Sia chiaro una volta per tutte: non siamo malati.
Questa affermazione iniziale, aggressiva e per qualcuno (non
tutti, temiamo) forse datata, ha una sua ragion d'essere che sarà presto
chiara. Parliamo del Pride, anzi, del Palermo Pride LGBT, che dal 2010 la
nostra città, amata e ferita, ospita con un successo che fino a pochi anni fa
quasi nessuno osava sperare. Lo sforzo concentrato di più associazioni lgbt,
pur con qualche fisiologica incertezza, è riuscito a produrre un piccolo
miracolo catartico. Se Palermo oggi è un po' cresciuta oltre l'orizzonte del
suo provincialismo cronico è anche grazie all'impegno di tutti questi uomini e
donne, capaci di sfidare la secolare immobilità cittadina e persino i propri
limiti. Perché il Pride è una festa per tutti e nello stesso tempo una marcia
per dei diritti fondamentali. Occasione per ricordare la resistenza alle
arbitrarie persecuzioni della polizia da parte degli avventori del club gay americano
Stonewall nell'ormai lontano 1969, e continuare - oggi più che mai - a
reclamare un'uguaglianza sociale tuttora inesistente nel nostro paese. Il Pride è uno strumento di lotta politica in quanto evento popolare, fatto per
coinvolgere, nel tempo, i cuori prima ancora delle menti con la sua componente
gioiosa, contribuendo a plasmare una cultura delle differenze e quindi della
crescita culturale e civile. Un evento che in questo 2013 avrà la qualifica di
nazionale e rappresenterà un'ennesima tappa per il movimento lgbt siciliano.
Detto questo, è il momento di spendere qualche parola sul
ruolo di AltroQuando nelle vicende legate al Pride, e spiegare in
sintesi le ragioni del nostro parziale allontanamento. Una dissidenza che, sia
ben chiaro, riguarda solo alcuni aspetti formali e certi atteggiamenti
circoscritti, non la sostanza della manifestazione e tanto meno le sue finalità
profonde. Pertanto, AltroQuando appoggerà oggi come ieri il Palermo
Pride, e contribuirà come può alla sua promozione. Solo, lo farà a modo
proprio, con un approccio personale.
Perché?
Perché i simboli per noi sono importanti e vanno considerati
con cura. Fare attivismo politico sottovalutando (o gestendo con
superficialità) la componente mediatica, è a nostro avviso un errore serio che
nei lunghi tempi potrebbe presentare il conto. Ed è proprio in questo che
troviamo un retrogusto amaro nella bella avventura che il Pride lgbt di Palermo
ha iniziato tre anni fa. Un evento politico pienamente riuscito, ma bacato da
un dettaglio che, per quanto all'apparenza insignificante, è per noi campanello
d'allarme di una debolezza formale che non riusciamo proprio a digerire.
Ci disturba il fatto che di tutto l'atlante degli asterischi
sia stato scelto proprio quello. Quello che per tre anni ha spopolato su
striscioni, spille, sulla pelle dipinta dei partecipanti in festa. Ignari o
indifferenti del suo significato basico. Sì, giacché è la Storia (quella con la
maiuscola) a fare della croce uncinata l'orrido ricordo di un'immensa tragedia,
e non certo il simbolo buddista che oggi, in occidente, sono pochissimi a
ricordare. Parliamo di quell'asterisco, oggi color fuxia, quello che già dagli
anni sessanta è stato adottato per essere la Star of Life, simbolo
internazionale dei paramedici presente su ogni ambulanza del pianeta, in ogni
ambulatorio, sul camice di ogni infermiere, di ogni ausiliario addetto al
trasporto delle salme, spesso anche nelle insegne delle farmacie. Colorato di rosa negli Stati Uniti come marchio dell'impegno femminile nelle forze paramediche, con sfondo rainbow dagli infermieri gay durante i Pride americani, ma sempre e comunque riferito al mondo degli operatori sanitari, di cui rappresenta il simbolo per antonomasia ormai da decenni.
