venerdì 28 ottobre 2016

"Perché non li ospiti a casa tua?"



«Perché non li ospiti a casa tua?»

Questa la battuta-provocazione più gettonata da chi (spesso dando dell'ipocrita ad altri di diverso orientamento politico) esprime atteggiamenti xenofobi o dà il nome di "buon senso" (quello presunto di chi non ha mosso un dito per informarsi seriamente) con il razzismo più radicato. Ma torniamo alla domanda che pretende di mettere l'interlocutore con le spalle al muro: «Perché non li ospiti a casa tua?»

Be', diciamo che con alcuni (ne ho conosciuti e sono stato tra loro) questa domanda casca non male, malissimo. Perché esistono persone, gruppi, centri sociali, che da soli o in comunità, hanno effettivamente accolto migranti caricandosi un onere che spetterebbe allo stato. Parlo di periodi anche precedenti all'attuale emergenza profughi. Parlo di gesti di solidarietà spontanea, magari idealista, magari imperfetta nella gestione del problema, che hanno l'effetto di un cerotto su una frattura. Ma che rimane comunque una scelta ben diversa dal rifiuto, e dall'arroganza di chiedere, dando per scontato che nessuno lo faccia: «Perché non li ospiti a casa tua?»

Questa domanda, questa frase, questa... "roba" che tanti sembrano adorare rigirarsi sulla lingua, assomiglia tanto (davvero tanto) a un chewing-gum masticato da altri, poi passato di bocca, rimasticato, sputato e quindi ripreso in bocca da altri ancora, per rimasticarlo, continuare la catena e presentarlo a un altro malcapitato come se fosse un pasticcino goloso cui non si può dire di no. 

Questo è la frase «Perché non li ospiti a casa tua?» 

Quindi, solidarietà a Vauro e a tutti coloro che, in questi giorni, sui social o di presenza, tanno subendo l'insulto di questa stolida cantilena. 

Altroquando



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