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giovedì 7 giugno 2012

Addio a Ray Bradbury, ultimo marziano


In questo 2012, anche Ray Bradbury, all'età di novantun anni, ci lascia per sempre. Eppure la sua impronta sulla narrativa fantastica (in realtà in un senso ancora più ampio di quello che può essere catalogato semplicemente come science fiction) è vasta e frastagliata. Autore di classici moderni come Fahrenheit 451 e Cronache marziane, Bradbury era in verità un autore di grande duttilità, in grado di spaziare dall'apologo antiutopistico (proprio con Fahrenheit 451) al racconto sovrannaturale di formazione (Il popolo dell'autunno), inaugurando un modello di narrativa fantastica e gotica che avrebbe influenzato molti autori successivi, primo tra tutti Stephen King

Ray Bradbury apparteneva a una generazione per la quale la fantascienza non era stata ancora vincolata da rigidi codici e poteva permettersi la deliziosa libertà di flirtare con la fantasia in modo totale. Bradbury era, letterariamente parlando, un vero marziano nel territorio della fantasia, fuoriclasse per temi e stili, mutevoli e seducenti. Numerose le escursioni di Bradbury nei territori dell'horror, spesso, appunto, travestito da fantascienza, secondo una consuetudine editoriale in voga qualche decennio fa. Indimenticabile l'agghiacciante racconto The Veldt, presente nella raccolta L'uomo illustrato, e che rappresenta uno degli incubi ricorrenti di Bradbury: il controverso rapporto con il mondo dell'infanzia, sospeso tra malvagità e innocenza. Quasi l'autore convivesse con l'intima contraddizione di non voler crescere e di detestare profondamente il bambino dentro di lui, rendendolo - nei suoi racconti - spesso spietato carnefice (Il piccolo assassino) e altrettanto di frequente vittima di crimini raccapriccianti (Gioco di Ottobre). 

Per salutarlo, recuperiamo dai nostri archivi questa recensione di Cronache Marziane scritta più di dieci anni fa. Lo stile di Bradbury, i suoi sogni (e incubi) continueranno ad accompagnarci come pietre angolari del nostro immaginario. Ricordandoci che là dove i libri bruciano a 451 gradi è opportuno conservarli dentro di sé. Perché... qualcosa di sinistro sta per accadere, una pioggia senza fine potrebbe cancellarli dalla nostra memoria, e prima che un idiota accenda la luce, spezzando l'incanto e rivelando l'orrore, faremo meglio a collaudare la nostra personale macchina della felicità... prima dell'ora zero.

Signori, Ray Bradbury.



Cronache marziane

La casa degli Usher crolla due volte, e in entrambi casi, il frastuono è assordante.
Il primo crollo avviene a metà del XIX secolo. Architetto della dimora e suo distruttore è Edgar Allan Poe, autore di una vicenda angosciosa che impose il nome Usher come prototipo di tutte le abitazioni maledette sorte successivamente in tante storie del terrore. La seconda è nel 1950, anno della pubblicazione di Cronache marziane. A edificarla, stavolta, è lo scrittore Ray Bradbury e teatro dello spaventoso crollo non è una brumosa regione statunitense, ma il pianeta Marte.
Bradbury è quel che comunemente viene definito un autore di genere. Nella sua produzione spiccano racconti che si ascrivono alla fantascienza e alla narrativa di spavento. E' cresciuto durante la Grande Depressione americana, nutrendosi di letteratura fantastica e collaborando con riviste specializzate in Science Fiction. Ne ha fondato una, "Futuria Fantasia", e pubblicato racconti sulla celebre Weird Tales. Il suo romanzo Fahrenheit 451, grazie anche alla fortunata lettura cinematografica di Fraçoise Truffaut, fa il giro del mondo e diventa un piccolo classico. Ma il suo incubo privato, cioè il terrore che la lettura dei libri e quindi la fantasia, venga perseguitata come un reato, lo rappresenta per la prima volta in Usher II, un capitolo di quello strano e straordinario libro che è Cronache marziane


Il racconto parte da un'ipotesi estrema: non si deve parlare di ciò che non esiste. I libri non devono contenere altro che riferimenti a fatti storici, scientificamente documentati. Tutto ciò che è fantasia è messo al bando. I libri fantastici bruciati, i miti disconosciuti. Persino le fiabe dell'infanzia finiscono sul rogo. Su Marte, però, un uomo chiamato William Stendahl sta usando le sue risorse personali per erigere un monumento ai sogni esiliati dalla terra. Una nuova casa Usher, rifugio dei fantasmi letterari di Poe e di tutte le altre creature di fantasia divenute fuorilegge. Si tratta di sofisticati robot, la casa è un labirinto di citazioni letterarie, e la rivincita dell'immaginario sull'ottuso raziocinio delle autorità sarà terribile.

