lunedì 21 dicembre 2020

The New Mutants: Nuovi mutanti... Anzi, vecchiotti

 


«L'ho visto ieri. E' davvero molto brutto. Indifendibile!»

Quando senti queste parola da una persona che ha fatto del cinema la sua professione, blogger e podcaster più che in gamba, e persona che hai imparato a stimare, le tue aspettative scendono veramente ai minimi storici. Certo, c'è quella vocina. Quella che dice che... Ok, lei è brava, è preparata, però... Ci sono state anche alcune volte in cui vi siete trovati in disaccordo. Qualcosa che a lei è piaciuto, mentre tu non riesci proprio a mandarlo giù. E poi qualcosa che invece tu adori, laddove lei trova e schiaccia pulci che tu non riesci a vedere neanche se ti sforzi. Quindi... insomma! Magari è una di quelle volte. Diamo un'occhiata a questo The New Mutants”. Non è detto che il film non ti possa se non altro intrattenere...

Beh, scordatelo. Aveva ragione lei. Da vendere. “Indifendibile” era la parola giusta.

Che qualcosa non andasse era nell'aria già da tempo. Il progetto su un film dedicato ai Nuovi Mutanti, le nuove leve del franchise X-Men, già a loro volta un piccolo classico nell'ambito della lunga e complessa epopea mutante di casa Marvel, era entrato in produzione nel 2017, ben tre anni fa. Si parlava addirittura di una trilogia. Come se fosse una sorpresa. Oggi se produci un film di intrattenimento devi puntare alla serialità, avere l'occhio lungo, e promettere narrazioni di grande respiro. Promettere, però, non significa mantenere. E l'occhio lungo dei proposito commerciali spesso inciampa nelle gambe corte di un modello ormai spremuto fino all'osso, nella giusta incertezza dettata dalla precarietà dei diritti sui personaggi e da una creatività ormai esaurita per quanto riguarda le storie di supereroi. Nelle intenzioni della Fox (oggi 20th Century Studios) e del regista Josh Boone (che firma la sceneggiatura insieme a Knate Lee) la trilogia sarebbe dovuta procedere sotto il titolo "Growing Pains" (Dolori di crescita). C'è di più, Boone voleva fare di "New Mutants" un film del terrore, dove i poteri mutanti potessero diventare metafora di paure adolescenziali e incertezza del domani. Qualcosa che più che ambizioso puzzava già di vecchio solo a parlarne, e forse anche un pochino arrogante.


"
Legion", pregevole serial televisivo iniziato nel 2017 e anch'esso ispirato alle serie mutanti Marvel, con le sue atmosfere da incubo e i suoi personaggi surreali, aveva già conquistato questa frontiera, e fare di meglio era una bella sfida. Inoltre, il film del 2019 "Freaks!" di Adam Stain e Zach Lipovsky, con la sua umiltà di mezzi e una scrittura non banale, aveva dimostrato di poter parlare degli stessi temi in modi alternativi e affascinanti. Più nuovi di questi “Nuovi Mutanti” sicuramente.

Tralasciando i ripetuti rinvii, le riprese aggiuntive e tutti quegli incidenti di percorso che gridavano a gran voce che in questo film ormai non ci credeva quasi più nessuno, il risultato finale è davvero imbarazzante. Non è neppure la povertà tecnica del film, considerato che un titolo indipendente come il già citato “Freaks!” riesce a essere grande con delle buone idee piazzate nel posto giusto. Il problema imperdonabile di “The New Mutants” è la scrittura. Particolarmente svogliata, con dialoghi che bucano i timpani. Stereotipati da far paura più di qualunqu ripresa aggiuntiva volta a rendere “più simile a un horror” l'ennesimo, frettoloso filmetto supereroistico. Sì, frettoloso, nonostante la lunghissima gestazione asinina. In definitiva, definire “televisivo” il film di Josh Boone sarebbe ancora un complimento. E' difficile trovare la parola giusta. E' come la compulsione a grattare un prurito insistente, che sta lì a tormentarti, e senti di doverlo eliminare a costo di strapparti la pelle e lasciare una ferita sanguinante. Pensare che tutto, per la non più esistente Fox (dopo l'acquisizione da parte della Disney), era iniziato nel 2000 con i primi due “X-Men” di Bryan Singer, oggi risulta sconfortante. E in fondo, si intuisce, produzione e regista lo sapevano pure. Dai, un accanimento terapeutico di anni, una fugace uscita e poi una velocissima distribuzione in home video, allegato a riviste popolari nelle edicole. Fa addirittua provare un po' di tenerezza, e rimorso all'idea di sparare sulla croce rossa.