Nel 2010, mentre il primo, fortunato Pride palermitano
prendeva forma, ci accorgemmo dell'ambiguità inopportuna del simbolo che stava
venendo acclamato e consultammo a nostra volta un grafico professionista (la
cui schietta opinione sul logo scelto terremo per noi, per non scatenare
inutili risse). Chiedemmo più volte che la silhouette dell'asterisco fosse
modificata, in modo che si allontanasse dal suo omologo blu sui mezzi di
soccorso pubblico, ma evidentemente... non riuscimmo a essere abbastanza
persuasivi.
La questione non si esaurisce semplicemente qui. Innanzitutto
perché un simbolo dovrebbe unire, non
dividere in base alle emozioni che suscita, ma anche per via dell'approccio
dialettico al problema. D'accordo, eravamo... siamo una minoranza. Ma la verità
non può essere ridotta a una mera questione di gradimento. Non è che quel logo
non ci piaccia. In realtà, ci offende, in quanto troppo vicino per forma e
rimandi concettuali (è da sempre identificato con la sintesi grafica del
caduceo: il bastone di Ermes con i serpenti attorcigliati, vessillo della
scienza farmaceutica) a temi inerenti la salute che stridono ideologicamente
con le lotte per i diritti lgbt.
Ma come? ci siamo detti. Abbiamo trascorso decenni a gridare
che non siamo malati... e per il Pride di Palermo, la prima volta che la nostra
città ospita la manifestazione, si sceglie proprio un simbolo con echi storici
e culturali così dissonanti? Né ci consola (anzi, ci irrita) sentirci
rispondere che tanto nessuno sembra farci caso. Per la nostra mentalità, chi si
propone di fare politica e si avvede che il proprio uditorio ha un immaginario
collettivo così fragile, dovrebbe prendersi il disturbo di svegliarlo, non
mettersi comodo sulla generale distrazione. Ci spiace doverlo dire, ma questo
atteggiamento ci ricorda più una strategia di marketing volta a vendere un prodotto
che una campagna mirata alla maturazione sociale della propria gente.
La storia
della grafica è zeppa di simboli nati con un significato e divenuti strada
facendo tutt'altro. Ed è in base alla storia se la croce runica, eletta a
simbolo delle SS naziste, oggi non può che evocare ricordi sinistri. Se la
croce celtica è oggi indiscutibilmente uno dei vessilli della destra estrema,
si dovrebbe riflettere prima di riutilizzarla per scopi differenti. Ci sono
impronte storiche indelebili, che nessuna dissertazione può lavare via.
Esistono, inoltre, simboli assai generici e del tutto innocui. Come, ad esempio, lo stemma sul
petto di Superman, che privato della S si rivela un comunissimo scudo
araldico, non dissimile da quello di molte famiglie nobiliari anche italiane, e
persino dal vecchio logo della Democrazia Cristiana. Tuttavia, nessun
simbolo araldico – neppure quello dei Savoia – è mai stato accostato a medici e
malati. Questo è toccato in sorte a omosessuali, lesbiche e transessuali per molto, troppo
tempo. E così è per l'asterisco squadrato
e a sei punte scelto dall'assemblea che ha dato vita al primo Palermo Pride. Non un piccolo segno di interpunzione, arrotondato dal canonico corpo
tipografico, ma un logo associato alla sanità a livello internazionale e visibile con cadenza
quotidiana nei luoghi e momenti meno felici della vita. E' vero che la maggior
parte delle persone non hanno realizzato subito questa (per noi) sciagurata
sovrapposizione. Ma è vero anche che ci sarà sempre, in mezzo alla folla del
Pride, qualcuno che ha da poco lasciato un ospedale, messo un infermo su
un'ambulanza, visto trasportare la salma di un congiunto da barellieri con quel
logo sulla divisa. Sempre. E'
inevitabile. E tale difetto di sensibilità (e di attenzione) è a nostro parere
una mancanza non da poco.
