2014: nella nostra Palermo torna il
Pride, per il quinto anno di seguito, dopo il partecipatissimo evento
nazionale dello scorso 2013. Festa che ricorda il primo atto di
dignità e ribellione del popolo lgbt avvenuta nel locale americano
Stonewall, nel 1969. Manifestazione politica, volta a compattare le
diversità e a sottolinearne il valore, nella costante rivendicazione
di diritti fondamentali, ancora ignorati se non calpestati in Italia
come in altri paesi, in un insensato braccio di ferro con un
progresso civile che sembra invece riguardare altre aree del mondo.
Il Pride torna ancora una volta a
Palermo, quindi, e sarebbe ingenuo non attendersi il consueto codazzo
di polemiche, detrazioni, provocazioni. Noi di Altroquando (un tempo
fumetteria sul Cassaro, oggi associazione culturale volta a integrare
il mondo fumettistico con contenuti sociali tra cui l'identità lgbt)
saremo anche stavolta in strada, a marciare con tutti gli altri, a
contribuire, nel nostro piccolo, alla buona riuscita di un evento che
ha sia la funzione di una festa, sia di un atto politico, sia di un
termometro dello stato di salute di una democrazia. Il Pride è (o
dovrebbe essere) anche strumento di maturazione, confronto, volto a
sdoganare, con la sua ciclicità, più realtà umane solitamente
sommerse nel corso dell'anno.
Sin dal 2010, noi di Altroquando ci
siamo distinti per una pacifica polemica con il Pride di Palermo.
Quello riguardante il simbolo scelto. Quell'asterisco troppo simile
(identico!) alla Star of Life, logo internazionale dei paramedici,
colorato di rosa dalle associazioni paramediche femminili statunitensi (e oggetto di fitto merchandising). La sovrapposizione tra un
simbolo che da decenni è associato al mondo della sanità ci ha
sempre dato un certo fastidio, e le cose – in cinque anni – non
sono cambiate. Sono, forse, peggiorate, ed è per questo, che per
essere presenti, anche oggi, come già nello scorso 2013, adotteremo
una “controfigura” dell'asterisco scelto dal collettivo che
organizza il Palermo Pride. Un asterisco con il medesimo colore, il
medesimo numero di punte, ma differente nella sua sagoma. Chi ha
pensato che la polemica si estinguesse con l'assenza nel nostro
fondatore, il compianto Salvatore Rizzuto Adelfio, si sbagliava.
Siamo ancora qui, con la nostra opinione “inutile” (come in tanti
hanno voluto definirla) e continueremo a ricordarla Pride dopo Pride.
Francamente, non ci soddisfa sentirci dire che l'asterisco che noi
non apprezziamo è applaudito dalle masse. Ce ne strasbattiamo che
qualcuno lo ha proiettato sulla facciata della cattedrale. Avrebbe
fatto lo stesso con la Pukka se questa fosse stata adottata come simbolo del Palermo Pride. Inoltre, ricordiamoci che in Italia migliaia di persone
continuano a sostenere Sivlio Berlusconi nonostante tutto. Migliaia
di persone acquistano i dischi di Gigi D'Alessio. Migliaia di persone
fanno sbancare al botteghino i cinepanettoni con Boldi e De Sica, e
migliaia di persone visualizzano su Youtube i video di Rosario Muniz.
Pertanto, da soggetti abituati a fare della politica il loro
mestiere, gradiremmo delle argomentazioni un po' più articolate del
banale “viva cu vince!”. Ci spiace, non consideriamo la
voce del popolo come la voce di dio. Ma andiamo oltre. Riteniamo la
polemica sulla forma dell'asterisco ormai consumata alla luce di un
altro fatto, a nostro parere più grave. Ed è questo secondo punto
(per noi, oggi, divenuto il primo) che intendiamo portare avanti. Per
questo riproponiamo, senza cambiare una virgola, un intero paragrafo
del nostro post dell'anno scorso. Ormai una lettera aperta a chi cura
il Palermo Pride e alla città tutta.
Il
logo (praticamente identico a un simbolo internazionale legato ai
frangenti più spiacevoli della vita) è soltanto un campanello
d'allarme. La nostra scelta
di modificarne la sagoma è stata dettata solo dalla volontà di
essere presenti con una “controfigura” che possa aprire un nuovo
dialogo per i Pride futuri. Infatti, non possiamo nascondere che il
Palermo Pride (bellissima novità cittadina degli ultimi anni) ha una
struttura mediatica che non ci persuade. E' l'unico Pride in tutto il
mondo ad avere (e a conservare in modo pertinace) un logo (peraltro
semanticamente sbagliato) sempre uguale e immutabile, laddove tutte
le altre città ne producono uno nuovo ogni anno.
Nato
(lo sappiamo bene) con l'intento di essere un Pride fortemente
politicizzato e inclusivo, quello di Palermo si è presto lasciato
sedurre dalle sirene del facile consenso popolare, e il suo logo è
diventato una sorta di brand commerciale, difeso ossessivamente ed
esibito da tanti con la stessa passione con cui altrove si sfoggia il
logo della Nike. Eppure il Pride LGBT dovrebbe essere la
manifestazione-festa anticonformista per eccellenza, mutevole e in
continuo sviluppo. Invece ci ostiniamo a sventolare e a dipingere
sulle nostre facce, ogni anno, lo stesso identico simbolo. Forse per
il bisogno ancestrale di sentirsi parte di un clan, di una crew.
Pulsioni che richiamano alla mente il tipico provincialismo del
nostro Sud, sempre ansioso di distinguersi, ma - sembrerebbe - non di
maturare davvero. Il Pride dovrebbe simboleggiare un valore
liberatorio con un milione di facce, e proprio per questo, in quanto
politicamente caratterizzato, dovrebbe tendere ad andare
controcorrente e non ostinarsi a sguazzare in un ripetitivo trend.
Bocciare sul nascere la proposta di organizzare un concorso contest
per le scuole d'arte di Palermo, alla ricerca di un nuovo logo da
adottare di anno in anno (diventando, nello stesso tempo, presenti
presso realtà accademiche dove di norma gli argomenti LGBT non
esistono) ha lasciato il posto alla facile sbornia dell'omologazione.
Quel
che vorremmo vedere, è la forza di un cambiamento, il coraggio di
andare oltre, la possibilità di interagire con realtà finora
escluse.
Detto
questo, viva il Pride. Buon lavoro a tutti gli operatori. E come in
tutti gli anni passati, ci si vede in piazza.
Sarebbe buona norma chiedere il permesso agli illustratori prima di usare un immagine e inserirne i crediti
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