Ma quei dialoghi, Dio buono! Quei dialoghi!

Le intenzioni sembrano essere quelle di confezionare un thriller da camera. Ma quegli scambi di battute (forse prese in prestito da una collezione di fotoromanzi degli anni 80) non solo presentano relazioni e dinamiche assolutamente telefonate, ma pongono la pietra tombale su uno script dove la fantasia è un cadavere che i vermi hanno già digerito da un pezzo. Il peccato più grande è che qualche (vaga) ideuzza che avrebbe potuto rendere il film almeno un pochino simpatico per i veri fans c'era. Alcuni inside joke intriganti, la riscrittura di un noto personaggio di secondo piano, il disvelamento graduale dei poteri dei giovani protagonisti. Tutto, però, è gestito talmente male da fare incazzare anche il più indulgente lettore delle saghe mutanti. Anzi, più sei preparato sui fumetti e meno potrai goderti il film. Non per sterili bizze da fan tradito, ma per l'assoluta piattezza della trasposizione, cosa che ti fa prevedere ogni singolo passo dei personaggi con il risultato di non aspettare nulla se non la fine delle tue sofferenze. Molto presto ci viene ricordato che in questa dimensione narrativa gli X-Men esistono e sono famosi. Ok, perfetto, i vip sono dietro i paraventi. Ma qualche sforzo di logica in più sembrava brutto? Ci si potrebbe chiedere com'è possibile che un gruppo di giovani mutanti inesperti dai poteri potenzialmente pericolosi siano affidati a una struttura dove sembra esserci un'unica scienziata-custode. Rinunciate, la risposta non esiste. Dobbiamo accontentarci del fatto che si chiami Cecilia Reyes, e che è una vecchia conoscenza di noi lettori. E purtroppo non è l'unico punto debole del film.


Basta, infatti, conoscere le caratteristiche di un certo personaggio e del suo background fumettistico perché l'intera dinamica del racconto sia scoperta nel giro di un minuto, bruciando il climax prima ancora che incominci e sprofondando tutto in una galleria del già visto. E sì, perché mentre “New Mutants” stava ancora cuocendo a fuoco lento, nei cinema usciva
“IT” di Andrès Muschietti, e qualcuno si faceva venire pessime idee.

Maisie Williams come Wolfsbane sarebbe andata pure bene. Parliamo di un personaggio che soffre il peso di un'opprimente morale religiosa e convive con una mutazione che la rende affine a una belva, una furia primitiva incatenata da una repressione culturale lacerante. Non mi crea nessun problema la scelta di renderla protagonista di un romance omosessuale. Ci mancherebbe. Quello che trovo contraddittoria è la sua sicurezza, fin troppo serena nel gestire il rapporto con l'amata considerate le premesse castranti. Il suo alter ego licantropico avrebbe dovuto essere espressione di pulsioni sentimentali e sessuali che lottano per liberarsi dai condizionamenti di una vita trascorsa all'insegna della repressione. Invece tutto risulta buttato a caso, senza un vero ordine. Il fatto, poi, che la regia scelga di suggerire il suo orientamento sessuale mostrandola mentre assiste rapita a una scena di bacio lesbo in un celebre show televisivo, è semplicemente irritante e nemico della buona scrittura. Anya Taylor-Joy come Illyana è forse quella che rende di più. Ma è tutto da attribuire al suo naturale carisma e non al modo in cui la sua parte è stata scritta. Non si capisce nemmeno come funzionano i suoi poteri. E in effetti, la sua storia non sarebbe stata facile da riassumere neppure per uno bravo.

Non una delusione, in verità. Solo un senso di spreco e di confusione. Ma soprattutto di tristezza. Tristezza per un film nato zoppo, e definitivamente stroncato da ripetuti rimandi che ne hanno solo prolungato l'agonia. Triste per il suo titolo, che contiene la parola “Nuovi”, posta sulla confezione di un prodotto scaduto e ormai, aimé, immangiabile.











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