Mancano
pochi mesi al Pride LGBT Nazionale. Quattro per la precisione, ma le
cose da fare sono tante, perché la festa si prospetta partecipata e
di conseguenza laboriosa.
Noi
di AltroQuando portiamo avanti la nostra promozione personalizzata
del Palermo Pride LGBT 2013 con la produzione di un nuovo segnalibro,
il numero 11 della collana Altre Brecce, sempre curato dal
bravo Riccardo Rizzo. Stavolta – giustamente – il nome della
nostra fumetteria lascia spazio alle date del Palermo Pride 2013 e
all'asterisco alternativo, affidando la parte del leone al
personaggio DC di Batwoman (che recentemente, nei fumetti, ha chiesto
alla sua amata di sposarla) e a un'elegante (e romantico) bacio tra
donne. Nei fumetti, i matrimoni omosessuali sono già una realtà
quotidiana. Altro segnale che la cultura popolare è un passo avanti
rispetto alle istituzioni.
Rammentiamo
che la nostra campagna è personalizzata in polemica (pacifica) con
l'aspetto mediatico che da tre anni avvolge il Pride cittadino. Un
logo (l'asterisco) che tre anni fa è stato scelto con eccessiva
fretta, ed è di fatto un simbolo consumato con contenuti tetri e
per nulla pertinenti. Ma è soprattutto il sintomo di un modo di
operare che – a nostro parere – si è arenato in un meccanismo
superficiale, che guarda troppo all'aspetto consumistico risultando
poco formativo sul piano politico. Nelle ultime settimane della
nostra campagna promozionale “alternativa”, ci siamo sentiti dire
di tutto. Non ultima l'affermazione, da parte di qualcuno, che se il
logo del Palermo Pride è così simile alla Star
of Life dei paramedici è... «perché noi
omosessuali dobbiamo curare la società dai suoi mali e dalle sue
disparità.» e che saremmo noi a offendere la gente lgbt,
giacché la Star of Life «è
simbolo di chi cura non dei malati».
Insomma,
se mai abbiamo avuto qualche dubbio sulla necessità di rendere
pubblico il nostro dissenso sulla forma del Palermo Pride,
oggi argomenti deliranti come quello suddetto li hanno completamente
spazzati via. Siamo più che mai convinti che quel logo
(semioticamente associato al concetto di medicina e soccorso) abbia
un effetto diseducativo sui più giovani e su quanti non dispongono
di strumenti culturali sufficientemente forti. Avendo partecipato in
prima persona alle assemblee da cui è scaturito il primo Palermo
Pride con il suo simbolo, sappiamo bene che le motivazioni dietro
questa scelta non hanno nulla a che vedere con simili farragini, ma
sono state piuttosto dettata dalla fretta e da una scarsa oculatezza.
Ma
non è tutto qui.
Il
logo (praticamente identico a un simbolo internazionale legato ai
frangenti più spiacevoli della vita) è soltanto un campanello
d'allarme.
La
nostra scelta di modificarne la sagoma è stata dettata solo dalla
volontà di essere presenti con una “controfigura” che possa
aprire un nuovo dialogo per i Pride futuri. Infatti, non possiamo
nascondere che il Palermo Pride (bellissima novità cittadina degli
ultimi anni) ha una struttura mediatica che non ci persuade. E'
l'unico Pride in tutto il mondo ad avere (e a conservare in modo
pertinace) un logo (peraltro semanticamente sbagliato) sempre uguale
e immutabile, laddove tutte le altre città ne producono uno nuovo
ogni anno.
Nato
(lo sappiamo bene) con l'intento di essere un Pride fortemente
politicizzato e inclusivo, quello di Palermo si è presto lasciato
sedurre dalle sirene del facile consenso popolare, e il suo logo è
diventato una sorta di brand commerciale, difeso ossessivamente ed
esibito da tanti con la stessa passione con cui altrove si sfoggia il
logo della Nike. Eppure il Pride LGBT dovrebbe essere la
manifestazione-festa anticonformista per eccellenza, mutevole e in
continuo sviluppo. Invece ci ostiniamo a sventolare e a dipingere
sulle nostre facce, ogni anno, lo stesso identico simbolo. Forse per
il bisogno ancestrale di sentirsi parte di un clan, di una crew.
Pulsioni che richiamano alla mente il tipico provincialismo del
nostro Sud, sempre ansioso di distinguersi, ma - sembrerebbe - non di
maturare davvero. Il Pride dovrebbe simboleggiare un valore
liberatorio con un milione di facce, e proprio per questo, in quanto
politicamente caratterizzato, dovrebbe tendere ad andare
controcorrente e non ostinarsi a sguazzare in un ripetitivo trend.
Bocciare sul nascere la proposta di organizzare un concorso contest
per le scuole d'arte di Palermo, alla ricerca di un nuovo logo da
adottare di anno in anno (diventando, nello stesso tempo, presenti
presso realtà accademiche dove di norma gli argomenti LGBT non
esistono) ha lasciato il posto alla facile sbornia dell'omologazione.
Beh,
per noi il Pride non è questo. Pride è differenze. Pride è
mutazione. Pride è crescita. E ci amareggia l'assordante silenzio al
riguardo. Perché sì, partecipiamo con un logo alternativo, ma non
stiamo insultando nessuno. Qualunque cosa facciamo, stiamo lavorando
pur sempre per il Pride, per la sua promozione, per la sua buona
riuscita. Invece, a guardarsi intorno, si direbbe che per taluni
omologarsi conti di più. E che quello che stiamo preparando... non è
il Palermo Pride se... non ha il bollino blu, come recitava la
pubblicità della banana Chiquita qualche anno fa.
Tutto
questo ci fa ulteriormente riflettere. Non rispondiamo neppure più a
quanti ci dicono che ci facciamo inutili paranoie. Se abbiamo fatto
un passo indietro è perché abbiamo visto cambiare il clima
organizzativo, e oggi scegliamo di appoggiare questa grande
manifestazione a modo nostro, con la nostra piccola differenza.
Pensiamo che la politica abbia molti aspetti, e che uno di questi sia
il linguaggio con cui si sceglie di comunicare con le masse. Un
linguaggio che va meditato, approfondito, raddrizzato strada facendo
se necessario. Se ne facciamo un brand immutabile e conformista... Se
ci sentiamo rispondere che... è impossibile tornare indietro...
Beh, dev'esserci qualcosa che non va. E noi, sciocchi, paranoici...
rompiscatole... quello che volete, ve lo facciamo notare offrendovi
un fiore color fucsia. Appena diverso. Soltanto un pochino.
Nella
speranza che il Palermo Pride cresca ancora, si affranchi dai lacci
che rischiano di trasformarlo in qualcosa che assomiglia più a un
evento commerciale che politico, e possa spiccare il volo, diventando
realmente inclusivo, vario e vivo.