Negli ultimi anni si è andata facendo strada una diversa concezione del racconto di fantascienza. Sempre più spesso si sente parlare di "fantascienza razionale", cioè di storie basate su solide fondamenta scientifiche, ispirate dalla cibernetica o dalla biochimica. Ne è un esempio Michael Crichton, l'autore di Andromeda, che scrive i suoi romanzi senza mai dimenticare d'essersi laureato in medicina. Sembra non esserci più posto nel nostro immaginario per viaggi spaziali e omini verdi. Tanto più che oggi sappiamo che il pianeta rosso è disabitato. E' curioso come Ray Bradbury avesse previsto questa tendenza già negli anni cinquanta, contrapponendole il trionfo della fantasia assoluta. Si direbbe che Bradbury tema d'essere giudicato un sognatore. Per questo contrattacca, descrivendo un realismo aberrato che si traduce nel liberticidio. Il suo è anche un atto d'amore nei confronti di un genere narrativo, quello fantastico, spesso bistrattato dalla letteratura ufficiale. Ma è proprio con Cronache marziane che Bradbury varca il confine e infonde al racconto di Science Fiction la nobiltà della narrativa utopistica. 

Che razza di libro è questo? Forse una sola risposta non basta. E' un libro di fantascienza, giacché descrive astronavi, altri mondi, alieni, macchine avveniristiche, automi e paesaggi distorti. E' un romanzo sociale, che dà voce a svariati campioni di un'umanità posta dinanzi all'ennesima grande scoperta: un altro mondo abitabile. Al popolo dei neri, che vedono nel pianeta colonizzato una sorta di terra promessa dando inizio a un esodo dalle alte conseguenze morali. All'uomo medio, impegnato nella ricerca di un ambiente favorevole alle proprie aspirazioni. Al religioso, alle prese con un dilemma mistico che potrebbe sopraffare la sua fede. E' un libro ricco di spunti, che sfiora la commedia e nell'amaro finale diventa un'allegoria politica sulla guerra, sull'ecologia, sulle utopie spezzate. "La guerra ti passa accanto, vede il suo alimento, si contrae su se stessa; e un attimo dopo... la Terra non c'è più" dice il padre che guida la sua famiglia su Marte per "una gita d'un milione di anni". 


Cronache marziane è un grande libro. L'atmosfera fantascientifica dell'inizio sfuma a mano a mano che la narrazione va avanti. Per il lettore è come assistere a una curiosa alchimia letteraria. Pagina dopo pagina, i numerosi cliché della fantascienza si trasfigurano, mutano e si trasformano in fantasia pura, libera dagli schemi di una facile classificazione. Calcando la mano sulle caratteristiche del genere, Bradbury è riuscito ad azzerarlo. Ha acciuffato per i capelli un gruppo di personaggi emblematici, li ha sradicati dal loro habitat tradizionale e li ha scagliati su un pianeta remoto. Dapprima ostile, poi a loro completa disposizione. Da abile burattinaio, ha riscritto la storia dei padri pellegrini e ha prodotto una grande metafora sul modo di vivere degli esseri umani.  

Cronache marziane è una parabola sulle molte conquiste dell'uomo. Un essere capace di creare e subito dopo distruggere. Come Casa Usher sorge solo per crollare, sembra dirci Bradbury, così i mille sogni di uomini e donne emigrati su Marte vengono spazzati via dall'insensata guerra terrestre. Si potrà sempre ricominciare, ma per farlo saranno necessari altri sogni. Per questo i libri, anche quelli che possono sembrare i più sciocchi, vanno gelosamente custoditi. L'apocalisse culturale immaginata da Bradbury s'è purtroppo avverata più volte. Là dove forze politiche deviate hanno assunto con la forza il controllo d'un paese, molte pubblicazioni sono state realmente sequestrate e arse. Esistono molti tipi di sogni. Non quanti i generi letterari. Molti di più. Quando questi si condensano in parole possono essere condivisi tra più uomini. A seconda della loro natura, pertanto, possono suscitare clamore e, per alcuni, diventare pericolosi. Cronache marziane ci spiega che la fantasia va comunque rispettata. Quando tutto sarà crollato, essa ci conforterà fornendoci gli strumenti per ricominciare daccapo. Perché a volte sono i sogni, e soltanto loro, a modellare la realtà. 


 [Articolo di Filippo Messina]