E’ un momento controverso per Wonder Woman. Recentemente oggetto di un discusso restyling, abbandonato dopo una manciata di numeri dallo sceneggiatore J.M. Straczynski, e pronta a subire un ulteriore reboot insieme all’intero universo supereroistico di casa DC, la principessa amazzone sarebbe dovuta tornare anche in televisione (a distanza di oltre trent’anni dal telefilm interpretato dalla statuaria Lynda Carter) come protagonista di una nuova serie live action. Esperimento già naufragato sul nascere, con la produzione di un episodio pilota mai trasmesso e che non avrà futuro, se non quello di piccolo cult trash presso quanti sono riusciti avventurosamente a visionarne una copia. L’ironico blogger Dr. Manhattan ne offre una dettagliata, esilarante descrizione nel suo Antro Atomico, ma l’onda del trash parte da lontano, e ci fa comprendere che la povera Diana non ha mai goduto di particolare fortuna fuori delle tavole disegnate.
Il primo tentativo di portare Wonder Woman in televisione risale al lontano 1967, a opera di William Dozier, produttore della serie televisiva di Batman con Adam West, prodotto dal sapore parodistico che estremizzava i contenuti allora scanzonati e pop delle avventure dell’Uomo Pipistrello firmate in quegli anni dal disegnatore Carmine Infantino. Lo script per Wonder Woman fu commissionato a Stan Hart e Larry Siegel e in seguito revisionata da Stanley Ralph Ross, già sceneggiatore del Batman televisivo. Il risultato fu un antipasto inferiore ai cinque minuti di durata, un plot che avrebbe dovuto presentare Diana Prince e il suo alter ego amazzone in vista di un ciclo di avventure che non fu mai realizzato. Il plot, infatti, fu giudicato molto scadente e relegato nel dimenticatoio. Almeno fino all’avvento di Internet e alla sua riscoperta come curiosità vintage, per la gioia di tutti gli amanti dell’orrido e della profanazione dei miti fumettistici.
Il tono di questo Wonder Woman televisivo, il cui episodio pilota s’intitolava Chi ha paura di Diana Prince, si proponeva di ricalcare la chiave ironico-demenziale del Batman di Adam West. In quei pochi minuti, della principessa amazzone c’era davvero molto poco. Vi si faceva la conoscenza di Diana, una ragazza occhialuta e goffa, impegnata a dialogare con un’opprimente madre (non la regina Ippolita, ma una normalissima e pedante signora americana) che non fa altro che rimproverarla per la sua vita ritirata e la mancanza colpevole di un fidanzato. Diana però ha un segreto, e non appena la mamma gira gli occhi... ecco avvenire la trasformazione. Wonder Woman è apparsa... in tutto il suo splendore. O perlomeno lei ne è convinta.
E’ facile supporre che William Moulton Marston, creatore della principessa amazzone sulle pagine dei fumetti, psicologo e ideologo del femmminismo si sia rigirato nella tomba nel vedere la sua creatura così trasfigurata sulle note di Oh, You Doll Beautiful (Oh, tu bella bambolina). Scopriamo così, che la goffa Diana (trasformatasi in una strafiga in abiti eccentrici) ha molte cartucce da sparare, e ne è tanto, tanto consapevole. A restarci malissimo, stavolta, saranno tutti i suoi fans.
Una curiosità. Diana Prince è interpretata dall’attrice Ellie Wood Walker, ma una volta avvenuta la trasformazione, Wonder Woman ha l’aspetto di Linda Harrison, che ricordiamo soprattutto per essere stata la selvaggia Nova al fianco di Charlton Heston nel primo, classico Pianeta delle Scimmie (1968).
Un tuffo negli anni sessanta, nel ciarpame televisivo che tentava goffamente i primi approcci alle icone del fumetto, e un esempio (superato dai tempi?) di cos’era – almeno nella testa dei produttori dell’epoca – una Donna Meravigliosa.
Buona visione. ;)
Nessun commento:
Posta un commento