Vedendo nel logo ciò che realmente è, noi di AltroQuando
abbiamo sofferto per non poter essere più presenti nella promozione dell'evento
negli anni trascorsi. Scusateci, ma a noi l'idea di mettere addosso la spilla
con la paramedic cross ricolorata, dà i brividi. Lo troviamo macabro e
decisamente inopportuno se accostato con le tematiche lgbt. Uno scivolone
semantico che si sarebbe potuto evitare, soprattutto quando (come sembra) si
vuol fare del logo una costante negli anni per il Pride cittadino. Non ce la
sentiamo di esporre materiale promozionale con quel marchio, che oltretutto se
girato assume la sagoma crudele di una croce di Sant'Andrea. Qualcuno ci ha
detto che ormai è impossibile tornare indietro. Sarà, ma si può ancora andare
avanti, e raddrizzare il tiro.
Crediamo profondamente nel significato dei simboli. Pensiamo
che la gente vada avvertita, non abbandonata nella propria distrazione. E a
dispetto di tutto, vogliamo, oggi più che mai, essere parte di questa festa, di
questa lotta, di questo Pride...
Per questo, in attesa del Palermo Pride Nazionale 2013, AltroQuando
ha deciso di promuovere la manifestazione a modo proprio, utilizzando materiale
alternativo (non usiamo più la parola dissidente, per favore) ed elaborando un
asterisco che - pur richiamando per
colore e angoli il logo degli anni passati - possa essere un simbolo pacifico e
distante da temi imbarazzanti: un fiore.
Nel corso del 2013, quindi, useremo i nostri strumenti di
lavoro (i fumetti) e il nostro asterisco-fiore (anch'esso scelto nell'affollato
atlante degli asterischi) per spingere e divulgare le attività preparatorie per
il Palermo Pride Nazionale e la manifestazione finale. A modo nostro, senza
sentirci costretti a ricordare momenti dolorosi, malattie e accostamenti
offensivi. Non ci aspettiamo nulla, se non l'indifferenza che ci ha circondato
sin dall'inizio. Eppure saremo qui, a parlare del Pride, a contribuire
idealmente alla manifestazione e a incoraggiare tutti e tutte a parteciparvi.
Nel nostro piccolo, nel nostro “non professionismo”, con i nostri brutti
caratteri che ci fanno, secondo alcuni, tenere il broncio come bambini... Noi
ci saremo, come ci siamo sempre stati.
Il Pride, tra le altre cose, è una festa delle differenze.
Differenze senza le quali l'umanità non avrebbe potuto evolversi, perché spesso
sono le mosche bianche che si azzardano a volare più lontano. Andremo avanti,
fieri del nostro essere diversi, fieri di partecipare a un evento come il
Pride. Fieri di offrire un fiore a chiunque vorrà accettarlo.
Sono d'accordo e non capisco dove stava la difficoltà, già dal secondo pride, nell'apportare la modifica. Sì può sempre tornare indietro: quest'anno facciamo sfilare i due simboli (ideale transizione tra passato e futuro) e dal prossimo anno si passa al fiore fucsia (decisamente più bello e più originale (e a questo punto anche più appropriato.
RispondiEliminaGrazie per la solidarietà. Ad ogni modo, è opportuno precisare che il nostro progetto (allo stato attuale delle cose) non è quello di proporre il nostro asterisco come possibile simbolo futuro, ma di usarlo come sorta di controfigura (sempre asterisco, sempre sei punte, sempre color fucsia) del marchio ufficiale. Il tutto per poter partecipare e promuovere le attività e le date del Palermo Pride senza essere costretti a usare un logo nel quale non ci riconosciamo. Conserviamo qualche dubbio sul fatto che l'atteggiamento generale cambi (la tradizione e l'omologazione sono da sempre più rassicuranti). Ma per un eventuale nuovo logo siamo aperti anche a possibilità del tutto nuove. Una delle nostre proposte iniziali, rimaste nel limbo, era proprio quella di coinvolgere le scuole d'arte di Palermo in un contest per la ricerca di un simbolo per il Pride. O definitivo, o - secondo noi ancora meglio - da rinnovarsi di anno in anno. Oltretutto, sarebbe stato un modo per coinvolgere ed essere presenti in realtà formative dove di solito non esistiamo.
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