far sorridere i Marvel fans. Non sono indispensabili, ma siamo pur sempre di fronte a un prodotto di ispirazione fumettistica. E stavolta, più delle precedenti, si guarda parecchio alla fanbase. Vedremo come procederà. Per adesso lo sto apprezzando più delle ultime produzioni Marvel's Netflix. Magari sono in controtendenza, o i prossimi episodi mi faranno cambiare idea, considerato che ormai difficilmente mi entusiasmo per questo genere di prodotti.
Per il momento, mi sento solo di dire, come fa uno dei personaggi: «Bentornato, Frank!»
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