Autore di fumetti emergente e… indipendente!
Mauro Padovani ci parla della sua arte ursina, delle sue sfide, dei suoi progetti
«Siamo tutti libri di sangue… in qualunque punto ci aprano, siamo rossi." Declamava il frontespizio dei "Libri di Sangue" dello scrittore horror Clive Barker. Un’epigrafe che, con un piccolo ritocco, si attaglierebbe alla perfezione anche ai fumetti di Mauro Padovani, autore ursino di nuova generazione. Nel suo caso, l’iscrizione suonerebbe più o meno così: "Siamo tutti ORSI di sangue… in qualunque punto ci scoprano… siamo GROSSI!»
E credeteci, non è uno scherzo.
Una giovane segretaria lavora fino a tardi per un’azienda senza nome. Sembra nascondere la propria fragilità dietro le spesse lenti degli occhiali e non è raro che riceva profferte più o meno esplicite dagli uomini intorno a lei. Respinge tutti sdegnosamente e torna a casa per una doccia ristoratrice. Ma è qui che, riposti gli occhiali e indossata una maschera di pelle, si trasforma in una creatura notturna affamata di sesso e inizia a vagare nella notte in cerca di avventure. Fermato un corpulento sacerdote in auto, si fa condurre in un luogo appartato dove si accoppia furiosamente con il religioso. Poi sparisce con la macchina dell'uomo, lasciandolo solo e nudo nella notte. Il prete cerca soccorso fermando un'auto, ma da questa scendono due poderosi orsi che lo possiedono con la forza.
E' uno degli episodi contenuti in "Snuff Night", l'avventura sexy splatter che Mauro Padovani, artista ligure, ha realizzato in chiave "No Words", cioè come un racconto muto e privo di balloon. Un sogno erotico intenso, cupo e sensuale. Mauro Padovani, disegnatore e sceneggiatore di fumetti autoprodotti pubblicati dietro sua personale iniziativa in collaborazione con la libreria di Genova "Annexia", è una vera sorpresa per il panorama ursino italiano. E non solo per la forza straordinaria dei suoi disegni, dark e pulp come pochi. Sconcertante è il fatto che finora abbia espresso la propria poetica gay inserendola in racconti dalla forte componente eterosessuale, usata quasi come un cavallo di Troia per esprimere liberamente il proprio senso del bello. Sì, perché l'ursinità trasborda dalle tavole di Padovani a ogni pagina. Nelle sue opere, come "Bullett & Justine" o il già citato "Snuff Night", la bellezza femminile, tratteggiata abilmente, sembra presentarsi come l’ancella di una realtà sotterranea. Non celata, ma che sceglie di proporsi ai lettori facendosi largo su un terreno a questi più familiare. Così il nudo femminile, plastico e rassicurante, cede il passo all'estetica omosessuale dell'uomo corpulento e irsuto, dalla figura paterna, a volte bonaria, a volte risoluta e sensuale.
«Praticamente ho sempre disegnato personaggi ursini,» racconta l’autore. «Ho iniziato con le fanzine Casablanca e Amazing Comics. In seguito ho collaborato perfino con la rivista Selen per poi passare alla casa editrice bolognese Phoenix di Giuseppe Palumbo e Daniele Brolli, dove ho disegnato quello che mi piaceva davvero. Ovvero orsi, anche se, per esigenze di mercato ho dovuto inserire molto sesso etero.»
Naturalmente non sono mancate inopportune frecciate da parte di operatori bacchettoni del fumetto italiano, più attenti ad assecondare il trend giovanilistico del momento producendo fumetti di una violenza scontata e artisticamente assai meno creativa. Mauro Padovani è una personalità artistica di confine e ha osato l’inosabile. Ha portato gli orsi gay nel cuore del fumetto sexy tradizionale. I panzoni pelosi ed eccitati nel tempio della pornografia ufficiale. Ed è stato come portare in casa della propria madre cattolica una combriccola di amici trasandati, maleodoranti e progressisti. Uno shock per il lettore medio del fumetto erotico. Una rivelazione, per chi apprezza imponenti forme maschili che surclassano presto le donnine discinte per accoppiarsi con omacci loro pari. E tutto scegliendo di esprimere la sua personale estetica con lo strumento del sesso estremo.
«L'autore di fumetti che più mi ha influenzato è Miguel Angel Martin,» confessa Padovani. "Strepitoso autore del famigerato "Psychopathia Sexualis", che unito alla lettura di De Sade, mi ha spinto ad esprimermi con il linguaggio della pornoviolenza. La visione di film come "Non aprite quella porta" di Tob Hopper, "L'ultima casa a sinistra" di Wes Craven", "Venerdì 13" di Sean Cunningham hanno fatto il resto».
Tuttavia, per quanto torbidi e violenti, i fumetti di Padovani non hanno a nostro parere le atmosfere malsane e intellettualmente provocatorie di Miguel Angel Martin. La violenza che rappresenta si direbbe più vicina al mero effetto splatter (laddove Martin sprofonda nell'orrore della depravazione più ripugnante a livello psicologico oltre che visivo) ed è riconducibile più agli spettacolari deliri erotico-sanguinari di Tim Vigil, geniale coautore, insieme a David Quinn, dell'affascinante "Faust", fumetto parzialmente inedito in Italia e ispiratore del patinato e ben più commerciale "Spawn".
