«Che libro potrebbe mai scrivere un cappellano del Diavolo sulle goffaggini, gli sprechi, l'orrenda crudeltà della natura...»
CHARLES DARWIN - L'ORIGINE DELLE SPECIE
Se sfogliamo un dizionario dei sinonimi, cercando la voce “Natura”, potremmo essere spiazzati dalla quantità di varianti che i linguisti più preparati assegnano a questo termine. Tra queste troviamo anche “animo”, “istinto”, “predisposizione” e “ambiente”. Sì, perché la “Natura”, in verità, è qualcosa di complesso ed estremamente ambiguo.
Torniamo a parlare della “Natura” e del suo ruolo in relazione con il fenomeno dell’omosessualità. Farlo è inevitabile, e continuerà a esserlo finché il concetto di Natura, svilito al punto di suonare come una bestemmia, verrà usato come argomento insindacabile per affermare quanto, a questo mondo, dovrebbe essere giusto o sbagliato.
Viviamo in tempi tetri. Tempi in cui la parola “Natura” non potrebbe suonare meno spontanea. E’ più simile a una bandiera nazionalista, un espediente retorico buono per facilitare accenti offensivi o comunque discriminanti. Per molti è addirittura scontato. L’omosessualità è contro natura. Da due persone dello stesso sesso, per quanto innamorate, non può nascere nulla. E questo non rientra nei programmi di quel meccanismo perfetto che è la Natura. E’ un tormentone. Lo sentiamo ripetere al bar, al lavoro, in televisione, sui giornali e su Internet con la stessa ottusa impudenza di chi abbraccia una fede calcistica, non per amore della competizione sportiva, ma unicamente per l’impulso cieco a sostenere la propria squadra contro tutto e tutti al di là dei suoi effettivi meriti agonistici.
Il concetto, apparentemente inossidabile, è enunciato come una verità rivelata, un principio filosofico inattaccabile. Dimenticando che le cosiddette “leggi” della Natura, non è stata la natura a scriverle. Ma bensì l’uomo, e tutte a sua convenienza a seconda del frangente storico. Pensiamoci bene. Spesso cerchiamo di giustificare alcuni eventi (condannandone altri) sul metro di ciò che esiste in natura. Solo che la Natura, di per sé, non è né buona né cattiva. E’ soltanto quello che è: un gigantesco labirinto di cause ed effetti che si ripetono all’infinito alla faccia di qualunque morale. Un fatto (non una legge) fondamentale della Natura è la sopravvivenza del più forte. Il predatore si ciba dell’animale più debole, realizzando una catena alimentare dove i concetti di pace, convivenza, collaborazione, sono del tutto assenti. Basandoci su questo potremmo arrivare a dire che la prevaricazione (e di conseguenza la dittatura) è una realtà “benedetta” dall’ordine naturale delle cose. Né mancano, purtroppo, individui che la pensano realmente in questo modo.
Le stesse malattie sono un fenomeno naturale. Suona macabro a dirsi, ma non c’è niente al mondo che sia più vivo, vitale e prorompente del cancro. Un’esplosione di cellule vive che crescono rigogliose, espandendosi, colonizzando. Peccato che il corpo ospite finisca col morirne. Beh, anche questo è un fatto naturale, e se non vogliamo lasciare che la perfetta Natura faccia il suo corso, siamo costretti a ricorrere alla scienza. Con chemio e radio, praticamente uccidiamo le cellule tumorali (così vive, così carine) che stanno prendendo il controllo dell’organismo secondo le modalità che la natura stessa gli detta. In parole povere, per sopravvivere compiamo un atto “contro la natura”, tentando di correggerla a nostro beneficio. Lo stesse vale per l’eterna lotta contro virus e batteri, contro gli acciacchi dell’età e così discorrendo.
E’ inutile nascondersi dietro un dito. “Natura” uguale “Vita” non è che uno sterile slogan, che s’impone solo là dove non è previsto il dialogo. L’uomo moderno, quello civilizzato, non vive secondo natura dall’inizio della storia. Anche nelle società di caccia e raccolta, sviluppatesi per peculiari ragioni storiche a maggior contatto con il loro habitat naturale, prevalgono insiemi di norme prodotte dall’uomo. Il vero “uomo naturale”, quello mosso dagli istinti, vivrebbe solo per nutrirsi e accoppiarsi, non si sposerebbe, non andrebbe in chiesa un solo giorno in vita sua. Sarebbe violento e brutale. Se malato, spesso, non sarebbe in grado di curarsi. E, dal momento che la natura ha sempre manifestato questo fenomeno tanto tra gli uomini che tra gli animali, spesso, praticherebbe anche l’omosessualità.
