giovedì 12 febbraio 2015

Diaz, per non dimenticare


Il lancio di una bottiglia che si schianta per terra.
Così si apre “Diaz-don’t clean up this blood”, il film che documenta gli avvenimenti accaduti la notte del 21 luglio del 2001 durante il G8 di Genova. Quella notte rappresenta il culmine di una vera e propria guerriglia urbana fra i manifestanti e la polizia. Quella volta a Genova ci scappò anche il morto, Carlo Giuliani, colpito a morte dal proiettile di un giovane carabiniere, uno di quelli mandati lì per fare numero, per fare il lavoro sporco. Genova pullulava di questi giovani poliziotti e carabinieri, inesperti e spaventati.

Quella morte pesò come un macigno e costituì la miccia ad una sequela di azioni violente e distruttive. Genova fu ridotta in ginocchio. Black block e poliziotti si fronteggiavano costantemente, mentre nei palazzi i potenti della terra discutevano di temi mondiali e sorridevano all’indirizzo delle telecamere, fintamente ignari di quello che stava accadendo là fuori.
I fatti sono noti, e per l’appunto, dimenticati: sabato 21 luglio 2001, ultimo giorno di manifestazioni e scontri al G8 di Genova, poco prima di mezzanotte, centinaia di poliziotti fanno irruzione nel complesso scolastico A. Diaz adibito dai manifestanti a media-center, picchiano selvaggiamente e arrestano immotivatamente centinaia di ragazze e ragazzi, italiani e stranieri, inermi e colti nel sonno. Poi falsificano le prove riguardo presunti reati di resistenza e porto d’armi cercando di depistare le indagini.
Diaz è un pugno nello stomaco e come i pugni nello stomaco mozzano il respiro, tanto che ci metti un po’ prima di riuscire a parlare. La forza di quelle immagini è tale che non si può rimanere impassibili.
E’ necessario assimilare bene.

Diaz è un concentrato di violenze, di sangue, di accanimento ingiustificato.
Diaz è indignazione, cuore che palpita e voglia di menar pugni. Diaz è verità, una verità insabbiata a dire il vero, celata sotto strati di anni, polvere e menefreghismo. Invece è necessario che tutti guardino Diaz perchè quei fatti s’imprimano bene nella mente, affinchè non si dimentichi, non un’altra volta.

“Interruzione della democrazia”, così lo ha definito Amnesty International; però durante la proiezione continuavo a chiedermi, come è stato possibile avvallare una tale cosa? e perchè poi? per esporre un trofeo? Chi materialmente ha detto: sì, fatelo, assaltate la scuola e rasate al suolo tutto? è come se mancasse un tassello e non si sapesse dove andarlo a prendere, e poi, qual era l’intento del regista? farci odiare i poliziotti? sì, in effetti, un “leggerissimo” senso di ostilità sopraggiunge, ma poi, se ci riflettiamo, loro sono solo meri esecutori. Dov’era lo Stato in quel momento? Forse su questo aspetto il film difetta un po’, ma forse no, forse si voleva solo raccontare i fatti, così per come sono accaduti. Non vuole essere un film politico, ma un film di denuncia, ma intanto la sensazione che manchi qualcosa rimane.
Nonostante tutto, è un film che ha dei grandi pregi, anche stilistici, ma sopratutto è un documento quasi fedele (i fatti si basano sugli atti del processo) di quello che è successo quella notte alla scuola Diaz, e non è cosa da poco, siamo tanto abituati a vedere fatti realmente accaduti “sceneggiati” alla bell’emmeglio, che quasi ci stupiamo e ci domandiamo: ma quelle cose sono accadute davvero? sono accadute così per come lo vediamo? be’, sì, in questo caso sì.

[Articolo di Rosita Baiamonte, pubblicato anche su Abattoir.it]

Nessun commento:

Posta un commento