giovedì 17 febbraio 2011

Il bullo e la prof: Raddrizzare torti?

Ci eravamo occupati più volte della vicenda del piccolo bullo palermitano che, avendo impedito a un compagno di scuola di usare i bagni degli uomini con le parole «Sei una femminuccia, un gay!» aveva subito la punizione della maestra: scrivere una quantità di volte sul quaderno la frase "Sono un deficiente".
Avevamo dato, con una certa soddisfazione, la notizia della sentenza di assoluzione, quando la famiglia del bullo aveva sporto querela. E già, perché viviamo in tempi strani. Una volta, se la maestra ti sgridava, in casa rincaravano la dose. Oggi esiste solo una solidarietà mafiosa con i propri rampolli a prescindere dall'esito della loro educazione e dai loro oggettivi torti.
E' con amarezza che diamo quindi oggi la notizia che in appello la maestra, oggi in pensione, è stata condannata. A gioire oggi sono il padre del bullo (che lamenta di essere stato costretto, dopo la punizione infame, a dover mandare il figlio dallo psicologo) e si suppone il bullo stesso, che crescerà convinto di essere stato perseguitato innocente.
Si può davvero parlare di abuso di mezzi di correzione laddove non si tiene in nessun modo conto della sorte (anche psicologica, ma a chi importa?) della vittima? Laddove un atto di bullismo risulta in ogni caso pericolosamente sdoganato e dove il ruolo dell'insegnante viene messo alle corde, intimidato a intervenire davanti ai soprusi?
Non aggiungiamo altro. Rimandiamo alla notizia nuda e cruda. Giudicate voi.

La notizia su Palermo Repubblica

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