Sentiamo dire che l’omosessualità è da condannare perché contraria alla Natura. Questo pur avendo sotto gli occhi che gli omosessuali non hanno alcun bisogno di figliare, giacché è la natura stessa a produrre una quantità di loro simili a ogni generazione. Potremmo parlare, dunque, di Cultura, non più di Natura. La Natura è soltanto la base di partenza, generica e caotica, dalla quale tutti emergiamo. La cultura dei popoli nasce in un secondo momento, ed è la vera realtà con cui siamo chiamati a misurarci ogni giorno.
Sentiamo ripetere anche che l’omosessualità è patologia perché, a differenza del sesso etero, non dà vita a nulla. Beh, siamo sicuri che questo sia sempre un male?
In primo luogo, sarebbe molto più maturo (ma anche molto meno “naturale”) preoccuparsi di quanto c’è di patologico (per quanto “naturale”) nelle guerre, nel degrado, nelle folli faide tra etnie, nella fame nei paesi più poveri e negli interessi sfrenati delle multinazionali che continuano a fabbricare e vendere armi in tutto il mondo. Una domanda destinata a restare senza risposta, vista l’estrema “naturalezza” con cui continuamo a sentirci dire che l’unica famiglia possibile è quella tradizionale. Che il pargolo ha bisogno di quelle figure sante che sarebbero Padre e Madre. In parole povere, qualsiasi coppia di imbecilli, purché siano un maschio e una femmina. Non dimentichiamo che, a rigor di logica, anche un pezzo di sterco, se adeguatamente esaminato, potrebbe dimostrare di avere il nostro stesso codice genetico. Da qui a meritarsi l’appellativo di padre o madre ce ne corre. L’idea di genitori in grado di svolgere il proprio ruolo in modo responsabile resta confinata a margine. Questo, lo sappiamo, è solo un optional. Del resto, quel che conta è la fede nella maglia della squadra. Che giochi bene o male è del tutto secondario. E caverò gli occhi a chi osa fare il tifo per chi gioca contro i miei beniamini.
Dunque, amatevi e moltiplicatevi, gente. Non preoccupatevi del resto, non scervellatevi sulla pace e il progresso delle culture. E’ roba da froci. Non date la Vita, quella vera. Non tentate d’infondere negli altri le vostre idee più nobili. Non spiegate ai vostri figli che i concetti di “Pace” e “Carità” si riassumono nel parlare con tutti senza insultare nessuno. E’ troppo faticoso e richiede un notevole sforzo intellettuale reiterato negli anni. Chiamiamo le cose con il loro nome, limitatevi a riprodurvi. E’ facile, e anche piacevole. Mettete al mondo un marmocchio e insegnategli a odiare chi è diverso da lui. Vedrete che grand’uomo diventerà. Educatelo sul valore fondamentale dell’intolleranza, del dileggio dei diversi e dell’orgoglio virile, affinché cresca secondo gli istinti più benedetti dalla Natura. Quella dei cavernicoli. Sarà il più forte, sarà il migliore e avrà sempre ragione. Niente è più invicibile dell’ottusità. Insegnategli che l’importante nella vita è essere maschi, è che se non ci si riproduce si è solo spazzatura. Ricordatelo, gente. Il mondo, per andare avanti, ha bisogno di nuovi consumatori. Persone che acquistino pannolini, omogeneizzati, che paghino rette scolastiche, e poi l’affitto, le tasse e tutto il resto. Gente che sappia vivere l’orgoglio di riprodursi ancora, e se ne vanti. Fate così, in modo che questa nobile visione dell’umanità ("riprodursi" e non "evolversi") possa perpetuarsi.
Non a caso, a ricorrere agli argomenti “Natura” e “Vita” sono le menti più reazionarie. Peccato siano tanto concentrati sulla forza del proprio sperma da non rendersi minimamente conto della desolante sterilità delle loro idee. E ogni insulto, ogni volgarità, ogni sputo da parte di costoro, sarà sempre come una medaglia sui nostri petti.
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