Il connubio sexy-horror, con qualche rimando ai film shock di moda negli anni settanta, è rappresentato da Padovani con forti contrasti tra bianchi e neri, con una linea di sangue che percorre come un filo logico tutto lo svolgersi dei suoi racconti. E’ affascinante questo gioco di maschere. L’eros etero che adesca il lettore per poi farlo sobbalzare con qualcosa di affatto diverso, anche dai canoni gay dominanti. Ed è divertente la firma nascosta che l’autore pone nei suoi racconti, l’icona di questa ambiguità. La maschera di pelle nera che attraversa i secoli, ma che serve sempre a far venire fuori la vera natura degli individui. Infatti, dopo essere stata indossata dalla protagonista di "Snuff Night", la ritroviamo in "White Squaw", un’avventura pornowestern muta e disperata, in cui una giovane donna allevata dai pellerossa è più volte offerta al piacere di uomini monumentali, pronti a intervallare gli amplessi eterosessuali con voluttiosi accoppiamenti ursini. Nella parte finale, quasi un disperato omaggio alla sequenza cult del massacro nell’indimenticabile film "Soldato Blu", assistiamo a una sequenza agghiacciante. Il panzuto condottiero dei soldati si denuda completamente e indossata la maschera, quasi a sottolineare la liberazione della propria natura perversa attraverso un simbolico annullamento della sua identità, penetra in una tenda dove lo attendono tremanti delle giovani pellerossa. Quando, nelle vignette successive, l’assassino mascherato riemerge dal "tepee", il suo corpo massiccio è macchiato di sangue e mostra l’impronta delle mani delle sue vittime. La scena è indubbiamente un pugno nello stomaco. Ma al di là di banali fantasie sadomaso, di fumetto in fumetto, le invenzioni visive di Padovani ci parlano della violenza dell’ipocrisia più irriducibile, della morte lenta e disperata cui porta il vivere al minimo, nascosti nella menzogna, e ci suggerisce che spesso ciò conduce chi è represso a distruggere l’oggetto del proprio desiderio.
«Il mio è un percorso di crescita,» spiega ancora Padovani. «Sono venuto a conoscenza del mondo ursino da soli due anni. In passato ignoravo da dove provenisse la mia passione per gli orsi, e gli editori la vedevano solo come una mia stranezza. Non che mi dispiaccia disegnare scene etero, ma quando lo faccio è solo lavoro. Questa mia evoluzione sfocerà nella produzione di fumetti al cento per cento ursini. Non prima, però, di terminare Bullet & Justine, la mia serie di punta, in cui, però, gli orsi non mancano, e così le scene d'amore ursino.»
"Bullett & Justine", di cui è disponibile il primo volume autoprodotto dall’autore, è un racconto pulp con elementi horror. Vampiri metropolitani, poliziotti tormentati dal passato, delitti e omoni discinti. E’ con piacere che dopo aver sorbito anni di docce al femminile, vediamo un pingue e calvo polziotto lasciare che l’acqua tiepida lavi via dal suo grosso corpo nudo i cattivi pensieri. Proprio in "Bullet e Justine" facciamo la conoscenza di un personaggio di sbirro fuori dai canoni cui la fiction mainstream ci ha abituati. Il piedipiatti disincantato di tanta narrativa noir si trasforma qui in un tenero orsone, segretamente omosessuale, torturato da ricordi di un passato violento. Il fumetto ci propone anche l’inizio di una storia d’amore gay che sicuramente si svilupperà in modo sempre più accattivante. Ed è notevole che questo accada in un fumetto che non si presenta ai suoi lettori né come prodotto "gay", né come prodotto "bear", ma solo come un fumetto pulp, che coraggiosamente mette in scena tematiche fino a oggi presentato solo da etichette destinate a un pubblico di nicchia, e quindi in buona parte sommerse. Se aggiungiamo che Padovani non usa alcuno pseudonimo, ma le sue autentiche generalità, non possiamo che ammirarlo.
«Non si tratta di coraggio,» spiega, «ma di coerenza. Ho sempre firmato con il mio nome e usare uno pseudonimo adesso che disegno quello che più amo, penso non avrebbe senso. Mettendomi in gioco, spero di dare maggiore forza a ciò che racconto, e mi auguro che altri autori seguano il mio esempio. Il movimento ursino ha bisogno di emergere rispetto al mondo gay classico. Io cerco di contribuire a questo sviluppo firmando le mie opere con nome e cognome.»
«La trama è fondamentale nei miei comics,» conferma Padovani. «Senza storie i fumetti non avrebbero senso. Il fumetto deve raccontare una vicenda, non essere una galleria di bei disegni fini a se stessi. Mi piace definirmi un narratore per immagini. Infatti, ormai disegno solo le mie storie. Dopo la chiusura della Phoenix, i rapporti con le altre case editrici, Annexia a parte, non sono stati dei più felici. Non so, forse sono un autore scomodo. Adesso disegno solo per divertimento. Autoproduco (o cooproduco) il mio materiale, e questo mi permette di averne il massimo controllo. Solo così posso disegnare quello che mi piace veramente.»
E per questo, il lavoro di Mauro Padovani è doppiamente tosto. Si autoproduce per essere libero, e grazie a lui il mondo degli orsi italiani oggi è un passo più avanti verso la costruzione di una propria peculiare cultura.
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